Fumetti/Cartoni americani > I Peanuts
Ricorda la storia  |      
Autore: Trick    04/05/2012    16 recensioni
Sorrise loro con impacciata tenerezza, mentre nella sua mente s'affacciava l'immagine di un gruppetto di bambini con piccole mazze da baseball e guantoni. Lui si sentiva probabilmente molto più vecchio di quanto non avrebbe mai dovuto. Si domandò se qualcuno degli altri, lì attorno, stesse provando la stessa fastidiosa sensazione.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note dell'Autrice: non so come diavolo mi sia saltato in testa una cosa tanto deprimente. Non dirò niente a riguardo, giuro, perché mi sono cacciata addosso una tristezza che, boh, adesso dovrò sbattere la testa contro al muro per trovare un po' di gioia.
Credo che il mio inconscio volesse fare un omaggio ai Peanuts e a un sacco di altre cose belle dell'infanzia che al momento non ricordo.


Oltre l'infanzia

«Charlie Brown, Snoopy, Linus, Lucy... non potrò mai dimenticarli».
Dall'ultima strip di Charles Schulz

Non sentiva che il fruscio nelle orecchie della brezza primaverile. Immobile fra l'erba, teneva il naso puntato verso le nuvole bianche che scorrevano rapide nel cielo, particolarmente attento a distinguerle l'una dall'altra come coniglietti, papere o draghi. Da bambino amava scoprire quante e quali forme potessero assumere le nuvole, e sebbene Linus ne riconoscesse sempre di più interessanti, per Charlie Brown la soddisfazione aveva davvero il profilo distorto di un coniglietto.

***

«Ehi, capo».
«Non chiamarmi capo».
Marcie appoggiò due grosse borse della spesa sul tavolo della piccola cucina e si avvicinò al sofà sul quale giaceva scompostamente la sua coinquilina. La conosceva da fin troppo tempo per non rendersi conto che nel suo sguardo triste c'era qualcosa di strano. Piperita Patty scrutava il soffitto con aria persa e distante, le mani intrecciate dietro al groviglio di capelli rossi e il berretto dei Red Sox appoggiato sul petto.
«Capo, che c'è?».
Lei schioccò nervosa la lingua.
«Non chiamarmi capo, Marcie».
«Che c'è?».
«Ha chiamato Ciccio» rispose atona. «Hai presente, no? Charlie e qualcosa, si chiamava. Era quel bambino con la testa rotonda...».
«Era Charlie Brown, capo».
Piperita Patty annuì ed emise un lungo sbuffo stizzito.
«Che palle, Marcie...».

Lucy appoggiò la fronte al gigantesco libro di legge e non si mosse per diversi minuti, con le braccia a penzoloni davanti alle gambe e il fiato lento e profondo. Era perfettamente consapevole che si sarebbe addormentata a breve: gettò un'ultima occhiata laconica alla tazza vuota di caffè e si disse che era arrivato il momento per una pausa. Non aveva ancora studiato nemmeno la metà di quanto si era ripromessa, ma era certa che ci sarebbe comunque riuscita, prima o poi.
Aprì la porta e gridò:
«Linus! Fammi un caffè!».
Attese qualche secondo, ma dal soggiorno non proveniva che il basso ronzio del televisore.
«Linus! Spegni quel dannato aggeggio e fammi un caffè!».
Sentendosi montare dalla stizza, si avviò lungo il corridoio, discese a balzi le scale e irruppe alle spalle del fratello con aria feroce. Il ragazzo era fermo davanti al treppiedi su cui era appoggiato il telefono, con la mano destra ancora sopra la cornetta bianca e l'altra in tasca, a torturare quello stupido fazzoletto con cui gironzolava dacché i loro genitori erano riusciti a togliere dai piedi quella coperta ancora più stupida.
«Linus, sei sordo?».
«Ha chiamato Charlie Brown» le disse piano.
Lucy era troppo sveglia e pratica per non afferrare al volo il punto della questione.


Era passati anni dall'ultima volta in cui si erano visti e ognuno di loro aveva avuto tempo e modo di prendere strade diverse. Charlie Brown guardò Lucy, rigida dentro una giacca color pesca, Linus, infagottato in una sciarpa della Boston University, Schroeder, con quel ridicolo cappello scuro e una spilla dei Black Sabbath sulla tracolla, Piperita, con una maglietta dei Red Sox un po' stropicciata e Marcie, con gli occhiali dalla montatura rossa e i capelli raccolti in una treccia, e Frida, con gli orecchini brillanti e un elegante caschetto biondo. Sorrise loro con impacciata tenerezza, mentre nella sua mente s'affacciava l'immagine di un gruppetto di bambini con piccole mazze da baseball e guantoni. Lui si sentiva probabilmente molto più vecchio di quanto non avrebbe mai dovuto. Si domandò se qualcuno degli altri, lì attorno, stesse provando la stessa fastidiosa sensazione.
Abbassò lo sguardo e scostò di pochi centimetri un lembo del lenzuolo bianco con cui aveva avvolto il corpicino di Snoopy.
«Li vedi? Sono tornati tutti per te».


«Prendi questa, Charlie Brown».
Linus aprì il proprio zaino consunto ed estrasse una piccola copertina azzurra. Al suo fianco, Lucy soffiò rassegnata.
«Non posso credere che tu l'abbia conservata...».
Charlie Brown la prese fra le mani e rivolse al vecchio amico d'infanzia un sorriso grato. Linus chinò il capo, ma tutti riuscirono a scorgere i suoi occhi umidi di lacrime.
«Cercava sempre di rubarmela» spiegò con semplicità.


«Credevo davvero che fossi un bambino con un buffo nasone, Snoopy» mormorò Piperita Patty, inginocchiandosi a pochi centimetri dalla modesta fossa che Charlie Brown aveva scavato a qualche metro dalla cuccia rossa.
Infilò una mano nella tasca dei pantaloni e mostrò una pallina da baseball dall'aria malmessa.
«Autografata da Yogi Berra» aggiunse con un occhiolino complice. «Non sbavarci troppo sopra, amico: vale una fortuna».


«Ricordate quando saltellava sul tetto della cuccia e fingeva di essere un asso della Prima Guerra Mondiale a bordo del suo Sopwith Camel?» disse Charlie Brown, affondando entrambe le mani nelle tasche. Gli occhi tornarono a bruciargli e iniziò a sbattere le palpebre. «E quando voleva fare lo scrittore? Ah, tutte quelle palline di carte gettate in giro per il cortile! E Joe Falchetto? Ricordate quanto sembrava ridicolo con quegli occhiali da sole? O quando si era convinto di essere un avvoltoio e non voleva più scendere da quell'albero laggiù? E quante volte si è fatto male giocando a hockey? Ricordate quella volta in cui lo portammo in ospedale e l'infermiera lo scambiò per un ragazzino dall'aspetto buffo? O quando si era deciso di andare a fare il legionario? E ricordate quando...».
«Charlie Brown» lo interruppe con dolcezza Marcie, avvicinandosi di qualche passo e appoggiando una mano sulla sua spalla. «Che stai dicendo?».
«Era solo un bracchetto» sentenziò debole Sally, incrociando le braccia al petto e mordendosi il labbro inferiore nello sforzo di trattenere le lacrime. «Uno stupido bracchetto...».
Stordito, Charlie li fissò un ad uno.
«Voi... voi non ricordate le sue fantasticherie?».
I ragazzi si scambiarono diverse occhiate perplesse.
«Era un bracchetto, Charlie... nemmeno sapeva cosa potesse essere, un Sopwith Camel».

***

Non sentiva niente che il fruscio nelle orecchie della brezza primaverile. Immobile fra l'erba, teneva il naso puntato verso le nuvole bianche che scorrevano rapide nel cielo, particolarmente attento a distinguerle l'una dall'altra come coniglietti, papere o draghi.
A distanza di anni, lo sguardo di Charlie Brown tornò ad esplorare fra le nuvole candide; senza più l'ingenuità del ragazzino che era stato, tuttavia, aveva l'impressione di non poter vedere che nuvole.
Abbassò la testa e scrutò la terra smossa sotto la quale aveva seppellito Snoopy. Nessuno sembrava serbare ricordo di tutte quelle follie insensate nelle quali il bracchetto era solito gettarsi a capofitto. E lui temeva di credere che potessero avere ragione.
«Non importa se non sei mai diventato uno scrittore famoso o se non sei mai stato Joe Falchetto, Snoopy...» borbottò fra i denti, mentre le dita affondavano nel terriccio freddo. «Non importa, Snoopy, davvero... per me è la stessa cosa. Per me eri ognuna di quelle cose, in effetti. Eri un cane fuori di testa, Snoopy... eri il mio cane...».
Tirò in su con il naso e si asciugò una guancia con la manica del giubbotto.
«A volte ho creduto che non saresti mai invecchiato, che nessuno di noi l'avrebbe mai fatto... ma nemmeno questo importa, vero?».
«Charlie Brown!» lo chiamò la voce di Lucy. «Vieni!».
Charlie Brown le fece un cenno con la mano e guardò di nuovo la tomba di Snoopy.
«Spero che questa volta non voglia farmi cadere con il pallone da rugby...» scherzò mentre si alzava, si scrollava la polvere dalle ginocchia e si asciugava un'ultima volta gli occhi. «E non preoccuparti: ho lasciato la ciotola piena».

Ed ecco l'asso della Prima Guerra Mondiale spiccare il volo!”.
   
 
Leggi le 16 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > I Peanuts / Vai alla pagina dell'autore: Trick