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Autore: The Corpse Bride    20/11/2006    6 recensioni
Dopo il ritorno di Akito da Los Angeles, sembra che tutto vada bene. Ma Sana scopre che lui non le è stato fedele nel corso del suo soggiorno in America. Le incomprensioni tra i due portano a una rottura, intrisa di rimpianti e di incomprensioni. In questa fanfic, Akito cerca di fare i conti con i rimpianti e le incomprensioni.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I remember one morning getting up at dawn, there was such a sense of possibility.
You know, that feeling? And I remember thinking to myself:
So, this is the beginning of happiness. This is where it starts.
And of course there will always be more.

It never occurred to me it wasn't the beginning.

It was happiness.
It was the moment.

Right then.

[“The Hours”]

Era quand’eravamo poco più che dei mocciosi, che succedeva questo.
Quando da poco avevo preso l’abitudine di svegliarmi e di guardare davvero fuori, e prestare davvero attenzione al sole – se c’era o se non c’era. Non perché fosse romantico, non bado a queste scemenze da ragazzina. Il punto è che prima che tu arrivassi, nonostante i miei scatti di rabbia fossero famosi, c’era poco che riuscisse davvero a farmi cambiare umore.
Gli scatti di rabbia, in fondo, erano solo scatti. Erano espressioni momentanee, come uno starnuto; la rabbia c’era già. È solo che in quei momenti veniva fuori.
Quindi passavo le giornate e le notti con questo rancore perenne attaccato alla pelle, e più o meno era come se non sentissi niente, perché quella rabbia era statica, immobile, ormai mi accompagnava dappertutto.
E sicuramente di fronte all’immobilità della rabbia, che è stabile e pesante e dura come la roccia, il sole non può fare proprio nulla.
Non ci facevo caso.
Che ci fosse bello o cattivo tempo, dentro di me cambiava poco; ma dopo che sei arrivata tu, il sole ha iniziato a fare veramente luce.
Non ti so descrivere bene la sensazione di quando consideri i raggi del sole così ovvi da risultarti noiosi. È difficile perché non è così solo per me; lo è per tutti. E io non saprei dire con esattezza come ci si senta a dar per scontato qualcosa. È così, e basta. Chi se ne importa?
Ma poi hanno iniziato a non dispiacermi, in qualche modo. E se mi svegliavo con un po’ di luce sugli occhi, all'inizio ero infastidito, ma poi ero più contento di alzarmi che non in un giorno di pioggia, in cui mi alzavo comunque, però prima rimanevo ancora un po’ sotto le coperte.
Se non mi avessi insegnato a prestare attenzione alla luce, Sana, sarei ancora qui a fingere di non vederla.

.. ma poi mi svegliavo alla mattina, con un tale senso di possibilità.

Hai presente, quella sensazione? E ricordo che mi sono detto: quindi, questo è l’inizio della felicità. Qui è dove comincia. E sicuramente ce ne sarà sempre di più.
Non mi è mai venuto in mente che quello non era l’inizio.
Quella era felicità.
Quello era il momento.
Proprio quello.

*

Certamente non potevo aspettarmi che tu rimanessi chiusa nella tua villa ad aspettarmi, e che perdonassi tutte quelle cose. In fondo, tu, che devi sempre farti riconoscere, mi avevi gridato che avresti conservato la verginità per me. Ci ho pensato su parecchio. Non ti ho affatto presa sul serio, in quel momento, perché sappiamo tutti come sei fatta e che dici montagne di stupidaggini; ma tu mi hai detto ridendo così tante cose tristi, e gravi, e serie.
Anche per questo ti dicevo di smetterla di recitare sempre, perché ti fa male. E non è soltanto perché sei finita con il farlo anche nella tua quotidianità.. è anche perché poi sono io, che smetto di capirti.
Non puoi pretendere che io capisca anche quello che mi nascondi, perché non so come tu concepisca questa cosa, questo 'amore', ma per come la vedo io, l'amore non è chiaroveggenza. E non è neanche “capirsi senza bisogno di parole”, “intendersi con uno sguardo”, “come conoscersi da sempre”.
Se ti avessi conosciuta da sempre, non ti avrei mai amata, non mi saresti interessata.
Se ti avessi capita senza bisogno della tua voce, se ti avessi capita solo guardandoti, beh.. mi sarebbe bastato guardarti; e dopo aver dato un’occhiata a quelle tette piatte che ti ritrovavi e a quei due codini stupidi, penso che non avrei avuto altro da fare; e ti avrei lasciata lì.
Ascoltami, Sana, se io ti avessi capita subito e se tu mi avessi capito subito non saremmo mai arrivati fino a qui.
Certamente non sarebbe mai finito tutto, perché adesso è finita, ma non avremmo neanche avuto quei baci. E qualche abbraccio. E anche un po’ di sesso.

Il sesso finché non hai scoperto quelle cose, certo . E comunque, se le hai scoperte, è stato solo perché io non pensavo di dovertele nascondere. Io pensavo che avresti capito, che fosse scontato. Non ho idea di come voi femmine ragioniate in queste cose, o forse ce l’avevo, ma probabilmente non mi tornava comodo pensarci... non so dirtelo, non domandarmelo.
Il fatto è che io non ti avevo chiesto nulla, e quindi pensavo fosse ovvio che tu non dovessi chiedermi nulla. Era solo sesso; ma forse non avrei dovuto farlo. O magari avrei dovuto aspettare una tua conferma.

In America, ho cercato di conseguire la patente per guidare motori di piccola cilindrata. Lì i ragazzi possono guidare le automobili a sedici anni; ancora un anno e ce l'avrei fatta anch'io. Lì succede perché spesso la gente vive così lontana da downtown, e i mezzi sono così pochi, che c'è bisogno che siamo in grado arrangiarci, per spostarci.
Allora dovevo prendere questa patente. Ho studiato nel libro e anche se non mi dispiace l'inglese, beh, non ci ho capito niente. Se io ho la precedenza ma qualcuno mi taglia la strada, e faccio un incidente, è anche colpa mia perché avrei dovuto controllare che mi desse la precedenza. Non è giusto affatto. Io li investirei senza pensarci due volte. Dovevano spostarsi e basta, quella è la mia strada. E invece no; se un pedone si scaglia all’improvviso sulla carreggiata, e io lo investo, è colpa mia che in vista del segnale avrei dovuto rallentare. Se la macchina davanti a me si blocca di punto in bianco, e io le vado addosso, è colpa mia, perché avrei dovuto rispettare la distanza di sicurezza.
Naturalmente non è solo colpa mia, perché anche loro avrebbero dovuto stare attenti. Ma anche dove tu pensi di non avere nessuna colpa, di dover solo chiedere un risarcimento, o quantomeno chiedere il silenzio dell'altra parte, ecco che ti arriva un’accusa.
Ma perché..?! Non puoi mica badare a tutto, dannazione.
Eppure è questo ciò che ti si chiede, perché.. bah, non so neanch'io il perché e comunque è una stupida idiozia; ma credo che sia perché, finché ti scaricheranno il barile della colpa, tu dovrai scansarti.
In un certo senso, mi era già chiaro. Ma mi sembra triste dovermi scansare di fronte a te. Anche se è una colpa, quella che tu mi scagli addosso.

*

Inizialmente, mi sono arrabbiato molto. E ho fatto una cosa che tu detesti, cioè ho imprecato contro Dio.
L o so che lo odi, me lo ripeti sempre.
Ma se Dio ti offre una speranza a cui aggrapparti quando piangi, allora perché non dovrebbe darti un nome da insultare quando gridi di rabbia..?
E quindi mi sono sentito in diritto di gridargli dietro, visto che lui non si è fatto alcun riguardo nei miei confronti.
...
Ad essere sincero, non si può dire che abbia urlato nel senso più concreto del termine. Lo sai, le mie reazioni sono sempre abbastanza fredde, credo. Lo sanno tutti.
Però ho parlato molto, questo sì. Ho parlato molto con Tsuyoshi, che mi ascolta sempre, come una volta, fino in fondo. E questa volta posso davvero dire fino in fondo, perché non ricordo di aver mai articolato, prima d'ora, un discorso intelligibile e degno di essere chiamato tale, non quando parlo di quando sto male (sto male..?). Forse non ci ho mai nemmeno pensato. Ma questo dolore, dovevo guardarlo in faccia almeno un po’. Volevo vedere che volto avesse, che lineamenti, con che sguardo mi stava fissando, se mi sfidava, che parole uscivano dalla sua bocca. Volevo picchiarlo, se necessario. E anche se non fosse stato necessario, o legittimo.
Comunque l'ho studiato finché non ho sentito la testa bollire, e credo che mi abbia aiutato, o almeno le cose erano più chiare. Se stare solo mi ha aiutato a riflettere su me stesso, quando ho imparato a fare quello, mi è stato più facile anche riflettere sugli altri. E quindi ho cercato di capirti, almeno un po’.
Ho provato a pensare “sono Sana! Sono allegra, mi faccio in quattro per gli altri, sto aspettando Akito, tra poco saremo ancora assieme, yeah!” e davvero non riuscivo a pensare a cose che non mi sembrassero tutte positive.
Akito era tornato e ora saremmo tornati assieme.
E invece no. Invece, per la Sana reale è andata diversamente.
Perché hai pensato che toccare un corpo potesse fare qualcosa contro di te..?
Che cosa credi che sarebbe successo, altrimenti?
Se mi fossi chiuso nella mia stanza, e avessi abbassato lo sguardo davanti a qualsiasi bella ragazza.. se non avessi mai toccato nessuna, credi che questo mi avrebbe portato a te?
.. reprimere un istinto, respingere le persone, vivere di nuovo da solitario..
.. credi che cose simili mi avrebbero portato a te?
E invece ho avuto relazioni con le persone, e ho fatto la vita serena e sfacciata di un qualsiasi quindicenne, e come puoi vedere è a te che sono tornato.
È sempre a te, che ho voluto tornare. Ma tu non capivi.
Non era con il loro corpo che sarebbero riuscite a trattenermi lì. Tu sicuramente strilleresti che non potevano essere tutte delle stupide con delle belle tette, cosa che tu non avevi; avresti ragione, molte di loro non erano stupide. Ci sono state ragazze simpatiche e anche ragazze intelligenti. Ragazze con cui mi sono trovato davvero bene, con cui ero sereno, se non felice.
Ma questo cambia qualcosa?
Potrei essere potenzialmente felice con almeno la metà delle ragazze che conosciamo. È solo che.. maledizione, è solo che ho avuto l’occasione di esserlo.
E ho fatto male?
Avrei dovuto trattenermi per te, riempirmi d’odio per te, per questo, e ossessionarmi con la tua immagine finché non mi fosse diventata insopportabile?
Sana, quando sono tornato, ero felice perché avrei visto te. Perché dopo aver conosciuto centinaia di facce, e aver vissuto con qualche decina di quelle, e averne baciata anche qualcuna, tu risaltavi ancora di più. Perché tu.. perché, Sana, finalmente ti rivedevo. Accidenti, cos’altro devo spiegarti ancora..? Cerca di capirmi anche tu, una volta tanto.
Non la conosci anche tu, quella cosa che chiamano mancanza..? Dovresti capirmi.

*

Vorrei spiegarti com'è andata e perché l'ho fatto, anche se so che ti farei piangere, e che non mi ascolteresti. Vorrei che per una volta smettessi di essere così zuccona, ti mettessi in pausa e ti sedessi composta a starmi a sentire.

-No! Non voglio calmarmi!
-Senti, agitarti come una gallina non ti servirà proprio a nulla...
-Non parlarmi di galline! Proprio tu, che sei un tale stupido! Come fai a essere così stupido e a non capire?!

Cos'avrei dovuto capire, dannata? Avrei dovuto capire che stavi male? Lo capivo anche da me, anche senza che gridassi. Non sono cretino. Anche se me lo ripeti, la prima volta mi è sufficiente.
Tu pensavi che urlandomelo ogni volta più forte, io avrei capito la portata della tua rabbia, o del tuo dolore o della tua gelosia.
Ma ti ripeto, che io lo capivo comunque. Credi che sia stupido?
Io ero qui, quando tu eri lassù con Kamura. E quella volta non eri nemmeno stata tu a dirmi che stavate assieme, no, me l'hanno detto i giornali. Credi che non sappia come ci si sente?
Va bene, era diverso. Tu non avevi fatto niente e io sì. Ma quando mi hanno detto che tu ti eri messa con quella specie di mezzo uomo, io sono stato male. Tu sei tornata e mi hai visto per mano con Matsui che non ti dicevo niente, ma io sono stato male.
Tutti hanno pensato che avevo per me due ragazze fantastiche, una che era una stella del cinema e una promessa della televisione, l'altra che era una specie di prodigio; ed entrambe mi volevano, proprio me, Akito Hayama, il cobra, il teppista, repellente come un bruco. Tutti hanno pensato che non ci sarebbe stato nessun problema, che se una fosse sparita io avrei avuto l'altra, senza alcuna preoccupazione. Ma una chidol* o un prodigio non sono tutto. Non posso decidere in base a queste cose.
E questo è perché in realtà non posso decidere affatto, Sana.
Credi che se avessi potuto, non avrei evitato di stare con quelle ragazze? Avrei dato il braccio, l'avrei lasciato proprio così rotto e immobile com'era, pur di poterti essere fedele. Tu credi che io non mi sia sentito in colpa? Se è così, sbagli. Non hai sempre ragione, non sai sempre cosa è giusto e cosa è vero. Io alle volte mi sono sentito colpevole, e mi ricordavo di te. Ma cosa credi? Io ti pensavo sempre, dannata stupida. Ma che cosa potevo fare? Che cos'avrei dovuto fare?

Come potevo controllarmi, Sana? E anche se l'avessi fatto, credi che i pensieri, fermando il corpo, si sarebbero bloccati?
Se lo pensi veramente, allora sappi che sei ancora una mocciosa. E che devi crescere, perché se non riesci a capire nemmeno me che sono un ragazzino di quindici anni, allora tu non capirai mai un uomo. Sarai una donna stupida e illusa e per tutti gli anni che verranno, soffrirai.

No, no, dannazione... non volevo dirti cose del genere. Intendo... non volevo portarti sfortuna, anche se ogni tanto te ne auguro - e non me ne vergogno così tanto come dovrei.
Volevo solo dirti come erano andate le cose. Volevo spiegarti com'è successo nei particolari, così non avrai nient'altro da chiedermi, e dopo che l'avrai saputo ti lascio pure giudicarmi. Non ti dirò più niente, e lascerò perdere, lo giuro. Ma prima... ti prego... ascoltami.
Adesso, per un momento, devi toglierti dalla testa di Sana Kurata. Sì, hai capito bene. Devi dimenticarti la vita da stella, dimenticarti il tuo passato, dimenticarti qualsiasi cosa che abbia a che fare con te. Devi diventare vuota, o liscia come il guscio di un uovo**, partire completamente da zero.
Ecco, e adesso che ci sei riuscita (sempre che tu sia veramente riuscita a toglierti tutto quel garbuglio di pensieri scemi dalla testa), prova a entrare dentro il corpo di Akito Hayama.
Non ti sto chiedendo di vivere la mia infanzia con la tua immaginazione, perché chissà dove andresti a finire con quella tua testa, fantasiosa sempre al momento sbagliato. Non vivere la mia famiglia, non vivere nemmeno quel periodo in cui ci conoscevamo solo di nome e ci scrutavamo diffidenti. Io ti chiedo solo di pensare a cosa faresti, se ti ritrovassi con una voglia incomprensibile di fare sesso, e lontano dalla tua ragazza.
Va bene, è la tua ragazza. Però tu pensaci lo stesso: hai voglia di fare sesso e lei non c'è. Lei non può nemmeno venire qui, e tu naturalmente non puoi andare lì. Oppure potresti farlo, ma arriveresti dopo così tanto tempo, e così stanco, e così senza soldi, che la voglia di farlo sarebbe completamente svanita. E tu hai voglia in quel momento, anche se ti senti in colpa e non riesci a farci niente.
Qualche volta provi a non farci caso, e funziona, una volta o due, ma il resto delle volte, anche se è solo Sana che riesce a farti sorridere, anche se è solo Sana che riesce a entrarti dentro e bruciarti tutte le viscere, non puoi fare niente. Il corpo si muove da solo, senti quel caldo dalla pancia che non riesci a interpretare bene, e poi ti rendi conto che vuoi toccare, toccare, toccare, toccare. Vuoi quel contatto, subito... assolutamente. Non hai modo di opporti, lo capisci?
E ti ricordi, naturalmente, di Sana che ti ha acceso la vita e te l'ha accarezzata, ma in quel momento non è accederti la vita che vuoi.
Non ci sono solo cose sulla vita e sull'amore, o sulla fedeltà o i per sempre. Qualche volta vuoi solo qualcuno vicino a te, come fai a non capirlo? Sono io a chiedertelo, adesso. Hai sofferto così tanto per poter rimanere fedele a me? Mi dispiace. Perché devi aver sofferto davvero molto.

*

Avresti voluto sapere di più? No, non voglio dirti niente di più. Non è giusto perché è male gratuito, è una cosa in più che non ti aggiunge niente se non dolore. E vorrei che tu capissi, razza di testona, che non voglio darti dolore, anche se tu sei convinta del contrario.
Se solo ogni tanto su rivedessi le tue maledette convinzioni! Sei sempre così certa di tutto, tu. Sempre sicura. Vorrei quasi dirtelo apposta, com'è successo, come mi hanno attratto.
Ma vuoi sapere la verità? Qui, a Tokyo, non le avrei mai considerate. E in ogni caso non è che in America fossi sempre in cerca di una ragazza. Ero come mi vedevi qui. Solo che non c'eri tu a tenermi vicino a te - vorrei che tu capissi che in un certo senso non ti sei mai allontanata.
E se ti stai chiedendo perché allora l'ho fatto, allora chiediti anche come ci si sente ad essere soli.
Non parlo di 'sentirsi' soli, perché quella è un'altra cosa, io non mi 'sentivo' solo. C'erano tante persone, al di là dell'oceano, che comunque c'erano. Ma devi capire che io *ero* solo. Non conoscevo un dannato nessuno, non capivo neanche bene cosa mi dicevano. Ho fatto *fatica*, accidenti a te, a conoscere quelle persone. Mi conosci fin troppo bene. Tu stessa mi hai esortato tante volte a conoscere la gente. E che cosa ti aspettavi? Che ci sarebbero state tante belle amicizie? Certo, ci sono state, ma che cosa ti aspettavi, maledizione?
Te l'ho già detto; non è stato solo il sesso o i baci, la voglia di avvicinarmi e di scoprire qualcosa, di questo benedetto sesso che con te avevo solo intravisto. Non si può vivere solo andando a letto con le ragazze, è brutto anche per me, nonostante quel che sono. A qualcuna mi sono affezionato. Come potevo non farlo..? Non erano delle streghe. Erano delle ragazze, come te. Erano simpatiche, come te. Mi divertivo con loro, come con te.
Non erano nemmeno paragonabili a te, ma come hai potuto chiedermi di vivere da solo tutto questo tempo?
Avresti dovuto saperlo, quando mi hai lasciato andare. Avresti dovuto immaginarlo.

Bah... forse avevamo solo tredici anni. Forse era un po' presto per capire queste cose, e sono sicuro che non le capissi bene neanch'io, quando ho lasciato il Giappone.
Il fatto è che non sapevamo cosa sarebbe successo, e non potevamo saperlo. Non si può decidere come reagire, o sapere a tredici anni che cosa sarai a sedici. Si cambia troppo, Sana. Siamo cambiati, altrimenti non sarei qui a parlarne, io, Akito Hayama, l'oni*** della terza sezione; quello che piuttosto di parlare ti avrebbe chiesto di ucciderlo - a undici anni, nel cortile della scuola. Ma in un certo qual modo... mi sono stancato del silenzio. Non mi aiuta più, non cancella più le cose.
Una volta mi sembrava che se fossi rimasto zitto, immobile, se quasi non respiravo, sarebbe stato come se non esistessi davvero. Se non esistevo io, beh... non so come spiegartelo, ma era come se quello che percepivo non esistesse, allo stesso modo. Senza di me, il mio mondo non c'era. Se non fai succedere niente, neanche la più piccola delle cose, come un "sì" o un "no" o come un respiro, come un singhiozzo, allora può fermarsi tutto. E se è tutto fermo stai bene.
Ma è tutto fermo da troppo tempo, Sana. Hai dato un calcio a tutto quanto, e adesso non so più tacere. Non so più fermare tutto.
Dimmi soltanto una cosa, adesso.
Come credi che potessi dimenticarlo, questo calcio al mio petto che tu mi hai dato?
Come credi che si possa fare?

*

Guarda come mi esprimo. Non riesco nemmeno a dirti cosa mi sta succedendo. Come sono arrivato a questo punto..? Mi avrai contagiato tu, con la tua somaraggine. Ne sono sicuro.
Ricordi le elementari, Sana..? Non ci sopportavamo, e ci stavamo lontani, per paura di scatenare una guerra troppo pericolosa per la nostra sicurezza.
Tutti ci dicevano che non sembravamo bambini, che parlavamo come gli adulti.
E' vero, parlavamo come gli adulti. Sputavamo sentenze che nemmeno noi capivamo tanto bene, su... su litigi di classe. Su pistole ad acqua cariche d'inchiostro e su kit per bungee-jumping di quella strana madre che hai.
E adesso... adesso che parliamo di noi, che parliamo di malattie del cuore, che parliamo di tradimento e di mancanza... adesso ci mancano le parole.
Com'è successo tutto questo..?
Perché non riusciamo più a guardarci con scherno, e sibilarci quei paroloni altisonanti..?
Io penso... penso che sia perché forse, ora, riusciamo a capire bene anche il peso delle parole più semplici.
O forse perché ora le nostre parole hanno iniziato a pesare veramente sulle nostre spalle.

Una volta eravamo capaci di sopportare la lontananza, anzi, eravamo noi stessi, a cercarla.
Ma adesso, invece?
Forse ti stai chiedendo come io stia vivendo, adesso. Sicuramente te lo stai chiedendo, perché tu non dimentichi così facilmente le cose o le persone.
Probabilmente sai già che sono qui, in camera mia, apatico come sempre, che non faccio più nulla e che non reagisco, come facevo una volta. A me assocerebbero immediatamente il concetto di “inerzia”.
Ma è una sciocchezza, perché non è a me che va associato. Va associato a te.
Tu probabilmente non lo sai, perché la fisica non l'hai mai studiata, ma io sì, e so che l’inerzia non è, come pensano tutti, tirare avanti per abitudine e per indolenza. L’inerzia è un'altra cosa: è venire bloccati e continuare, venire deviati e proseguire, venire spinti e rimbalzare indietro.
D’altronde la chiamano “forza”.
Ed è a te, che abbiamo sempre associato la forza. Sempre.

.. ma forse a volte ti pesa, no, Sana?
Credo che a volte ti rattristi molto.
Non è bello che la gente si aspetti sempre che tu sia forte e allegra, o che tu ti riprenda se ti succede qualcosa. Quando una persona è forte, a nessuno viene in mente di andare ad aiutarla.
Sarebbe facile essere deboli, vero? Sarebbe bello poter lasciarsi andare fino in fondo, fin quando qualcuno non è obbligato a venire ad aiutarti.
E sarebbe bello non avere difese e lasciare che gli altri ti difendano al posto tuo – o al posto mio, che ti ho ferita.
Invece no.
E non posso nemmeno dire che sia il mondo ad obbligarti ad essere forte, e nemmeno che sia tu a farlo.
Il fatto è che ce l’hai sempre data tu, la forza, da quella tua riserva inesauribile; e quando a un certo punto ti è servita per te stessa nessuno ha pensato che l’avevi esaurita e che ne avevi bisogno anche tu. Quindi sono andati tutti avanti tranquilli con i serbatoi ripieni, e tu rimanevi lì, a tremare sul ciglio.
E io lontano, che nemmeno ti vedevo.

*

-Come sei riuscito a fare una cosa del genere?
-Ascolta...
-Ti ho ascoltato! Ho ascoltato tutto fino in fondo!.. E ancora non capisco... come ce l'hai fatta, a fare una cosa del genere?!..

Prima rimpiangevo i tempi in cui eravamo poco più che bambini.
Ma inizio a pensare che forse nessuno di noi vuole tornare un bambino, non capirci mai niente, non sapere le cose e non sapersi difendere.
No, noi non vogliamo tornare bambini. Vogliamo le opportunità, il tempo che hanno i bambini, con la consapevolezza di un adulto. Vorremmo sfruttare al massimo tutte le nostre possibilità e sapere che le abbiamo, vorremmo poter ponderare bene le nostre scelte, ma le scelte non sono per chi sa quello che deve fare.
Quelli che lo sanno non si troveranno mai davanti a un bivio.

*

Hai iniziato a leggere qualche libro finalmente? Dovresti decisamente farlo, perché sei davvero un'ignorante. Dovresti darti una svegliata, o rimarrai soltanto una buffona per tutta la vita.
Tu leggevi manga, no? Tantissimi, se non ricordo male.
Ma dovresti smetterla. Te lo dico perché non mi piace l'idea di una ex-ragazza asina, ma anche per un altro motivo.
Guardati bene le spalle, perché tutte quelle storie ci hanno viziati.
Ci hanno abituati che se sei buono e piangi allora anche il personaggio più freddo e distaccato verrà ad asciugarti le lacrime; che se strilli e ti arrabbi sarai punito; che in ogni caso tutto andrà bene, e poi noi smettiamo di crederci.
Il fatto è che ormai siamo convinti che se scappiamo in lacrime qualcuno ci afferra il braccio e ci ferma.
Ma non va così, e anche se farai del tuo meglio non lo noteranno. Se piangerai da sola, non verrò da te, perché non saprò che sei lì. Se mi arrabbio e impreco, sarò lo stupido che deve imparare la lezione. E non ci credo più che andrà tutto bene. Va sempre tutto troppo bene, in quelle pagine. Dove credono che viviamo? Questa è Tokyo.
A Tokyo, se scapperai in lacrime, beh, spera che ad afferrarti il braccio non sia qualche zietto che vuole portarti a fare un giro nei quartieri per coppie. Se scoppierai in lacrime, quaggiù come in America, non ti rincorrerà nessuno; perché nessuno si accorgerà che piangi, a meno che tu non glielo stia mostrando in modo plateale e intenzionale.
Io ti ho visto piangere lacrime vere, reali, e so che qualunque pianto sincero, che contenga un minimo di sofferenza, rimarrà silenzioso.

Non per questo devi sperare che qualcuno se ne accorga.

*

-E quindi hai pensato che dato che io sono lontana, allora sei legittimato a stare con tutte le ragazze che te lo propongono?
-No..! Io... non ho pensato niente.
-Beh, l'hai fatto! Akito! E adesso io sto male! -
gridavi con gli occhi pieni di lacrime - Che cosa pensi di fare, con questo?
-Io non l'ho fatto per farti del male.
-Beh, forse l'avrei preferito! E invece.. e invece no, mi hai fatto male per sbaglio e non sei stato a sentire nessuno.. e questo vuol dire che la cattiveria ce l'hai dentro! Questo è terribile, Akito!
Sembravi più spaventata, che arrabbiata.

*

È che mi basterebbe soltanto poterti stare vicino anziché doverci evitare, Sana.
Mi andrebbe bene qualcosa come.. quelle cose che facevamo con Tsuyoshi e Ayachan, che ne so, io... un the assieme qualche pomeriggio, vederti agli spettacoli, il lunapark..
Credo che sarebbe abbastanza.
Credo sarebbe bello starti accanto.

.. no?
Forse quando diciamo “mi basterebbe starti accanto”, non intendiamo esattamente quello.
Forse intendiamo più.. ecco, forse ciò che intendiamo è “in fondo niente è impossibile.. e se non lo è, e se ti sto vicino, una possibilità che torni da me rimane”.

-Akito, avresti dovuto chiarire i termini del vostro rapporto. Avresti dovuto pensarci prima!
-Stammi bene a sentire! Che vuoi che ne sappia, io, di come funzionano queste cose?! Non sono l'eroe di uno shojo manga!
-Non serve l'eroe di uno shojo manga, per capire che avevate bisogno di stabilire delle regole. Dovevate pensarci..!
-Come potevo pensarci, Tsuyoshi?! Sana era appena guarita da una malattia come quella... e... come potevo portare alla luce anche una questione del genere?!
-Quando sei arrivato in America... quando eri lì, non vi siete più sentiti?
-Certo che ci siamo sentiti! Ma come puoi scrivere a qualcuno qualcosa come 'ehi, Kurata, che ne pensi a proposito della fedeltà?'?!
-Proprio per questo, ti dico che avreste dovuto chiarirlo prima, accidenti... ma ormai, quel che è fatto è fatto, suppongo...
-Proprio così. E poi tanto, ormai, lei non c'è più.
-Mh? Che stai dicendo, Akito..?
-Sana. Non c'è più. E' come... se ci fossero due Akito, e non più una Sana e un Akito.
-Eh..?
-La Sana che conoscevamo una volta... quella dov'è andata? Quella che c'è adesso tace sempre, e non è di lei che ho bisogno.
-...
-Io avevo bisogno della Sana che mi faceva sorridere.

Alla fine, puoi capire che... puoi accettare le cose così come sono, oppure semplicemente continuare a vivere portando con te il tuo tormento.
Ma rimane sempre una tua scelta.
Ho provato ad accettare il mio, perché in fondo, anche se non lo accettassi, non cambierebbe nulla.
Ma quando ci ho provato, ho capito che ci sono cose che ti costringono alla scelta, o che te la rendono impossibile da controllare con la testa.
E quindi ho capito che qualche volta non puoi far altro che continuare e sentirti terribilmente attaccato a quel tormento, e non poterci fare nulla.
Ci sono tante cose che ho capito, ed ero felice, perché pensavo che capire le cose mi avrebbe aiutato a risolvere tutto. Ma non era proprio così. Anzi, non era per nulla così. Dopo tutto questo, avevo soltanto capito cosa stava succedendo.
Così poco! E dire che pensavo di averlo già ben chiaro.

.. che cosa impossibile. Non è mai come speravo, mai semplice. Non riesco nemmeno a pensarci senza farmi confusione e innervosirmi. Sto già agitandomi, e mi sto stufando.
Maledizione, quest’amore. Che razza di parola da donne. Va bene nei discorsi di effeminati come Kamura, non nei miei.

Proviamo a metabolizzarlo in tutti i modi, no?
Diciamo che l’amore ferisce, che uccide, che stanca, continuiamo a ripeterlo ossessivamente sperando che la smetta.
Però lui non lo fa mai. Insomma, voglio dire, l’amore non si sente in colpa. Fa male e continuerà a farlo anche se noi ci chiediamo perché, e continuerebbe anche se smettessimo di chiedercelo.
Perché gli diamo tutte queste responsabilità?
A me non sembra che ci abbia fatto niente.
Viene da noi, mi pare di aver capito. Come un mezzo, come un bicchiere, e tu ci bevi la felicità se riesci a prenderla. E poi ti riempie un po' questa stupida di vita, che altrimenti sarebbe piuttosto vuota.
Ma noi continuiamo ad accusarlo, a caricarlo delle negligenze delle persone.
Perché non è mai con le persone, che ce la prendiamo?
Perché non riesco a darti la colpa?

Perché continuo a parlare di... tsk, amore, quando è te che dovrei scuotere per le spalle?

Sana.
Allora lo chiedo a te; dimmi, perché non riesco a capirti..?

.. maledizione. Non badarmi, lo so già da me. So bene perché non ti capisco.
È perché fino ad ora, invece che concentrarmi su di te... non ho fatto che parlar d’amore come una femmina. Sarà meglio che la smetta, e che continui a pensarti un altro po’.
Almeno così riesco a farmi odiare il tuo viso, Sana, e probabilmente se ti penso sarai felice anche tu.. no?..

It would be wonderful to say you regretted it.
It would be easy.
But what does it mean?
What does it mean to regret when you have no choice?

[Michael Cunningham, “The Hours”]

* chidol: contrazione di child+idol, che indica le idols bambine.
** Citazione dalla storiella aggiuntiva su Akito.
*** Diavoli della mitologia giapponese.

(Nda: ... e dire che pensavo non sarei mai riuscita a finirla... e invece l'ho scritta in due ore.
In realtà avrei voluto inserire più quotes di quel film (nonché libro) bellissimo, invece ho dovuto fare una selezione, ovviamente i pezzi che scelgo devono essere i più significativi. Tutto è partito dalla frase che cito all'inizio. Volevo assolutamente associare quella sensazione ad Akito, quella sensazione di nostalgia per i tempi in cui si era ancora quasi dei bambini, e c'era la speranza a circondare qualsiasi cosa ci attorniasse, e la vita appariva veramente distesa lì davanti. Ne è nato un Akito ovviamente deluso e triste. Ma sebbene poi si sia sviluppata in modo totalmente indipendente, questa fanfiction è nata con quella frase; e l'Akito che ho creato, anche. In fondo, il nostro diavoletto è un personaggio nato dalla tristezza, che nello svolgersi di "Kodocha" si è visto immergersi e poi riaffacciare da questa tristezza, ma in fondo era quella, la sua costante. Erano i momenti della sua felicità a costituire un movimento, una dinamicità nella sua psicologia.
Beh, sono abbastanza soddisfatta di quel che ne è uscito, sebbene sia un po' breve. Ho cercato di prestare attenzione anche alla musicalità del testo, e agli stacchi che ho inserito qua e là, sperando che i vari pensieri non risultino troppo distaccati tra loro.
A questo proposito l'ho rivista mille volte, sia per renderla più omogenea, sia per aggiungere pezzi, dialoghi e concetti che mi sono venuti in mente dopo, sia, soprattutto, per rivedere la forma e rendere il suo linguaggio il più fedele possibile. Una cosa difficilissima, ve l'assicuro. Far parlare un personaggio caratterizzato dal non saper/voler parlare di sé è difficile. Grazie al cielo l'Akito del dopo-America è un Akito già cresciuto, già più bravo a esprimere i suoi sentimenti (e a reprimere un po' i suoi scazzi... :P), per cui sono andata abbastanza bene. Credo che Akki sia il personaggio che più cresce e matura, nel corso di tutto Kodocha. Sana si rafforza, e capisce molte cose, ma il suo carattere rimane più o meno invariato: soltanto, accetta le sue debolezze. Anche Akito compie lo stesso percorso, e un po' è il tema chiave di tutto il manga, quello di saper *accettare* quel che ci succede (per poi saperne uscire rafforzati, e poterlo accantonare); ma allo stesso tempo il suo atteggiamento nei confronti delle persone cambia moltissimo. All'inizio è sì più aggressivo e più offensivo, ma è anche più disponibile ad entrare in contatto con gli altri, seppur tramite le provocazioni - e benché sia comunque un personaggio tendente a stare per i cazzi suoi. Con il passaggio alle medie e le varie vicende che si susseguono, inizia ad aprirsi da un punto di vista psicologico, ma diventa più calmo e controllato, più maturo forse, ma, paradossalmente, più solitario.
Ho anche riletto tutto il manga per vedere se il mio Akito era fedele. Nel farlo ascoltavo "Beauty and Madness" di Fra Lippo Lippi, che sta anche nelle *mie* quotes, in cima alle mie storie... sentire Who will see the beauty in your life..? And who will be there to hear you when you call..?, e anche il resto del ritornello, è una cosa che ti uccide quando stai rileggendo la scena in cui Sana scende dalla macchina e trova Akito, appena sospeso, con lo sguardo che aveva una volta... oppure quando lui piange davanti a lei ammalata... ah, che pianti ;__;.
Un grandissimo ringraziamento al mio ragazzo, pre-reader attento, preciso, sincero e sempre disponibile. Grazie, davvero, sei stato importantissimo. Grazie anche a un mio ex imbecille e a sua sorella, che hanno contribuito XD e anche alle altre due pre-readers ;* che mi hanno tirato su il morale dopo le critiche XD.
La dedico a... mah, non saprei. A chi mi ha reso capace di scrivere una storia con determinate tematiche, credo.
Detto ciò, aspetto le vostre opinioni ^^ mi raccomando ;_;... non ho mai lavorato così tanto in vita mia per una storia ;__;''...)
  
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