Il
ritorno
Un
balzo al cuore.
Una
lacrima trattenuta per puro orgoglio.
Un
brivido caldo.
Un
fiume di ricordi...
Avevo
promesso a me stessa che non avrei più messo piede in quel posto, il dolore era
troppo e il rancore quasi lo surclassava.
Con
l’esame di maturità avevo dichiarato chiuso tutto ciò che era accaduto nei mesi
precedenti e negli anni passati, tutto racchiuso in un ciclo che era finito, così
come la mia pazienza di restare lì.
Da
quel giorno, da quando misi il piede fuori da quel cancello, fu come abbattere ogni ponte col passato, come aver finito di scrivere l’epilogo di un libro
che conteneva tutti gli avvenimenti accaduti al liceo, in
quella scuola, avvenimenti che mi hanno segnata per sempre e che mai potrò
dimenticare.
Il
cuore ha cominciato a martellarmi nel petto già all’uscita dell’università, ha
cominciato ad aumentare le sue pulsazioni a ogni passo che compivo verso la
stazione, a ogni fermata del treno e poi del bus, batteva a un ritmo
spasmodico mentre le mie gambe si muovevano per inerzia verso il cancello della
scuola e tra me pensavo: ‘caspita, lo stai facendo per davvero... Ci
stai davvero tornando’.
Si,
ci stavo tornando.
Ci
stavo tornando e non l’avrei fatto se non fosse stato per te, angelo.
Dovrei
ringraziarti, forse, ma forse ancora è troppo presto per capire che grazie sarebbe
la parola più giusta per la giornata di oggi.
La
vista del corridoio, delle aule vuote, dei bidelli che rassettavano e dei pochi
professori ritardatari che si affrettavano a lasciare l’istituto mi hanno
scaraventata dentro i capitoli di quel libro di cui speravo di aver scritto
l’epilogo, al periodo dei rientri pomeridiani a scuola per frequentare il corso
di inglese, il periodo dove quella calma sovrumana che seguiva al frastuono
della fine delle lezioni era la stessa atmosfera che ci circondava.
Ora
le cose sono cambiate, lo sai.
E’
bello come in un giorno del genere si riescano a spegnere tutti gli odi e i
dissapori cresciuti negli anni di scuola e come si riesca a stare insieme uniti
da un unico legame: l’amicizia che ci legava e che a te ci lega tutt’ora.
Angelo...
Tre
anni sono troppi, e la cosa peggiore è che sono volati, volati con la leggerezza di una
farfalla che vola da un fiore all’altro, mi sembra che non sia nemmeno trascorso
un minuto da quella notizia.
Mi
sembra ancora di rivivere quei momenti strazianti e di rievocare le stesse
parole che ti ho scritto tre anni fa, quando ti descrivevo quello che era
successo.
“...I
primi giorni entravo in classe la mattina e vedendo il tuo banco stracolmo di
fiori e dediche mi si stringeva il cuore... Mi ricordavo tutto quello che avevo
sofferto quel venerdì, venerdì 24 aprile 2009, giornata pesante per quella
fastidiosa verifica di filosofia che in molti, quando non ti hanno vista
arrivare, hanno pensato che ti fossi bigiata. Ricordo ancora il tuo banco vuoto
di fronte al mio e pensavo ‘beata lei che è ancora a casa a dormire...’
La
giornata è proceduta normalmente solo per il primo quarto d’ora, poi la notizia
sconvolgente. Il Macchi è stato troppo duro e diretto, non dimenticherò mai le
sue parole: ‘Direi che possiamo sospendere, è morta stanotte la vostra compagna
Chiara’. Non ha aspettato che ci preparassimo psicologicamente, ero convinta
che stesse scherzando anche se in cuor mio forse ero già consapevole di tutto.
Il prof ha appoggiato i fiori sul banco, fiori arancioni... Solo in quel
momento ho realizzato ogni cosa, ma soprattutto ho realizzato che quello che
era successo era irreparabile. Ho rivisto il tuo viso nella mia mente, ho
rivisto il tuo sorriso, ho rivisto la mia Spilu ancora con noi in
classe che rideva e scherzava, ma poi ho visto le lacrime dei miei amici,
lacrime di tristezza lacrime di disperazione, ho sentito singhiozzi e urla
quasi strazianti. Sono stata colpita anche io da quell'ondata di dolore che
attraversava ciascuno dei nostri cuori. Ho sentito il mio petto diventare
sempre più pesante, lo stomaco così in subbuglio che mi sembrava di dover
rigettare, gli occhi gonfi e pesanti e la gola in fiamme. Senza accorgermi di
altro stavo piangendo anche io, mi sono inconsapevolmente unita a quel concerto
di lacrime, lacrime versate per te e per l’improvviso vuoto che hai lasciato.
Non
ho pensato subito agli altri, io stavo male. Ho pensato a noi, a me e a te, a
tutto quello che abbiamo fatto insieme. Sentivo il cuore dover scoppiare da un
momento all’altro
‘Non
tu’ pensavo‘ non tu che avevi ancora un sacco di sogni da realizzare, non tu
che dovevi andare in America, non tu che non avevi mai fatto niente di male a
questo mondo’ te lo giuro Kia, io in confronto a te mi sentivo e mi sento
tutt’ora, come dire... Sporca. Mentre tu eri così pura e limpida nel tuo animo:
non parlavi mai dietro alle persone, eri sempre disponibile, socievole, eri una
bellissima persona, il contrario di me.
In
quel momento avrei voluto tanto essere io al tuo posto, e non lo dico così, lo
volevo davvero, perché tu come Ema eri una brava persona e non è giusto che
siano sempre le brave persone a pagarla per prime.
Ho
cercato di dimenticare quel venerdì ma non ci sono riuscita, purtroppo anche a
distanza di due mesi mi ricordo ogni cosa, dal principio fino alla fine: mi
ricordo come mi sono sentita, mi ricordo i volti distrutti dei nostri compagni,
mi ricordo Gimmo che è addirittura svenuto, la Marti che non capiva e sentiva
più niente avvolta dal dolore, mi ricordo la tua stanza, la tua mamma, tuo
fratello, i tuoi parenti, le foto che avevi appeso sul tuo armadio e i libri
lasciati in disordine sul tavolo con tutte le matite colorate.
Quel
giorno per me sarà incancellabile, così come lo sarà il tuo ricordo...”
Ora
il tuo ricordo è ancora vivido, ma la tua immagine vaga, speravo che tenermi
dentro ogni esperienza avuta con te mi avrebbe aiutato a ricordarti per com’eri
veramente, ero gelosa dei miei ricordi con te, non volevo condividerli con
nessuno.
Ora
sono sbiaditi, sfuocati, stanno volando via anche loro come quella farfalla,
stanno lasciando anche me e lo stanno facendo semplicemente perché non ho avuto
la prontezza, o forse è meglio dire la forza, il coraggio, di imprimerli su
carta, come sto facendo adesso con tutte queste sensazioni.
La
verità è che mi manchi.
La
verità è che a volte ti trascuro, a volte me ne frego di tutto, a volte non ci
credo, non ci voglio credere, non lo riesco ancora ad
accettare.
Sai
che a Dio non ci credo, o meglio, ci credo in parte, da un lato vorrei che ci
fosse davvero un qualcosa dopo la morte, un qualcosa che mi permettesse di
rivedere tutte le persone che perderò durante il mio cammino, te compresa,
angelo.
Ho
un sacco di cose da raccontarti, così come ne avranno tutte le persone che ti
continuano a pensare e ricordare, ho idea che dovrai sorbirti centinaia di
storie, compresa la mia, quando ci rivedremo... Perché ci rivedremo, ne sono
sicura.
Ricordo
che una notte mi sei apparsa in sogno e mi hai detto di stare tranquilla, che
la morte non è dolorosa, che è come vomitare. Odio quella sensazione, lo sai,
per questo oggi mi sono sentita più vicina a te di quanto tu possa immaginare:
in metro stamattina ho avuto un calo di pressione, troppo caldo, freddo,
freddo, caldo e pioggia insieme, ad un certo punto ho cominciato a vedere
sempre più scuro, a sentire il mio corpo intorpidirsi, le gambe cedere, lo
stomaco serrato.
Svenuta
e soccorsa.
Lo
sai che svenire è come sognare? Specialmente se succede in un luogo pubblico.
“…Un
sogno. Svenire è come sognare.
Mi
trovavo sulla pista di pattinaggio e stavo pattinando con fare guardingo. Ero
piccola e non avevo ancora tanta stabilità sul ghiaccio insidioso, tuttavia
quel giorno ero riuscita a non cadere nemmeno una volta ed ero al settimo
cielo, stavo finalmente imparando.
Poi
un bambino alle prime armi mi urtò, tagliandomi in seguito la strada.
Fu
un momento.
Annaspai
cercando disperatamente di non perdere l’equilibrio, ma era troppo tardi. Caddi
all’indietro e nel tentativo di non sbattere la schiena appoggiai le mani sul
ghiaccio, cercando di cadere di lato.
Riuscii
nel mio intento, ma tutto il peso del corpo si andò a concentrare sul polso
sinistro, adorno di orologio.
Il
male che sentii fu ineguagliabile.
Mi
rialzai traballante ma non riuscii a coprire nemmeno quei pochi metri
sufficienti per arrivare al bordo della pista.
Svenni.
Per
un attimo vidi il buio, sentii il corpo afflosciarsi e la mente vuotarsi di
qualsiasi pensiero.
C’era
una calma sovrumana, silenzio e quiete.
Poi
ricominciai a vedere qualcosa, qualcosa di sfuocato, qualche figura accennata e
qualche volto deformato. Fu così che la mente si riconnesse al mondo e
l’inconscio cominciò ad elaborare ipotesi su tutto quello che vedeva,
realizzando un sogno a regola d’arte.
Sognai
di trovarmi su un pullman in una strada di montagna piena di curve e tornanti,
poi di scendere dal veicolo ed osservare i finestrini pieni di facce che mi
osservavano con curiosità.
Solo
in seguito realizzai che le curve e i tornanti non erano altro che i movimenti
sinuosi che compivo sulla pista mentre mi trascinavano fuori e le facce che
vedevo dai finestrini erano quelle dei soccorritori che si erano disposti a
semicerchio attorno a me per farmi riprendere conoscenza.
‘Uao’
pensai una volta sveglia ‘sono svenuta, che roba.’
E’
un’esperienza strana, non saprei se classificarla come spiacevole o no. A
distanza di più di cinque anni, tuttavia, è ancora vivida nella mia mente, come
se fosse successo ieri. Qualcosa vorrà pur dire…”
Il
tempo per cui sono stata svenuta oggi è stato troppo poco per poter sognare, ma
ricordo di aver sentito voci, voci confuse, uomini, donne, ragazzi, i miei
soccorritori con ogni probabilità, ma immediatamente dopo essere rinvenuta mi
sono chiesta se tra quelle voci ci fosse stata anche la tua, magari flebile e
lontana, troppo distante per essere carpita.
Sono
sicura che c’eri anche tu in quel vagone a soccorrermi angelo, sono sicura che
non hai ancora perso le speranze con me, che continui a starmi vicina anche se
forse non lo merito.
Potrò
mai ringraziarti abbastanza?
Oggi
rivedere i miei compagni è stata un’emozione, rivederci per te è
stata un’emozione, rivedere la mia scuola, la mia aula, i miei ricordi, è stato
bellissimo.
Non
l’avrei mai creduto.
Per
quanto questo giorno sia l’anniversario di un avvenimento triste, angelo, sappi
che sono felice, felice di essermi riavvicinata a te, felice di aver riaperto
quel libro e di averne riletto i capitoli fondamentali.
Tu
mi aiuti a crescere.
Non
dimenticarti di me, angelo, io ti penserò sempre, fino alla fine...