Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: darkronin    02/05/2012    5 recensioni
Era passato solo un anno e mezzo da quando il mondo era cambiato. Eppure, quasi non riusciva a ricordare come fosse la vita, prima.
Fantasmi impalpabili, ombre traslucide, angeli lattei, spie robotiche.
Loro erano ovunque, in ogni luogo. Erano un vero incubo. Almeno, per quelli come lei: la livrea dell'uomo che la seguiva ovunque andasse dimostrava questa sua diversità.
Non poteva sapere se lui (ammesso che non si trattasse di un'altra illusione) si scollegasse mai dal suo cervello, se fosse un programma informatico o che altro.
Solo, lo vedeva sempre.
Gli Akero erano figure che potevano mettere soggezione nelle menti più deboli, ispirando un senso di paura o di totale venerazione: postura marziale, assenza di mimica e gestualità corporea, sguardo fisso... Gli occhi... o meglio, una banda orizzontale riflettente che percorreva in tutta la larghezza quella che poteva essere definita la testa di un essere antropomorfo.
Forse il loro aspetto era solo uno stratagemma accuratamente studiato per interagire meglio con la popolazione.
Forse la rigidità ad esso associata era il dettaglio che trasmetteva maggiore inquietudine: nessuno sapeva cosa potesse nascondersi dietro quella maschera.
Non rivelavano mai la loro vera natura né le loro intenzioni.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
1.      Angels.
They Are Everywhere




Nel silenzio delle prime ore del giorno, il canto delle cicale era una nenia rassicurante.
Era estate e, quella mattina, faceva terribilmente caldo. L'umidità era tale che ad Azzurra serviva una doccia all'ora per rinfrescarsi. Passava il tempo distesa sul tappeto coperto da un plaid di cotone accanto al letto, la schiena poggiata al muro, a studiare o a leggere, il cane sempre steso accanto, a crogiolarsi ai raggi del sole.
Le strade della campagna erano praticamente deserte. La luce era accecante e bianca. Ovunque si volgesse lo sguardo sembrava ci fosse un faro puntato a illuminare l'orizzonte. E sembrava anche che, frapposto agli occhi, ci fosse uno schermo che movimentava la vista con lingue di fuoco trasparenti. Una bava di vento fletteva le spighe bionde di grano maturo al proprio passaggio.
Solo in queste occasioni eccezionali gli accorgimenti dei vecchi erano rispettati anche dai giovani, che talvolta ne riconoscevano la fondatezza e non la ritenevano semplice superstizione.
Da qualche tempo aleggiava nell'aria anche un altro rumore, leggero, soffuso e ormai assordante. Il leggero sfrigolio presente nell'aria, quasi ci fosse qualcuno che stesse preparando le patatine fritte, quel giorno andava aumentando col passare delle ore.
Si stese prona cercando di trovare conforto da quel caldo nel sonno, sperando che il tepore, la quiete e il frinio costante la conciliassero. Il cane le trottò affianco, si infilò sotto il suo braccio e si acciambellò.


Una landa lussureggiante, verde, umida, tropicale... sotto i suoi piedi si estendeva quasi un paradiso terrestre. Tutto era colorato e profumato, il clima era mite e la luce soffusa. Il vociare indistinto di diversi animali, felini ruggenti e pavoni paupulanti, si perdeva in lontananza.
D'improvviso il cielo si oscurò, coperta da strane nuvole temporalesche. Scariche elettrostatiche che non si trasformavano in fulmini, riempivano l'aria. La terra si seccò di colpo, tramutandosi in una distesa di terra riarsa e screpolata. Un tuono riecheggiò nel silenzio che aveva preso il sopravvento sui briosi rumori della natura. Un tuono strano che rimbombò a lungo. Poi la violenza delle scosse del terremoto. Cadde a terra, cercando di aggrapparsi a un tronco d'albero ormai avvizzito. Voleva restare in piedi, la curiosità gli imponeva di farlo, per scoprire cosa stesse accadendo. E allora la vide. Un'enorme massa d'acqua, uno tsunami, si stava abbattendo sulla terra già devastata. In cielo piccole luci si facevano sempre più grandi. Forme strane, isole abitate, palazzi fluttuanti.
E la voce, mentre l'acqua giungeva da ogni parte.
Le sue mani cercavano frenetiche appiglio sui rami più alti e i piedi si riempivano di schegge per spingerne il corpo più in alto possibile, in cima, alla salvezza.
La voce che sembrava venire da dentro, che non era la sua. Frutto di allucinazioni o di forze divine. La voce presentava se stessa e quanto stava accadendo.
Era iniziata.


Azzurra si svegliò di soprassalto, il fiato corto e la fronte bagnata di sudore. Fuori dalla finestra, una miriade di goccioline imperlavano e picchiettavano con insistenza sul vetro. Se avesse fatto un pochino più freddo, forse, avrebbe nevicato. Ormai non era più certa nemmeno di quello. Loro potevano fare qualunque cosa, anche cambiare il clima, come gli antichi dei.
Normalmente, il mezzo piumino che usava e che la proteggeva appena dal freddo invernale risultava essere più che sufficiente: era convinta che il corpo stesse meglio se non era avvolto, nelle ore notturne, dal caldo soffocante che invece cullava il resto della sua famiglia. Era già il secondo inverno. Era passato solo un anno e mezzo da quando il mondo era cambiato eppure quasi non riusciva a ricordare come fosse la vita prima.
Non le era mai successo di svegliarsi per un incubo: solitamente riusciva a risolvere la vicenda nella dimensione onirica, anche se in preda all'angoscia ma, ora, la cosa le risultava estremamente difficile.
Prese un gran respiro, si asciugò la fronte, perplessa sul da farsi.
“Stai bene?” chiese un uomo al suo fianco. Nella voce una sincera sfumatura di preoccupazione.
Lei, per niente sorpresa, lo guardò truce, con una punta di sorpresa e irritazione. Gli diede le spalle e si coricò di nuovo, sperando che il sonno arrivasse subito. Sapeva che lui sapeva che lei non dormiva. Ma non aveva la minima intenzione di rivolgergli la parola. Non più dello stretto necessario. Se proprio non poteva evitarlo.
Improvvisamente si sentì invadere dalla calma. Sapeva che era opera sua e non fu affatto contenta del controllo che lui poteva esercitare su di lei.
Si maledisse per non essere riuscita ad apprendere in tempo le tecniche per escluderlo. Ma si ripromise di riuscirci, un giorno o l'altro, con o senza il suo controllo. Anche a costo di morire.
Ma prima, voleva soddisfare un po' della sua sete di sapere, la sua debolezza di essere umano: come poteva sperare di combatterli adeguatamente, senza un minimo di conoscenza ?


Il treno delle otto era solitamente pieno di gente, al punto che sembrava superfluo l'uso dell'impianto di riscaldamento. C'erano forti sospetti, in effetti, che i dirigenti avessero tagliato proprio su quel versante, certi che il calore animale di tutti quei corpi ammassati bastasse a rendere tiepidi gli scomparti anche in pieno inverno. La certezza del sospetto era data dalla pelle che, per il freddo, si incollava al corrimano metallico. Eppure, ogni protesta scatenava un coro di risposte unanimi e false da parte dei responsabili, additando gli utenti come visionari.
Ora, lo stesso treno, appariva agli occhi di Azzurra stipato più di un carro bestiame. Per quanto silenziosi e discreti fossero i nuovi arrivati, l'imbarazzo era palpabile. Il disagio era accentuato dalla sensazione claustrofobica di non avere nemmeno lo spazio per sistemarsi il cappotto. La ragazza si domandava in quali condizioni potessero essere i treni delle sette, che prendeva regolarmente fino a due anni prima, in cui si viaggiava sempre e solo in piedi.
Salutò il suo solito compagno di viaggi, ex collega, e si diresse verso le porte. Il treno stava rallentando con la consueta poca grazia. Ma almeno risultava puntuale. Dall'ultima novità: stipati e al freddo ma puntuali. Le stava per scappare una risata isterica ma cercò di trattenersi. Non per lui, ma per i propri simili che non avrebbero capito.
Si immerse nel flusso di pendolari che fuoriuscivano da quei serpenti metallici notando, ancora una volta, la grottesca unanimità in cui sembravano essersi immersi tutti quanti: stessi tagli di capelli rigidi e perfetti che ricordavano gli anni 60, stessi vestiti a sacco che infagottavano i corpi in colori smorti e terrosi. Certo, erano contemplate variazioni e sfumature per soddisfare la naturale propensione dell'essere umano al cambiamento: qualche onda nella piega o una frangia, ma il buon gusto imponeva un aspetto sempre estremamente curato e controllato. Il trucco era stato praticamente bandito: erano poche le sfumature di rossetti che si trovavano in commercio, gli ombretti erano disponibili solo in colori tenui e delicati. Il massimo della bizzarria era dettato dall'uso dell'eyeliner nelle sue varie declinazioni. Quanto agli abiti modulari, che pendevano sulle persone come su stampelle ossute, essi erano pensati per permettere diverse combinazioni e modi di utilizzo dello stesso capo a secondo dell'utente, del suo gusto e delle sue esigenze: giacche che diventavano borse, tute che potevano essere maglie con cappuccio e via dicendo. Dietro c'era sicuramente un grande sforzo collettivo ma l'impressione che ne aveva Azzurra era che fossero tutti un branco di straccioni, così simili a quei barboni che, da un anno all'altro, erano magicamente spariti dagli angoli delle strade di tutte le città nell'indifferenza generale. Non poteva essere colpa loro che anzi, sicuramente, nella loro infinita magnanimità, avevano fatto in modo di reintegrarli tra la popolazione.
All'uscita della stazione l'attendevano, con relativi accompagnatori, le sue cinque amiche e compagne di corso che, per quanto cercassero di distinguersi dalla massa, vestivano, comunque, anche loro, con fogge pendenti tipiche della nuova società funzionale. Funzionale? Lei si sentiva costretta al loro interno e impacciata nei movimenti.
Alzò mentalmente gli occhi al cielo, per l'ennesima volta da quando era successo tutto. Sembrava essere tornati indietro di almeno cent'anni, in cui ciascuna donna era accompagnata da uno chaperone. L'unico vantaggio, a compensare la perdita totale di privacy, era la relativa tranquillità con cui si poteva girare di notte senza timore di essere aggredite. Non solo le diverse ombre avrebbero trattenuto i rispettivi assistiti, ma nemmeno l'ombra stessa sarebbe stata, lei stessa, fonte di preoccupazione, come poteva succedere prima, nella vecchia era, dove il cosiddetto “amico” poteva trasformarsi nel carnefice da cui si cercava di fuggire o dove i fratelli potevano essere comprati con un gelato. Doveva ammettere che, almeno da quel punto di vista, le cose avevano avuto un netto miglioramento. Ma solo lì.
Salutò calorosamente le ragazze e si mise a capo del piccolo drappello diretto al bar per la colazione prima dell'inizio dell'esame. Si accalcarono all'entrata, con le borse cariche di libri, cercando di tenersi aperta la porta a vicenda senza far danno. Occuparono mezzo locale da sole e una volta sistematesi, Azzurra prese le ordinazioni. Andò quindi al banco a fare due chiacchiere con la barista.
“Ciao cara... ” la salutò con un sorriso
“Buon giorno” replicò tranquilla esponendo le ordinazioni
“Come mai tutti quei libroni, oggi?” domandò la donna. Aveva fluenti capelli mogano raccolti in una mezza crocchia, lasciando che alcune ciocche ricadessero languide sulle spalle.
“Abbiamo esame... dobbiamo avere tutto con noi, oggi...”
“E scommetto che quelli lì non vi daranno una mano...” disse con una punta di acidità, ma esponendo semplicemente un dato di fatto
“Già” confermò la ragazza. “Abbiamo bisogno della carica” disse sorridendo perché la donna non si accorgesse del suo malessere nei confronti di quella ingerenza esterna.
Come la protagonista di ogni buon racconto, d'altronde, Azzurra non poteva desiderare niente di meglio che essere diversa. Ancora una volta. Ma in questo caso, la causa della sua diversità non era dovuta a fattori esterni: se l'era proprio cercata. E la livrea dell'uomo che la seguiva ovunque andasse dimostrava questa sua diversità. Per lo meno, questi intrusi avevano la buona decenza di non rendersi pienamente visibili se non ai loro protetti. In questo modo le relazioni interpersonali potevano continuare più o meno con le difficoltà di sempre.
“Andiamo?” disse una delle altre ragazze dopo un po', guardando l'orologio seccata “Non ne ho alcuna voglia...ma se vogliamo prenderci posti decenti...” Le altre annuirono e si alzarono per andare a pagare, con il conseguente rumore di più sedie strisciate simultaneamente sul pavimento.
“Accidenti...piove!!” protestò un'altra quando furono all'aperto
“Azzurra, vuoi un passaggio?” chiese la ragazza dell'orologio
“Tranquilla, An, ho il cappuccio e tra poco ci sono i portici...e poi, con tutte le borse che abbiamo, non ci staremmo in due senza bagnare praticamente tutto...” disse sorridendo
“Certo che voi potreste rendervi utili in questi frangenti, razza di macho-man da strapazzo..” ringhiò Anna all'indirizzo del suo accompagnatore “O almeno avvisarci!”
Quello non si degnò nemmeno di risponderle. Si voltò stizzita e procedette dietro alle altre. Lei e Azzurra erano rimaste un po' in dietro. Anche se sapeva che un segreto non sarebbe rimasto tale, tra loro quattro (loro due e la relativa scorta), si azzardò a chiederle, in un sussurro “Ma ti senti sicura di potergli parlare così?”
L'altra la guardò appena accigliata, attraverso la goccia d'acqua che le era caduta sugli occhiali da vista “Tanto ormai...” borbottò presa tra sé.
Azzurra non aveva la più pallida idea di cosa facessero di mestiere i genitori delle proprie amiche. Quindi non poteva sapere se quello fosse uno sfogo per situazione imposta o ricercata, come nel suo caso. Non le era mai importato gran che. Anche perché, erano notizie che dimenticava due secondi dopo averle sentite, tanto le riteneva importanti al fine di giudicare una persona. Ma ora, aveva un database ambulante a cui, eventualmente, chiedere lumi. Anche se sapevano entrambi che non gli avrebbe mai dato tale soddisfazione.
Arrivate in classe, riuscirono ad accaparrarsi i loro posti preferiti. Non che fossero strategici per copiare o farsi notare dal professore. Erano semplicemente quelli a cui erano affezionate, dove si sentivano comode e a loro agio. Nonostante la massa di gente presente in aula: da un anno il pubblico era duplicato, come in qualsiasi attività. Azzurra non soffriva, fortunatamente, di claustrofobia, ma le dava davvero fastidio l'idea di essere mentalmente il doppio di quanti erano in realtà.


L'esame da nove ore continuate era passato velocemente anche se verso la fine la stanchezza aveva avuto la meglio su molti, che avevano preso a ridere sguaiatamente, in modo incontrollato, di quando in quando.
Scese dal treno esausta, sola, senza i suoi abituali compagni di viaggio che erano rientrati col treno precedente. Caricò la macchina in malo modo, desiderando solo tornare a casa e farsi un bel bagno caldo, senza scocciature. L'auto, ferma per tutto il giorno, era già calda e disappannata, pronta alla partenza. Solo pochi anni prima avrebbe dovuto aspettare al gelo una decina di minuti perché il motore si scaldasse e le permettesse di mettersi in viaggio. Avrebbe dovuto grattare via dal vetro, con un vecchio cd masterizzato, il ghiaccio formatosi se non, addirittura, scaldare la chiave con l'accendino per riuscire ad aprire la portiera. Ora, le auto si accendevano a chilometri di distanza, riconoscevano solo gli utenti impostati, impedivano la guida autonoma a un conducente in condizioni fisiche non ottimali e anzi, il più delle volte, erano autosufficienti anche nella guida, non più solo nel parcheggio.
“Vai subito a letto stasera...” le disse il suo accompagnatore quando si fu chiusa all'interno dell'abitacolo e si fu allacciata la cintura “I tuoi livelli sono così bassi che non basterà una doccia a ripristinarli..”
“Sissignore...” rispose lei sarcastica. Era la prima volta in tutta la giornata che lui le rivolgeva la parola
“Guarda che sono serio” replicò lui
“Sì sì, quando mai non lo sei...sei stato selezionato apposta...” rispose lasciando cadere la frase, inizio di una discussione infinita, tenuta già un migliaio di volte in quel breve periodo “Senti...risparmia a entrambi la sofferenza: vedi di non essere così gentile, ok? So che non te ne frega nulla...e comunque non cambierebbe niente...continuerei a odiarti lo stesso”
“Non lo faccio certo per far piacere a te” rispose l'altro tagliente mentre Azzurra lasciava che l'auto si immettesse autonomamente nel traffico “Non vedo perché un po' di semplice cortesia ti dia tanto fastidio. Questa è una delle poche cose che proprio non riesco a capire di te...”
A quelle parole, Azzurra rispose con un sibilo seccato e si volse verso il paesaggio immerso nel buio che scorreva fuori dai finestrini. 24 faceva di tutto per compiacerla. E lei lo sapeva benissimo. Anche il suo modo di dimostrarsi gentile o arrabbiato in momenti particolari erano studiati in base alle sue preferenze. Lui era stato quasi creato appositamente per lei. Per domarla.
E proprio per questo lui era stato assegnato a lei, perché sapeva o almeno intuiva troppo della realtà che agli sciocchi sfuggiva. Paradossalmente, chi davvero sapeva era praticamente libero da ogni controllo. Gli unici a essere monitorati a quel modo erano i comuni cittadini che non si erano bevuti tutte le cazzate propagandistiche, che avevano legato tra loro, negli anni, gli avvenimenti e i cambiamenti, intuendo la realtà oltre il velo di scemenze con cui erano stati bombardati e distratti.
Quando, nei primi giorni di conoscenza gli aveva chiesto cosa avesse fatto di male per essere assegnato a lei, 24 aveva risposto placidamente, con orgoglio “Sono nella squadra dei migliori. E' ovvio che mi abbiano assegnato a te”. In un certo qual modo aveva cercato anche, con tale affermazione, di lusingarla: i suoi sforzi erano stati premiati e aveva solo ottenuto di essere posta sotto una sorveglianza più rigida. Se anche il suo ego avesse abboccato, avrebbe cercato di non farsi sviare da ciò: non era un caso che a lei fosse assegnato un esemplare maschile e con quel carattere.
Sapevano ciò che facevano. Ma lo sapeva anche lei e cercava di tenergli testa, ben sapendo che Loro erano più numerosi e meglio organizzati di loro, che non possedevano quei mezzi e quella diffusione capillare. Loro: i nuovi dominatori del mondo contro i ribelli che non accettavano tale controllo, ognuno con la propria, diversa, sfumatura. Fondamentalmente era un gioco paranoico di dietrologia che poteva non conoscere fine in base alla psicosi del soggetto.
“Perché non possiamo cercare di...non dico andare d'accordo...con te ci rinuncio. Ma almeno di non essere così oppositiva nei miei confronti..?” finì col chiedere lui
“Sai meglio di chiunque altro la risposta...o sbaglio?” ghignò Azzurra sarcastica. 24 parve quasi rattristarsi “Sì sì” disse e lei dovette fare uno sforzo per non crederla una delusione sincera. D'altronde, lui aveva a portata di mano, su un monitor o direttamente in testa, l'andamento del suo umore e del suo metabolismo, quindi poteva colpirla come e quando voleva. Ma, fino a quel momento, si era dimostrato particolarmente magnanimo, perché gli sarebbe bastato molto poco per affondarla in un colpo solo, in realtà.
O forse era tutta strategia, ancora una volta. Cuocerli tutti a fuoco lento, come la rana che muore lessata: abituarli un poco alla volta e stringere gradualmente i ranghi. Non erano riusciti a piegarli alla prima ondata perché loro, i paranoici, i complottisti, erano preparati, sapevano di doversi aspettare qualcosa. Ma ora che le carte erano scoperte, erano tutti disorientati: c'erano altri assi nella manica? Altri progetti di cui nessuno sospettava? In effetti, qualcosa era andato oltre le loro previsioni più catastrofiche e nessuno si sarebbe mai aspettato un tale bombardamento mediatico, una tale rivoluzione sociale. Loro erano ovunque e in ogni luogo. Ed erano un incubo vero e proprio. Almeno, per quelli come lei.




- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -


Ciao a tutti.
Eccomi qui con il mio primo tentativo serio di storia originale.
Tralascio tutti i discorsi su quanto sia, per me, più complicato questo tipo di scrittura rispetto a una ff perché credo siano problemi comuni a tutti.

Ho cominciato a scrivere questa storia per affrontare un 'problema' che mi sta a cuore.
Chi è minimamente interessato all'argomento, ritroverà dettagli (a partire dal titolo stesso) già noti. Ho semplicemente preso in prestito parte del patrimonio mitologico sull'argomento (e con questo termine non voglio certo sminuire la cosa, altrimenti non starei qua a scriverne, ma intendo riferirmi a tutta la letteratura che esiste al riguardo) per parlare di quello che mi angoscia da tempo.
Con questo scritto non voglio offendere nessuno e se qualcuno si trovasse in disaccordo, si sentisse offeso (scusate la ripetizione) o simile...beh... ripeto, non è mia intenzione. Quindi, piuttosto di riempirmi di insulti, chiuda pure semplicemente la pagina. Ancora. Non voglio convincere nessuno di niente. Io stessa sono molto critica riguardo a tutto quello che viene veicolato in rete. Ma dati oggettivi non mi lasciano presupporre nulla di positivo. Un esempio per tutti potrebbe essere il chip che oggi si applica ad animali d'affezione e al bestiame. E' vero che vogliono usarlo sull'uomo, che già lo fanno e presto verrà reso obbligatorio sui bambini? Non ho gli strumenti per dirlo. Ma la cosa mi inquieta, nonostante le scuse siano già pronte e la prospettiva ottimistica di un miglioramento della vita (sicurezza, monitoraggio, etc).
Che ci si creda o meno, che sia vero o meno, quello che viene ipotizzato in questa mitologia...resta il fatto che qualcuno l'ha pensato. E se fosse stato solo pensato, il passo successivo, l'uso reale da parte di menti diaboliche, sarebbe veramente breve, come la storia insegna.
Infine, una cosa di fondamentale importanza. Io scrivo più per raccontare una situazione, gli stati d'animo, come mi caverei d'impiccio al posto dei protagonisti. Ma non ho pretesa di scientificità. =_= ahimè ho fatto un liceo fanta-scientifico. Nel senso che le mie competenze matematico-scientifico si son perse per strada...forse a causa di 5 anni passati a lettere: non ricordo nulla se non cose che più basiche di così anche i bambini delle elementari ne sanno più di me, mi faccio infinocchiare da qualunque cosa, ma quello penso sia di carattere, dato che posso venir raggirata anche su un argomento che conosco a mena dito, e non so dire se la teoria della terra cava è una panzana o meno. Mi affascina, quindi in qualche modo la butterò dentro. D'altronde, scrittori ben più seri di me l'hanno utilizzata. A ben pensarci, ha una sua autorevolezza...
Vabbè, il succo di tutta sta pappardella qua è: se intendete seguirmi, vi prego di armarvi di pazienza ed essere pronti a soprassedere ai miei molti strafalcioni.

Grazie ancora a chi ha aperto questo questo primo capitolo.
Un grazie di cuore a Federica, che mi ha spinto finché non ho postato.

A tra un mesetto, circa.



   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: darkronin