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Autore: CarrieGallagher    05/05/2012    3 recensioni
“Enea splendette nella chiara luce simile ad un Dio, bellissimo di viso e di corporatura; poiché la stessa Venere col suo soffio divino aveva dato al figlio una chioma stupenda e la purpurea luce di giovinezza ed occhi soavemente brillanti. Ma Narses si era innamorato di lui già da prima.”
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: non ho idea di come mi sia venuta. 
Sono sempre stata attratta dall'Eneide e da Enea stesso, ma solo quando ho cominciato a studiarlo in classe, 
è sbocciato qualcosa. Leggendo le prime righe del proemio, in particolare il pezzo iniziale che ho appunto riportato, 
mi è venuto in mente tutto. 
Mentre la professoressa spiegava io ripetevo la storia nella mia mente.
Siate clementi, è la mia prima shot, in assoluto. Ci possono essere molti errori concettuali, non sono pratica delle usanze 
di quel tempo, nonostante ne sia affascinata. Spero comunque sia di vostro gradimento. 
I personaggi appartenenti all'Eneide non sono ovviamente di mia invenzione di conseguenza non mi appartengono.
Iris, Clio e Narses, sono solo frutto della mia mente. Con questo racconto non si intende offendere nessuno. Invito 
chiunque non gradisca relazioni d'amore tra due persone dello stesso sesso di non leggere la One-Shot seguente. 

Premessa: non ho idea di come mi sia venuta. 

Sono sempre stata attratta dall'Eneide e da Enea stesso, ma solo quando ho cominciato a studiarlo in classe, è sbocciato qualcosa. Leggendo le prime righe del proemio, in particolare il pezzo iniziale che ho appunto riportato, mi è venuto in mente tutto. Mentre la professoressa spiegava io ripetevo la storia nella mia mente. Siate clementi, è la mia prima shot, in assoluto. Ci possono essere molti errori concettuali, non sono pratica delle usanze di quel tempo, nonostante ne sia affascinata. Spero comunque sia di vostro gradimento.

I personaggi appartenenti all'Eneide non sono ovviamente di mia invenzione di conseguenza non mi appartengono. Iris, Clio e Narses, sono solo frutto della mia mente. Con questo racconto non si intende offendere nessuno. Invito chiunque non gradisca relazioni d'amore tra due persone dello stesso sesso di non leggere la One-Shot seguente.

Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. 

 

 

 

 

Premessa: non ho idea di come mi sia venuta. 
Sono sempre stata attratta dall'Eneide e da Enea stesso, ma solo quando ho cominciato a studiarlo in classe, 
è sbocciato qualcosa. Leggendo le prime righe del proemio, in particolare il pezzo iniziale che ho appunto riportato, 
mi è venuto in mente tutto. 
Mentre la professoressa spiegava io ripetevo la storia nella mia mente.
Siate clementi, è la mia prima shot, in assoluto. Ci possono essere molti errori concettuali, non sono pratica delle usanze 
di quel tempo, nonostante ne sia affascinata. Spero comunque sia di vostro gradimento. 
I personaggi appartenenti all'Eneide non sono ovviamente di mia invenzione di conseguenza non mi appartengono.
Iris, Clio e Narses, sono solo frutto della mia mente. Con questo racconto non si intende offendere nessuno. Invito 
chiunque non gradisca relazioni d'amore tra due persone dello stesso sesso di non leggere la One-Shot seguente. 

Piccola spiegazione: 

Il racconto si riferisce alla prima parte dell'Eneide, quando Enea giunge esausto dalle battaglie a Cartagine e viene accolto da Didone,regina, che ne rimane affascinata. Il tutto si concentra nel momento in cui Venere, madre di Enea, avvolge suo figlio in una nube che lo rende bellissimo agli occhi di chiunque, soprattutto di Didone. Tra le persone presenti vi era anche Narses, un ragazzo molto giovane ed segretamente omosessuale dall'età di sette anni. Anche prima della nube, Narses si era già accorto della bellezza esteriore ed interiore di Enea. 

 

 

 

L’inganno di Didone

 

 

Enea splendette nella chiara luce simile ad un Dio, bellissimo di viso e di corporatura; poiché la stessa Venere col suo soffio divino aveva dato al figlio una chioma stupenda e la purpurea luce di giovinezza ed occhi soavemente brillanti. Ma Narses si era innamorato di lui già da prima.”

 

 

Tutti quanti pensavano che Narses fosse un tipo piuttosto solitario.  

Se ne andava in giro con una tale, Clio si chiamava. Stavano sempre insieme, forse perché Clio era l’unica che lo capisse.

Era un ragazzo per bene. Aiutava sempre sua madre, Iris, a vendere le merci del padre. Era il figlio perfetto, gentile, ma comunque intellettuale. Stendeva la tela ogni notte, e scriveva, scriveva. Scriveva poesie, dicevano.

Non le faceva mai leggere a nessuno le sue poesie. Erano estremamente intime e personali. Diceva che parlavano del fascino, della bellezza. Ritraeva tutto ciò che lui riteneva perfetto.

Ed un giorno, quella perfezione, si era incarnata in un essere umano.

È indescrivibile la sensazione che ha provato quando ha visto quel volto liscio e quelle lineature perfette. I capelli gli incorniciavano il viso come se fossero stati studiati per lui da madre natura stessa, il corpo era magro, docile, ma allo stesso tempo forte e sicuro. Trasmetteva valore, salvezza, giustizia.

Era un selvaggio, aveva combattuto con tutte le forze che gli erano rimaste. Era un uomo pieno di esperienze vissute, era un uomo completo.

Sta di fatto che solo quando vide quello straniero giungere alla reggia di Didone, capì che nessuna poesia avrebbe mai potuto descrivere tale perfezione. Infondo era figlio di Venere, era un dio. Tutti lo sapevano. Ma lui se ne era accorto già da prima che quella nube pallida lo aveva avvolto tra le sue braccia rendendolo luminoso in tutte le angolazioni della bellezza. 

Narses tornò a casa, aprì l’armadio, e stracciò tutte le sue poesie: idolatrava la perfezione della bellezza umana, ma oramai era inutile continuare a farlo. La perfezione esisteva, e l’aveva vista con i suoi occhi.

 

Didone aveva giurato fedeltà alla tomba del marito, ma come Narses, aveva ceduto alla passione. Venere aveva fatto la sua parte, ma infondo Enea, splendeva di luce propria.

è proprio un bel tipo”, aveva commentato Clio, lavando i panni nella grande fontana in piazza, “ma si vede che è un vanitoso”.

Clio aveva già capito che Narses pendeva dalle labbra di quel tale: quando Didone gli aveva organizzato il banchetto d’ospitalità, non faceva altro che guardarlo, e fuggire. Non aveva mangiato poi granché, e questo era strano da parte del giovane ragazzo.

Narses era alto, magro, poco robusto. Aveva i capelli di un biondo dorato, abbastanza corti e inarcati attorno all’orecchio. Se non fosse stato attratto dagli uomini, Clio c’avrebbe pure pensato a lui, in un altro modo.

Enea, al banchetto, poggiava le sue labbra perfette sul bordo del calice, e sorseggiava il vino rosso. Didone lo guardava, un po’frustata, e si poggiava la mano sul cuore: era dannato, era bello, ma era sbagliato.

Anche Narses pensava lo stesso, ma lui era un uomo. Tutti e due avevano un ostacolo insormontabile, ma solo una delle due riuscì a metterlo da parte: Didone s’era appropriata di Enea, perché era bella, ed era una donna.

Sua sorella Anna la convinse a lasciar perdere il passato. Didone amava suo marito, ma egli non c’era più, e il gesto più bello che poteva fare, era continuare a vivere la vita.

Così anche Enea fece: Didone era la regina, era bella, ed era attratta da lui. Pure lui era attratto da lei, e ogni notte si vedevano nella grande camera da letto di ella.

Narses ribolliva di gelosia, nella sua insulsa capanna giù in paese. Lui era lontano, lo sentiva così lontano da non poterlo neanche sfiorare. Pensava a lui notte e giorno, non riusciva più a scrivere, né pensare, né passare un solo minuto senza idolatrare la sua ammirevole presenza.

Stava steso sul letto, guardava il soffitto. Si rinchiudeva in camera sua, e pensava a quanto fosse brutto vivere in quel modo. Usciva poi, il pomeriggio, e passeggiava lontano, nella foresta. Più stava lontano da quella coppia, e più lui stava meglio.

Ma la lontananza, allo stesso tempo, lo struggeva.

Strusciava sulle foglie e si sdraiava accanto al lago. Vedeva la sua immagina riflessa: un insulso ragazzo di appena diciotto anni.

 

Quando tornava a casa, il padre, gli chiedeva dove era stato.

avevo bisogno d’aria”, rispondeva, come se non riuscisse più a respirare.

 

Didone oramai viveva felicemente con Enea.

La scena più famosa della loro passione, era nella camera da letto di Didone. Lei era distesa sul letto pieno di veli e coperte di seta, nuda. I lunghi capelli gli ricadevano sul seno, che Enea accarezzava dolcemente. Poi si avvicinava, e la baciava.

Enea era magro, era bruno, era bello. Non si sapeva bene quanti anni avesse, né se la sua sosta sarebbe durata di più. E Narses lo perdeva ogni giorno di più.

Un giorno lo rivide, era una festa all’aperto. Fortunatamente sua madre era una delle ancelle di Didone: poteva entrare a corte più spesso delle altre persone.

Portava sua figlio appresso, perché quest’ultimo insisteva, per rivederlo ancora. Incrociò il suo sguardo nella sala grande.

Era vuota, solo loro due. Enea accelerava il passo verso l’uscita centrale, per raggiungere la festa. Lui era appena entrato dall’altra stanza, e lo guardò. Enea anche ricambiò lo sguardo, ma distrattamente, e continuò la sua strada verso il giardino.

 

La notte era dolce e luminosa, anche grazie alle grandi lanterne che splendevano sulle pietre.

Bellissime tavolate piene di cibo d’ogni genere. Didone accolse Enea con un appassionante bacio, lo abbracciò e gli accarezzò la guancia. Enea sorrise, e sussurrò qualcosa nel suo orecchio.

Gelosia. Narses non credeva nella gelosia. Geloso di cosa? Nessuno appartiene a nessuno, non deve essere geloso proprio di niente.

Forse invidia. “Beata lei”, pensava.  

 

Enea era splendido quella sera. Certo, lui era sempre bellissimo. Forse era la luce della luna, forse era perché sua madre gli aveva donato il meglio di se, non sapeva il perché fosse il più bello di tutti.

La festa durò tutta la serata. Narses parlava con la madre, che ogni tanto lo raggiungeva di nascosto. Non era permesso alle ancelle rimanere alle feste, o alle cerimonie.

Poi lui acchiappava qualche cibo, beveva un po’ di vino, forse troppo, e continuava a spiare quel figlio di una dea. Cosa lo spingeva ad amarlo così tanto?

Nessuno era bello come lui.

Ma quell’incessabile agonia doveva finire, e dipendeva solo da lui. Non pensarlo, non guardarlo, ignorare la sua esistenza. Doveva conoscere una bella ragazza, come fanno tutti i ragazzi della sua età. 

Didone quella sera si ritirò dalla festa molto presto, era piuttosto stanca. Narses aveva passato tutta le festa a guardare Enea, e anche quest’ultimo, un po’ più tardi, entrò a corte.

Narses poggiò sul tavolo quello che poteva essere persino il quarto calice di vino. Gli girava un po’ la testa, era stanco di osservarlo in penombra, stando attendo ogni minuto a non farsi vedere. Stava per ritirarsi anche lui, quella sera dovrebbe esser stata una specie di addio al figlio di Venere, un addio anonimo, dato che quest’ultimo neanche sapeva della sua esistenza. Salutò la madre con un leggero bacio sulla guancia, dato che ella sarebbe dovuta rimanere a corte. Strascicò le vesti per la sala grande, sino a quando adocchiò la sala bagni. Aveva sempre sognato andare in quella stanza, era terribilmente tentato. L’idea di immergersi nelle limpide acque reali, le stesse bagnate dalla regina e forse anche da Enea, lo stuzzicava. Era un sogno. Infondo Didone si era coricata ed Enea pure, le ancelle non si sarebbero opposte, tutto lo portava a farsi un bel bagno rilassante, per dimenticarsi di lui.

Avanzò lentamente verso la stanza, sicuro che nessuno l’avrebbe visto. Aprì lentamente la porta, si spiaccicò nella piccola fessura, e senza provocare rumore alcuno s’infiltrò. C’era vapore ovunque, si sentiva il fruscio delle acque scorrere sulla pietra.

Sentiva già il calore penetrare la sua pelle, rendendola più morbida. Avanzò per la grande sala, e cominciò a spogliarsi.

Poggiò le vesti su una pietra accanto alla grande piscina. A piedi scalzi zampettava soddisfatto, fino a che il vapore dell’acqua cominciò sempre più a schiarirsi, facendo scorgere la sagoma di un uomo. Si bloccò all’istante.

Era di spalle, ma avrebbe potuto riconoscere quel corpo ad occhi nudi, solo assaporandone l’odore: Enea.

Quest’ultimo si girò.

scusi”, s’affrettò a dire Narses, cercando di coprirsi i genitali con le mani, “non pensavo ci fosse qualcuno”.

Enea rivoltò lo sguardo dall’altra parte. Scostò le braccia dal bordo della piscina, e mosse l’acqua per alzarsi. Il vapore copriva a chiazze il suo corpo perfetto, boreale, simmetrico. Si raccolse in un sorriso cinico, ed avanzò verso di lui.

e tu sei?”, sorrise poi, incrociando le mani.

non volevo disturbarla”, Narses s’allontanò mortificato, e sempre più impaurito. Voleva dimenticarlo, voleva dimenticarlo.

ehi, ehi, ehi”, cercò di fermarlo Enea, “non volevo cacciarti”.

Narses chiuse gli occhi, e si bloccò di spalle.

sono mortificato”, si girò, sempre coprendosi.

Enea annuì e si scosto i capelli sudati dalla fronte. Guardò a terra, e poi rialzò lo sguardo.

beh, già che ci sei”, quest’ultimo gli fece cenno, e si immerse nelle acque.

Narses si guardò intorno, guardò per terra, e chiuse di nuovo gli occhi. Era ad un passo dall’abbandonare l’ossessione per quell’uomo, e adesso tutto si ripresentava più luminoso. Ma non poteva sottrarsi. Non voleva.

Sentì l’acqua accogliere il docile corpo del brunetto. Egli si rilassò, si distese, nudo, e poggiò la testa sul bordo piscina. Narses s’avvicinò tremante, e immerse i piedi nell’acqua, continuando a coprirsi.

dai”, Enea lo invitò a lasciarsi andare.

Il biondo scrollò le spalle dal freddo, e si decise a togliere le mani. Si immerse nelle acqua calde, e sospirò.

Enea continuava a guardare il soffitto, molleggiando il suo corpo. Regnava il silenzio tra i due, un po’ di imbarazzo, ma anche di muto piacere. Le acque erano benedette, quasi miracolose; davano pace al corpo.

Intravide i suoi occhi, tra la nebbia: due enormi burroni profondi, di un nero abissale. Lo fissavano: Narses non riusciva a distogliere lo sguardo. Il loro contatto visivo era indistruttibile, innegabile, irremovibile.

Narses aveva gli occhi di un azzurro oceanico, immenso. Il nero d’Enea faceva differenza, ma questi due combaciavano alla perfezione.

Erano entrambi nudi, vicini, e nella stessa piscina. Il vapore riusciva a nascondere bene i loro corpi, ma non i loro sentimenti.

Narses udì il rumore dell’acqua, segno che Enea si stava muovendo.

Poco dopo sentì la pressione delle sue labbra sulle proprie. Dolce, umido e fuggitivo.

“so chi sei”, gli sussurrò dolcemente all’orecchio.

 

 

Fu così che cominciò l’inizio della fine.

Da quel giorno continuò ad essere ossessionato dal giovane straniero. Ogni cosa gli ricordava quella passionevole notte d’amore nella sala dei bagni. Prima, Enea, aveva dolcemente sfiorato guancia su guancia, mantenendo gli occhi chiusi. Poi gli aveva dato dei leggeri e zuccherati baci sulla guancia. Poi l’aveva di nuovo guardato negli occhi.

Narses si scioglieva, ad ogni sue gesta.

Cominciarono a chiudersi nella sala bagno, ogni pomeriggio, ogni notte, ogni momento della giornata glielo permettesse.

Enea amava Didone, la desiderava. Però Enea, nascondeva un grande segreto, e forse si era stufato di farlo.

ma perché stai con lei”, gli aveva domandato un giorno Narses, nella grande vasca in cui si erano conosciuti, dove il vapore era da protagonista, nonostante si desiderassero fortemente.

perché la amo”, aveva detto schietto, mantenendo gli occhi chiusi.

Narses stava raramente a casa. Il padre chiedeva il suo aiuto sempre di più, Clio si sentiva abbandonata, le sue tele rimanevano vuote. Non c’era bisogno di scrivere, lui le emozioni le provava su pelle ogni volta che faceva l’amore con Enea.

Nessuno lo sapeva, e nessuno doveva saperlo. Se solo qualcuno cominciava a sospettare qualcosa, era finita per entrambi.

Narses si rivestiva velocemente, ed usciva di fretta, di nascosto. Passeggiava per la corte, aspettando che Enea passasse per la sala grande ed incrociasse il suo sguardo. Uno dei momenti più belli della giornata, era proprio quello. Enea che camminava al fianco dei suoi compagni, e volgeva lo sguardo verso Narses, che si sedeva sugli scalini dell’entrata principale. Lui gli sorrideva e poi procedeva il cammino.

Narses non si nascondeva più nei boschi, era sempre a corte. La madre era felice perché lo vedeva più spesso, ma il padre cominciava a stufarsi. Aveva bisogno di suo figlio per i lavori, ma Narses aveva altro a cui pensare, a cui prosperare.

domani mattina ti alzi con me!”, gli aveva strillato quella sera il padre, infuriato. Narses si era chiuso in camera, e guardava il soffitto a braccia incrociate.

lavorerai con me, tutto il giorno, capirai cosa significa essere uomo!”, e strillava, strillava, s’arrabbiava. Ma quella notte Narses uscì di casa, e raggiunse i bagni.

ho bisogno di te”, aveva detto, senza badare a chi fosse nella vasca, “ho bisogno di te, adesso”.

“prego?”, l’affascinante Didone si voltò inarcando le sopracciglia, tenendo il calice di vino rosso in mano.

oh, mi scusi”, si ritirò, ma ella gli fece cenno d’avvicinarsi. Lui obbedì, e s’avvicinò timido all’affascinante signora col corpo scoperto.

giovane Narses”, aveva sussurrato lei tra il vapore, “te ne stai sempre qui a corte. Sei molto legato alla tua madre, vero?”

“molto”, rispose d’istinto lui.

“sono felice”, ella sorrise, e sorseggiò il nettare divino, “puoi restare qui quanto vuoi”

“grazie”, Narses sorrise, e fece per scappare via. 

“Enea..” apostrofò poi, “..è l’uomo più importante della mia vita”

Narses si bloccò ed accennò un gemito d’approvazione.

“quando mi tocca dentro il letto, quando mi sfiora il seno, sono la donna più felice del mondo”, continuava a spiegare, col calice nell’aria, “solo con lui divento incantevole”

Narses si sentiva il cuore lacerargli dentro. Fece un scatto, ed uscì di corsa dalla stanza, prima che ringhiasse di rabbia davanti alla meravigliosa donna, che colpe non ne aveva.

Corse tra le strade bagnate di Cartagine, la cittadina della donna stessa. Pioveva a dirotto, e lui s’inginocchiò sotto l’acqua, protagonista del suo amore proibito. Guardò per terra, e s’accucciò nelle tenebre della notte, nascondendo le lacrime con la pioggia.

 

 

Erano immersi nelle acque, in giorno dopo. Di nuovo, come sempre.

Enea restava ammollo per un po’ di tempo, mentre Narses lo contemplava, con le lacrime pronte ad esplodere. L’altro teneva gli occhi chiusi, poi li aprì all’improvviso.

Narses”, sussurrò, “Narses, tu mi ami?”, chiedeva con gli occhi fissi nel vuoto.

“io ti amo più di qualsiasi altra cosa nel mondo”, rispose Narses, che manteneva lo sguardo su di lui. 

“certo che mi ami”, rise poi, schizzandolo con l’acqua. L’altro fece lo stesso, sino a che non s’alzarono schizzi e vampate d’acqua bollente ovunque. L’aria si soffocò di risate e di parole.

“e tu?”, gli chiese poi, ancora con gli occhi ridenti.

Enea esitò, poi, entrò Didone nella sala.

“cos’è questo rumore?”, chiese all’aria ricca di vapore, cercando il volto di qualcuno nella sala. Enea tappò la bocca di Narses, e si strinse a lui. L’altro chiuse gli occhi, e respirò il suo essere.

“Enea?”, chiese Didone, “sei tu?”

Quei due rimasero appiccicati nella nebbia, nel bianco, sudore su sudore, in silenzio. L’ancella chiamò la regina, ed ella si ritirò.

Chiuse le grandi porte, i due si raccolsero in un sospiro collettivo. Si guardarono, e poggiarono le fronti l’una sull’altra.

 

 

Il tutto si prolungò per un tempo indefinito.

Avevano deciso di prendere precauzioni più sicure: invece di vedersi nei bagni, si vedevano nel bosco nella quale Narses si nascondeva tempo prima.

è pulita, la natura”, esclamava mentre saltellava sul sentiero, trascinando Enea con se, “è molto meglio della reggia”.

Si fermò davanti al lago. “lei respira con te”, concluse poi, tirandolo a sé, e baciandolo sulla guancia.

Poco dopo erano nudi, sulle foglie umidicce dell’acqua limpida del lago. Narses era poggiato sul suo petto, liscio e ristretto, ma comunque accogliente. Guardava il cielo, molto meglio del soffitto della sala bagno. Cosa più importante, riusciva a vedere Enea senza sforzare la vista. Voltava lo sguardo ed era fatta. L’uomo più bello del mondo, l’uomo più valoroso.

sicuro che qua non ci sia nessuno?”

“solo gli scoiattoli e le allodole”, scherzò Narses. Enea gli diede una gomitata, e risero entrambi. Gli accarezzava i capelli, e sorrideva, contemplando le nuvole. Poi entrambi si scostarono, si distesero sul fianco, l’uno di fronte all’altro.

“non dovevi lavorare con tuo padre, oggi?”

“non più”, Narses abbassò lo sguardo e mosse qualche ramicello, “non voglio più”

“scusa” sorrise Enea, e gli accarezzò la guancia. L’altro alzò lo sguardo, e sorrise dolcemente.

“non scappare dalla tua famiglia a causa mia”, lo avvertì il moro, “non fare come me”

Le loro parole le ascoltavano solo il vento, e gli alberi, e le foglie. Lì erano al sicuro, gli animali erano gli unici testimoni.

Fare l’amore sulle foglie era molto meglio che sul duro pavimento di mattonelle. Era più romantico.

“guarda”, Enea inarcò il dito e vi si poggiò sopra un’allodola.

Narses spalancò la bocca e sbarrò gli occhi.

“rimane sul tuo dito?”

“evidentemente gli piaccio”.

L’allodola cinguettava contro il viso d’Enea, e sbatteva le ali. I due sorridevano, ridevano, scalciavano, si guardavano. L’allodola rimase sulle foglie a guardarli, mentre quei due si riempivano di baci d’amore.

“ti amo”, gli sussurrò infine Enea nell’orecchio.

 

 

Didone s’accasciò sul pavimento della grande Sala, straziata dalle lacrime. I gioielli tintinnavano con le piastrelle lucidate, ed il suo urlo rimbombava per la grande e vuota sala. Le ancelle accorsero da lei, spaventate.

“che le succede, signora?”, la reggevano per i gomiti, ma lei continuava ad appiccicarsi al terreno. Piangeva, e piangeva, non smetteva, neanche per prender fiato.

Le ancelle, in gruppo, riuscirono ad alzarla e trasportarla della camera da letto, ma lei si rivoltò, con tutte le sue forze. Non voleva rientrare lì. Non dopo quello che aveva visto.

 

L’inganno dell’allodola. La sua dea protettrice, vedendola triste e dubbiosa, decise di farle vedere con i suoi stessi occhi la relazione amorosa che vi era tra il figlio dell’ancella ed il suo amante.

Guardò Iris con occhi pieni d’odio.

“tienilo lontano”, biascicò tra le labbra, e poi si ritirò nei grandi bagni, ignara di tutto l’amore che vi era stato in quel posto tra i due amanti. 

  
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