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Autore: Amber_ G_ Keldridge    01/05/2012    6 recensioni
Un tentativo di supporre cosa potrebbe pensare il dio degli inganni mentre si trova come carcerato ad Asgard, dopo aver ricevuto la sconfitta da parte dei Vendicatori....
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Loki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vengo sbattuto brutalmente in una fredda e umida stanza dalle rudi mani delle guardie, che sprezzanti mi deridono sputando acidamente: “Ecco la vostra stanza altezza!” e seguono risate sguaiate, e poi più niente, solo oscurità mi avvolge.
Sono dentro una buia cella, nella quale l'unica illuminazione è quella che proviene da una pseudo finestra, della misura grande quasi la circonferenza di un braccio.
È notte, e da quel che posso vedere la luna splende in cielo come non mai, circondata dalle sue lucenti stelle. Sì, le algide spettatrici alle quali tante volte volsi il viso, in cerca di un conforto o risposte nella confusione che mi accompagna fin da quando ne ho memoria.
Sì, io sono Loki, il dio dell'inganno, il pazzo, l'ingrato “figlio”, anche se questa parola non significa più nulla per me, il sanguinario che più di una volta ha messo a repentaglio la vita di tutti, il rinnegato.
Sì, questo di me dicono, e sinceramente sono arrivato all'amara conclusione che non mi importa. Che altro sarei potuto essere, quando ho sempre avuto quasi tutto il mondo contro? Quando sono sempre vissuto all'ombra di mio padre, di mio fratello?
Ho sempre cercato di eguagliarne la fierezza, la forza, e non è mai servito a nulla, sono sempre stato scansato, fin da piccolo, perchè ero diverso dalla loro primitiva marmaglia, mi hanno sempre quasi tutti preso a pesci in faccia. L'unico che veramente era li sempre a prendere le mie difese e a volermi bene, era ed è Thor, che una volta chiamavo fratello. Sapevo che in me c'era qualcosa che non andava e che gli altri perciò fuggivano da me come fossi stato un untore, e tempo fa ho finalmente ottenuto una risposta ad alcuni dei miei innumerevoli perchè: Chi sono? Che ho di diverso dagli altri? Cosa ho fatto di male?
Ho saputo il motivo per il quale non sono mai stato accettato: io discendevo da un popolo diverso, una razza differente da quella degli Asgardiani: I giganti del ghiaccio. Il popolo con il quale Asgard, se ci aveva mantenuto un po' di tregua, era stato per merito di Odino: egli mi aveva raccolto come suo figlio, io il figlio del suo nemico, rinnegato dal proprio popolo perchè troppo gracile. Sono cresciuto al fianco di colui che sarebbe poi diventato il mio futuro nemico: Thor, il principe bello e coraggioso amato da tutti. Io sono sempre stato solo un'ombra, quello dal quale più si stava lontano e meglio era.
Thor intraprese la via delle armi, del bene e della luce. Io, all'inizio in bilico tra la sottile linea che separa il bene dal male, ho scelto alla fine la strada più oscura, quella del mago e del sapere. Ho saputo come approfittare delle mie mancanze in campo militare e combattivo, e ho sfruttato la materia grigia, della quale, come ho sempre sostenuto, Thor ha sempre mancato. È vero, è sempre stato il ragazzino bello, forte e fiero come ogni Asgardiano, mentre io ero quello debole, gracile e che non sapeva come brandire un'arma. Venivo preso in giro anche perchè avevo la dannata abitudine, quando ero un bambino, di piangere ad ogni offesa o atto violento nei miei confronti, e forse anche per questo mio padr- volevo dire, Odino, ha sempre preferito Thor a me: lui era il suo ritratto, mentre io il figlio messo da una parte, che si rinchiudeva per ore nella biblioteca a studiare formule e incantesimi, invece di andare a giocare fuori alla guerra come gli altri ragazzini, e proprio per questo un giorno di non molto tempo fa, decisi di vendicarmi di tutti, di quelli che dicevano che non sarei mai stato nessuno in confronto a Thor, o che sarei finito male a forza di starmene sempre dentro la mia stanza o la mia biblioteca. Beh, ho voluto dimostrare a tutti di cosa Loki fosse veramente capace se sfidato. Ma non potevo immaginare che sarebbe finita così, non quando lasciai la presa sulla lancia che separava me e Thor dalla mano di Odino. In quel momento pensai di esser riuscito a dare un qualche senso a quella vita che sempre mi era apparsa vuota e malinconica. Ma non potevo immaginare che sarei sopravvissuto. Ma l'ho fatto, e se tornai di nuovo all'attacco di eserciti alieni, dopo aver stretto un patto con Thanos. Ma la posta in gioco era alta: se avessi fallito, avri dovuto aspettarmi una punizione esemplare, come la morte.
Se ancora sono in vita, lo devo al fatto di esser stato quasi subito rinchiuso qui dentro, dove mi trovo ora. La cosa forse che mi ha più che toccato da quando ho rimesso piede ad Asgard con una catena ai polsi, dopo esser stato sconfitto dai Vendicatori, è stata vedere la delusione e il dolore negli occhi della regina, un tempo mia madre. E forse per la prima volta dopo anni, dentro di me è scattato un senso di angoscia, amarezza e, soprattutto, vergogna. Vergogna perchè non sono riuscito ad essere mai il figlio che lei e Odino avrebbero voluto, o per il fatto che sono l'unica macchia su una famiglia apparentemente immacolata e perfetta. Il volto di mia madre sofferente, quello di mio padre impassibile ma che nascondeva dietro un atroce dolore, e quello di mio fratello, tra un'espressione ferita e di amara disapprovazione. In quel momento ho provato fastidio e insopportabile consapevolezza di ciò che avevo fatto.
Avevo deluso tutti.
Prima di entrare nella prigione più sicura di tutta Asgard, dove le pene e le regole erano al limite della disumanità, sono stato condotto tra la gente del popolo, la quale mi guardava con non molto celato disprezzo, per il mostro che per loro ero sempre stato e, come dissi a mio padre, “quello dal quale i bambini venivano messi in guardia”. Per loro sono una bestia pericolosa, un mostro mutante che non hanno mai accettato che appartenesse al loro popolo e, oltre a ciò, un traditore e, forse, un tiranno. Eppure da un altro lato sono felice: sono riuscito a farmi conoscere, seppur per azioni brutte. Ma so che se uno viene messo dentro questa prigione, è perchè tutti si scordino di lui. E' quella per i più pericolosi criminali. E di certo io non sarò l'eccezione.
E ora sono qui, con in pugno solo una massa di dolorosi ricordi di una vita che non mi è mai veramente appartenuta. Una vita fondata su nient'altro che bugie. Una lacrima scivola dal mio viso, lenta e dolorosa come fosse fuoco liquido, brucia sulla mia fredda pelle pallida, la vedo cadere e sparire nel buio, finendo su chissà quale punto del pavimento umido e muffito. È una delle poche che verso, dopo quelle in occasione della rivelazione di Odino sul fatto che non fossi veramente suo figlio. So anche che se si viene rinchiusi qui, non si potrà più vedere neanche un volto. Una vita di reclusione con la sola compagnia più che amara dei ricordi e dei misfatti compiuti.
Provo finalmente dolore.
Una fitta mi attraversa il petto come una lama arroventata. Una sensazione che non provavo da anni ormai, da quando ero un ragazzino.
Non rivedrò più coloro che, anche se ero di un'altra razza, avevano saputo amarmi: la mia famiglia. Ripenso a Thor. A quando mi ha offerto un'ennesima possibilità di redimermi, e io l'ho ricambiata con una pugnalata, su quel grattacielo semidistrutto.
Ripenso alle notti intere passate insieme a lui a raccontarci storie, sogni e speranze giovanili. Ripenso a quando ci siamo poi allontanati, intraprendendo due cammini opposti. Lui era accecato dalla guerra, io dalla sete di vendetta e potere. Sì, sono stato cieco, e ora ne pago le conseguenze. E solo in questo momento realizzo che nella mia vita non ho mai fatto in modo da potermi migliorare. E riesco a pensare a che fallimento sono stato per i miei genitori.
Ma solo, esclusivamente ora capisco una cosa: non c'è mai stato veramente posto per uno come me. Lo strano, lo sfortunato, il mago oscuro.
Io, Loki, dio degli inganni, ho finito con l'ingannar me stesso.
  
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