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Autore: Vortex    06/05/2012    1 recensioni
Un rifugio però ce l’aveva anche lui, nessuno potrebbe sopravvivere senza. Yasu l’aveva trovato nella musica, un mondo dentro cui aveva immerso un solo piede, mentre l’altro se ne stava ben saldo a terra, in modo da mantenersi sospeso tra quelle due realtà in cui viveva senza esserne ferito. Yasu non voleva precipitare.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ren Honjo, Yasushi Takagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In un nevoso giorno d'inverno




Disclaimer: I personaggi trattati in questo scritto non mi appartengono, d'altra parte le vicende narrate non sono state scritte a scopo di lucro ma per puro diletto personale.




Yasu era quel tipo di uomo in grado di concedersi di amare davvero esclusivamente poche persone per volta. Provare affetto per qualcuno implica una lenta ma dolce autodistruzione, il fatto che la gente voglia vedersi logorare è dovuto a quel bisogno di calore –in grado di offuscare tutto il resto- generato da un sentimento tanto intenso. Yasu, poi, viveva in paesino di campagna dove nevicava sempre ed il gelo gli penetrava nelle ossa. Il perenne inverno non gli piaceva, ad ogni modo non si poteva dire che se ne facesse un cruccio: andare avanti, sempre e comunque; su questo si basavano le sue convinzioni. Se non fosse stato per il suo sguardo vigile che analizzava gli eventi con il distacco necessario per sapere come rapportarcisi, probabilmente i suoi amici non avrebbero saputo a chi appoggiarsi, a chi chiedere consiglio quando sembrava non ci fossero più strade da poter intraprendere. E sarebbe stato un male, perché lui non voleva certo che suoi piani escogitanti meticolosamente si distruggessero.

Ma Yasu non era un uomo con il cuore di pietra che si nascondeva dietro ad una maschera di buonismo perché gli piaceva interpretare il ruolo di fratello maggiore a cui tutti, prima o poi, si sarebbero rivolti; a dire il vero era una persona troppo autosufficiente per necessitare che gli altri avessero bisogno di lui –cosa che non aveva assolutamente in comune con Nana. Fondamentalmente a caratterizzarlo erano due aspetti: un senso di bontà in grado di nascere spontaneo e puro, contrapposto all’articolata capacità di progettare, dovuta ad un’intelligenza fuori dal comune.

Era convinto che ci fosse troppo dolore a questo mondo, nonostante sapesse che si nasce mediante la sofferenza; a vent’anni suonati ancora non era riuscito ad accettarlo, perciò tentava perennemente di fare del bene ai propri amici, credeva che se tutti avessero fatto come lui, la vita sarebbe stata più accettabile di quanto non fosse.

Ma l’infanzia solitamente dovrebbe essere una campana di vetro, dentro la quale giocare spensierati, in attesa del momento in cui qualcuno o qualcosa verrà a spaccartela in faccia, rendendoti improvvisamente consapevole di quanto malato e crudele sia il modo là fuori; Yasu questo riparo non ce l’aveva mai avuto, probabilmente i suoi genitori erano troppo stanchi per donagliene uno dopo averlo messo al mondo. L’avevano abbandonato ancor prima di finire di fissare le fondamenta. Dentro l’orfanatrofio Yasu non aveva trovato alcun tipo di calore che potesse anche vagamente somigliare a quello materno che aveva perduto, così si era visto costretto a dover rinforzare le ossa prima ancora di averle sviluppate interamente. Per lo meno, in seguito a questa esperienza, si riteneva un uomo forte, dai principi saldi, di quelli che ammirava da bambino alla tv.
Un rifugio però ce l’aveva anche lui, nessuno potrebbe sopravvivere senza. Yasu l’aveva trovato nella musica, un mondo dentro cui aveva immerso un solo piede, mentre l’altro se ne stava ben saldo a terra, in modo da mantenersi sospeso tra quelle due realtà in cui viveva senza esserne ferito. Yasu non voleva precipitare. Ren, invece, non aveva mai avuto alcuna paura di gettarsi a capofitto, questo era un motivo in più a spingere Yasu a cercare di rimanere sempre stabile, al di sopra di tutti, così da essere pronto ad afferrare Ren –sia anche all’ultimo momento- prima di schiantarsi al suolo.

L’affetto che provava nei confronti di Ren era tale da fargli addirittura pensare in funzione sua. Averlo avuto accanto durante gli anni passati in orfanatrofio era stato un po’ il suo modo di costringersi a continuare; la sua presenza gli faceva percepire un tepore all’anima in grado di curarlo da ogni male esterno, non poteva saperlo con certezza, ma gli piaceva pensare che quel calore somigliasse a quello emanato dalla famiglia che non aveva mai avuto.
Si erano incontrati per la prima volta dentro l’orfanatrofio, Yasu aveva incrociato la strada con la sua a soli cinque anni –uno dopo essere giunto lì-, a quella cerchia di bambini abbandonati di cui faceva tristemente parte, se n’era aggiunto uno dallo sguardo di chi è cresciuto troppo in fretta ed un alone misterioso che stonava con quella piccola manciata di anni che si portava dietro. Yasu avvertiva una voragine al petto che non avrebbe potuto colmare con alcun tipo di ricordo, ma quando si crea un vuoto, deve venire qualcosa a riempirlo, è ciò che facciamo tutti, perciò Ren era diventato il suo migliore amico da subito, a volte Yasu si chiedeva se non fossero destinati a incontrarsi o idiozie simili.

Dopo un periodo più o meno lungo di riflessione, arrivò infine il momento in cui Ren decise di partire per Tokyo, così da inseguire quello che più o meno si poteva definire il suo sogno, lasciare la band per la quale si erano più o meno impegnati fino ad allora e tagliare più o meno tutti i ponti con quella cittadina dimenticata da Dio in mezzo al nulla nella quale era cresciuto. Yasu, che non faceva che appoggiarlo sempre in ogni decisione, aveva accompagnato Nana e Nobu alla stazione per salutare l’ultima volta il bassista del gruppo che si stava sfasciando sotto i loro occhi ancora increduli. Voleva evitare di provocare più dolore di quanto non fosse necessario ai propri amici, perciò rimase immobile, algido, mentre Nana diceva addio al proprio fidanzato, trascinandosi fuori dalle porte del treno all’ultimo momento con un balzo, per poi inginocchiarsi in lacrime sul ciglio della banchina. Yasu osservò il treno allontanarsi sempre più rapido, fino a scomparire. Nobu gli corse accanto a perdifiato per rubare un’ultima immagine di Ren singhiozzante, rattrappito, con le mani che affondavano nei capelli corvini per cercare di arrestare il pianto a cui si era abbandonato, tutto questo prima di vederlo scivolare via.

In un nevoso giorno d’inverno Yasu si era separato -raccogliendo  tacitamente i cocci del proprio cuore- dall’unica persona la quale si era mai concesso di amare.


Aspettando che il freddo tornasse a tormentarlo.





Note di Vortex: Salve!
Innanzi tutto grazie per essere giunti fin qui. Con questa fic approdo ufficialmente nel fandom, ok, la cosa mi emoziona un po' XD
Allora, in questa shot ho voluto rappresentare l'amicizia -perchè io la vedo unicamente come amicizia, perciò non ho messo alcun avvertimento riguardo lo yaoi- che c'è tra Ren e Yasu, dal punto di vista di quest'ultimo. Non mi andava di deprimermi parlando della morte di una certa persona perciò ho preferito optare per le riflessioni del nostro caro pelato quando il suo migliore amico sta per partire per Tokyo, perccato che poi sia caduta lo stesso nella drammaticità ç_ç
Sono un caso perso...
Anyway -sì perchè in inglese fa più figo- ho pensato che magari la mia personalissima visione di Yasu potrebbe risultare distorta ad uno sguardo esterno, per me è difficile muovere un personaggio come lui. Io la interpreto così, con uno Yasu umano e non il santone che magari tutti potrebbero vedere in lui, ad ogni modo sono disponibile a parlarne, sono qui per ogni commento, casomai posso aggiungere l'avvertimento "OOC" se ce ne dovesse essere bisogno.

  
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