Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: NikOttina    24/04/2012    0 recensioni
Hai mai sentito quel senso di vuoto che ti attanaglia lo stomaco quando qualcuno ti dice qualcosa di maledettamente inaspettato? Qualcosa con un grosso impatto sulla vita che verrà, che vivrai?
Ieri erano 5 mesi. 5 mesi che tu non c'eri più. Non è facile, per me; per nessuno di noi lo è.
Se vuoi venire a mangiare dei Cupcake con me, chiamami. Lo sai che verrò volentieri.
Mi manchi. Davvero.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
15 Novembre.

Marty: A Te piace twilight? :)
Io: Ne ho guardati alcuni pezzi in TV: non mi ha fatta impazzire, ma non è malaccio ;) perché me lo chiedi?

16 Novembre.

“Perché il messaggio di ieri?”
“Ah, ti volevo chiedere se venivi al cinema con me ed una mia amica a vedere Breaking Dawn.”
“Dovrei chiedere ai miei… A mio padre, in realtà; mia madre è giù in Liguria… Quando sarebbe?”
“Bisogna andare a vedere sul sito.”
“Allora quando hai deciso il giorno e l’ora me lo dici, così chiedo tutto in una volta?”
“Va bene.”

23 Novembre.

2.35 P.M.
Io: Oggi posso venire (: a che ora finisce il film?

5.45 P.M.
“Ciao, Marty! Ciao! Dov’è il cinema?”
“In una traversa di via Marconi.”

8.10 P.M.
“Ciao, ragazze! Buona serata!”


Confuso…

Come sono tornata a casa?
Non me lo ricordo. Una macchina, c’era una macchina. Non mi hanno dato un passaggio. È venuto mio padre a prendermi.
Era davvero lui?
Non riesco a ricordarlo.
Se era davvero lui, con quale sfacciataggine mi ha fatto quelle solite domande da post-cinema –Com’è andata? Ti sei divertita? Che film era? Con chi eri? –?
Forse non le ha fatte. Forse mi ha chiesto com’era andata la giornata a scuola.
Era quel periodo in cui riuscivo a vederlo tutti i giorni, in cui mia madre mancava, in cui in camera mi sentivo sola senza lei.
Quanto tempo era durato il tragitto? Un attimo, un battito di ciglia.
Ero già a casa
.


Metti le scarpe in lavanderia, porta lo zaino in camera. Solita routine.
“Niki, puoi venire un attimo?”
Tuo padre. Una voce dalla cucina.
“Arrivo, finisco di mettere un attimo a posto!”
Arrivi in cucina. Ti accoglie uno sguardo tetro.

Che ti è successo? Sembravi  star bene fino a due secondi fa!

“Viene qui e abbracciami.”
Non è un ordine.
È una richiesta. Una richiesta soffocata.
Ti avvicini. E che altro puoi fare?
Lo abbracci e lui ti stringe a sé. Forte.
“Niki… Il Grandad non c’è più.”
Il tempo si blocca.
Si potrebbe bloccare quando lo abbracci; si potrebbe bloccare quando ascolti quella canzone che ti piace tanto; si potrebbe bloccare quando mangi il tuo piatto preferito.
Invece no. Si blocca quando tutto fa più male. Quando decide che tu devi apprendere a pieno il dolore che il tempo vuole scagliarti contro.

Odio.

Odio.

Odio.

Cos’hai detto? Sei serio? No, tu non scherzi su queste cose. Sei serio. Sei maledettamente serio.

E ti stringe ancora di più, ti fan male le braccia.
Inizia a singhiozzarti su una spalla.

Cazzo, sei un uomo adulto. Perché stai piangendo? Non lo sto facendo io, guardami! Smettila, ti prego, mi fai star male. Non voglio che tu pianga.

E lo abbracci. Odi gli abbracci. Ma va bene lo stesso, perché qualcosa ti dice di abbracciarlo.
Restate abbracciati per quanto? Un’eternità. Non ce la fai più, sei stanca dopo la giornata di scuola e dopo il cinema. Ma non importa: qualcuno che ami ha bisogno di un abbraccio, e tu lo abbracci, perché sai che è giusto così.
L’abbraccio si scioglie.
Aria. Fresco.
Ti era venuto caldo.
Lo guardi –Dove sono lo tue lacrime? Perché non piangi il dolore che senti?­– e vai in camera.
Niente.
Nemmeno gli occhi velati.
Niente di niente.
Una risata isterica ti sale alla gola.
Che c’è da ridere?, dico io.
Niente.
Infatti non ridi.
Sei disperata e basta.
Ci pensi solo dopo.

-E la mamma? Chissà come l’ha presa…
-Come accidenti vuoi che l’abbia presa?! Ti senti quando pensi?!
-Stai zitta, tu non c’entri niente! Lasciami pensare in pace!


25 Novembre.

Da quant’è che stai pedalando? Due ore, tre? Chi se ne importa.
Stai ascoltando la stessa canzone.
Domani non sarà una giornata facile. Domani, da domani, non potrai più vederlo. Mai più. Guarderai il suo volto per l’ultima volta, poi dovrai affidarti solo alle fotografie ingiallite e alla tua memoria.
Ma se ti svegli e hai ancora paura ridammi la mano. 
Cosa importa se sono caduto se sono lontano? 
Perché domani sarà un giorno lungo e senza parole; 
perché domani sarà un giorno incerto di nuvole e sole. 



1° Gennaio.

“Chissà che stan facendo quei due…”
“Già…”
“Niki, che c’è?”

“Niki, stai bene?”
“N-no…”
E gli scoppi a piangere addosso. Lui ti stringe. Lui lo sa, perché piangi.
Che sfacciata! Complimenti! La più grande cazzata che potessi fare, l’ultima cosa che avresti dovuto fare. Sei riuscita a farla! Ma non ti vergogni nemmeno un po’?
Com’era quel detto? Scopi a Capodanno, scopi tutto l’anno? Nel tuo caso, allora? Piangi a Capodanno, piangi tutto l’anno!
Appena scoccata la mezzanotte, però, eri felice.
Non vi eravate nemmeno accorti che fosse già cambiato anno. Stavate giocando a poker –tu no, logicamente, non ci sai nemmeno giocare.
Tu eri bollita. Letteralmente. Ti eri stancata un sacco, quel giorno. Ti saresti addormentata in piedi come i cavalli, se solo ne avessi avuto la possibilità.
Non era una cosa carina da fare, però.
I tuoi amici ti avevano invitata a trascorrere il Capodanno con loro, perché fare la musona o la dormigliona? Si perdeva tutto il divertimento.
Ti stai divertendo, ora, mentre piangi?
No.
Allora perché continui?
Non lo so. Pensavo sarebbe stato facile.
Ah sì? E chi ti ha illusa di questo?
Ti stacchi dall’abbraccio.
“Scusami, non avrei dovuto…”
Ti pulisci gli occhi e il naso sulla manica.
Che ragazza fine.
Ti stai distruggendo dentro, ma in fondo lo sai che passerà.
Prima o poi passerà.
Passerà anche questa stazione senza far male; 
passerà questa pioggia sottile come passa il dolore.




“Hey, senti, quando hai finito di nuotare vieni con me a mangiare dei Cupcake?”


Note dell'Autrice:
Il titolo è una canzone di Vecchioni, ma onestamente non so cosa diamine c'entri con il contesto... :3
Mentre le parti in neretto/corsivo nel testo sono frasi prese da "Hotel Supramonte" di De André, che logicamente ho scoperto solo perché Vecchioni ne ha fatto l'interpretazione al PFM. 
Questo è uno sfogo personale.
*Nick.
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: NikOttina