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Autore: wistaria    20/11/2006    15 recensioni
Mint Aizawa è stanca del solito, banale quieto vivere.
Così, agonizzando, trascina nel vortice della mente le sue più care amiche.
Senza esitare, quando viene il momento di ucciderle.
[Storia vincitrice del XXII concorso di EFP]
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mint Aizawa/Mina
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una piccola introduzione che credo di meritarmi

Una piccola introduzione che credo di meritarmi. Ho creato questo nick perché mi sono sempre vergognata di usare il mio.

Mi si potrebbe dare della persona timida. In realtà, penso di averlo fatto perché, mantenendo l’anonimato, il “disonore” sarebbe stato più sopportabile.

Qualora avessi perso, ovviamente.

Questa storia esplora un personaggio che a mio parere è stato crudelmente messo in ombra, cioè Mint Aizawa, Mina nella versiona italiana.

Per di più, a vantaggio di Ichigo, che io non posso vedere.

Ergo, la fanfiction è una rivalsa.

La vittoria può unicamente aggiungere piacere.

Bacio,

L.A.D.L.

 

 

 

 

Can’t erase, just rewind

 

 

 

 

Mint accese la sigaretta alla menta che teneva nella mano destra.

Poi si ricordò che odiava fumare, e la spense nel bicchiere che le stava di fronte.

Considerò per un secondo la brace che svaniva nel liquido ormai freddo.

Era quello che l’attirava, nel vizio del fumo: eri relativamente libera di scegliere di che morte perire.

Lei, ragazzina viziata al di sopra di ogni cosa, si era ritrovata a combattere mostri chiamati chimeri, per la salvezza della Terra.

E aveva perso la facoltà di poter morire.

Niente “Game Over, vuoi cominciare una nuova partita?”, in quello che faceva. Dubitava seriamente di poter ricreare daccapo una nuova umanità per cercare di proteggerla di nuovo.

- Ti disturbo? –

- Non mi disturbi. – rispose compunta, accavallando le gambe lisce e troppo magre. – No, resta. – aggiunse dopo un attimo di pausa, recuperando la sigaretta dal bicchiere. – Ne hai un’altra? – chiese alla donna che le stava di fronte.

Al diavolo, lei odiava il fumo.

Ma d’altra parte odiava anche combattere chimeri. Nessun “Game Over, vuoi cominciare una nuova partita?” nemmeno nel suo corpo. Però sentiva di esser pronta a correre il rischio.

- Mi odi? –

- Si che ti odio. –

Game Over. Vuoi cominciare una nuova partita?

Ok. Si. Yes. Oui. Da.

Cazzo, riparti, vita di merda!

- No, scusa Ichi, non ti odio. È solo che a volte mi fai andare un po’ in corto circuito. – osservò la sua espressione e quel briciolo di coscienza che le era rimasta l’obbligò a rassicurare l’altra nuovamente. – Davvero, è tutto a posto. –

- Ti volevo parlare del nuovo lavoro. – mormorò la rossa torturandosi un ricciolo, Mint ricordava di averla sempre vista fare quel gesto. Anche quando aveva ucciso Retasu. Le aveva piantato una freccia nello stomaco e Ichigo era rimasta lì, a giocare col ricciolo sfatto della sua acconciatura color rosa cicca. Semplicemente immobile, incapace di proferire parola, pareva una piccola bambina a cui avevano tolto il controllo sulla bambola preferita.

Aveva pensato di essere la leader.

Si era scoperta essere la leader derisa e la leader inutile.

Poi aveva perso anche lo status.

Mint non era una bambola, o forse lo era, ma in ogni qual caso, era una bambola (o una ragazza) decisamente stronza. E opportunista. Non appena aveva capito di aver perso, aveva fatto un sbuffo.

Mint, aveva sbuffato.

Quel tipo di sbuffo un po’ particolare. Come a voler dire:

Ehi, noi ci abbiamo provato. Siete più forti voi, temo. Pensate che potrei esservi utile?

O meglio, lo aveva detto. Dopo lo sbuffo.

I tre alieni si erano guardati a vicenda, un po’ stralunati, e poi avevano riso, in mancanza di qualche altra reazione particolarmente indicativa. Mint aveva riso a sua volta e aveva ucciso Pie.

Un’altra freccia.

Trovate munizioni di riserva. Utilizzarle?

L’atmosfera si era ghiacciata, come lo sguardo azzurro della Mew Mew.

Lei aveva alzato gli occhi sui tre – pardon, due – alieni, dicendo: - Stavate ridendo di noi? Di me? –

I tre, - forse, a ben pensarci, Pie rantolava ancora – erano rimasti senza fiato, fermi, come se qualcuno avesse messo in pausa il gioco, e così erano stati, fino a che Mint non aveva definitivamente mandato al creatore Pie.

Un’altra freccia, Mint.

- Volete giocare? – il suo sussurro, come il fiato degli dei, che andava a penetrare il cervello dei nemici inchiodati al suolo da quel occhiata furiosa e glaciale, tipica di chi conosce il male molto meglio di quanto tu possa mai arrivare a comprendere.

- Mint… - aveva sussurrato Purin.

- Volete giocare? Ho tante frecce. –

Una freccia in meno nello stomaco di Retasu, la freccia che rappresentava tutto ciò a cui aveva sempre pensato, nelle notti buie, scossa dalla paura, e al diavolo Zakuro, al diavolo il mondo che dovevano salvare.

“Vuoi salvare il gioco?”

Merda, salva!

Che m’importa se Retasu è morta? Salva, salva!!

Salva

perchè

non

voglio

morire.

- Noi non giochiamo, stronza. –

- Perfetto, stronzo. Un pezzo per noi, e uno a voi. –

Chiara, concisa, la leader che non aveva potuto e voluto essere.

- Non voglio grane, - chiarì Tart, scosso. – Appena sento che state organizzando qualcosa, io vi ammazzo. –

Purin chinò il capo, la consapevolezza di aver perso quella battaglia. Che fine aveva fatto il suo Tart, quello con cui mangiare caramelle gommose a venti metri sotto terra, intrappolati dalle radici che stavano sommergendo il Dome?

Dov’era Tart?

- E tu, - soffiò Mint, - non venire a rompermi i coglioni, quando me ne sarò andata. –

Con buona pace dell’etichetta.

Retasu avrebbe spalancato la bocca, pensò Ichigo. Retasu aveva la bocca rosa spalancata, si corresse.

- Va bene. –

Salva, salva!

Salvo per salvarmi e uccido per farlo. Contemporaneamente.

Sono una contraddizione, io.

Ma sono viva. Puttana e assassina, ma viva.

- Il sangue di Retasu è ancora caldo, Mint. – aveva detto Zakuro, con quei suoi occhi grigi sempre calmi, come se nessuno mai avesse potuto coglierli in fallo e svelare così il loro arcano segreto.

- Si raffredderà, suppongo. –

Aveva dato loro le spalle e se ne era andata. Ichigo aveva chinato gli occhi, sentendo Zakuro mormorare – Suppongo di si. –

- Suppongo di si. –

- La cenere, Mint-chan. – Ichigo le indicò la sigaretta ormai ridotta a cenere, caduta sul tavolo. Fra le sue dita, solo un mozzicone carbonizzato. Nell’aria un vago odore di pelle bruciata. – Oh, non importa. Domani, si, ecco, domani… andiamo al cimitero. Verrai? –

Il locale andava popolandosi in fretta, notò, c’erano camionisti e prostitute piene di grasso debordante, sdraiate sul bancone.

Il cartello recitava “Caffè Tmm, nuova gestione”.

E che nuova gestione, pensò lei.

Mint Aizawa beveva il suo the, col delicata ricercatezza. Dove altri annacquavano il vino col whisky, lei metteva il latte o il limone.

Abitudini tarde a morire.

La ragazza lorichetto alzò lo sguardo. – Cimitero? Ryan e Kyle? –

Ichigo annuì, serrando gli occhi. – Sono due anni, domani. Ma sono contenta che non abbiamo potuto assistere a tutto ciò. –

Mint buttò gli occhi al Cielo, ma nessun aiuto venne.

- Vaffanculo, Ryan. – gli aveva detto. – Per avermi fatto diventare una Mew Mew, vaffanculo. – poi aveva chiuso la porta del locale, con delicatezza.

Il tempo di girare l’angolo, ed era esploso tutto.

Il caffè.

Ryan e Kyle.

Il suo odio feroce, segretamente celato.

La sua rabbia ceca, per la ballerina che non aveva potuto essere.

Per lei, quella notte, le fiamme danzarono al ritmo della morte dolce. Solo per lei.

Un enorme chimero, aveva sussurrato, sbucato dal nulla.

Aveva fatto uccidere l’uomo che più odiava dai mostri che più odiava, nella sua fantasia.

L’accoppiata vincente del girone eliminatorio per la morte.

Vince chi resta.

Il resto è polvere.

Mint aspirò il fumo di un’altra sigaretta. Si ricordò che odiava il fumo ma non la spense.

Forse perché amava farsi male.

- Forse verrò. – disse allora, mascherando con la mano destra uno sbadiglio. Questa si fermò poi sulla guancia, tranquilla.

- Penso passeremo a vedere anche Retasu. –

“A vedere Retasu”, un corpo, Ichigo. A vedere la tomba della Mew d’acqua, meglio.

- L’ho uccisa perché non pensava. – aveva detto.

- Perché pensava troppo. – Zakuro, vecchia Zakuro, il lupo stanco che cammina malfermo lungo la via, ma ciononostante non si ferma, anzi, continua ad avanzare.

Mint Aizawa aveva sorriso e fine della storia. Non aveva ribattuto.

Anche perché la riposta era così scontata che pronunciarla non avrebbe avuto senso.

- Stavi dicendo di un nuovo lavoro. – si riprese.

- Si, un nuovo pianeta da conquistare. –

- Ricco? –

- Non lo so. –

Mint si artigliò la gota, togliendo il lieve velo di fondotinta. Piccoli segni rossi apparvero sulla sua pelle. – Maledizione, Ichigo, - disse, - pensavo di averti spiegato come fare. –

- Me ne sono dimenticata, scusa. –

- “Me ne sono dimenticata, scusa”. – le fece crudelmente il verso, articolando le parole con una stucchevole vocetta da bambina. Scrollò il capo e chiuse gli occhi scuri, lasciando il silenzio a parlare per lei.

- Mint… -

- Stai zitta! –

- Mint, dai, ascoltami. – la supplicò Ichigo, sporgendosi verso di lei.

 

 

 

 

 

* Can’t erase *   * Just rewind *

 

 

 

 

 

 

 

La luna splendeva in cielo.

Mint avanzava verso il Caffè non una certa nochalance, un passo avanti all’altro e la testa ben dritta.

Schiena dritta e testa in alto, mento in fuori.

Qualcuno la urtò sul viottolo, era sbucato fuori dalla tenebre notturne e la ragazza non aveva potuto evitarlo.

La voce di Mark Aoyama si spanse per tutto il cortile, rabbiosa.

- Conigli. –

La ragazza – lorichetto gli lanciò uno sguardo interrogativo e, non ricevendo alcuna risposta, gli diede le spalle continuando a camminare, dimentica del ragazzo.

Non spreco tempo con chi mi considera inferiore.

Aprì la porta del Caffè, spalancandola in un gesto estremamente teatrale, anche se sapeva che probabilmente nessuno o niente avrebbe mai potuto riferire di tale entrata.

Si sbagliava.

Le fu immediatamente chiaro che Mark, qualche istante prima, non stava apostrofando i due sul tavolo con l’appellativo di conigli a caso.

Ma non nel senso che erano dei vili codardi.

Nel senso che, probabilmente, i due erano molto impegnati a garantire una cospicua riserva di uomini e donne al pianeta Terra.

Prolifici come conigli, ecco cosa aveva voluto dire.

Non che provasse pietà, no, un giorno sua madre le aveva detto che a provare pietà erano solo coloro di cui ne avevano bisogno, ma immediatamente la rabbia pervase tutto il suo gracile corpo, scuotendolo dalla testa ai piedi.

Loro erano le Tokyo Mew Mew.

Le coraggiose paladine della giustizia, si disse, rabbiosa.

Non conigli, no. Avrebbe voluto interrompere il loro amplesso così, nel bel mezzo spalancare completamente la porta, mandandola ad infrangersi contro la parete, ed alzare la voce, prepotente com’era solita fare, annunciandosi al mondo intero – loro due – facendoli morire di spavento.

Sarebbe stato bello, si.

Ma Mint Aizawa meditava vendetta con la stessa abilità con cui combatteva chimeri e pertanto, non ritenendosi completamente soddisfatta della prima opzione, si buttò sulla seconda.

Tossì un paio di volte.

Se non mi sentono giuro che li ribalto, loro e il tavolo.

- C’è nessuno, sono Mint. –

Uno squittio [conigli] annunciò che si, l’avevano sentita e che no, non avevano intenzione di continuare nella loro attività. Ichigo apparve sulla porta, e Mint notò che le mancava una calza, quella sinistra ad essere precisi.

- Oh, ciao Mint. Come mai… ehm, qui? –

- Potrei farti la stessa domanda. – ribattè pragmatica, osservandola divertita mentre la leader si torceva. Come un verme attaccato all’amo.

- Stavo facendo un paio di straordinari, ecco. E Ryan controllava che non facessi nulla di sbagliato, sai com’è fatto. –

Si, ti controllava le mutande. Un porco, ecco cosa.

- Certo. –

Non disse nulla di più, lasciando che il silenzio pesante crollasse sulla sua amica – amica, si – annientandola, almeno per quella serata.

- Oh, allora, Mint, credo che andrò. –

Perfetto.

La vendetta è un piatto che va consumato freddo. Ma non è sempre detto che ci sia un tempo, per apprezzarlo.

Si appoggiò allo stipite della porta d’ingresso e lì rimase, col viso leggermente inclinato verso le stelle luminose. Pareva che la brezza d’estate cominciasse a perdere d’intensità, in quell’agosto particolarmente mite.

Lei non si soffermò su quel particolare per più di un secondo.

Ryan le comparve davanti e non la notò subito, gli occhi rivolti verso la parte sinistra del locale, assorti come se improvvisamente tutto il suo mondo fosse stato risucchiato da un buco nero.

- Ryan. – lo chiamò. Il ragazzo si scosse, voltandosi di scatto verso di lei.

Si rilassò. – Mint, sei tu. –

Dopo un secondo però, pensò che forse avrebbe fatto meglio a rimanere all’erta.

Mint Aizawa gli faceva paura, quella sera.

I soliti occhi freddi erano torbidi e peccaminosi. E i capelli lunghi sciolti ondeggiavano tranquilli, poggiandosi sullo sparato della giacca.

Ma Mint non aveva mai tenuto i capelli sciolti.

Mint non aveva mai sorriso in quella maniera così inquietante.

Mint non lo aveva mai baciato. Però ora, lo stava facendo.

Avrebbe fatto meglio a rimanere in guardia, si ripeté.

Le labbra della ragazza erano lucide ed esigenti contro le sue, i denti spietati sulla sua carne, eppure gli piaceva.

Lei pensava alla sua vendetta, rendendosi conto di diventare un coniglio, così. Ma voleva farla pagare ad Ichigo, per un qualche arcano motivo, e voleva dimostrare a tutto il mondo che lei era Mint Aizawa, e che non guardava in faccia a nessuno.

 

Era stanca di fare la Mew Mew, sempre buona e votata al martirio.

 

Gli poggiò una mano alla base del collo, e fece per ra

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- MINT! –

Una voce la richiamò bruscamente alla realtà.

- Mint, stai usando il nuovo simulatore di realtà che ho progettato da poco? Vedere i possibili futuri potrebbe scatenare in te delle reazioni che andrebbero a modificare il tutto. E capisci, non è una cosa da niente. –

La ragazza corvina sbattè violentemente lo schermo del portatile richiudendolo, e si affrettò ad alzarsi dalla postazione centrale. Meno di un secondo dopo, Ryan Shirogane aveva messo le testa dentro il laboratorio.

- Certo che no, Ryan. – rispose modulando la voce. Fece un sorriso cortese e continuò ad osservare, estasiata, una serie di gingilli praticamente inutili. – So benissimo di non doverlo fare. –

Il ragazzo la scrutò ansioso per qualche istante, quindi si voltò dandole le spalle, uscendo dal sotterraneo.

Mint Aizawa ricadde esausta sulla poltrona viola, buttando la testa all’indietro e socchiudendo gli occhi.

Così poco.

Era mancato così poco.

Si diede una spinta e la sedia cominciò a ruotare su se stessa, velocemente. Poi sempre più piano.

 

Era bello, all’inizio, fare la Mew Mew.

L’ebbrezza di essere superiore, di avere il potere, di essere osannata.

Ma poi è subentrata la noia, e con lei la stanchezza.

Non ne posso più.

Per quanto andremo avanti a combattere, senza mai sapere quando finirà?

Quanto durerà questa strascicata agonia?

Passerà molto, prima che io sia uccisa insieme alla mie compagne?

 

BASTA.

 

BASTA.

 

Non posso cancellare il mio passato.

Posso solo riviverlo e annoiarmi ancora di più.

 

BASTA.

 

BASTA.

 

Scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa

Scusatemi se farò quello che sto per fare.

Se devo agonizzare lo farò divertendomi.

 

Risalì le scale con passo lento, indeciso.

I capelli sciolti ondeggiavano ad ogni suo movimento.

C’era una freccia nelle sue mani.

Chiuse gli occhi e pensò che voleva agonizzare come una regina.

Voleva agonizzare.

Per non essere costretta a cedere.

 

 

Perciò scusatemi se ucciderò voi, per non morire.

 

 

 

 

 

 

Owari.







Non possiedo TMM, e la ff non è a scopo di lucro.
  
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