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Autore: Pendragon of the Elves    30/04/2012    7 recensioni
[Dal capitolo terzo]
La signorina d'Armilly, abbandonato ogni contegno, le si avvinghiò contro, rispondendo appassionatamente all'amica. E non si curò del fatto che qualcuno potesse vederle dal finestrino della carrozza perché il suo mondo ora vorticava così velocemente attorno a quelle dolci labbra tanto che non si ricordava quasi di respirare. Perché quello che provava in quel momento, era la magica e vecchia favola che incendiava i cuori di tutte le fanciulle mentre sospiravano malinconiche guardando il tramonto da sole, era tutto ciò che ogni ragazza sognava di trovare nella propria vita e che lei aveva trovato nella persona che le era stata più vicina: quello era amore. E tutte quelle ragazze per bene che aspettavano ancora il loro principe azzurro non potevano disprezzarla poiché loro erano ancora ad attendere su un davanzale che i loro genitori la vendessero al migliore offerente e lei era lì a baciare la persona che amava. Ogni imbarazzo era ora sparito dal suo cuore e il solo rossore rimasto sul suo viso era quello della contentezza. Non voleva più vergognarsi del sentimento che provava nel petto, non voleva più celarlo ingloriosamente reprimendo la tristezza e soffrendo la solitudine: voleva solamente esprimerlo, gridarlo forte e chiaro, lasciarlo andare e lasciarsi travolgere dalla potenza di quelle emozioni. Perché non c'era nulla di male in quel piccolo, innocente,  grande amore.
Una mia personale reinterpretazione dei capitoli 98 e 99. In mezzo troverete un pezzo in più che nel libro non viene indagato... ;)
La vera storia della fuga e delle passioni di Eugenia Danglas.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Fuga

La casa si svuotò ad una velocità sorprendente, come se gli ospiti, per scaramanzia, avessero fretta di allontanarsi dal luogo del matrimonio scongiurato per non subire la stessa onta in futuro. Oppure per arrivare il prima possibile in un caldo salotto e sfogarsi sparlandone animatamente davanti ad una tazza di tè col latte. Perché, si sa, i parigini sono altruisti: non possono resistere tanto senza un pettegolezzo e decidono di condividerlo al più presto con gli altri parigini, conoscendo la comune necessità quasi morbosa della loro specie.
"Che pena!". Con passo grave e risoluto e un sorriso sprezzante dipinto in viso, Eugenia si ritirò nella sua stanza tirandosi dietro Louise, ancora scossa per l'accaduto. Chiusero l'uscio a chiave.
«Mio Dio, che terribile disgrazia!», mormorò infine la bionda giovane, sedendosi sul bordo del letto, «chi avrebbe potuto immaginarlo… il signor Cavalcanti… un assassino…».
«Per me non fa molta differenza», sentenziò la signorina Danglas in risposta all'incredulità dell'amica, «sia pure un assassino, un evaso, un ladro: ai miei occhi resta sempre un essere meschino solo per il suo essere uomo!»
«Oh, non dite così!», esclamò la dolce d'Armilly, sconvolta, «Non potete condannare tutti gli uomini partendo dal singolo!».
«Voi fraintendete, amica mia», rispose Eugenia, un sorriso dipinto in volto che, per quanto fosse sprezzante, amaro e disgustato, nessun altro termine avrebbe potuto descrivere meglio di "assolutamente fuori luogo", «io condanno il singolo partendo dall'insieme che si presenta ogni giorno ai miei occhi in una chiara e lampante luce, come un immondo e ignobile pantano putrescente. I "singoli", come dite voi, fanno altro -come avete potuto vedere- che confermare ogni volta, colpo su colpo, le mie idee: gli uomini sono tutti feccia!».
«Eugenia!»
«Non mentire, Louise!», sbottò, «Non far finta di non pensarla come me: siamo tra amiche, puoi abbandonare il contegno che la buona società ti impone e parlare liberamente, parlare di verità. Non è forse vero che anche tu la pensi così?».
Il viso di Louise si imporporò, ma la giovane tacque.
«Quanti uomini hai ritenuti degni di altra considerazione? Guardate Alberto di Morcef, un codardo senza neanche il fegato di vendicare suo padre, il conte di Morcef, un traditore che ha consegnato Alì Pascià, suo signore e padrone, in mano al nemico; il signor Debray, lurido verme che ronza così disinvoltamente attorno a mia madre. Ed infine il  signor Cavalcanti, un ex galeotto, un ladro ed un ignobile assassino! Ma non sarà mai tanto ignobile quanto il signor Danglas, l'uomo che ho la sfortuna di chiamare padre, che tra le braccia di questo individuo di ed altri personaggi come lui vorrebbe spingermi solo per l'interesse delle proprie, avide tasche! Credete che, dopo questi ultimi fatti, la lezione gli basterà? No: cercherà subito il prossimo candidato che vedrà luccicare d'oro e gli regalerà la mia mano in cambio del suo splendore, senza curarsi del mio pensiero o del marcio ch'io vedrò in egli!»
«Eugenia!», fece la signorina d'Armilly, pallida in viso, «come potete dire queste cose di vostro padre? Non potrebbe mai fare delle cose simili!». Nonostante l'aria di rimprovero, si notava benissimo che nemmeno lei era intimamente convinta di ciò che stava dicendo.
«Oh, giusto, avete ragione!», fece la signorina Danglas, ironica, «forse non mi prometterà subito, così, senza aver preso delle precauzioni… prima vorrà fare un po' i conti: chissà quanto intascherà dalla vendita della sua stessa figlia!». Poi, il suo tono si fece più dolce:«Louise», disse prendendo le mani dell'amica, «ve lo chiedo dal cuore: volete davvero vedermi in balia di simili uomini?».
La giovane arrossì e volse altrove lo sguardo. «Cosa faremo dunque?»
«Ciò che da tempo intendevamo di fare».
«Quindi cosa?»
«I nostri piani non cambieranno: partiremo!».
In uno slancio d'euforia, Eugenia compì una piccola piroetta, trascinando l'amica in un ballo per la stanza: «Saremo sole, io e voi, in viaggio verso la libertà!»
Louise non sembrò molto entusiasta: quella fuga non l'aveva mai convinta. La prospettiva la spaventava terribilmente. Dentro di se aveva sempre, segretamente sperato che la signorina Danglas abbandonasse il progetto spericolato e si rassegnasse alla sua tranquilla vita da donna sposata. Perfino ora, in fondo al cuore, nonostante la gioia dell'amica, si sentiva stordita e impaurita. Ma, nonostante i suoi timori, non pensava di convincerla del contrario: forse la cosa che più la atterriva era la prospettiva che ella si sposasse…
Represse con forza questi pensieri: il suo unico interesse era che la sua amica fosse felice e lei non l'avrebbe ostacolata nella ricerca della sua felicità. «Ma, come faremo?»
«Voi con la vostra musica, io con la mia voce: ci guadagneremo da vivere come artiste e vivremo a modo nostro! Al diavolo la società, al diavolo i genitori, al diavolo il costume!».
«Al diavolo i mariti!», tentò timidamente la bionda fanciulla.
«Ben detto, mia cara!  Noi inseguiremo la nostra strada da sole! Ora, prepariamo le valigie!».
La signorina d'Armilly, rincuorata dalle parole dell'amica, cominciò a raccattare per la stanza tutto ciò che poteva essere utile nel loro viaggio: non riusciva a rimanere estranea alla foga gioiosa della signorina Danglas.
«Tutto pronto?», chiese infine Eugenia.
«Credo di si».
«Vestiti e vettovaglie sono impacchettate?»
«Sì»
«La carrozza?».
«è stata noleggiata da tempo».
«Bene. Il passaporto?»
«Eccolo», Louise glielo porse con mano tremante, deglutendo.
La signorina Danglas lo prese in mano e lo lesse:
"Signor Leon d'Armilly, di anni venti; professione artista: capelli e occhi neri; viaggia con sua sorella".
«Benissimo: come te lo sei procurato?».
«Me l'ha fatto avere il conte di Montecristo», mormorò.
«Ecco un uomo che ha saputo rendersi utile», esclamò la ragazza, dimenticandosi nell'entusiasmo del tono di disprezzo che utilizzava quando si parlava di uomini.
«Hai anche quell'altra cosa che ti ho chiesto?»
«S-sì», balbettò e porse all'amica un vestito scuro.
Eugenia si ritirò dentro il camerino e, quando ne uscì, indossava un elegante completo da uomo, con giacca e pantaloni neri mentre, su un panciotto bianco, risaltava una cravatta, nera anch'essa.
Inoltre, aveva indossato un corpetto in modo che le sue forme e la curva del suo seno venissero  camuffati e nascosti agli occhi degli osservatori. La signorina d'Armilly sentiva il cuore in gola nell'ammirarla.
«Ora, non resta che il tocco finale!», esclamò allegra, guardandosi allo specchio, «Louise, passatemi le forbici!».
L'attrezzo passò dalle tremanti mani di Louise a quelle salde e sicure di Eugenia che, con due precise sforbiciate, si recise le trecce. Le lunghe ciocche nere caddero abbandonate a terra, come senza via.
«Allora?», chiese poi voltandosi.
La giovane musicista non aveva parole. Corte ciocche ribelli ricadevano ora in una irregolare frangia sulla fronte della ragazza, incorniciando il suo viso che sorrideva fanciullescamente. Le sue maniere brusche e forti sembravano calzare perfettamente in quei vestiti che la slanciavano magnificamente come un magro e aitante giovane nei cui panni sembrava sentirsi a suo completo agio. Ora la sua amica pareva in tutto e per tutto un uomo. Non riusciva a credere a quanto fosse magnifica conciata a quel modo. Quanto avrebbe voluto avere parole per dirle quanto le piaceva.
«Che peccato! Dei capelli così stupendi…», disse invece, abbassando lo sguardo a terra.
«Ma, non preoccuparti per quelli: i tuoi sono molto più belli».
Louise la guardò, sorpresa e stupita da quel complimento.
«Ora, mi dici come sto?», chiese Eugenia.
«Sei…», l'imbarazzo le montava dentro ma c'erano sentimenti altrettanto pressanti che premevano per uscire, «il ragazzo più bello che abbia mai visto, Leon», disse infine Louise, girandosi a chiudere la valigia per nascondere il violento rossore che le colorava il volto. Cominciò a spingere impacciatamente il coperchio del bagaglio senza risultati.
«Serve aiuto, madamoiselle?», sussurrò premurosamente una voce al suo orecchio.
Louise si fece velocemente da parte, balbettando un "Sì". Eugenia/Leon appoggiò un ginocchio sul coperchio e, premendo con le sue bianche e muscolose braccia, richiuse la valigia un po' troppo piena.
«Ecco fatto», disse battendo le mani e poi porgendo il braccio all'amica, «E ora, signorina, vogliamo andare?».
Louise ormai era completamente catturata dal fascino della ragazza, sentiva il suo cuore battere forte come non mai, il respiro le riusciva quasi affannoso a causa di quei potenti battiti. Avrebbe anche potuto svenire. Si contenne e sorrise.
«Si, mio cavaliere», disse stringendo con gioioso slancio il braccio dell'amica. Questa volta fu il suo turno di arrossire.
Uscirono in strada, strette a braccetto, dove le aspettava la carrozza. Louise non era ancora riuscita a distogliere lo sguardo da Eugenia: sotto la luce della luna appariva ancora più bella.
L'amica, però, notò il suo sguardo: «Che c'è Louise? Che guardi?».
La ragazza bionda, abbandonando un po' del suo abituale contegno e della sua inibizione, sorrise e cinguettò:«Te, Eugenia: sei così graziosa. Penseranno che tu mi abbia rapita!».
«E avrebbero ragione, per Giove!», esclamò Eugenia, ridendo.
La carrozza filò veloce per le strade di Parigi. Le due fanciulle guardavano eccitate fuori dai finestrini il mondo che conoscevano filare veloce sotto i loro occhi. La signorina d'Armilly, in fuga assieme alla sua migliore amica, non aveva più paura, stretta così nella notte al suo cavaliere.


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Ecco il primo capitolo di questa inusuale interpretazione del personaggio - a mia opinione molto all'avanguardia e del tutto fuori dagli schemi- Eugenia Danglas. Questa è la palese re-interpretazione del capitolo 98: "La strada per il Belgio", durante il quale la giovane, che non intende sposarsi (!) poiché considera tutti gli uomini feccia (!!), decide di fuggire travestita da uomo (!!!) con la sua migliore amica (!!!!) Louise d'Armilly.
Come ho cercato di farvi notare da questi allarmati punti esclamativi, io non sono una pervertita perchè i fatti citati in questo capitolo esistono veramente nella storia e quindi sono stata, in un certo senso indotta a pensare una cosa del genere (dovrete tutti ammettere che un sospettuccio sul orientamento sessuale della giovane viene...). Ci tengo a specificare che questa non è assolutamente una storia lemon, hentai o volgare in alcun modo, tratta semplicemente di una relazione omosessuale. è la prima che scrivo appartenete a questo genere e, devo dire, che, dopo un momento di malizia iniziale, mi sono divertita a scriverla ed è stato un ottimo esercizio contro quel piccolo timore omofobico che tutti ci teniamo dentro: ora mi sento in pace col mondo e le tutte le sue forme di amore. Insomma, è una storia semplicemente romantica dove questa relazione non presenta nessun tipo di perversione e appare totalmente normale: nulla di porno per parlare schiettamente.
Detto questo, grazie per aver letto e mettetevi comodi e godetevi questa Innocente Romanza. Buona lettura a tutti. ^ ^

Pendragon of the Elves

P.S.: Ovviamente la storia originale non è mia ma del grande Alexandre Dumas. (ci tengo a specificarlo per paura che il suo fantasma mi spedisca il Conte per un piccolo regolamento di conti, non so se cogliete...)
  
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