Penultimo capitolo!!! (e qui si leva il coro da stadio: PER FORTUNA! C’HAI ROTTO CON ‘STA FIC!) Oddio, spero che non la pensiate così!^^ Scherzi a parte, sono molto contenta di essere arrivata a questo punto e, come sempre, spero che vi piacerà! (non so se avete notato ma ho firmato la centodiciassettesima recensione e, dopotutto, visto che mi chiamo Shizuru117, me lo meritavo!^^) Buona lettura e…ci rivediamo per l’epilogo!^^Bacini Shi*
Capitolo
34.
Il mio amore per te…
Da quando aveva avuto quell’ultimatum, Orlando sembrava non esserci più
con la testa. Era diventato apatico, nessuno l’aveva più rivisto in giro, non
si faceva sentire, faceva finta di non essere in casa. Se ne stava chiuso in
camera sua, a luce spenta, girando e rigirando un vecchio foglio spiegazzato.
Non sembrava avere un grosso valore, era abbastanza logoro, con i bordi
leggermente rovinati ed aveva assunto un tono che dava al giallo spento. Doveva
avere parecchi mesi. C’era qualche rigo a penna, fatto piuttosto velocemente.
Le linee si avvicinavano piano, incontrandosi in molti punti, tutti situati in
mezzo a quel foglio non più immacolato. Un ritratto, ecco cos’era. L’aveva
conservato da quel giorno, in aereo, dove Amina gli aveva reso gentilmente quel
servizio. Era ancora senza firma, com’era all’inizio.
“Sei un cretino,
caro il mio Orlando!” Disse il ragazzo, fissando il disegno. “Avevi trovato,
dopo tanto tempo, chi era riuscito a capirti, ad amarti per quello che sei. Ma
i sogni sono troppo belli per poter durare, io ho già avuto da scegliere, non
si può più tornare indietro.”
Una calda lacrima
scendeva dalle sue guance, lasciando dietro di sé una dolce scia, calda, che
conteneva tanta sofferenza. Cosa aveva sbagliato? Qual’era la cosa che gli era
sfuggita, di tutta questa faccenda? Quando si girava, notava le foto che li
ritraevano insieme: in montagna, a Firenze, alle feste, ritagli di giornale.
Poi c’era quella cassetta, che così tanto l’aveva colpito. Amina non era mai
stata molto dolce, piuttosto era sempre rustica, con un tono di strafottenza
nella sua voce. Però, quella volta, gli aveva fatto una sorpresa, così bella da
togliere il fiato. Era stata veramente deliziosa, rendendo una cosa
semplicissima un vero è proprio capolavoro.
“E tu l’hai lasciata
andare, anche se hai fatto tutto…” Stringeva a sé il disegno, singhiozzando
come un bambino. Si sentiva veramente stupido, non si era mai comportato così.
Ma perché trattenersi, ora che sembrava tutto perduto?
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Amina stava fissando
la sua piccola casa, l’unica cosa che l’aveva accolta appena arrivata in
America. Quanti ricordi si celavano al suo interno…le cene…i ritrovi…i suoi
amici…Orlando. Non avrebbe mai creduto che la sua vita fosse cambiata così
tanto, da un giorno all’altro. Prima di quel freddo giorno d’inverno, era una
persona così vuota, che non aveva un vero motivo per cui vivere. Poi, quel
cambiamento radicale, avvenuto più interiormente che esteriormente. Anche se
erano tante le persone che la conoscevano, nessuno poteva dire di aver visto la
‘vera’ Amy. Dentro di lei erano celati tanti segreti, tante emozioni che non
uscivano mai fuori. Però, con Orlando, era stato tutto diverso, sin
dall’inizio. Sapeva essere insopportabile, però sapeva anche come essere
gentile. All’inizio le era sembrato un gran maleducato, presuntuoso e
soprattutto fastidioso. Ma con il tempo le cose erano DAVVERO cambiate. Erano
stati insieme e lui…aveva rovinato tutto. Quando aveva sentito il suo discorso,
per caso, le si era spezzato il cuore in due. Avrebbe voluto spaccare tutto,
far finta che non fosse successo niente…ma non era così. Era delusa,
amareggiata, tradita…lo amava così tanto.
“E così, domani ci
diremo addio, mia bella casa. I tuoi muri sono stati testimoni silenziosi di
tutto quello che è successo ma ora, ritorneranno a vedere il buio. Questo non è
il mio posto, però sono stata bene.” Girava per i piccoli corridoio e si
fermava in ogni stanza. “Ogni tanto mi chiedo perché non sono stata in
Italia…avrei evitato tanta sofferenza…” In un angolo del suo cuore, sapeva che
non era così. E’ vero, magari non sarebbe stata così male, ma non sarebbe
neanche cambiata così tanto.
Quel sabato, infine,
era arrivato. I giorni erano passati veloci, come il vento. Amina aveva
preparato le sue valigie con una profonda tristezza. Ogni singolo vestito che
metteva via, le procurava un intenso dolore, ricordandosi di qualcosa che le
era successo. Per ultimo, mise dentro il suo vestito azzurro, quello che aveva
indossato quella notte, all’isola d’Elba. Senza rendersene conto, i suoi occhi
cominciarono a bruciare, fissando quel ricordo che ora si trovava davanti a
lei, limpido quasi come in un film. Rammendava ogni singola parola, ogni
singola azione, ogni singola cosa che era successa.
“Ehe…quella sera è
stata…la nostra prima…notte…” E si mise a piangere, urlando.
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Quella mattina
Orlando si era svegliato presto, non aveva fatto neanche colazione, si era
messo davanti alla finestra della sua camera con ancora il pigiama indosso.
Guardava distrattamente il panorama, i suoi occhi seguivano i pochi passanti
che facevano jogging. Fino a quando non vide una piccola macchina rossa,
fermatasi proprio davanti al suo cancello. Una donna, ancora ansimante, era
scesa, lasciando che i suoi lunghi capelli biondi si librassero nell’aria.
Christy. Si svegliò da quella trance ed andò ad aprire, sorpreso di vederla a
quell’ora del mattino.
“Si può sapere che
ci fai qui?” Chiese, socchiudendo la porta.
“Io? Tu, invece,
perché sei ancora in casa? In pigiama, per giunta…” Disse lei, entrando a forza
in casa.
“Sono affari miei,
cose che non ti riguardano minimamente. Se sei venuta solamente per dirmi
questo, puoi benissimo andartene.”
“Lo sai che giorno è
oggi?”
“Sabato, e allora?”
Rispose, noncurante.
“Come sarebbe a dire
allora? Lo sai che oggi Amina se ne andrà? Probabilmente è già in viaggio per
andare all’aeroporto!” Disse lei, in tono di sfida.
“Io ho fatto tutto
quello che ho potuto, non ho il diritto di fermarla.”
“La pensi realmente
così? Io invece ho il diritto di fare questo!” E lo schiaffeggiò.
Gli fece male. Non
il gesto in sé per sé, ma il significato che aveva assunto. Lui si era arreso,
l’unica cosa che non avrebbe mai dovuto fare. Nell’ultima settimana si era
lasciato vivere, come un vegetale, totalmente passivo. Che gli era preso?
“Io…ma cosa ho
fatto?” Disse, incredulo. Finalmente, era apparsa una luce in quei giorni così
bui.
“Già, che hai fatto?
Si può sapere perché ora non sei in macchina, a rincorrerla? Lei se ne andrà,
forse per sempre, e non ti rendi conto che puoi essere l’unica cosa che può
fermarla! Sei l’unica persona ad avere potere sulle scelte, e cosa fai? Te ne
stai a guardare la gente dalla finestra. Devi vergognarti, sei un codardo!” Lo
rimproverò severamente, ogni sua parola era un ammonimento che aveva una
ragione, che aveva senso.
“Cosa dovrei fare?
Ce la farò a raggiungerla?”
“Se il tuo amore è
grande come la tua forza di volontà, allora ce la farai. Credi in te, credi in
voi due, non dar ascolto alla ragione ma segui i tuoi sentimenti. Se lo farai,
allora riuscirai a salvarla dal baratro in cui si sta gettando.”
“Dove posso
trovarla? Sei sicura che non si sia già imbarcata?” Chiese, all’apice della sua
trepidazione.
“No, ancora non si è
imbarcata.Se ne andrà alle 11.00 e, di conseguenza, sarà già partita da casa
sua. Sono passata lì davanti e ho visto che tutto era chiuso a chiave, persino
il cancello di legno. Se parti ora, forse hai qualche possibilità.” Lo prese
per un braccio. “Anche se c’è una sola, remota possibilità di farcela, devi
provarci. Prendi la mia macchina. Non è veloce, ma eviterai di tirare fuori dal
garage la tua.”
“Va bene, grazie
Cry.” Andò in camera e si vestì in pochissimi secondi. “Per me hai fatto
davvero tanto, non so se sarò mai capace di ripagarti. Sei veramente un’amica.”
Gli stampò un dolce bacio sulla guancia, fuggendo fuori.
“Dio, io non ti
prego mai, ma fa che Orlando riesca ad arrivare in tempo…” Si inginocchio sul
pavimento, appoggiando le mani a terra. “Ti supplico…non voglio perderli…”
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Amina era già sul
taxi, e guardava le macchine che camminavano vicino a lei, distrattamente.
Aveva in mano il suo biglietto: sola andata per Milano. Il momento dell’addio
si faceva più vicino. Sentiva che l’autista le stava dicendo qualcosa, ma
faceva finta si non sentirlo, di non capirlo. Respirò profondamente e cercò di
scacciare i brutti pensieri dalla testa.
“E’ ancora molto
lontano l’aeroporto?” Chiese, senza girarsi.
“No, dovremmo essere
lì tra un quarto d’ora. Mi dica, signorina, partirà da sola?”
“Sì, pare proprio di
sì.” Rispose, nascondendo il biglietto in borsa. “Non frega niente a nessuno se
io parto.”
“Ma come? Non ha
neanche un fidanzato?” Disse, quasi senza pensare. Dallo specchietto, vide la
ragazza girarsi, mordendosi il labbro inferiore.
“No…non ho più un
fidanzato…non più…” Sentì una fitta al cuore nel dire quelle parole. Ma, in
fondo, erano la sacrosanta verità. L’unica persona in cui aveva confidato, per
rimanere, non aveva fatto niente.
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Orlando stava
correndo con la macchina ad una velocità assurda, senza badare a quello che gli
succedeva intorno. Sentiva solamente che il suo cuore stava chiamando Amy,
incessantemente. Era molto egoista ma, al suo posto, tutti si sarebbero
comportati così. Fortuna volle che, a quell’ora, per le strada di Beverly
Hills, non c’era molta gente. Mancavano pochi chilometri all’aeroporto.
“Speriamo soltanto
che il destino, questa volta, mi dia una mano…” Disse, come per parlare ad una
cosa invisibile che, per lui, era più reale di una persona.
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Amina scese dal taxi
con tutte le sue borse, dopo aver pagato l’autista. L’aeroporto era esattamente
come se lo ricordava, ampio e asettico. Soltanto che, la prima volta che c’era
stata, le era parso più bello, forse perché era appena arrivata. Ora le
sembrava di andare al patibolo, percorrendo quegli enormi corridoi metallici.
C’era pochissima gente, in giro, e lei, dopo essere andata all’ufficio
informazioni, andò a sedersi vicino al gate 12, che l’avrebbe riportata a
Milano, il suo posto. L’America non era la sua vera casa, era solamente un
luogo come un altro, dove lei non aveva alcun legame. Ogni tanto si guardava
indietro, nella speranza d vedere Orlando, ma non c’era, e forse non sarebbe
mai venuto.
“I PASSEGGERI DELL’AEREO NUMERO 28 DIRETTO A MILANO SONO PREGATI DI
RECARSI AL GATE NUMERO 12, RIPETO, I PASSEGGERI DELL’AEREO NUMERO 28 DIRETTO A
MILANO SONO PREGATI DI RECARSI AL GATE NUMERO 12.” Era stato tutto esattamente
come l’altra volta. La direzione aveva annunciato la partenza e lei,
sconsolata, prese la sua borsa e attraversò il cancello del gate, dopo aver
dato i suoi documenti all’hostess.
“AMINA! FERMATI!”
Gridò una voce, dietro di lei.
Si girò velocemente,
riconoscendo subito chi la stava chiamando. Spalancò gli occhi nel vedere
Orlando, tutto ansimante, che stava correndo verso di lei.
“Che ci fai qui?”
Disse, uscendo dal gate e andandogli incontro. Non appena fu sufficientemente
vicina, lui l’abbracciò con tutta la sua forza. “Ehi, ma che…” Riuscì a dire.
“Non te ne devi
andare, non puoi.” Disse lui, accarezzandole la schiena.
“Perché? Orlando, mi
vuoi dire che stai facendo?” Amy era rimasta spiazzata da quel gesto, così
spontaneo e colmo di amore.
“Ho finalmente
trovato il motivo per cui devi restare.” L’allontanò, tenendole le spalle,
fissandola negli occhi. “Perché ogni singolo momento della mia vita, senza di
te, non ha alcun senso. Perché voglio stare sveglio accanto a te solo per
sentirti respirare, perché voglio sentire in ogni momento il tuo dolce profumo
che pervade l’aria. Perché non voglio addormentarmi senza di te, accanto a me.
Perché voglio perdermi ogni istante nei tuoi occhi meravigliosi, perché voglio
vedere i tuoi capelli, le tue labbra, te. Non voglio perdermi un tuo sorriso,
un tuo bacio, una tua lacrima. Perché voglio le tue battute, sentire la tua
voce melodiosa, vederti mentre stai ridendo sommessamente. Perché ti voglio
sempre accanto a me, nei miei giorni felici, nei miei giorni tristi, in
qualsiasi momento della giornata. Perché se io non avessi questo, se io non
avessi TE, vivrei soltanto per forza di inerzia, il mio vero io morirebbe nel
vederti prendere quell’aereo e non tornare più. Voglio soltanto tenerti
stretta, restare chiuso in questo momento per sempre, sentire il tuo cuore
battere vicino al mio, il tuo respiro fondersi con il mio. Ecco cosa voglio
veramente.”
Amina era rimasta
ferma, sentendo quelle parole che uscivano, piene di sentimento, dalle sue
labbra. Cominciò a piangere, accarezzando le sue mani. Finalmente qualcuno
l’aveva presa, prima che si gettasse nelle più profonde oscurità della sua
anima.
“Allora, lo ritieni
un motivo sufficiente? E non è solo questo, ho tante altre cose per le quali
restare…così tante che non basterebbe neanche una vita per elencarle tutte…” La
ragazza poggio l’indice sulle sue labbra.
“L’hai trovato…alla
fine l’hai trovato…” E lo baciò, stringendolo a sé.
Il cuore pesante di
Orlando, si era alleggerito di colpo. Aveva capito che non era necessario
trovare tante scuse, bastava solamente che il suo cuore parlasse per lui.
Sentire le loro labbra fondersi, per l’ennesima volta, era una cosa che
superava ogni illusione. Il loro amore aveva trionfato, nonostante tutto. Dopo
tutto quello che era successo, erano ancora lì. Quando si staccarono,
continuarono a guardarsi incessantemente.
“Allora resterai per
sempre con me? E’ una promessa?” Le disse, asciugandole una lacrima con il
pollice.
“Mi scusi signorina,
ma è pregata di salire sull’aereo. Siamo in dirittura di partenza.” Disse
l’hostess, dietro di loro. Non voleva rovinare quel momento, ma doveva farlo.
“Sì…ma ora devo
andare. Purtroppo, anche contro la mia volontà, dovrò tornare in Italia. Tu mi
aspetterai? Sarai disposto ad aspettarmi fin quando ritornerò?” Disse Amy,
abbassando la testa.
“Ti aspetterò uno,
dieci, cento anni, se fosse necessario. In ogni secondo mi ricorderò di te, di
quello che ci tiene uniti. Ti aspetterò…ora e sempre…” Si baciarono di nuovo.
“E poi devi ancora firmarmi il tuo disegno. E’ incompiuto, così come l’hai
lasciato. Sarà un motivo in più che ti spingerà a ritornare.”
“Certo, per te…e per
il mio disegno.” Disse ridendo, attraversando il gate. “Perché, come in ogni
favola, il principe azzurro ha risvegliato la principessa…” E scomparve,
assieme agli altri passeggeri.
Orlando la vide
allontanarsi, seguendola con lo sguardo finché fu visibile. Vide l’aereo che,
pian piano, stava decollando dalla pista. Appoggiò le mani al vetro,
sorridendo.
“Ti aspetterò…”
Disse, prima di allontanarsi e di ritornare in macchina.
CONTINUA...