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Autore: Miss Fayriteil    13/04/2012    0 recensioni
Jane potrebbe essere una donna come tante, con una bella e numerosa famiglia, ma in realtà nel suo passato si nasconde un doloroso segreto...
Questa storia l'ho scritta un po' di tempo fa... spero vi piaccia!
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4.
 
 
Il giorno seguente, Jane era al suo solito posto sul divano del soggiorno, come ogni volta intenta a chiacchierare con Charlotte.
  «Che bello» disse in quel momento, lo sguardo sognante, perso nel vuoto, «è iniziato dicembre, finalmente. Sai, sento già nell’aria il profumo dell’estate, ma anche del Natale, ed è assolutamente fantastico. Io adoro dicembre» concluse con un sospiro. Charlotte si voltò a guardarla con un sorriso quasi ironico.
  «Non voglio fare la guastafeste, credimi, ma ti posso assicurare che fra qualche settimana non sarai più così felice. Tu vivi qui da poco, anche se dovessi già esserne a conoscenza, ma sappi che fra meno di un mese, manca così poco Santo Cielo, Rick verrà qua, per tentare qualsiasi cosa pur di rovinarci le vacanze, accidenti a lui».
  Era vero, Jane in quei giorni, con la mente tutta presa dalla neonata relazione segreta con Jack, dal suo bambino e dalla fuga, se n’era completamente dimenticata. Da quel momento, una sorta di quieto terrore la invadeva, ogni volta che pensava al fatto che fosse ormai arrivato dicembre.
  Passarono velocemente molti giorni ed altrettante settimane ed ecco che, all’inizio della seconda settimana di dicembre, alle dieci del mattino, Rick si presentò sulla porta di casa. Se ne stava lì in piedi sulla soglia, con una valigia e uno zaino. Jane, dal divano, gli lanciò uno sguardo diffidente; era piuttosto alto per avere solo otto anni ed aveva la stessa espressione da delinquente del padre. A Jane si gelò improvvisamente lo stomaco: anche suo figlio sarebbe assomigliato così tanto a Number One? La ragazza guardò meglio il ragazzino: i lunghi boccoli scuri gli nascondevano gli occhi castani ed il viso era tutto coperto di lentiggini.
  Rick entrò in casa senza degnare di un’occhiata i presenti, ma mollando i suoi bagagli davanti a Charlotte e Number One entrò subito dietro di lui, un gran sorriso stampato in faccia. Gettò a Charlotte un’occhiata che equivaleva a dire: «Vai a sistemare le valigie di mio figlio in quest’istante».
  Rick si diresse verso la zona delle stanze da letto e Jane, in quel momento, capì perché la stanza dove dormiva lei sarebbe dovuta restare vuota. Il bambino, infatti, fece per entrarvi, ma si bloccò sulla porta, mentre un’espressione di orrore e profondo disgusto prendeva forma sul suo viso, pallido e allungato. Dando alla propria voce un tono volutamente disperato, gridò: «Papà!»
  Number One corse in aiuto immediatamente, al grido del figlio.
  «Che c’è, figliolo?» gli chiese, ancora ansimante. Rick lo guardò arrabbiato.
  «C’è che la mia stanza è occupata. E da quel che posso vedere è occupata» la sua espressione si fece, se possibile, ancora più disgustata, «da una femmina». Era chiaro che, per quanto riguardava il gentil sesso, Rick la pensava esattamente come suo padre. Quest’ultimo, disperato, lanciò a Jane uno sguardo feroce, poi si rivolse nuovamente al ragazzino. «Sì, certo, Rick. Jane ha fatto una cosa veramente molto cattiva, però lei non aveva idea del fatto che questa stanza fosse tua altrimenti non l’avrebbe mai occupata. E ad ogni modo ora lei verrà qua e libererà la tua stanza, seduta stante. Vero, Jane? Moglie!»
  Pronunciò l’ultima parola quasi urlando, così che ebbe lo stesso effetto di un ordine minaccioso, ma lei non si lasciò affatto spaventare. In quei sei mesi si era abituata a qualsiasi cosa, oltre che a qualunque tipo di minaccia, quindi si avvicinò ai due, un sorriso falso stampato sulla faccia.
  «Sì, cosa c’è? Mi hai chiamata, per caso, marito adorato?»
  «Smettila di prendermi in giro, donna. Hai sentito che cosa ha detto il ragazzo» abbaiò Number One, «come vedi, non è contento. Quindi porta via tutta la tua roba da qui! Ora! Avanti, muoviti, marsh!»
  Jane entrò nella stanza, borbottando: «Va bene, va bene, adesso la svuoto questa stanza, non ti scaldare così». Arrivò anche Charlotte con in mano i bagagli di Rick e decise di approfittarne per darle una mano. Per più di un’ora, le due lavorarono instancabilmente, liberando ogni centimetro quadrato della stanza dagli averi di Jane e ammucchiandoli momentaneamente in un angolo del corridoio. A lavoro ultimato, la ragazza fissò a lungo le sue scarpe, i suoi vestiti, ma soprattutto le sue preziosissime riviste di moda, sinceramente preoccupata.
  «E ora, dove metto tutte queste cose?» Si chiese ad alta voce, con il tono piagnucoloso di una bambina viziata e capricciosa. «In camera tua sicuramente no. Non ci pensare neanche per un momento!» disse a Number One in tono fermo, anticipando qualunque sua proposta.
  «Se mi posso permettere» suggerì timidamente, Charlotte, «quel guardaroba che c’è in soggiorno, non è molto grande, però forse potrebbe esserti utile». La ragazza ci pensò un attimo, poi fissò la donna, raggiante e disse, tutta esaltata: «Ehi, è un’idea! Penso che trasferirò lì tutte le mie cose. Anzi, credo proprio che mi trasferirò del tutto in soggiorno. Il divano sembra essere molto comodo, anche come letto e poi avrei sempre la televisione a portata di mano!» E così fece.
  Alcune settimane più tardi, giusto qualche giorno dopo Capodanno, Jane si stava godendo un romantico film alla televisione, mentre sgranocchiava pop corn al caramello, quando Rick entrò nella stanza. Il ragazzino si buttò a sedere sul divano, afferrò il telecomando e spense il televisore.
  «Ehi, Richard» esclamò Jane, arrabbiata. Era l’unica in casa ad avere il permesso di chiamarlo col suo vero nome. Si era dimostrata così ostinata che perfino Number One, per la prima volta in vita sua, non aveva potuto far altro che cedere. «Hai appena interrotto il mio momento di relax! E poi quella era la parte migliore del film! Perché diamine hai spento?»
  «Così» rispose lui, con un’impertinente scrollata di spalle. Poi Rick cambiò improvvisamente espressione; il viso gli si rabbuiò e disse con aria imbronciata: «Perché sei venuta a disturbare la quiete di casa nostra, donna? Nessuno te lo ha chiesto e poi io qui non ti ci voglio».
  Jane rimase a bocca aperta per l’indignazione: di tutte le sciocchezze che quella piccola peste poteva sputar fuori, questa era senz’ombra di dubbio la peggiore. Si costrinse a fissare lo schermo vuoto del televisore e mormorò: «Figurati io».
  Rick strinse sospettoso gli occhi scuri. «Che cosa hai detto?» le chiese.
  Jane rispose, cercando di controllare la voce: «Che nemmeno io sono contenta di rimanere qua».
  Poi si voltò decisa verso di lui. «Senti, ragazzino, mettiamo in chiaro una cosa. Non ho scelto io di venire qua, va bene? Non l’ ho chiesto io». Proseguì con la voce tremante e in rapido aumento di volume: «È stato tuo padre, sì ragazzo, il tuo caro paparino, che mi ha rapita quasi sette mesi fa, mi ha imprigionata qui e mi ha messa incinta e tutto il resto!» Si rese conto di avere gli occhi offuscati dalle lacrime e se li asciugò con rabbia. Rick era rimasto ammutolito di fronte a quello sfogo.
  Abbassando lo sguardo, mormorò: «Ho soltanto otto anni, in fondo. Che ne posso sapere, io, di com’è la realtà?»
  «Sai, Richard» gli disse Jane. «È proprio per questo che te lo dico ora. Hai solo otto anni e sei ancora abbastanza giovane da decidere da che parte stare». Il discorso s’interruppe lì, all’improvviso: Jane temeva di aver già detto troppo e voleva evitare di finire su un terreno pericoloso.
  Dal giorno seguente, Jane poté in ogni caso notare, con una certa soddisfazione che, nonostante Rick fosse quello di sempre, con lei era notevolmente più gentile. Se ne rese conto anche Charlotte.
  Tre giorni dopo la chiacchierata tra Jane e Rick, lei chiese alla ragazza: «Si può sapere cosa diavolo hai fatto a Rick? Lo conosco da quando è nato e non l’ho mai visto così gentile con nessuno, nemmeno con Number One».
  «Abbiamo parlato» rispose Jane semplicemente. Charlotte la fissò, ammirata.
  Quello stesso pomeriggio, Rick andò in soggiorno e sedette sul divano per parlare ancora con Jane.
  Viene spontaneo, a questo punto, chiedersi cosa ne pensasse Number One di questa novità. Niente, non gli importava, fintantoché avesse continuato a pensare che Jane non aveva un’influenza negativa sul ragazzino.
  Rick si voltò a guardare Jane e lei, in quel momento, non vide l’espressione da mezzo criminale che lo caratterizzava, ma lo sguardo di un bambino, come quello che avevano tanti altri ragazzini della sua età.
  «Senti, Jane» cominciò lentamente, «riguardo quello che hai detto l’altro giorno su mio padre, stavo pensando che probabilmente hai ragione, ma che in ogni caso io non voglio che tu stia qui. Voglio che tu te ne vada, portandoti dietro anche il moccioso urlante che hai in pancia, che quando sarà nato diventerà solo un altro peso inutile».
  Jane cercò di ignorare il modo in cui il ragazzino aveva appena apostrofato il suo bambino non ancora nato e gli chiese: «Richard, posso farti una confessione?» e lui annuì. «Neanch’io sono troppo contenta di avere un bambino ora, in queste condizioni, se proprio lo vuoi sapere. Però questo non conta, non penso neanche al fatto “Tenerlo o no”. Quello che importa veramente è che se saremo fortunati, tu il bambino non lo vedrai mai. Adesso è gennaio, non è vero? Perciò, tu il mese prossimo te ne torni a scuola e lui, o lei, nascerà in luglio, dopodiché, io me ne andrò per sempre». Fece una pausa, poi sorpresa da un’inquietudine inaspettata, aggiunse: «Ehi, io te l’ho detta questa cosa, d’accordo, però tu acqua in bocca, mi raccomando, in particolare con tuo padre».
  «E perché dovrei?» chiese diffidente il ragazzino.
  «Perché» gli spiegò Jane paziente, cercando di controllare l’impulso di prenderlo per la gola, «se tu ti azzardi a cantare, caro il mio Richard, ci andiamo di mezzo io, tu, Jack e Charlotte» disse, facendo sfoggio di alcuni termini specifici del linguaggio del marito, che aveva appena imparato. «E per quanto mi riguarda, la cosa non ti farebbe piacere». Rick rimase abbastanza stupito, sapendo quante persone fossero coinvolte nella faccenda, ma poi, ignorando la velata minaccia di Jane, annuì e disse solennemente: «D’accordo, sarò muto come un pesce. Te lo prometto». Jane sorrise e annuì, molto soddisfatta.
  Un paio di giorni dopo, Jane era al suo solito posto in soggiorno. In quel momento, chiuse gli occhi, con aria ispirata e si appoggiò una mano sulla pancia.
  «Lo senti? No, ovviamente non puoi sentirlo, però sarebbe bello se potessi» disse a Charlotte. «Si muove, ed è una bellissima sensazione, sentirlo. Oh, accidenti, mi ha appena dato un calcio! Non trovi che sia una cosa assolutamente fantastica?»
  La cuoca la guardò sorridendo e le rispose: «Sì, cara, penso che sia veramente fantastico. Non vedi proprio l’ora che nasca, eh?»
  «Già, infatti» riprese Jane, sorridendo. «Anche perché, una volta nato il bambino, io potrò finalmente andarmene da qui».
  Le due donne rimasero in silenzio per un po’, poi Jane, colta da una preoccupazione improvvisa, informò Charlotte: «Mercoledì ho parlato di nuovo con Richard. Gli ho detto tutto a proposito dell’ evasione, ma poi gli ho anche fatto promettere di tenere la bocca chiusa. Secondo te ho fatto bene o non c’è comunque da fidarsi?» Raccontò brevemente a Charlotte cosa era successo e la donna la studiò per alcuni minuti prima di risponderle. «Non avresti dovuto, sai com’è suo padre e com’è lui, ma ormai è troppo tardi per tornare indietro. È molto difficile che non parli, ma forse, se gli hai spiegato che ci andrebbe di mezzo anche Jack, ripeto forse, potrebbe stare zitto davvero. So con certezza che Rick tiene molto a quel ragazzo».
  «Speriamo bene» mormorò Jane dubbiosa. Si era profondamente pentita di ciò che aveva fatto, ma, come aveva giustamente detto anche Charlotte, ormai era troppo tardi per tornare indietro.
  Fortunatamente, Rick mantenne la promessa fatta a Jane, comportandosi come se non sapesse assolutamente niente di quella storia. Ciò sorprese molto tutti ciò che erano a conoscenza della vicenda, vale a dire, Jane, Jack (che era stato anche lui messo al corrente del fatto) e Charlotte. Finalmente, un giorno abbastanza all’inizio di marzo, alle sette di mattina, Rick e Number One partirono perché il bambino doveva tornare a scuola, per l’inizio del nuovo trimestre.
  Jane si svegliò circa due ore e mezza dopo la loro partenza. Aprì gli occhi, ancora assonnata e notò subito tre cose: la stanza era completamente illuminata dalla dolce luce autunnale, si era formato un grosso mucchio di foglie secche sotto la finestra, rimasta aperta, ma soprattutto Rick non c’era più! La ragazza si mise seduta di scatto, all’improvviso completamente sveglia. Si alzò dal divano, lo risistemò per il giorno e si vestì lentamente. Quando tutto fu finalmente sistemato, Jane si trascinò in cucina per fare colazione. Charlotte era china sul fornello e le dava le spalle, ma non appena la sentì entrare, si voltò sorridendo.
  «Buongiorno, Jane» la salutò.
  «’Gio-gio-giorno, Charlotte» rispose la ragazza, senza riuscire a soffocare un grosso sbadiglio. Si preparò la colazione, sedette al tavolo ed iniziò a mangiare. Intanto chiacchierava con Charlotte. Addentò una grossa fetta di pane tostato con sopra burro di arachidi e marmellata di fragole e disse, a bocca piena: «Ma quindi, Richard, se n’è andato, alla fine?»
  «Sì, stamattina alle sette» rispose la cuoca. «Tu stavi ancora dormendo, immagino. E non parlare con la bocca piena!» aggiunse severamente.
  «Già, scusa» mormorò Jane, deglutendo. «Comunque sì, esatto, stavo ancora dormendo. Perché sono partiti così presto, comunque? Oh, e Number One non è ancora tornato, vero?» aggiunse speranzosa.
  «No, ma sarà qui per l’ora di pranzo, credo. Sono partiti così presto perché per arrivare a quella scuola ci vogliono almeno tre ore di viaggio e Rick deve essere là entro mezzogiorno, perciò prima partivano, meglio era». Jane annuì in silenzio.
  Bevve l’ultimo sorso di caffèlatte non zuccherato, poi si alzò e andò a mettere ciò che aveva utilizzato per la colazione nella lavastoviglie, dopodiché si stiracchiò e disse: «Bene, penso che uscirò per un po’, adesso».
  «D’accordo» rispose Charlotte, «ma cerca di non metterci troppo. Devi essere qui prima del ritorno di Number One, sai che lui non vede di buon occhio il fatto che tu esca. E poi sarebbe bene anche che mi aiutassi con il pranzo. Mi piace che tu ti renda utile in casa e non te ne stia sempre incollata a quella maledetta televisione». Jane annuì, sbuffando un po’, a dire la verità e presa la borsa, uscì da casa. Fece una lunga passeggiata nei dintorni e dopo un po’ che camminava, si fermò per riprendere fiato (infatti, la gravidanza cominciava ad affaticarla), ma anche per pensare che, nemmeno lei sapeva il vero motivo, ma da quando era stata rapita, nelle sue frequenti uscite, non aveva mai avuto il coraggio di tornare nel parcheggio della stazione, là dove tutto era iniziato, ormai otto mesi prima.
  Rimase fuori per circa due ore, ma poi dovette affrettarsi a rientrare perché era quasi ora di pranzo e anche perché Number One stava per tornare. Come promesso, dette una mano a Charlotte con il pranzo mentre aspettavano Number One. Quando lui arrivò, poco più tardi, Jane notò subito che aveva un’espressione molto triste e, stupita, ne chiese il motivo a Charlotte. La donna le rispose sussurrando che era la partenza di suo figlio ad abbatterlo così.
  «Accidenti» commentò Jane stupita, a bassa voce. «Gli vuole davvero molto bene».
  «Sì, però in fondo fra più o meno un paio di giorni gli passerà» osservò Charlotte. «Fa sempre così. Vedrai se non ho ragione».
  Passarono un paio di mesi e con l’avvicinarsi della Pasqua, Jane cominciò nuovamente a preoccuparsi perché temeva un possibile ritorno di Rick, prima che Charlotte le spiegasse che il ragazzino tornava a casa solo durante le vacanze estive e per tutto il resto dell’anno, gli studenti restavano nel collegio.
 
 
  
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