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Autore: snowbud    12/04/2012    2 recensioni
Cit: " Il clac dell’orologio fu secco e brutale.
Chiuse ancora gli occhi, forte.
Prese la tazza con la mano tremante e soffiò sul thè già freddo.

Non tutte le ciambelle riescono col buco
[...]
E lei non esiste."
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le cinque se ne stanno andando, e i treni che passano se ne vanno per sempre.



Prese  il bollitore con la mano sinistra, stringendolo forte, come cercasse un appiglio.
Rovesciò l’acqua calda nelle due tazze: due gocce fuori, come al solito.
Non tutte le ciambelle riescono col buco.
Non c’erano ciambelle che riuscivano col buco, perlomeno non nel suo mondo, non nella sua testa malata.
Passò le due tazze bollenti nei piattini e si sedette.
Le cinque meno sette.
Il posto davanti a lei, perfettamente apparecchiato, era vuoto.
Strizzò il limone nel suo thè. Cadde un semino.
Non tutte le ciambelle riescono col buco.
Mise anche due cucchiaini di zucchero con mano tremante e, per ingannare un po’ il tempo, giocherellò un po’ col cucchiaino.
L’orologio aveva i contorni blu ed era in ceramica – poteva quasi sentire com’era liscio sotto i polpastrelli.
Le cinque meno tre.
Strinse istintivamente i pugni, facendo sbiancare le nocche e lasciando i segni sul fondo del palmo. Strizzò gli occhi, poi li riaprì, dicendosi di essere razionale.
Finalmente si rilassò apparentemente, sedendosi un po’ meglio.

- Chi è?
- Lei è… una ragazza. Ed è speciale, io lo so. Ha talento, è intelligente, sensibile e luccica.
Splende. Davvero.

Sospirò.
Le lancette continuavano la loro impietosa corsa.
Le cinque meno uno.

- Ma anche tu sei così.
- No, io… Io sono vuota, e spenta. Sono inutile, tutti mi odiano, mi disprezzano, e mi disprezzo anch’io. Non so fare nulla.

La lancetta dei secondi girava, correva, e non era mai affannata, la maledetta.

- Come fai a saperlo?
- E’ così, punto. Io l’ho vista, delle notti, tra la veglia ed il sonno, tra la luce ed il sogno, tra la realtà e l’oblio. Lei è uguale a me, ma lei… lei è completamente diversa, lei è come se brillasse, ed è bella, perché ha gli occhi scintillanti e la pelle chiara e sorride, sorride sempre. Ed è perfetta, davvero, e io so che mi proteggerà – che proteggerà questo inutile rifiuto, questa reietta, questa lacrima sugli occhi del mondo.


Il clac dell’orologio fu secco e brutale.
Chiuse ancora gli occhi, forte.
Prese la tazza con la mano tremante e soffiò sul thè già freddo.
Non tutte le ciambelle riescono col buco.

- Perché io la amo.

“Oh, guarda un po’, è l’ora del thè.” Disse a voce alta, falsamente distratta ma spezzata, incrinata, come sul punto di piangere, come sul punto di cadere.
Nei dintorni non c’era nessuno.

- E lei non esiste.


Le cinque e venti non sono proprio un buon orario per arrivare ad un appuntamento fissato per le cinque, però non andarci è decisamente peggio.
“Peccato, mi sono persa un buon thè.” disse tranquilla, sempre ad alta voce, mentre con due mani prendeva la tazza e la riponeva.
“Beh, pazienza, sperò potrà capire.”
Lasciò sul tavolino ombreggiato la tazza di thè freddo – una metà del tavolo perfettamente apparecchiata e l’altra intonsa, vuota.
Nel caso cambiasse idea e decidesse di presentarsi, alla fine, giusto con qualche minuto – o ora, o anno – di ritardo.
D’altra parte, un secondo è un sacco di tempo, non è vero?
















Fake tales of San Francisco.

Questa è la cosa più triste che io abbia mai scritto.
Non so se capirete – io ci spero ma in realtà non credo.
Ah, se i verbi sembrano un po’ incasinati, soprattutto nell’ultima parte, non fateci caso – vi assicuro che non è facile usare i congiuntivi parlando di qualcuno che è la stessa persona di sé stesso.
(mah, ve lo dico che tanto non ci spero: Sì, SONO LA STESSA PERSONA. WOW. Sì. *in questo momento ho un po’ la faccia di YOU DON’T SAY ma non vogliatemene, è che io mi aspetto che la gente capisca la mia mente psicopatica. Non arriverò mai da nessuna parte, stupida me*)

   
 
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