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Autore: Trigger    08/04/2012    9 recensioni
Agnese era una persona equilibrata, più o meno come i piatti di una stessa bilancia aventi come pesi un elefante a destra e un canarino a sinistra, paziente come la sua prima babysitter durante quel periodo del mese – perchè la nonna le diceva sempre anche quello: non dire mai la parola ‘mestruazioni’ quando sei in compagnia, Nenè! Non è educato, Nenè. - , simpatica tanto quanto il cane di sua zia che le faceva pipì sulle scarpe ogni volta che la vedeva e dolce come una tazzina di caffé senza zucchero.
Non si può dire però, che non fosse una ragazza da sposare, a detta di sua madre, che non vedeva l’ora di levarsela dai piedi e propinarla ad un uomo più giovane in grado di accoglierla nella sua casa e sopportarla per il resto della sua vita.
Questa è la storia che narra le gesta di una bambina e del suo dinosauro; di un’adolescente e del suo fidanzato quattr’occhi; di una giovane donna, di sua madre e di sua nonna.
Questa, questa è la storia di Nenè.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
- Matrimoni e funerali -



Ventiquattro anni prima sua mamma aveva fatto il più grande errore della sua vita. Un errore che si era nutrito del suo sangue e del sangue della sua famiglia, alto un metro e ottantacinque, con grandi occhi neri, corti capelli ricci e poca materia grigia: lo chiamavano Alessandro.

Alessandro era stato per Agnese, in ordine cronologico: un bambino che stava a casa sua mattino, pomeriggio e sera, scroccava i pasti da sua madre e faceva strani versi quando giocava con le macchinine; il ragazzetto con i capelli sporchi di gelatina – ma la gelatina non si metteva solo nelle caramelle? - che le faceva i dispetti e ascoltava musica imbarazzante; il suo principe; un diciottenne incapace di aprire la porta di casa durante la notte senza far rumore; l’uomo che un giorno avrebbe sicuramente sposato; un animale domestico molto simile ad un babbuino.

Sua madre lo definiva molto simpaticamente suo fratello, ma la storia che Agnese raccontava quando le amiche le chiedevano chi fosse quel bel ragazzo che la accompagnava all’università, era certamente più drammatica e complessa.
Secondo il suo punto di vista infatti, Alessandro fu trovato che giaceva tutto sporco e vestito di stracci ai piedi del cassonetto che si trovava all’angolo della via che portava a casa sua. Era povero, solo e analfabeta, ma sua mamma, che in quegli anni possedeva ancora un cuore, lo prese con sé, dandogli una casa, un nome e, in seguito, una sorella che avrebbe venerato. Evidentemente si era dimenticata di dargli anche un’istruzione, ma Agnese sapeva che non si poteva avere tutto dalla vita. Ovviamente, non poteva nemmeno conoscere tutti i dettagli della storia perché ancora non onorava il mondo della sua meravigliosa presenza, o forse perché rischiava di destare troppi sospetti. Sua nonna le diceva sempre di non aggiungere troppi dettagli alle bugie - Nenè, le bugie hanno le gambe corte. Se le devi dire, almeno dille bene! -, eppure lei non riusciva a terminare la storia di suo fratello senza un finale con i fiocchi ed è per questo che, secondo Agnese, quando sua zia Olga – la padrona di quell’adorato barboncino bianco incontinente – lo trovò a casa, rischiò di avere un infarto.

Ma questa storia, Alessandro, non la conosceva. O forse, fingeva di non ricordarla.
Ed era sicuramente meglio così.
Agnese ricordava bene quella volta in cui lo aveva fatto infuriare – gli aveva solo detto di aver tenuto la mano a Michele! – e lo ricordavano bene anche le sue adorate bambole. Che riposino in pace, ovunque esse si trovino.

Avevano rispettivamente sei e otto anni ed era un pomeriggio d’aprile. Agnese non aveva certamente dimenticato il momento in cui aveva aperto la porta della sua meravigliosa stanzetta gialla. Lo ricordava, più precisamente, come il momento più triste e allo stesso tempo più fortunato della sua vita.

- Oggi abbiamo insegnato…-
- Imparato, Nenè. –
- E’ quello che ho detto, mamma. Dicevo, oggi abbiamo imparato a scrivere le lettere in corsivo. Mi riescono tutte benissimo! –
- Proprio tutte? – Sua madre aveva sempre creduto nelle sue capacità.
- Ok, forse ho un po’ di problemi con la H maiuscola, ma non è questo il punto, mamma. –
- Qual è il punto, allora? –
- Se la smettessi di interrompermi ci arriverei, mamma. –
- Agnese! –
- Sì, sono io. Allora, dov’ero? Ah sì, ad un certo punto, Michele si è sentito male! Era diventato di un colore strano, simile al verde. Hai presente il colore delle lenzuola della nonna? Ecco, sì proprio quello. –
- Oh Dio, non ti avrà attaccato mica l’influenza! – Si era messa a toccarle la fronte e ad aprirle la bocca per controllare le tonsille, stava per alzarle la maglietta per controllare la pancia – come se avesse raggi infrarossi al posto degli occhi, poi! – quando Agnese la fermò.
- Gli ho tenuto la mano, mamma. Forse dovresti controllare quella. – e le stava seriamente porgendo la sua manina, quando suo fratello palesò la sua presenza lasciando cadere la cartella sul pavimento, in mezzo al corridoio. Era leggermente pallido e Agnese ricorda di averlo paragonato a zia Pina e alla faccia che fece quando un giorno, mentre era a prendere il sole sulla spiaggia con un grosso cappello di paglia in testa, un’ape le si posò sul naso.
- Tu hai fatto cosa? –
- Ho insegnato… -
- Imparato, Agnese. – sua mamma non mancava mai di incoraggiarla e sostenerla nei momenti di necessità.
- Ho imparato a scrivere le lettere in corsivo! –
- Cosa c’entra quel bambino? –
- Uh, Michele. Poveretto, si è sentito male e abbiamo dovuto chiamare la bidella. Però io gli sono stata accanto e gli ho stretto la mano forte forte. Mi ha anche ringraziato. – Agnese giurava di aver visto Alessandro diventare molto più simile a Casper, che alla zia Pina.
- Mamma, quello le sta troppo appiccicato, dovresti parlare con i suoi genitori. –
- Mamma, ma non gliel’hai detto che Michele ed io ci sposeremo? –
In quel momento successero troppe cose insieme: sua mamma le faceva segno di tacere, sua nonna ronfava sul divano, la televisione stava trasmettendo la pubblicità delle Gocciole Pavesi, suo fratello gridava cose senza senso – comunque, una cosa del tipo: tu non ti sposerai con nessuno! E’ tutta colpa della nonna che continua a farle vedere Beautiful - e iniziava a correre verso la sua camera.

Forse anche suo fratello si era preso l’influenza, quindi decise di andare a lavarsi quella mano infetta, prima che la malattia colpisse anche lei. Proprio non voleva diventare color lenzuolo della nonna.

Nel pomeriggio pensò che era giunto il grande momento per Ken e Barbie, avrebbero fatto il grande passo, come lo chiamavano in televisione. Erano anni ormai che convivevano ma Ken era troppo timido per chiederle di sposarlo.
Un po’ come il suo Michele.

Sua nonna le diceva sempre che i veri uomini si inginocchiavano di fronte alla propria donna, quando dovevano fare certe proposte, ma per Ken avrebbe fatto un’eccezione. Non tanto per orgoglio maschile, quanto più per mancanza di legamenti al ginocchio.

Quel giorno però, non venne celebrato alcun matrimonio.
Quel giorno Agnese pianse la morte dei due amanti, uccisi e decapitati dal quel boia di suo fratello.

- Che fai, Nenè? - sua nonna l’aveva trovata in bagno con il suo foulard stretto intorno alla fronte mentre si dipingeva le guance di nero, pronta a dichiarare guerra al nemico.
- Devo entrare nella camera di Alessandro. –
- Tua madre lo sa? –
- No, crede che mi sia chiusa in bagno per piangere, quindi acqua in bocca. –
- Promettimi solo che tornerai sana e salva. – Sua nonna era particolarmente affezionata alla sua unica nipote femmina.
- Tornerò nonna, te lo giuro. –
L’aveva lasciata così, con una carezza e lo sguardo carico di un giovane quanto forte spirito patriottico.

Com’era quel detto che le diceva sempre la nonna?
Occhio per occhio, dente per dente, Nenè. Non porgere mai la tua bella guancia all’avversario, chiunque esso sia.
Aveva tentennato un pochino solo nel momento in cui si era trovata di fronte ai calzini sporchi lasciati sul pavimento, ma tappandosi il naso con due dita, si era fatta coraggio ed era andata avanti. Dritta verso la sua meta senza mai voltarsi.
Una valorosa guerriera.
Sapeva già cosa colpire: era lì, fiero e impassibile sulla sua scrivania, il pallone d’Achille di suo fratello - anche se in realtà Agnese non sapeva per quale motivo un pallone che apparteneva ad un bambino di nome Achille dovesse appartenere anche ad Alessandro -, che non era nemmeno un pallone a dir la verità, ma un peluche.
In fondo, chi era lei per modificare antichi detti popolari?

L’aveva chiamato Rex, ma Agnese aveva sempre desiderato dargli un nome più da dinosauro che da cane. Suo fratello non aveva molta fantasia.
Era alto quasi quanto lei ed era così morbido che Agnese apportò radicali modifiche al suo piano originale, subito dopo averlo accarezzato.
Avrebbe dovuto sgozzarlo e ridurlo a pezzettini. Avrebbe voluto perfino usare la salsa della mamma per simulare un po’ di sangue, ma quel pelo e quegli occhietti – oh, quegli occhietti! – erano così soffici e dolci che Agnese aveva deciso di compiere un’azione ben più nobile dell’omicidio. Aveva deciso di adottarlo e salvarlo dalle grinfie di quella bestia che era suo fratello.
- Oh, piccolino, non devi più aver paura. Adesso ci sono io con te. -
L’aveva abbracciato e, silenziosamente, l’aveva portato in camera con lei.

- Ora ti faccio conoscere Tanya, unica sopravvissuta alla strage. -
- Tanya, questo è Dino. Lo so che può sembrarti troppo grande, ma ti assicuro che ha un cuore tenero. –

Nonostante il nome da prostituta rumena, Tanya si dedicò a Dino con tutta se stessa, anima e plastica. I due divennero amanti e si sposarono lo stesso giorno in cui Agnese decise di celebrare il funerale di Barbie e Ken, in onore del loro amore, al quale parteciparono tutti i membri della sua famiglia, compreso Alessandro, che piangeva per la commozione, o forse per la fine che sua sorella aveva fatto fare al suo compagno di giochi, coperto da uno straccio nero – E’ uno smoking, Ale. – e costretto a sposarsi. Ma questo a noi non è dato saperlo.

Al matrimonio per metà funerale, Agnese aveva invitato anche Michele – Mamma, Michele deve sapere come si svolge un matrimonio, altrimenti al nostro come farà? -, che all’epoca portava occhiali blu e camicie a quadri. L’aveva tenuto per mano, dopo essersi procurata un guanto, per tutta la durata della cerimonia - di cui lei si era proclamata sacerdotessa - per fare un dispetto a suo fratello. Non si era nemmeno accorta del rossore sulle guance del suo compagno di banco, che si sentiva morire dall'emozione ogni volta che lei intrecciava le piccole dita coperte dai guanti – si diceva che fosse una bambina freddolosa, quella Nenè - alle sue. Ma questa è un’altra storia.

Quel giorno – il più triste e allo stesso tempo più fortunato della sua vita – Agnese capiva che con i giochi da maschi ci potevano giocare anche le femmine; che non avrebbe più dovuto parlare di Michele con suo fratello; che il telefilm ‘Centovetrine’ annoiava sua nonna tanto da farla addormentare e per ultimo, ma non d’importanza, che un dinosauro come Dino era cento volte migliore di tutte le Barbie del mondo.













- Trig's corner -
Io non so come ringraziare tutte voi, davvero. Non mi aspettavo un'accoglienza così calorosa! Siete fantastiche e vi amo tutte. *Lancia pezzi di cioccolata*
Questo è il primo vero capitolo. Essendo una raccolta, sarà un insieme di episodi, probabilmente non collegati gli uni con gli altri - non a caso è detta raccolta, lo so -, che mi permetterà quindi di spaziare e dare spazio a tutti i personaggi che fanno parte della vita di Agnese. Qui troviamo Dino - che è ha un successo come playboy (?) - e Alessandro, con una spruzzatina di nonna, mamma e Matt... Michele!, qua e là.  Spero seriamente di non aver deluso le vostre aspettative e di avervi strappato quanto meno un sorrisetto. 

Per oggi è tutto gente, io mi rotolo verso il divano ora. 
Buona Pasqua e Pasquetta! Che la forza dell'alcool e del cioccolato sia sempre con noi, 
amen.

   
 
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