- Ufficio
diagnostico, tutti in attesa-
Wilson:
« Allora? »
chiese impaziente rivolto all’amico.
House
lo guardò
intensamente, poi spostò lo sguardo brevemente su ognuno di
loro.
Sorrise,
uno di quei
suoi sorrisetti spavaldi e arroganti.
Afferrò
il suo
bastone, si alzò e parlò.
House:
« Be', Bob ci
ha dato la sua dimostrazione. »
Poi
girò lo schermo del
pc verso i presenti. Tutti rimasero ammutoliti mentre vedevano la
Cuddy, legata
mani e piedi, con dietro un televisore acceso sul terzo canale, che
ripeteva
“sto bene”, anche se non si sentiva nulla,
perché non c’era l’audio.
House
girò la
scrivania, fino a trovarsi di fianco allo schermo.
Alzò
il bastone e
indicò la Cuddy.
House:
« Qui abbiamo
la prova che Cuddy sta bene. » affermò.
Poi
indicò lo schermo
del televisore che si vedeva dietro di lei.
House:
« Qui abbiamo
la prova che le immagini sono in diretta. » disse accennando
poi alla
televisione dell’ufficio accesa sullo stesso canale di quella
dietro la Cuddy.
Entrambe mandavano la stessa trasmissione: un programma di cucina che
andava in
onda tutte le settimane, ma solo quel giorno e solo a
quell’ora e che, essendo
in diretta e perciò sempre diverso, non poteva essere
registrato.
House:
« C’è una
strana ironia nella Cuddy legata e prigioniera con gli omini che
maneggiano
coltelli da cucina dietro di lei, non trovate? » disse con un
sorriso di
sbieco.
Aveva
appena finito
di parlare, che l’immagine sul computer divenne nera.
House
fece roteare il
bastone, con la sua solita aria superiore.
House:
« Ma qui… »
disse indicando lo schermo nero « e qui » disse
indicando poi il suo telefonino
« abbiamo la prova che Bob non è altro che un
povero sciocco. » finì
soddisfatto.
La
sua platea, che
fino a quel momento pendeva dalle sue labbra, mostrò cenni
di dubbio e
incomprensione con vari arricciamenti di naso, mugugni stupiti o
sopracciglia
aggrottate, mentre ognuno di loro registrava le informazioni ottenute.
Cosa
voleva dire House?
Kutner:
« Ma allora…
allora il rapimento e tutto il resto sono veri? » fu il primo
ad aprire bocca.
House
girò gli occhi
al cielo, infastidito, appoggiandosi al bastone prima di rispondere.
House:
« Wow, abbiamo
un genio fra noi! » disse sarcasticamente «
Cos’è, credevi ancora nella favola
che mamma e papà a volte fanno scherzi ai loro bambini?!
»
Dopo
quell’uscita,
nessuno parlò. House sembrava ritornato il solito di
sempre…
Foreman:
« Cosa
intendevi dicendo che è uno sciocco? » chiese
cercando di far tornare il
discorso sul punto principale.
House:
« Ma, non lo
so… » disse corrugando le sopracciglia e
appoggiandosi un indice alle labbra «
… stupido, idiota, cretino, rendono meglio l’idea?
»
Tredici:
« Intendeva
dire… » cominciò mentre Foreman
sbuffava, ma House la interruppe.
House:
« Sì, lo so
cosa intendeva dire. Ma, Foreman! Credevo avessi una ragazza, non una
mammina
protettiva! »
I
due medici lo
guardarono male.
Taub:
« Ok, House.
Basta giocare. Non perdiamo altro tempo. »
Kutner:
« Allora,
abbiamo capito che pensi di avere qualcosa in mano… potresti
avere la
gentilezza di spiegare anche a noi poveri mortali? »
House:
« Solo perché
me lo chiedi tu, mon amour! E
grazie per avermelo domandato! » esclamò divertito
con un mezzo sorrisetto «
Mmm… come ho detto, Bob è uno stupido,
perciò non vi preoccupate, perché…
»
fece una pausa enigmatica, assicurandosi che tutti lo stessero
ascoltando « …
ormai ho tutto sotto controllo, con la mia eccelsa mente ho capito cosa
vuole,
quindi ora è tutto ok: so cosa fare, andrà tutto
bene! » finì, elencando tutto
molto velocemente.
I
dottori lo
guardarono allibiti. Ma lui non aveva intenzione di dare altre
spiegazioni, il
suo dovere l’aveva fatto, ed era ciò che contava.
Avanzò
zoppicando
fino a Wilson, afferrandolo per un braccio.
House: « E
ora
tornate alle vostre faccende, gente! » affermò
« Vi chiamerò io sui vostri cercapersone
appena sarà necessario. Intanto i vostri fratelloni andranno
a farsi un giro,
per parlare di cose da grandi, quindi non seguiteci! » poi si
rivolse a Wilson
e sottovoce, guardandolo significativamente, disse: « Vieni!
»
- In cerca di un
bagno, House e Wilson -
House
non si fermò
fino a quando non fu arrivato ai bagni dell’ultimo piano
dell’ospedale,
preoccupandosi solo di gettarsi ogni tanto uno sguardo alle spalle, per
accettarsi che Wilson gli fosse alle calcagna.
Entrati
nel bagno,
House buttò fuori con i suoi modi sgarbati un tizio che si
stava lavando le
mani, senza neanche dargli il tempo di aprir bocca,
dopodiché chiuse la porta,
appoggiandocisi con la schiena.
Wilson,
scansandosi
per far passare l’uomo che usciva borbottando dal bagno,
aggrottò le sopracciglia,
varcando lentamente la porta. Era piuttosto confuso e forse un
po’ a disagio.
Perché parlare proprio… nel bagno? Ma poi decise
che in quel momento erano più
importanti ben altre questioni.
Wilson:
« Spiegami,
perché sono confuso. » gli disse, decidendo di far
subito la prima mossa « O
quella era la brutta copia di te stesso, oppure ti stai davvero
instupidendo. »
House
non rispose, lo
fissò un attimo, poi chiuse gli occhi e spinse la testa
all’indietro,
appoggiandola alla porta. Wilson lo interpretò come un segno
di sconfitta,
perciò continuò vittorioso.
Wilson:
« Ti sei
comportato bene fino ad un certo punto, ma poi hai rovinato tutto
ripetendo più
volte la stessa frase, cercando di convincerci che andava tutto bene e
che
avevi tutto sotto controllo. Ma il tono che hai usato…
Volevi convincere anche
te stesso. Vada per gli altri, ma credevi davvero che io non me ne
sarei
accorto? »
House:
« Be', ci
speravo ardentemente in realtà. » rispose
sarcastico.
Wilson:
« Non credo.
Altrimenti non saremmo qui. » ribatté subito
furbescamente.
House
schioccò le
labbra e riaprì gli occhi.
Si
fissarono per
qualche secondo, poi Wilson sorrise. Lui conosceva House, era tutto
inutile con
lui.
House
rispose con un
sorrisetto.
Wilson:
« Allora,
almeno a me hai intenzione di dire cosa sta realmente succedendo?
»
House
fece un cenno
in sua direzione.
House:
« Tu cosa ne
pensi? »
Wilson:
« Penso… »
iniziò con cautela « che tutto ciò che
hai fatto finora abbia avuto un fine
preciso. Dopotutto non è da te agire senza uno scopo.
»
House
non rispose,
Wilson si sentì più sicuro e continuò.
Wilson:
« Ad esempio:
la prima volta che ti ha chiamato, ci hai fatto venire tutti nel tuo
ufficio,
dicendo che avevi bisogno di noi. Ma non era vero, hai mentito, tu non
avevi
affatto bisogno di noi. No, tu l’hai fatto per un altro
motivo, House. Qual
era? »
House:
« Le tue
speculazioni sono tue speculazioni. Non farmi entrare nelle dinamiche
del tuo
cervello, si rischia di perdercisi. » disse sogghignando.
Wilson:
« È inutile
che continui a fingere per coprirti. Se non vuoi dirmelo tu, allora te
lo dico
io. Volevi osservarci, volevi studiare le reazioni di ognuno di noi,
per capire
se sapessimo qualcosa, se fossimo invischiati nel rapimento della
Cuddy. Tu
sospettavi di noi… non ti fidavi! Non è forse
così? »
House
esitò un attimo
prima di rispondere, mettendo in ansia Wilson. Se il suo ragionamento
era
sbagliato, ora il diagnosta cosa avrebbe fatto?
Ma
le labbra di House
si tirarono in un lieve sorriso.
House:
« Bingo! »
esclamò.
Wilson
rimase
interdetto un secondo. Non sapeva se avrebbe dovuto essere felice di
aver
indovinato e quindi del fatto che ancora sapeva leggere
l’amico, o arrabbiato
per quello che le sue deduzioni significavano.
Alla
fine si lasciò
trascinare dal momento, optando per la seconda.
Wilson:
« Come hai
potuto?! » esclamò, incredulo. « Come
potevi credere che qualche tuo collega
potesse aver rapito la Cuddy?! »
House
girò gli occhi
al cielo.
House:
« Già.
Infatti, come ben sai, sono famoso proprio per la fiducia che ripongo
nel
prossimo! » affermò sarcastico.
I
due medici si
guardarono in cagnesco per qualche secondo. Alla fine Wilson si arrese,
sospirando.
Wilson:
« Allora,
cosa hai dedotto dalla tua ricerca? »
House:
« Pensavo
fosse possibile che qualcuno di voi si fosse messo d’accordo
con Cuddy, per
colpirmi, farmi uno scherzo, dimostrarmi qualcosa, umiliarmi, o
qualcuno delle
altre cose che ogni tanto vi inventate per insegnarmi chissà
quale vostro
stupido principio… »
Wilson
sbuffò, ma
capì che ribattere non sarebbe servito.
Wilson:
« Ma… ? » lo
incalzò.
House:
« Ma ho capito
che non era così. Nessuno di voi era sospetto. »
Wilson:
« Oh, grazie.
» disse ironicamente « E Cuddy? Immagino che tu
abbia pensato anche a lei.
Dopotutto, ragionando come fai tu, poteva aver organizzato lei la cosa,
no? »
House:
« Sì, ma non
mi sembrava già da subito probabile che avesse fatto tutto
da sola, e dopo il
video… sono convinto che è tutto reale. Nessuna
finzione. »
Wilson:
« Oh,
perfetto. Tutto a posto, allora. Questa informazione dovrebbe forse
rallegrarmi? » chiese ancora irritato.
House:
« Ehi, sei
stato tu a voler sapere, ora non prendertela con me! » disse
alzando le mani in
segno d’innocenza, ma ridendo sotto i baffi.
Wilson
sbuffò di
nuovo.
Wilson:
« Bah…
lasciamo stare! Piuttosto dimmi, siamo qui in questo bagno,
perché… ? » chiese
curioso.
House:
« Ma tu ogni
tanto lo usi quel cervello da oncologo che ti ritrovi, o fai solo
finta?! »
Wilson:
« E tu non
sei capace di formulare una frase senza dover insultare qualcuno, eh?
Illuminami,
dai! Non aspetto altro! »
House
ridacchiò. Con
Wilson era sempre uno spasso.
House:
« Fin dalla
prima telefonata ho capito che si teneva in qualche modo in contatto
con
l’ospedale, per lo meno sapeva i nostri spostamenti.
» cominciò con le spiegazioni
« E poi, ti ricordi? Sapeva che vi avevo chiamati tutti e che
eravate presenti
nell’ufficio. »
Wilson:
« Così
all’inizio questo fatto non ha fatto altro che insospettirti
di più sulla
nostra colpevolezza? »
House:
« Ovviamente.
Ma dopo avervi escluso da questa faccenda come indiziati, il problema
è
rimasto. Soprattutto per questo, e poi anche per altri piccoli
dettagli, è
chiaro che Bob ci sta osservando: o ci vede o ci sente… o
entrambe. »
Wilson
rimase a
pensare qualche secondo, per trarre le conclusioni che House voleva.
Wilson:
« Quindi
secondo te questo tizio, chiunque sia, ha addirittura installato delle
telecamere? Oppure si serve di quelle di sorveglianza
dell’ospedale? » provò a
ipotizzare.
House
negò col capo.
House:
« No, non
credo. In tutti e due i casi sarebbe stato rischioso: delle telecamere
danno
troppo nell’occhio, per quanto piccole possano essere, e lui
sarebbe stato
notato nel momento in cui fosse venuto ad installarle, mentre
infiltrarsi nella
sorveglianza di un ospedale non è una mossa molto
intelligente, troppo
rintracciabile. No. Il nostro Bob è un tipo furbo. Se ho
capito almeno un po’ della
sua psicologia, dev’essere un uomo colto, probabilmente con
molti anni di
studio alle spalle, perciò ha messo a punto un piano preciso
e semplice allo
stesso tempo. Una combinazione perfetta, insomma. »
Wilson
assorbì le
informazioni, fino a quando non arrivò alla risposta.
Wilson:
« Quindi… »
provò a dire « Bob dev’essere vicino al
PPTH, a portata di binocolo, e potrebbe
aver installato delle cimici nelle stanze principali! »
House:
« Esattamente.
»
Wilson:
« E questo è
il motivo per cui mi hai trascinato a parlare qui. »
House
fece un cenno
di assenso. Rimasero in silenzio per qualche minuto, ognuno perso nelle
sue
riflessioni. Wilson camminava nervosamente per la stanza. House era
ancora
immobile, appoggiato alla porta.
Wilson:
« È stato lui
a dirti di comportarti così. » disse lentamente
sull’onda dei suoi pensieri «
Non hai affatto capito cosa vuole e cosa devi fare! Lui ti ha ordinato
di dire
così, e tu hai dovuto farlo! In realtà brancoli
nel buio! » esclamò stupito
dalle sue stesse parole « Per questo volevi parlare con me!
»
House
non rispose. Si
allontanò dalla porta del bagno, zoppicando lentamente, fino
a un lavandino,
poi ci si appoggiò con entrambe le mani, sostenendosi in
piedi sulle braccia.
Lasciò cadere la testa all’ingiù, verso
il lavandino e sospirò. Wilson s’incupì
per come l’amico sembrava scoraggiato in quel momento. Si
avvicinò a lui, non
osando però parlare o anche solo toccarlo.
Alla
fine House alzò
la testa, incontrando lo sguardo di Wilson riflesso nello specchio
sopra il
lavandino.
House:
« Lui sta
giocando. » affermò sconfitto « Sta
giocando con me e con tutti voi. E la posta
in gioco… è la Cuddy. » finì
lentamente.
I
due rimasero in
silenzio per qualche minuto. Pensare alla Cuddy non faceva star bene
nessuno
dei due. Forse avrebbero dovuto parlarne... ma allora non sarebbero
stati House
e Wilson.
Wilson:
« Lui sa
tutto di te. » continuò il ragionamento con aria
affranta, mentre House
riabbassava lo sguardo sul lavandino.
House:
«
Probabilmente sì. » mormorò «
Mentre io non so nulla di lui, a parte ciò a cui
posso arrivare col ragionamento, ma non sono dati sicuri. »
Wilson:
« E tu hai
bisogno di sapere qualcosa di lui, hai bisogno di conoscere il tuo
nemico prima
di poterlo sconfiggere. »
House:
« Non posso
vederlo, non lo conosco, non ho nulla su di lui. La sua voce, anche se
probabilmente è contraffatta, e il suo modo di parlare non
mi dicono niente.
Nulla. »
Wilson:
« Siamo alla
sua completa mercé. »
House:
« Già. Io di
sicuro, almeno. » sospirò « Siamo in una
pessima situazione. »
Si
guardarono con
occhi cupi attraverso lo specchio per qualche secondo sperando che
all’altro
venisse in mente qualcosa a cui l’uno non aveva pensato, ma
così non fu.
Allora
House si girò,
appoggiandosi di spalle al lavandino, mentre Wilson riprendeva a
camminare,
pensando.
Wilson:
« Credi che
il suo obiettivo sia un riscatto dall’ospedale? »
chiese continuando a
camminare.
House:
« No. » disse
con calma seguendo l’oncologo con gli occhi «
Questa è l’unica cosa di cui sono
sicuro. Chiamalo sesto senso se vuoi, ma non è il denaro
quello che cerca. »
Wilson
scosse la
testa piano.
Wilson:
« Non è un
criminale qualunque. È intelligente, se fosse una questione
di soldi, avrebbe
agito diversamente, li avrebbe già chiesti, non avrebbe
tirato la cosa così a
lungo… » si
passò una mano fra i capelli
« Allora cos’è che cerca? »
chiese più a se stesso che a House, continuando a
girovagare per il bagno con passi lunghi e decisi.
Dopo
un po’, Wilson
smise di camminare di botto e fissò l’amico con
gli occhi che si spalancavano
per un’idea che non gli era venuta in mente prima, nonostante
fosse alquanto
ovvia.
Wilson:
« Una
vendetta? » chiese con voce spezzata.
House:
« Credo sia
l’opzione più probabile. »
affermò annuendo.
Wilson
sbuffò girando
gli occhi al cielo. Aveva fatto centro.
Wilson:
« Perfetto! I
tuoi nemici, o le persone che potrebbero desiderare di vendicarsi di
te, si
contano proprio sulle dita di una mano! »
House
sorrise
ironico.
Wilson:
« Qualche
giudice o investigatore che ce l’ha troppo con te? »
House:
« Avrebbe
agito per altre vie. » disse scuotendo la testa.
Wilson:
« Qualche
medico a cui hai calpestato i piedi? »
House:
« Non c’è
nessun altro dottore con le palle per fare una cosa del
genere… quelli che
avrebbero potuto farlo li ho già esclusi! »
Wilson
fece una
smorfia e continuò a parlare, ignorando il commento.
Wilson:
« Un
ex-paziente scontento, o un parente di qualche tuo paziente che non sei
riuscito
a salvare o hai trattato troppo male? »
House:
« Ehi! Per
fare i miei miracoli non ho bisogno di essere mister gentilezza!
»
Wilson
lo guardò con
aria rassegnata, ma anche interrogativa: aspettava una risposta.
House:
« Ok, ok.
Niente battute. Mmm… in effetti è possibile.
Sì, direi che potremmo pensarla
così. » affermò alla fine «
Oppure… » aggiunse pensieroso, aggrottando le
sopracciglia e abbassando lo sguardo.
Wilson:
« Oppure
cosa? » chiese incuriosito.
House
rialzò gli
occhi verso l’amico.
House:
« No, nulla,
non preoccuparti. »
Wilson,
per
l’ennesima volta in quella conversazione, decise di lasciar
perdere, con House
insistere non sarebbe servito. Gli venne però in mente
qualcosa.
Wilson:
« C’è però
una cosa che non capisco… »
House:
« Solo una? »
disse ironico.
Wilson
gli fece una
smorfia in risposta.
Wilson:
« Be', è che
non mi quadra. Cuddy è stata rapita stamattina e sono
già… »
guardò l’orologio « quasi le sette di
sera. »
House:
« E allora? »
Wilson:
« Ecco,
pensavo… a quest’ora la baby-sitter di Rachel non
avrebbe già dovuto farsi
sentire? Insomma, non sentendo più la Cuddy, e non
trovandola al cellulare,
avrebbe dovuto chiamare qui all’ospedale, no? »
House
abbassò lo
sguardo.
House:
« Questa è la
parte più brutta. » disse sospirando e girandosi
nuovamente, dando le spalle a
Wilson « Anche Rachel è stata rapita. »
Wilson
rise
nervosamente.
Wilson:
« E questo lo
deduci dal fatto che la baby-sitter non si sia fatta sentire?
»
House:
« No… lo
deduco dal fatto che oggi non c’è stata nessuna
baby-sitter. »
affermò.
Wilson:
« E questo tu
come fai a saperl… » spalancò gli
occhi, illuminato da un lampo di
comprensione « Cosa… cosa hai fatto House?
»
Visto
che l’altro non
rispondeva, Wilson lo afferrò per una spalla, girandolo
verso di lui bruscamente.
Non era il momento giusto per continuare a fare gli stupidi. Si
fissarono negli
occhi, uno deciso e l’altro con un’espressione
beffarda, prima che House si
decidesse a parlare.
House:
« Vuoi i
dettagli? » chiese con un sorrisetto tirato « Ti
basti sapere
che la baby-sitter oggi non è andata, e Cuddy l’ha
saputo troppo in ritardo per
cercarne un’altra… per cui la stava portando con
sé qui al lavoro. »
Wilson
era
sbigottito. Si passò una mano sul viso, mentre House
zoppicava nuovamente fin
davanti alla porta.
Wilson:
« Cioè, fammi
capire. Provo a immaginare cosa sia passato per la tua mente contorta:
hai
rintracciato la baby-sitter fingendoti la Cuddy e dicendole di non
venire per
chissà quale motivo, poi hai chiamato all’ultimo
momento Cuddy, spacciandoti
per la baby-sitter, e dicendole che non sarebbe potuta venire.
È andata così? »
House
si strinse
nelle spalle, evitando lo sguardo accusatore di Wilson.
House:
« A grandi
linee… »
Wilson:
« Il che vuol
dire che è stata rapita insieme a Cuddy per colpa tua?!
Complimenti! »
House
abbassò gli
occhi, in segno di colpevolezza.
House:
« Mi dispiace.
»
Wilson
rimase
interdetto nel sentire le sue scuse, ma si riprese in fretta.
Wilson:
« Sei sempre
il solito. » disse rassegnato, facendogli segno di
spostarsi dalla porta del bagno, per uscire.
House
non si mosse e
lo guardò negli occhi.
House:
« È stato uno
scherzo finito male. » affermò semplicemente
« Non è stato il primo,
né sarà l’ultimo, per cui mettiti
l’animo in pace, Wilson. Piuttosto, non
sarebbe meglio parlare della questione più importante?
»
Wilson
aggrottò le
sopracciglia. Cosa c’era ancora?
Wilson:
« Ovvero? »
House:
« Ovvero che
Bob è ignorante. »
Wilson
girò gli occhi
al cielo.
Wilson:
« Insultarlo
non ti servirà a nulla. » disse sbuffando.
House:
« Oh, ma tu
pensi sempre male! » esclamò, fingendo di essere
scandalizzato «
Intendevo “ignorante” nel vero senso della parola,
cioè “che ignora”! »
Wilson:
« E cosa
ignorerebbe, sentiamo?! »
House:
« Be', Bob
potrà anche sapere tutto su di me… ma di certo
non credo sappia che Rachel non
è la figlia biologica della Cuddy. »
Wilson:
« E allora? »
House:
« Ma hai
studiato medicina sì o no? Perché davvero, mi fai
venire i dubbi! E pensare che
è una cosa tanto ovvia, che lo sa anche l’ultimo
degli inservienti dell’ospedale!
» sbuffò « Ti do’ un aiutino:
cosa succede ad una donna incinta? »
Wilson
gli rivolse
uno sguardo interrogativo, non capiva proprio di cosa stesse parlando.
House:
« Non ci
arrivi? » lo sbeffeggiò di nuovo «
Sarà una gran bella
grana, te lo dico io. » disse più serio
« Non appena lo sgorbietto
avrà fame. »
Sul
viso di Wilson
apparve un’espressione terrorizzata per la comprensione.
Wilson:
« Cuddy non
può allattare Rachel. » realizzò
mormorando.
House:
« Esatto. »
annuì « E non credo che sia solita portare in
borsa biberon per più di un
giorno, quindi… »
Ma
non riuscì a
finire la frase, che il suo telefonino suonò,
interrompendolo.
House:
« Chi mi
cerca? » disse ironico rispondendo al telefono.
Bob:
« Sei sparito
dal palco! Non è bene che un attore manchi troppo dal suo
show. Torna in pista,
si ricomincia a ballare! » disse con una risatina.
Bè, spero che a qualcuno piaccia, perchè mi sto seriamente chiedendo se abbia senso continuare...
Rika