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Autore: Lelichan    24/11/2006    8 recensioni
le disavventue di una povera quindicenne, alle prese con la dura realtà...ispirato dai libri su Georgia Nicholson
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sto sclerando- Help me

Sto sclerando- Help me

 

Capitolo 16- Incidente

 

Venerdì 1 ottobre

 

ORE 10.30

Un’altra tediosa e inutile giornata di scuola.

Ma a cosa serve venirci? Visto che tanto tutto quello che impariamo resta nel nostro cervello solo fino alla fine dell’interrogazione. Finita questa è come se tutto quello che avevamo ficcato a forza nella nostra testa svanisse di colpo…PUFF! Come le nuvolette dei fumetti!

Tutto quello che resta è un senso di benessere per essere usciti vivi dall’interrogazione e una vaga consapevolezza che, di quello che avevamo studiato, forse è rimasto qualcosa, ma tanto non servirà a niente!

Comunque, concentrandosi su cose serie (e la lezione di matematica non è fra queste), questa mattina sono andata in segreteria per prendere la borsa della vicepreside (odio il modo in cui quella donna mi usa come facchino), e ho incontrato Milly, la madre di Vera.

Quando mi ha vista mi è piombata addosso sorridendo e baciandomi come fa al solito.

Le ho chiesto come stava, e come mai alla terza settimana di scuola Vera non c’era.

-Oh cara, tu non sai niente? Bè, non hanno voluto diffondere la cosa x la scuola…guarda tesoro, dì a tua mamma che stasera passo da lei a fare due chiacchiere! È tanto che non ci vediamo! Devo andare! Ciao cara!

Ha parlato talmente veloce che non ho potuto fare altro che annuire come un’ebete. E alla fine non ha minimamente risposto alla mia domanda. Vorrà dire che questa sera organizzerò una convention per origliare la chiacchierata di mia mamma e di Milly.

 

ORE 11.05

All’intervallo ho intrattenuto un’interessante conversazione con Steven. Ogni tanto quel ragazzo se ne esce con delle perle di saggezza. O meglio…per lui sono delle perle, ma non è detto che lo siano davvero!!

Vabè, la conclusione è che secondo lui nascerà qualcosa fra me ed Andrew…se ne è convinto lui…

Comunque ho voluto approfittare dell’occasione più unica che rara di poter parlare con quel ragazzo in modo pacifico e senza microcefali intorno che disturbano. E non faccio nomi.

Così con molta non chalance gli ho chiesto:

-Steve, ma alla fine con Marta?

-Alla fine cosa?- ha chiesto lui facendo finta di non capire.

-Alla fine è finita così? Non c’è possibilità che chiariate e torniate insieme?

A quel punto ha iniziato a mugugnare, e ha approfittato della campanella della quarta ora per fuggire al mio interrogatorio.

Al che mi sono soffermata a pensare. Ma è una caratteristica tipica dei giocatori di basket quella di iniziare a mugugnare quando fai delle domande serie? E soprattutto, è insita nel loro DNA, oppure è una capacità che gli viene insegnata quando decidono di iniziare a fare basket?

Cosa c’è, l’allenatore che al primo incontro gli dice “Ok, ragazzi, prima dei fondamentali c’è un’altra cosa che dovete imparare per essere dei veri giocatori di basket: MUGUGNARE!”?

Ma per l’amour de Dieu!! Ecco perché il mondo va a rotoli! Con individui simili a piede libero nella società!

Che amarezza!

 

ORE 17.20

Ordunque! Milly è venuta a trovare mia madre. Al che, CASUALMENTE, ho fatto venire anche Marta e Jane per origliare tutto quanto.

Ovviamente loro sono venute prima, con la scusa di fare i compiti e ci siamo chiuse in camera.

Verso le 16.30 è suonato il campanello. Era Milly.

Allora siamo corse tutte e tre in mansarda. Tale luogo della casa è adibito a “ufficio” di quel individuo altresì conosciuto come mio padre, per le poche volte in cui resuscita la sua vena artistica. C’è un divanetto, un tavolo da disegno, qualche tela negli angoli, e le mie tempere di quando andavo alle elementari.

Ovviamente ho sempre ritenuto che fosse uno spazio inutilizzato, e che quindi andasse adibito a scopi più nobili, come ad esempio essere la mia camera! Ma tutte le volte che l’ho proposto, papà si è irritato, dicendo che in quella casa non ci sono altri spazi per lui, e che la mansarda è l’unico posto in cui può stare solo con se stesso e dare sfogo alla sua arte.

A questo punto mamma si commuoveva, e con le lacrime agli occhi per aver sposato un uomo così sensibile mi diceva di stare tranquilla, magari di aspettare qualche anno, quando fossi stata più grande. Per ora potevo benissimo stare con i miei fratelli. In fondo mio padre era un artista.

Peccato che la sua cosiddetta arte la potrebbe fare anche un bambino di 5 anni, e la farebbe meglio. Oltretutto sono 2 anni che non si rinchiude lassù, e penso che abbia persino dimenticato l’esistenza di quel luogo. Indi per cui penso proprio che presto riproporrò la mozione.

 

Comunque, c’è un motivo per cui siamo andate in mansarda ad origliare. Perché qui si trova la griglia del condotto dell’aria direttamente collegato alla griglia che si trova in salotto vicino al camino (tralaltro molto suggestivo e praticamente inutilizzato, ma sono dettagli). Quindi si può sentire tutto quello che viene detto in salotto.

Allora ci siamo comodamente posizionate intorno alla griglia.

-Oh Frances…- stava dicendo Milly  -…tu non sai cos’è successo a fine estate!

-Ma ho saputo che Vera non va più a scuola! Come mai?- ha chiesto mia mamma.

-Vedi, è successo un guaio. Tu sai che Vera negli ultimi anni si è legata molto a Bex. Personalmente mi sono sempre fidata, sai è la figlia della maestra elementare delle nostre ragazze, quindi…però ha iniziato a frequentare giri poco affidabili. E sembra che poi sua madre non ne sapesse niente. Fatto sta, che ha coinvolto anche Vera. All’inizio erano anche abbastanza tranquilli. Però le sere che Lidia mi diceva di passare a casa di Bex, in realtà le passava ai parchetti con quella gente.

-Ma scusami, e Lucy non sapeva proprio niente?

-Assolutamente no, perché Bex diceva di essere a casa nostra. Si usavano come alibi a vicenda. Solo che agli inizi di settembre, siccome quei ragazzi erano della Fillmore, hanno pensato di provocare qualche danno, per ritardare l’inizio della scuola. E hanno tirato in mezzo Bex e Vera. Sembra che il progetto fosse quello di rompere le tubature dei bagni. All’ultimo però Vera si è rifiutata, ma mentre se ne andava dalla scuola è stata vista dalla guardia notturna del quartiere. Così li hanno scoperti. Ma nel frattempo erano riusciti a spaccare un lavandino. I ragazzi e Bex sono stati espulsi, mentre Vera l’hanno solo sospesa. Fra una settimana potrebbe tornare, però ha detto che forse vuole cambiare scuola. Adesso vedremo…

 

A quel punto mia madre ha iniziato a sproloquiare, quindi abbiamo ignorato il resto della conversazione.

Accidenti! Non pensavamo si trattasse di una cosa del genere!

Cioè che Bex non fosse molto normale e frequentasse cattive compagnie lo sospettavamo già da tempo. Ci è dispiaciuto che Vera sia stata coinvolta. Non è certo una cattiva ragazza.

Comunque ecco svelato il mistero per cui quelle due non si sono viste a scuola.

 

 

ORE 21.30

Faccio ancora fatica a credere a quello che è successo.

Mio Dio.

Verso le 6 Steven ha chiamato Marta. Eravamo ancora tutte a casa mia, in mansarda a finire i compiti e a chiacchierare. Il suo cellulare ha iniziato a suonare, quasi non credevamo che fosse lui, e io e Jane incitavamo Marta perché rispondesse.

Ha risposto. Dopo pochi secondi però lei è sbiancata, e mi ha passato il telefono.

-Pronto? Steven?

-Ciao Elsie…senti è successa una cosa, ma non ti devi spaventare!

-Va bene, non mi spavento, ma che è successo?

-Io ed Andrew abbiamo avuto un incidente con il motorino…

-Cosa? Ma..ma..come? Dove siete?

-Siamo al pronto soccorso.

Non ho dato il tempo a Steven di dire altro. Ho spento il telefono e sono corsa da Allan perché ci portasse subito in ospedale.

Per tutto il tragitto non sono sicura di capire dove stessimo andando. Nella mia testa risuonava solo un nome: Andrew.

Quando siamo arrivate abbiamo trovato Matt in sala d’attesa. Ci siamo fermate lì con lui. Ha detto che aveva già visto Steven e che gli stavano mettendo un paio di punti sulla fronte, mentre Andrew stava facendo gli ultimi controlli. Stavano tutti e due bene.

In quel momento mi sono sentita come se finalmente riuscissi a respirare dopo ore di apnea.

Andrew e Steven sono usciti qualche minuto dopo, entrambi con il foglio di dimissione.

Steven con due punti sulla fronte, ed Andrew con un livido che cominciava a mostrarsi sullo zigomo destro.

I genitori di Steven hanno portato a casa il figlio, e Matt se ne è andato con la sua bici.

Mi sono avvicinata ad Andrew, senza riuscire a dire niente, e lui mi ha sorriso sornione.

-Visto? Neanche un graffio! Mica come te che ti fai male per ogni cosa!

Ho ignorato il suo tentativo di provocarmi guardando scettica il livido che iniziava a diventare violetto. L’ho preso per un braccio.

-Andiamo, che ti portiamo a casa.

Abbiamo riaccompagnato Jane e Marta, mentre io continuavo a guardare il livido di Andrew che si voltava dall’altra parte per non farsi osservare.

Sotto casa sua sono scesa anch’io.

-Ehi dove vai?- mi ha chiesto Allan.

-Come dove vado? Lo accompagno! Ha battuto la testa, non deve restare da solo, almeno nelle prime ore dopo l’incidente!

Allan mi ha guardata come per dire “E io dovrei lasciare mia sorella da sola nella casa di un ragazzo?”.

-Allan! Falla finita! – ho detto- Proprio tu che studi da paramedico dovresti saperlo!

Avendolo colpito sul suo punto debole mi ha detto: -E va bene! Ma torno a prenderti fra un’ora!

Ho preso Andrew per un braccio trascinandolo.

-Ah grandioso, adesso anche l’infermiera personale!- ha esclamato lui, anche se non ho capito se ne era contento o no. Ad ogni modo l’ho accompagnato in casa.

L’ho fatto sedere sul divano e mi sono fatta dare il foglio di dimissione.

-Allora…- ho letto – c’è scritto di somministrare analgesici blandi in caso di emicrania.

-Meno male!- ha detto lui- Mi è venuto mal di testa!

-Dove sono le medicine?

-In quel mobile…

Ho aperto lo sportello che mi aveva indicato, tirando fuori una scatola con i farmaci che ho appoggiato sul tavolo.

Ho iniziato a cercare qualche analgesico non troppo forte, quando ho sentito due braccia che mi stringevano.

-Grazie…sono felice che tu ti prenda cura di me…- mi ha sussurrato all’orecchio.

Il cuore ha iniziato a battermi forte. Mi sono voltata, trovandomi di fronte il suo collo e ricordandomi solo in quel momento di quanto sia alto. Ho alzato lo sguardo verso il suo viso, guardando per un attimo il livido ormai scuro. Credo che in compenso la mia faccia fosse bordeaux.

-Posso baciarti?

L’ho guardato sorpresa e ho sorriso.

-Strano che tu chieda il permesso…di solito non lo fai…

Ha avvicinato il volto, sentivo il suo respiro sulle guance.

-C’è una prima volta per tutto…

E per la terza volta ho sentito le sue labbra sulle mie. E per la prima volta ero sicura di volerlo.

 

 

Fine capitolo 16 – to be continued

  
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