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Autore: Tayr Seirei    29/04/2012    6 recensioni
In realtà il titolo non c'entrava così tanto con la fanfic, ma fa figo quindi lo tengo.
Mia prima fanfiction sui Vocaloid, nonché prima LenxRin (FUCK. YEAH.). Una storia ispirata alla canzone Yumekui Shirokuro Baku!
Ed ecco cosa accadde quando un certo biondissimo baku di nostra conoscenza, in cerca di sogni da divorare, si imbatté in un'altra fanciulla di nostra conoscenza che riuscì ad insegnargli il vero valore dei sogni... e pure a ricordargli che anche i baku hanno un cuore.
Asobi wo hajime yo!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Len Kagamine, Rin Kagamine | Coppie: Len/Rin
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Noticine preliminari:
Yoh! Non è mia abitudine mettere le note ad inizio fanfic - infatti non le troverete né nelle mie altre storie, salvo casi specifici, né nelle mie future fanfic in questo fandom - ma dato che è la mia prima storia sui Vocaloid, mi sembrava carino presentarmi prima!
Allora, come il nick in alto suggerisce qui vi parla Tayr Soranance Eyes. Adesso che ho cominciato a scrivere anche sui Voca, potete stare tranquilli che non vi libererete mai più di me. *__*v (Oppure tornerò una volta all'anno, chi può dirlo?)
Dunque, sulla fanfic in sé ho solo un paio di cosette da dire: A) Se non avete mai visto Yumekui Shirokuro Baku rimediate, che è una gran figata di canzone (e vi aiuterà ovviamente a comprendere meglio la storia). B) Sì, lo so che la ragazza che il baku circuisce nel video sembra Miku piuttosto che Rin, ma mi prendo la licenza poetica. C) Siccome l'idea dell'ambientazione sarebbe tipo "Parigi di inizio '900" - l'anno si capisce nel secondo capitolo, LOL - anche se non è molto importante ai fini di trama, Rin e Len in questa storia avranno altri due nomi facilmente riconoscibili. Ah, quando Rin nomina le biciclette naturalmente non intende le mountain bike di adesso. ù.ù
Bene, ho detto tutto. Buona lettura!




Benvenuta in questo mondo monocromatico!



Capitolo Primo - Blanc




I guanti neri.

Dalla porta spalancata entrava l'aria fresca, quasi frizzante, della notte. Sembrava chiamarlo, invitante.
Il cappello.

Lo spiraglio dell'entrata ritagliava un rettangolino nel cielo. Un rettangolo ricolmo di stelle. Era una bella serata.
Il bastone.

Il campanile batté un colpo, due, tre... fino ad arrivare a dodici.
Era mezzanotte, e quasi tutta la città si cullava già in un dolce sonno ristoratore.
Il baku si leccò le labbra. Alzò le mani, lisciò una volta di più l'elegante giacca che portava - ci teneva ad essere in perfetta tenuta, quando si dedicava al lavoro -, strinse appena il fiocco che teneva i suoi capelli biondi legati in un semplice codino. Aveva preso tutto e completato anche gli ultimi preparativi: poteva andare.
C'erano un sacco di palpitanti sogni ad attenderlo, in città.

Saltava da un tetto all'altro, tranquillo, come se non avesse fatto altro in vita sua.
Beh, in effetti era così. Quella era la sua vita: riposare di giorno, uscire la notte. Respirare quell'aria fredda che ghiaccia i polmoni e fa pizzicare il naso, essere perennemente frustato da un vento freddo o accarezzato da una piacevole brezza, vedere spesso e volentieri pipistrelli svolazzare in giro. E i pipistrelli non erano le uniche cose che se ne andavano in giro a quell'ora... Senza neanche ricorrere ai sempre citati vampiri, una città di notte - nello specifico: il cielo di una città di notte - sapeva essere molto più popolato delle sue strade al mattino.
Nulla di strano, comunque: era un baku. Faceva anche lui parte di quelle strane "creature".
Andava in giro, di casa in casa, e la sua strade erano i tetti, le terrazze, i comignoli.
Era la sua vita, il suo lavoro. I baku si nutrono di sogni; quindi suo compito - o meglio, piacere - era visitare gli umani, nel sonno, per rubare e mangiare ogni loro fantasia notturna.
Gli uomini sì che erano creature bizzarre: anche se tutti i loro sogni venivano distrutti, infranti, o divorati, ne producevano in continuazione di nuovi, inarrestabili.
Il baku si posò su un comignolo e rimase un po' fermo, pensoso. Questa era una cosa che trovava difficile da comprendere, ma a lui andava benissimo anche così. D'altronde - e qui si strinse nelle spalle - gli faceva solo comodo. Significava avere una scorta di cibo vasta e inesauribile.
Portò una mano al mento e si guardò intorno, più pensoso di prima. Quale casa non aveva ancora visitato?
E poi udì un rumore. Un rumore che lo fece sorridere.
Un rumore che implica anche il vero inizio della nostra storia.
Era un singhiozzo, un singhiozzo di bambina.
Il sorriso del baku si era fatto famelico: i sogni dei bambini erano sempre i più saporiti.
Andiamo,
disse solo, fra sé e sé.

Davanti alla finestra aperta della sua camera, la ragazzina teneva le mani giunte e pregava. Pregava la luna e le stelle di cancellare i suoi brutti sogni e le sue paure; pregava di poter dormire. E, ogni tanto, per quanto cercasse disperatamente di trattenersi per non farsi sentire dalla mamma, le sfuggiva un singhiozzo.
- ... Aiuto... - disse alla fine, depressa, posando il capo sulle braccia conserte.
- Mi hai chiamato?
La giovane sobbalzò: in piedi, sul davanzale della finestra, c'era un ragazzo. Sbucato dal nulla.
- A meno che non ti chiami "Aiuto", no. - Replicò, secca, voltandosi appena, di fretta, e strofinando gli occhi con la manica della sua camicina da notte. Non le piaceva molto farsi vedere quando piangeva.
Il ragazzo sorrise indulgente, accovacciandosi, minimamente toccato dal suo sarcasmo. - Chiunque pianga davanti ad una finestra di notte ha bisogno del mio aiuto. Perché, generalmente, questo significa che ha fatto un brutto sogno.
La ragazzina lo scrutò, indecisa su cosa pensarne: quel tizio doveva avere al massimo tre anni più di lei (dunque quattordici contro i suoi undici) ed era vestito elegantissimo. Giacca lunga di quelle con due code, panciotto, camicia, papillon, guanti, un bel cappello, bastone... un po' come si vestiva il suo papà, prima, quando doveva andare ad una festa con la mamma. E ai piedi aveva un paio di scarponcini che non c'entravano granché con il resto, ma aveva da tempo concluso che i maschi e l'abbigliamento non andavano eccessivamente d'accordo. - Chi sei? - domandò infine, diffidente.
- Qualcuno che stanotte si prenderà cura di te. - L'altro continuava a sorridere, paziente. - Posso entrare?
La ragazza lo fissò di nuovo, per un lunghissimo momento. Aveva perfino le orecchie a punta...
Ma poi lo sguardo le cadde sugli occhi del ragazzo. Occhi che, nonostante la penombra, erano di un intenso color ghiaccio. Occhi che, tutto sommato, le ispirarono fiducia.
Annuì lentamente. - Va bene, entra. - Gli porse la mano. - Io sono Corinne!

Dopo il primo momento di smarrimento, quella fanciullina bionda gli aveva dato fiducia. Non che si aspettasse altro. Lui era sempre gentilissimo con le sue prede, e queste erano sempre ben felici di concedergli ciò di cui aveva bisogno. E lui in cambio realizzava i loro desideri.
Più o meno, certo.

Quello che non sapeva neanche il baku era che, stavolta, le cose non sarebbero andate esattamente come pensava...
E infatti, arrivò una domanda che non si aspettava.
- E tu come ti chiami? - gli chiese Corinne, curiosa, mentre studiava il suo visetto grazie alla luce della lampada.
Come mi chiamo...?

- Io... - esitò un momento. Quella era una domanda che non gli aveva mai fatto nessuno.
- Blanc. - Rispose dopo una lunga pausa, soppesando con cura la parola. Non era la verità, non tutta, almeno, ma in fin dei conti cosa importava a quella bambina del suo nome...?
L'altra socchiuse gli occhi. - Blanc. E' un bel nome. A te piace?
Sempre più strana...
Beh, era un essere umano. Al di fuori della sua comprensione.
- Sì. Sì, non è male - affermò lentamente, e intanto si rendeva conto che c'era qualcosa che non quadrava. Qualcosa di... diverso. Di solito, quando trovava i suoi "obiettivi" svegli, non si perdevano molto in chiacchiere. Lo pregavano di mangiarsi i loro brutti sogni, lui era ben felice di accontentarli, fine della questione. Questa ragazzina, invece, la tirava per le lunghe. Sembrava fosse più interessata a far conversazione con lui che a dormire bene. La cosa più strana, però, era che sentiva un moto di curiosità crescere anche dentro di lui. E non era una buona cosa. Lui mangiava i sogni, non consolava i bambini. E li mangiava per fame, non certo per gentilezza.
- Uhm. E dove abiti? Anzi, no, fammi indovinare. Sei apparso sul davanzale, non ci sono appigli e siamo al terzo piano. Forse... voli? - cominciò a buttare fuori teorie Corinne, lo sguardo perso nel cielo stellato oltre la finestra. - Sarebbe così bello, volare. Comunque, devi abitare in alto.
"Blanc" la guardava, vagamente spiazzato, cercando di tenere il filo del discorso; effettivamente, ci aveva visto giusto. Abitava in alto, per la precisione sotto il campanile della città. Grazie alla sua natura sovrannaturale e alla sua immensa resistenza fisica, i forti rintocchi non gli causavano alcun fastidio. Comunque fosse, decise che a quel punto il discorso stava andando un po' troppo fuori dai binari. - Sì, abito in alto. Molto in alto. Ma non ti dirò dove - Prima che Corinne potesse vivacemente replicare come sembrava aver intenzione di fare, il baku le posò un dito sulle labbra - Non pensi che sia molto più intrigante lasciarlo avvolto dal mistero? E' un segreto da scoprire. Ti divertirai più a cercare di svelarlo che non a saperlo da me.
La ragazza annuì piano, sempre con l'indice dell'altro sulle labbra. E il baku, con un certo insolito piacere, notò che le sue guance si erano tinte di una leggerissima sfumatura rossiccia. Se non fosse stato molto lesivo per la sua immagine, si sarebbe tirato una manata in fronte.
Sto lavorando. La-vo-ran-do. E' il mio spettacolo, non posso pensare ad altro.

- E adesso, che ne diresti se ti aiutassi a dormire? Ormai si è fatto tardi, se rimandiamo ancora non avrai più tempo per riposare. Lascia che divori i tuoi incubi...
Corinne parve indecisa. - E va bene così? Non vuoi niente in cambio?
Eh, sì, quella ragazzina era decisamente più sveglia di tutti gli altri suoi "clienti".
- Certo che no, signorina - "Blanc" si chinò e, con dolcezza, le prese la sinistra, per poi esibirsi in un galante baciamano - Non potrei mai. Lo faccio solo per la gioia di vederti dormire serena.
E per poter finalmente cenare che ho i crampi allo stomaco, ma questo è un altro discorso.

- Oh, be'... - Sembrava che il baciamano l'avesse colpita più delle sue selezionatissime parole. - Se proprio insisti...
- Insisto. - Sorrise solo lui. Senza lasciare la sua mano, l'aiutò a rialzarsi dal lettino dove entrambi si erano seduti per farla coricare. Appena si fu sdraiata per bene, poi, le rimboccò le coperte, gentile.
- E adesso dormi pure, signorina. Sarà una buona notte, credimi.
L'altra, che pareva già assonnata, gli rivolse l'accenno di un sorriso. - Torna anche domani notte - tirò un braccio fuori dalla coperta e lo afferrò per la giacca. - Mi raccomando. Così potrò ringraziarti.
Gli occhi del baku si dilatarono impercettibilmente. Ringraziarlo? Perché?
Chi l'aveva mai ringraziato...?
- Certo - continuò lei, lasciando ricadere la mano - Se non funziona e quindi sei un bugiardo, sappi che quando tornerai ti picchierò. Anzi, ti investirò con la mia bicicletta.
E fu il momento di un'altra esperienza insolita per il baku. Gli venne voglia di ridere. Sorrise, e stavolta era un sorriso sincero. - Non preoccuparti, signorina. So fare molto bene il mio lavoro...
E cominciò a canticchiare una canzone. Delle parole appena sussurrate, incomprensibili, in una lingua che Corinne non conosceva. L'unica cosa distinguibile di quella dolce nenia era un delicato "Ru ri ra, ru ri ra" che di tanto in tanto inframmezzava le parole. Era la ninna nanna del baku, quella che avrebbe potuto far addormentare chiunque. Per l'appunto, ben presto le palpebre della ragazza si chiusero.
L'altro rimase fermo, impalato, a fissarla. E dire che di umani addormentati ne aveva visti parecchi...
Sospirò. Meglio concentrarsi sul lavoro, per ora.
Tese la mano. - Vieni fuori, incubo. - Al suo imperioso comando, dall'orecchio sinistro della ragazza fuoriuscì uno sbuffo di polvere dorata. E poi un altro, e un altro ancora. Alla fine, tutta la polverina si condensò, assumendo la forma di una stellina color oro pallido, larga quanto il palmo di una mano. "Blanc" la prese con due dita. La cena era servita. Ma l'avrebbe mangiata a casa, con calma, dopo aver raccolto qualche altro sogno.
Solo... qual era l'incubo che tanto la spaventava?

Ancora quella curiosità imprevista. Ancora... quell'interesse.
Tuttavia, addentò la punta della stellina. Così, per sapere.
Era piacevolmente salata. E profumava di mare.


Capitolo Primo - Fine.


Questa fanfiction consta di due capitoli, di cui anche il secondo è già scritto; l'idea iniziale era una oneshot, ma poi sarebbe venuta troppo lunga per i miei gusti, quindi ho preferito optare per una minilong. Aggiornerò... boh, quando mi va. X°D
Bye!

  
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