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Autore: Rosebud_secret    05/05/2012    8 recensioni
“John!”
“Sherlock devi andare via! Vai via da lì! Immediatamente!”
“Esci dal perimetro!” gli rispose Sherlock, la voce sofferente, affaticata.
“Perimetro, quale perimetro?! Di cosa stai parlando?!”
“Esci dal perimetro perché...”
«CRASH»
“Sherlock! SHERLOCK!?”

«Le linee sono temporaneamente sovraccariche, la invitiamo ad attendere qualche minuto e riprovare più tardi.»
N.d.A: Questa storia è in continuity con The Blog of dottor John H. Watson, ma non è continuativa, quindi può essere letta anche indipendentemente, perché tratta di un'altra avventura ambientata in un periodo successivo. Virtualmente dovrebbe essere l'ultima del ciclo che ho ideato, questo, tuttavia non significa che non scriverò altre storie ambientate prima di questa e dopo "The Blog".
Buona lettura!
Genere: Angst, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Jim Moriarty , John Watson , Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The blog of Dr. John H. Watson'
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Don't get out

 

 

John!”

 

Sherlock devi andare via! Vai via da lì! Immediatamente!”

 

Esci dal perimetro!” gli rispose Sherlock, la voce sofferente, affaticata.

 

Perimetro, quale perimetro?! Di cosa stai parlando?!”

 

Esci dal perimetro perché...”

 

«CRASH»

 

Sherlock! SHERLOCK!?”

 

 

«Le linee sono temporaneamente sovraccariche, la invitiamo ad attendere qualche minuto e riprovare più tardi.»

 

 

Due ore prima.

 

 

Erano a casa quella mattina, Sherlock stava sdraiato sul divano, intento a guardare il soffitto.

Non parlava da almeno due ore, ma a John non pesava, finalmente poteva leggere il giornale e sorseggiare un caffè senza corrergli dietro.

Decisamente un giorno libero come Dio comandava!

La tv era accesa, ma nessuno dei due la stava considerando.

Trasmetteva una qualche trasmissione di cucina, ma fu la sigla dell'edizione straordinaria del telegiornale che attirò l'attenzione del dottore, distogliendolo dalla lettura.

Sherlock non si spostò nemmeno.

 

Mi passi il telecomando? Voglio alzare il volume.”

 

Peggio che andar di notte.

John sbuffò contrariato e, lanciato il giornale sul tavolino, si protese per afferrare l'oggetto.

 

...fonti governative hanno smentito la possibilità di attentati nella città di Londra durante la giornata del 29 Febbraio. I gestori del sito thetruevision.tel sono già stati arrestati per procurato allarme.”

 

Dopo queste criptiche parole ci fu la sigla di chiusura.

John si grattò la nuca, confuso.

Che razza di notizia era?

 

Hai sentito?” domandò all'altro.

 

Uhm, che cosa?” chiese Sherlock con fare scocciato, come distolto da chissà quale importantissimo ragionamento.

 

Attentati a Londra, il 29. Oggi.”

 

Quello si voltò su un fianco, sbuffando. “Che ci pensi Mycroft, è il suo lavoro e, comunque, le hanno smentite. Io mi annoio e non ho alcuna intenzione di uscire di casa.”

 

Quindi aveva ascoltato e, conseguentemente, giudicato la cosa di poca importanza.

Accidenti a lui.

 

Tu no, ma magari io sì.” gli fece notare John. “Non c'è più nulla in casa, volevo andare a fare la spesa. O forse vuoi mangiare un po' delle budella umane che tieni nel secondo cassetto del frigo?”

 

E allora esci. Se Mycroft non mi ha chiamato, vuol dire che la cosa non è importante.” lo liquidò con questa spiegazione che, alla luce dei fatti, poteva anche apparire razionale, ma John non era comunque tranquillo.

 

Era stato in Afghanistan, sapeva cosa voleva dire vivere nel costante terrore che qualche pazzo scriteriato si facesse saltare in aria, minasse delle strade, cominciasse a sparare all'impazzata...

Magari Sherlock aveva ragione e tutto si era risolto come un nulla di fatto.

Non aveva nemmeno letto la notizia di possibili attentati, ma non era sorpreso del fatto che l'MI5 avesse cercato di far passare la notizia in sordina.

O forse erano solo gli allarmismi di un gruppo di paranoici, dopotutto il sito thetruevision.tel era noto per uscite del genere.

 

Ma se così non fosse stato?

 

Dubbi.

Tanti dubbi.

 

Allora esco.” disse, sperando che Sherlock avesse una qualche reazione.

 

Non ne ebbe.

Era tranquillo.

John salì nella sua stanza e recuperò la pistola, controllò che fosse carica e che non si inceppasse.

Le perfette condizioni dell'equipaggiamento erano fondamentali, lo sapeva bene.

Indossò la fondina, sotto la giacca e poi coprì tutto con il giubbotto.

La prudenza non era mai troppa.

 

Fuori di casa salì su un taxi.

Anche il tassista sembrava piuttosto tranquillo, canticchiava le canzoni che passavano alla radio ed era di umore allegro.

 

Dove la porto?”

 

John sospirò e gli disse il nome del supermercato.

Durante il tragitto si soffermò ad osservare Londra.

Le strade erano piene.

Piene, maledizione, piene!

C'era un possibile allarme terroristico in corso e nessuno faceva una piega.

In Afghanistan le cose sarebbero state diverse, lì la gente sapeva davvero che cosa significasse aver paura della morte.

Di per sé, lui non aveva paura.

Ci era abituato.

Osservò annoiato il cartellone pubblicitario di una mostra di carte topografiche antiche al Frontline club e poi quelle di innumerevoli prodotti per la pelle, per la casa, profumi e ogni genere di cosa inutile.

Quando scese dal taxi ne fu quasi sollevato.

Entrò nel supermercato e, confondendosi dietro alle miriadi di prodotti sugli scaffali, riuscì un poco a distrarsi dalla brutta notizia del giorno.

In fin dei conti se tutti i londinesi avevano deciso di fregarsene, Sherlock compreso, forse potevano anche aver ragione loro.

Era solo un vecchio soldato paranoico, la cosa lo fece quasi ridere.

Finì di riempire il carrello ed eccola lì, la sua grande nemica, la sua acerrima nemica: la cassa automatica.

Si chiese per quale maledetto motivo non ci fossero più le persone a lavorare, con la crisi che c'era, e,invece, ci fossero sempre più macchine.

Collegò il palmare del supermercato alla macchinetta infernale e quella, dopo un rapidissimo calcolo, gli comunicò l'importo.

Armeggiò un po' con il portafogli e poi inserì la carta.

 

Prendila, dai...” quasi lo piagnucolò.

 

Carta non val...” ma l'odiosa voce registrata non ebbe il tempo di finire la frase che l'energia elettrica venne meno.

 

I neon si spensero all'improvviso e l'ombra del panico allungò nuovamente le dita sulla mente di John.

La giornata era uggiosa, il che rendeva l'illuminazione davvero poco nitida, dato che la luce a stento filtrava dai vetri satinati dell'uscita del Co-Operative Food, il supermercato.

Si fece indietro, ponendosi in una posizione favorevole, mentre gli altri clienti si guardavano intorno e chiedevano spiegazioni ai poveri commessi che ne sapevano meno di loro.

 

Poi il fragore, i vetri esplosero, la roba dagli scaffali rovinò per terra e John dovette sforzarsi per rimanere in piedi.

Corse in strada e inorridì.

Gli allarmi dei negozi, delle macchine sostituivano il normale rumore del respiro di Londra.

Altri, come lui, osservavano il fumo nero innalzarsi dalla zona di Kensington.

Attoniti.

Dopo una prima esplosione ce ne furono ancora, una dopo l'altra.

Talmente potenti che la terrà tremò come se ci fosse un terremoto.

John sgranò gli occhi, vedendo le colonne di fumo innalzarsi rapidamente da due direzioni.

Una di fonte a lui, lungo Westbourne Grove, correva verso dove si trovava, l'altra da destra si allontanava verso casa sua, verso Baker Street.

Scattò a correre, rischiando di venir travolto da un automobilista che, in preda al panico, guidava contromano.

Recuperò il cellulare e, senza nemmeno considerare l'idea di fermarsi, compose il numero di Sherlock.

Pregò.

Pregò che le linee telefoniche non fossero già intasate, pregò di riuscire ad avvertirlo, perché sapeva benissimo di non poter correre tanto veloce da superare in un lampo i chilometri che li separavano.

 

 

Poco prima.

 

 

Sherlock ancora vegetava sul divano, completamente dimentico di ogni avvertimento e persino del fatto che John fosse uscito.

Gli aveva chiesto una tazza di tea, perché non gliel'aveva ancora portata?

Sentì la porta al piano di sotto spalancarsi di botto e dei passi rimbombare su per le scale.

Troppi passi perché fossero solo quelli di John e sapeva bene che la signora Hudson non poteva essere, visto che era andata in visita da una cugina, nelle campagne fuori Londra.

Sollevò appena la testa, lanciando lo sguardo al di là del bracciolo.

Cinque.

Erano in cinque, aveva contato bene e non aveva sentito solo i passi, ma anche dei fruscii “plasticosi”. Non si stupì affatto di vederli indossare delle tute anti-contaminazione.

Certo, ignorava il motivo per cui le indossassero, ma questo lo avrebbe capito presto.

 

Deve venire con noi, signore, immediatamente.” il tono del primo di loro era nervoso.

 

Sherlock si alzò in piedi e si stiracchiò, raccattando il proprio cellulare e infilandolo in una delle tasche della vestaglia.

Quella situazione non gli piaceva, ma non voleva darlo a vedere.

I volti pallidi, dietro ai caschi ermetici, gli avevano già fatto capire che la situazione era grave.

Gravissima, con tutta probabilità.

 

Quindi quelle notizie erano tutt'altro che false. Minaccia batteriologica, suppongo. In atto.”

 

Non abbiamo tempo, per questo. Le forniremo le dovute spiegazioni durante il viaggio.” due agenti lo afferrarono, spintonandolo con malagrazia verso le scale.

 

Il giovane non protestò e li seguì, senza nemmeno infilarsi un paio di pantofole. Percorsero una decina di metri quasi correndo.

Perché tutta quella fretta, cosa stava succedendo?

 

Abbiamo due minuti per uscire dal perimetro di contenimento, Thomas.” disse uno degli agenti, aprendo il portello del furgone, poi ci fu un fragore e un violento spostamento d'aria.

 

Sherlock si voltò e fece appena in tempo a vedere una colonna di fumo innalzarsi dal lato di Kensington, prima di finir chiuso dentro il retro del furgone.

 

Perimetro di contenimento? Avete intenzione di mettere questa parte di Londra in quarantena?!” domandò all'uomo che gli stava di fronte.

 

Quello lo ignorò, armeggiando per aprire la custodia di un'altra tuta.

Sherlock scattò in piedi.

 

E le persone che rimarranno all'interno?!” la sua voce uscì un po' stridula.

 

John! John era NEL PERIMETRO!

Si slanciò verso il portello, voleva scendere. Doveva scendere!

Un colpo alle costole lo fece stramazzare al suolo, sbatté con la testa contro il metallo e rimase frastornato per qualche secondo.

Avrebbe reagito, si sarebbe ribellato se il suo cellulare non avesse preso a squillare.

Lo afferrò, scostandosi di dosso l'agente con un calcio non proprio ben mirato.

 

John!” gridò.

 

Sherlock devi andare via! Vai via da lì! Immediatamente!”

 

Esci dal perimetro!” gli rispose con un lamento, cercando di tener lontane le mani degli agenti dal cellulare.

 

Perimetro, quale perimetro?! Di cosa stai parlando?!”

 

Esci dal perimetro perché...”

 

L'oggetto gli venne strappato via, lo vide finir fracassato contro la parete del furgone, poi un colpo violento lo raggiunse alla nuca, stramazzò con la schiena contro il metallo, tramortito.

 

Mettigli la tuta, non possiamo farlo uscire dal perimetro così, potrebbe essere già infetto.” furono le ultime parole che sentì, prima di perdere i sensi.

 

 

Ora.

 

 

Sherlock?! SHERLOCK?!”

 

Null'altro, solo silenzio.

John provò a richiamare, ma senza successo. Avevano tagliato anche le linee telefoniche, quindi proseguì la sua corsa, mentre le esplosioni continuavano a susseguirsi.

Sentiva rumori terribili, come se l'intera Londra si stesse prima spaccando per poi sprofondare nel terreno.

Guardò in cielo, non c'erano aerei.

Quelle erano esplosioni sotterranee, centinaia di esplosioni, forse migliaia.

I polmoni gli scoppiavano, ma non voleva fermarsi.

Doveva raggiungere Baker Street e Sherlock.

Finì con il restare travolto da un gruppo di persone che correva nella direzione opposta.

Cadde e venne calpestato.

Nessuno si curava del prossimo in una situazione del genere.

Era scoppiato il panico, ma le esplosioni erano cessate.

Si mise seduto e osò guardarsi intorno.

Colonne di fumo creavano un perimetro preciso, si estendeva per chilometri, alla sua destra, alla sua sinistra, di fronte e dietro di lui.

Agghiacciante.

Sentì una macchina inchiodare bruscamente e, subito dopo, una voce apostrofarlo.

 

Vuoi restare seduto per terra tutto il giorno o conti, magari, di fare qualcosa, Johnny-boy?”

 

Quella voce! Quella maledetta voce!

Non la sentiva da mesi e aveva sperato di non sentirla proprio più.

In fin dei conti uno non poteva aver una buona impressione di uno psicopatico assassino che ti ha riempito di tritolo, più che pronto a farti saltare in aria e tanti saluti, che ha infettato il tuo migliore amico con una neurotossina sconosciuta e molte altre cose che non voleva perder tempo a riepilogare.

Tirò fuori la pistola dalla fondina e la puntò, pronto a far fuoco.

La sua mano non tremava e la sua visuale era nitida.

Jim Moriarty roteò gli occhi e si appoggiò con un braccio al bordo del finestrino.

 

Non credi che, considerata la situazione, potremmo, che so? Appianare temporaneamente le divergenze?” domandò, togliendosi gli occhiali da sole e lanciandoli sul sedile di dietro.

 

John non rispose nulla, ma si alzò in piedi, continuando a tenerlo sotto tiro.

 

Sali, ti do uno stappo a Baker Street.”

 

Il dottore sembrò soppesare le parole dell'altro, guardò in direzione di casa.

Il fumo non accennava a diradarsi.

Deglutì, nervoso, poi fece il giro dell'auto e salì sul sedile del passeggero.

 

Spero non ti spiaccia se ti tengo la pistola puntata addosso.” sibilò, chiudendo la portiera con uno schianto violento.

 

Jim scrollò le spalle, premendo il piede sull'acceleratore. “Oh, fa' pure.” rispose con noncuranza.

 

 

 

N.d.A: Eccomi qui con un'altra storia, diversa dalle altre che sto scrivendo. L'avevo cominciata per un contest, ma non sono riuscita a terminarla per tempo, mannaggia a me, ma siccome non volevo finisse nel dimenticatoio delle mie storie mai finite, ho deciso di cominciare a pubblicarla.

Spero possa interessarvi.

Un bacione,

Ros.

   
 
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