Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |      
Autore: Ale_R    09/04/2012    0 recensioni
Un film... un passato da ricordare..
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il treno correva lento nel buio della sera. Era passato da poco il tramonto ed ero ancora lì a pensare a tutto quello che era successo e, soprattutto, passato.
Alla fine era solo un viaggio, ne avevo già fatti molti, certo, ma questo era in un certo senso diverso.
Avevano da poco inserito nuove fermate e, forse per rendere questo meno pesante ai viaggiatori, una nuova tipologia di carrozze sfrecciava nei binari che da troppi anni percorrevo. Ora mi trovavo in una di quelle: tavolini pieghevoli e spinotti sotto i finestrini, anche i sedili erano decisamente più comodi, ma in quel momento non riuscii a godermeli, nella mia mente avevo altri pensieri decisamente più interessanti, anche se forse questa non è esattamente la parola più giusta.
Alzai lo sguardo allo schermo in fondo al vagone per vendere quanto mancava prima di dover scendere: questione di minuti.
I miei occhi furono catturati da una luce guizzante in lontananza: sulle Alpi doveva esserci un temporale e una saetta aveva appena illuminato il cielo; fortunatamente pioveva solo laggiù mentre vicino dal treno erano poche le gocce che rigavano il finestrino. Settembre aveva deciso di arrivare presto e se spesso nei suoi giorni il caldo ancora spadroneggiava sul clima, quell’anno invece era stato il freddo a concentrare le sue energie per rovinare l’Estate da poco finita.
Il treno iniziò lentamente a rallentare: era la mia fermata.
Mi alzai mantenendo una calma quasi recitata, come se in realtà fossi tutto eccetto che tranquillo, mi avviai allo sportello e misi in pausa il mio cellulare al quale avevo collegato un paio di cuffie per ascoltare qualche canzone degli Evanescence.
Il treno si fermò e le porte si aprirono con un fastidioso rumore metallico al limite dell’udibile; scesi quasi con il rimorso di dover abbandonare il mio sedile; forse solo spaventato di dover compiere un qualsiasi movimento. Entrai in sala d’aspetto e guardai il treno che, molto lentamente, ripartì per continuare il suo viaggio, lasciandomi lì senza la sua presenza. Feci ripartite la musica e decisi di continuare anch’io il mio viaggio.
Appoggiai i piedi sull’asfalto umido di settembre e iniziai a incamminarmi verso casa tremando, forse non solo per il freddo.
Tentai di chiudere la mente a qualsiasi pensiero, non era facile. La musica nel frattempo aveva deciso di non collaborare e subito partì un’altra di quelle canzoni che non possono far altro se non iniziare a farti viaggiare con la testa per un mondo che, nei momenti felici, non avresti più visitato.
Ad ogni passo che facevo sentivo un tremito dentro di me, come se tutto fosse in bilico e stessi per cadere in quel burrone di ansia, paura e terrore.
Sentivo i miei piedi, quasi stanchi di camminare, lamentarsi di tutto quello sforzo che gli stavo facendo fare, ma in quel momento, in me, tutto era stanco e tutto collaborava alla mia distruzione. Decisi di concedermi un po’ di riposo e mi fermai su una panchina a prendere una boccata d’aria, come se lo stare seduto su quel treno non mi fosse bastato.
Tolsi le cuffie e inizia a guardarmi intorno confuso: non sapevo verso dove voltarmi per cercare sicurezze; probabilmente non ve n’erano, probabilmente ero destinato ancora una volta ad affogare da solo.
Mi guardavo intorno, in giro speranzoso, ma no, ero ancora lì solo e abbandonato, forse, anche dalla mia vita, ero lì, solo, a vagare in quell’oscurità dalla quale, ora sapevo, non ero mai veramente uscito.
Mi rialzai sentendo in me forze nuove capendo che solo, in realtà, non lo ero veramente; non finché avevo qualcosa per cui vivere.
Un passo dopo l’altro, arrivai all’incrocio: la strada grigia e quella nebbiolina autunnale rendeva tutto più difficile, ma, deciso a non pensarci, la oltrepassai come un fantasma che cammina senza sapere dove veramente deve andare. Io però avevo una meta ed era questo che ancora mi distingueva dagli spettri, anche se ombre del passato ne avevo fin troppe.
Casa mia si stagliava davanti ai miei occhi coperta da quel velo grigiastro di umidità, era tutto là, immobile e fermo. Anche il semaforo che doveva dirmi quando potevo oltrepassare la strada era bizzarro: la sua luce arancione lampeggiava, ma, nella nebbia, era difficile notarlo.
Lo ignorai e continuai ad andare avanti, nella mia strada.
Entrai e mi lasciai la porta alle spalle, mi appoggiai e aspettai il rumore della serratura, quel click che per la prima volta sentivo così forte. Dopo la lasciai definitivamente andare e mi lascia scivolare sul pavimento con la certezza di essere a casa, nel mio nido dove nulla poteva farmi del male: ero solo un illuso.
Tutto quel silenzio sarebbe dovuto essere normale, c’ero abituato, i miei erano a lavoro, come al solito, nulla era diverso dalla solita routine, ma lo si poteva sentire nell’aria: c’era qualcosa di strano e di diverso. Quel silenzio era preoccupante perché dominava il luogo quando ecco, ad orecchio più attento sentii il lento gocciolare del lavandino nel bagno, entrai cercando di fermarlo, ma più provavo e più lo sentivo gocciolare anche nel mio cuore; ma alla fine sforzai il rubinetto e tutto tacque: il silenzio era il re della casa.
Improvvisamente, ecco, si ruppe.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Ale_R