E  così sei morto.
Dopo ventisette anni di vita, hai abbandonato il mondo.
La tua voce è rimasta impressa nei cuoi, come quando un amico parte e tu lo sogni di notte, ricordando i momenti passati insieme.
Il tuo corpo martoriato è rimasto in terra, il tuo spirito chissà, da qualche parte si dovrà pur essere nascosto, no?
Come ultimo regalo al mondo, una lettera.
Profonda, semplice, che rifletteva il tuo spirito.
Parole uscite dalle tue mani, come ora sto scrivendo io su questo foglio.
Hai preso un fucile e non ha più guardato indietro.
Quale fu il tuo ultimo pensiero? Forse tua figlia, Frances. O magari Courtney, donna accusata di aver aggravato il precario equilibrio mentale in cui ti trovavi.
Dave, Kris, abbandonati in un angolo della tua mente.
“I think I’m dumb, maybe just happy.”
Davvero eri così felice?
Felice di salire su quel palco, sorridere alla folla ignara del tumulto nella tua testa, sorridere e cantare, quella voce che ti usciva dall’anima.
Nirvana.
Alla fine, l’hai raggiunto questo fantomatico Nirvana?
Quella condizione di benessere assoluto, di pace interiore ed esteriore, che tanto agognavi?
Leggere le tue ultime frasi mette i brividi ed una forte agitazione dentro.
Tu stavi così.
Tu stavi realmente così.
Sfogliavo le pagine del mio libro sul Rock, quando una data mi ha bloccata.
1994 – muore Kurt Cobain.
Sotto, la tua lettera d’addio al mondo.
Non l’avevo mai letta.
Ed ora… quante frasi sono state lasciate dette sul tuo ultimo, stupendo gesto?
Troppe.
“Vi amo. Vi amo!”
Sei morto perché il mondo fa schifo.
Eri riconosciuto come un mito, come si guarda a Che Guevara, ai Ramones o a Sid Vicious.
Ma era un ruolo troppo grande per te.
“Perché non ti diverti e basta? Non lo so!”
Forse perché divertirsi era impossibile, tutto il peso della responsabilità verso quel mondo che aspettava solo un tuo ordine per muoversi e ribellarsi di nuovo.
Sei morto, il 5 aprile 1994.
Sei morto, lasciando la tua ombra sul cuore di ognuno di noi.