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Autore: Tayr Seirei    07/05/2012    5 recensioni
In realtà il titolo non c'entrava così tanto con la fanfic, ma fa figo quindi lo tengo.
Mia prima fanfiction sui Vocaloid, nonché prima LenxRin (FUCK. YEAH.). Una storia ispirata alla canzone Yumekui Shirokuro Baku!
Ed ecco cosa accadde quando un certo biondissimo baku di nostra conoscenza, in cerca di sogni da divorare, si imbatté in un'altra fanciulla di nostra conoscenza che riuscì ad insegnargli il vero valore dei sogni... e pure a ricordargli che anche i baku hanno un cuore.
Asobi wo hajime yo!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Len Kagamine, Rin Kagamine | Coppie: Len/Rin
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Secondo - Noir e Leo



- Hai paura del mare?
Neanche il baku avrebbe saputo dire perché gliel'avesse chiesto. Così, senza preavviso, la notte successiva si era ripresentato alla finestra della bambina curiosa - in tutti i sensi - con quella domanda sulle labbra. E ora la fissava, con vago interesse.
Corinne sulle prime aveva avuto un moto di spavento (d'altro canto, era apparso di punto in bianco, dal nulla, proprio come la sera prima), ma si era subito ripresa. - Oh, sei tu, Blanc. - Sorrise e balzò fuori dalle coperte, posando però i piedi scalzi sul parquet con delicatezza, come se stesse cercando di non farlo cigolare. - Ti aspettavo.
In molti mi aspettano, ma nessuno è mai stato tanto contento di vedermi.
Pensò lui, suo malgrado. Visto che stavolta la preda sembrava una degna avversaria, decise di giocarci un po'.
- Blanc? - Sbatté le palpebre, fingendosi innocentemente perplesso. - Mi chiamo Noir. Non ricordi, signorina?
La ragazza lo guardò male. - No, ieri hai detto di chiamarti Blanc. - Ribatté, decisa.
Ah, quella ragazzina era davvero uno spasso. Poi il suo personalissimo "spasso" rivoltò le carte in tavola, cogliendolo di sorpresa: - Non mi vuoi dire il tuo vero nome, giusto? Non ti fidi. D'accordo, allora ti darò io un nome. Che ne dici di Leonard?
- Ma, veramente... - Per una volta, il baku rimase senza parole. Cosa voleva quella ragazzina? Anzi... chi era?
- Leonard. Leo, per fare prima. - Corinne annuì, pienamente soddisfatta. - Siamo d'accordo?
E il baku finì per annuire piano, di rimando. Più che altro, perché quella ragazzina riusciva a coglierlo di sorpresa, come mai altri esseri umani avevano fatto. Era curiosa, e... era interessata a lui. Gli altri lo temevano e ricercavano solo per bisogno; di giorno chiunque, perfino i suoi clienti di fiducia (perché non erano tanti quelli che "serviva" anche da svegli, o meglio, quelli che sapevano delle sue incursioni notturne. Li preferiva addormentati e docili), avrebbero giurato sulla propria testa che i baku fossero solo favolette per spaventare i bambini. Si servivano di lui, ma lo rinnegavano. Non gli era mai importato granché perché anche lui si serviva di loro. Anzi, era quello che reggeva il gioco. Invece, ora...
Pensieri nuovi si rincorrevano per il suo capo, pensieri a cui non aveva mai prestato eccessiva attenzione. Pensieri che lo stavano distraendo dal suo mestiere e, soprattutto, dalla sua cena. Doveva dunque provvedere.
- Vada per Leo.
Poteva chiamarlo in qualunque modo desiderasse, purché gli fornisse sogni a volontà.
Dopodiché, dalla sua bocca uscì in maniera quasi automatica, senza che se ne rendesse conto: - Ma non hai risposto alla domanda, signorina. Hai paura del mare?
... Certo, decideva di dedicarsi solo al lavoro e poi continuava a dialogare amabilmente con la sua preda. Geniale, davvero.
E' solo che... questa ragazzina... mi diverte.

Gli occhi di Corinne si rabbuiarono - cosa che a Leo stranamente dispiacque - e, dopo averlo preso per la mano guantata, lo guidò fino al suo letto, dove si accomodarono per poter parlare faccia a faccia.
Ma neanche dopo che si furono seduti lasciò andare la sua mano.
- Il mare mi terrorizza. - Ammise la ragazza, con lo sguardo piantato nei suoi occhi di un celeste glaciale - E questo esattamente dall'anno scorso. Prima mi piaceva. Poi, un giorno... mio padre, per un viaggio di lavoro, salì su una nave, una nave grandissima, una nave così bella e piena di luci che ci sarei voluta salire anche io... Dicevano tutti che quella nave fosse la migliore mai costruita. E che non potesse affondare. Anche la mamma lo diceva. Eppure, la nave è affondata lo stesso. Si è scontrata con un iceberg. E il mare si è mangiato mio padre.
Era così triste, quella ragazzina. Prima che potesse controllare i suoi impulsi, le strinse dolcemente la mano fra le sue. Corinne gli sorrise con gratitudine. - Da allora, il mare mi fa una paura tremenda. Però, sai... - e qui lo fissò con un qualche sentimento negli occhi che il baku non riuscì bene ad identificare (Forse... affetto?) - ... da quando ieri ti sei preso il mio incubo, non mi sento più tanto spaventata. E' come se ti fossi portato via anche la mia paura!
Leo inarcò appena un sopracciglio. Era così felice... così felice che si fosse mangiata il suo sogno! Non aveva mai pensato che le sue azioni potessero giovare o fare del male a qualcuno. Non si era mai posto il problema. Lui i sogni li mangiava perché altrimenti sarebbe morto di fame; non c'era scampo, era una cosa da fare. Non esisteva il "E' bene"/"E' male". Era così e basta. Solo che, a giudicare dallo spavento delle persone che lo scorgevano per sbaglio vicino al letto, o dalle facce che facevano quando rubava loro i sogni, aveva sempre dato per scontato che quello che faceva fosse tendenzialmente negativo. Non che gli interessasse molto, a dir la verità. Ma il sorriso sul volto della ragazza era così bello, così splendente... che si sentì orgoglioso di esserne la causa.
- Sono contento di esserti stato utile. - E, quella volta, erano parole dette con gran sincerità, non solo modi educati atti a mascherare le sue vere intenzioni. - E dimmi, signorina. Hai altri incubi di cui ti vuoi liberare?
La ragazza sospirò. - Sì, parecchi. Puoi pensarci tu?
Non senza un certo sforzo, il baku si impedì di leccarsi le labbra. Sarebbe stato piuttosto inquietante. - Oh, sì. Posso pensarci io. Non c'è nessun problema, signorina. Ma, se vuoi diventare mia cliente, dobbiamo fare una promessa.
D'un tratto sospettosa, la ragazzina si tirò appena indietro. - Che genere di promessa?
L'altro rispose con un sorriso amabile. - Una promessa con un bacio. Ti va, signorina? E io porterò via tutti i tuoi brutti sogni...
Nella penombra della stanza - stavolta Corinne non aveva sentito il bisogno di accendere la lampada - il viso della fanciulla avvampò di botto. - Con un bacio? Non ho mai baciato nessuno, non so se ne sono capace...
Anche se ci avesse provato, Leo avrebbe avuto serie difficoltà a descrivere l'intenerimento che quella ragazzina gli causava. Era divertente, sveglia, e a suo modo incredibilmente ingenua.
Ecco perché bramava tanto i suoi sogni. L'incubo del giorno prima era stato uno dei migliori pasti che faceva da giorni.
- Non ti preoccupare - sussurrò Leo, chinandosi piano verso di lei e portando una mano guantata sotto il suo mento - Penserò a tutto io. Tu chiudi gli occhi...
... e firmarono quella promessa con un bacio.

E così il baku cominciò a fare visita a quella ragazzina tutte le notti.
No.
E così Leo cominciò a fare visita a Corinne tutte le notti.
Incontro dopo incontro, portò via tutti gli incubi dell'altra. Mangiò la sua paura di attraversare la strada da sola, in quella città ultratrafficata; fece scempio delle sue paure più infantili, come quella del mostro sotto il letto; divorò con gusto una delle preoccupazioni più grandi della bambina, ovvero che sua madre non le volesse più bene (perché, ormai, passava tutto il tempo a piangere il marito perduto e non badava più alla figlia). Quindi Corinne aveva scoperto che il mare sa essere crudele, ma anche buono e prospero; che le strade non erano campi minati, ma bastava prestare molta attenzione prima di attraversare (e anche usare le scorciatoie, quando possibile); che il mostro sotto il letto era solo un grumo di polvere (e, perdiana, passava tutta la notte a chiacchierare con una creatura sovrannaturale!); che la mamma le voleva bene, ma aveva solo bisogno di tempo e tanto conforto per la tristezza - perché, come aveva sofferto lei per la perdita, doveva esserci rimasta male anche la donna -. Leo l'aveva aiutata a comprendere tutte queste cose. E lei, in cambio, lo aiutava a comprendere meglio gli esseri umani. Passavano tutte le nottate, prima che arrivasse il momento di dormire, a chiacchierare, giocare, raccontarsi storie assurde. Lui le raccontava le cose straordinarie che poteva vedere grazie ai sogni di cui si nutriva; lei gli raccontava dei sogni grandiosi che si costruiva da sola. La ragazzina si era palesemente presa una grande cotta per lui, ma... non poteva di certo dire che non la ricambiasse. Sì, Corinne gli piaceva. Era la persona - non "l'essere umano" - che gli aveva insegnato, alla fine, il vero valore dei sogni. E aveva finalmente capito la differenza fra "sogno" e "incubo". (Anche se a mangiarli per lui erano buoni tutti e due, nella sua mente si era delineata nettamente la differente essenza che i diversi sogni avevano...)
Un dialogo avuto con lei l'aveva colpito in particolar modo...
- Oh, Leo - l'aveva chiamato Corinne, mentre giacevano insieme, sdraiato l'uno accanto all'altra a guardare il cielo - Ma i baku possono sognare?
- No, certo che no. Sarebbe un suicidio, come un serpente che si mangia la coda.
- Capisco. - Aveva annuito allora lei, grave. - E' per questo che mangiate i sogni degli altri. Vivere senza sogni dev'essere davvero terribilmente triste.
E lui era rimasto a guardarla, con gli occhi sgranati, come tutte le altre volte che diceva cose così semplici ma, in fin dei conti, così vere.

Sì, aveva ormai riscoperto il suo cuore.
Ma questo lo intristiva profondamente. Un baku non poteva legarsi ad un essere umano. Semplicemente perché quelli della sua razza attiravano i sogni; se avesse passato troppo tempo con una persona, i suoi sogni avrebbero cominciato ad andare da lui spontaneamente, senza che li chiamasse, come attratti da una calamita invisibile. E aveva ormai divorato tutti gli incubi di Corinne.
Ora rimanevano solo i sogni belli, quelli che lei amava e che avrebbe voluto realizzare.
I sogni che non avrebbe mai potuto portarle via.
Quindi
si disse, quando quella sera come tutte le altre si posò leggero sul davanzale della ragazza Questa è l'ultima notte.

Lei lo aspettava seduta sul letto, facendo dondolare le gambe. - Leo! - Esclamò illuminandosi, appena lo intravide sulla finestra. - Sei arrivato!
L'altro abbracciò la stanza con un unico sguardo azzurrino. Era una cameretta semplice, con scaffali di libri alle pareti, una cesta di giocattoli ai piedi del letto, un soffice tappeto dove si erano seduti più di una volta. Si era abituato a quell'atmosfera pacifica, alle sottili ombre dei soprammobili sulle pareti.
Mi mancherà perfino la camera...

- Sì - rispose mentre, con calma e grazia, saltava dentro la stanza. - Hai dormito bene ieri notte, vero?
Una delle domande che le faceva ogni sera quando arrivava. Una domanda che aveva fatto ad un sacco di altre persone. La differenza era che con loro lo faceva per lavoro, a lei lo chiedeva per il sincero e puro desiderio di farla dormire bene.
- Naturalmente. Come sempre da quando ci sei tu - rispose lei, radiosa.
Al centro del suo petto, in un posticino non meglio localizzato, sentì qualcosa stringersi dolorosamente.
- Stasera vorrei parlarti proprio di questo.
La sua voce atona fece ammutolire la ragazza, che aspettò in silenzio di essere raggiunta sul letto dall'altro. - C'è qualcosa che non va, Leo? - trovò infine il coraggio di chiedergli.
L'altro sospirò amaro, fra sé e sé. Ma non voleva che l'altra si intristisse più del dovuto. - Questa è l'ultima notte che posso venire a trovarti. Non tornerò più.
Osservò bene il visetto della ragazza: prima, quell'attimo di shock che impedisce di spiccicar parola per qualche istante. Poi, la perplessità. Per concludere, la tristezza che le fece riempire gli occhi di lacrime, quando si rese conto di aver sentito benissimo. - Ma perché, Leo? A me piace stare con te! Anzi, vorrei... - le si incrinò la voce -... starci di più...
Leo la strinse a sé, mantenendo sul viso un'espressione gentile e malinconica, ma dentro di sé si sentiva malissimo. - Perché il mio lavoro si è concluso. Non hai più incubi, Corinne; sono rimasti solo i veri sogni.
La ragazza si scostò improvvisamente da lui, a bocca aperta. Era la prima volta che la chiamava per nome e non "signorina" anche ad alta voce. Leo si chinò, poggiando la sua fronte su quella della ragazza. I baku non sapevano sognare, forse, ma sapevano piangere. E stava per farlo. Sorrise mesto. - Non ti dimenticherai di me, vero?
- Certo che no! - Corinne si aggrappò con forza alla sua vita. - Ma perché non possiamo stare insieme...?
Leo depositò un dolce bacio sulla punta del naso di quella fanciullina che tanto gli piaceva. - Perché sono un baku, Corinne, e mi nutro di sogni. Anche senza volerlo, finirei per mangiarmi i tuoi. Tu sei un essere umano; la tua vita sarebbe troppo miserabile senza sogni in cui credere. Ma - e qui le scompigliò teneramente i capelli - D'ora in avanti, non farai mai più brutti sogni. Neanche uno. Te lo prometto!
La ragazza gli sorrise fra le lacrime. - Mi fido di te. Mi canti un'ultima volta la tua ninna nanna?
- Ma certo, signorina Corinne. - Accettò lui, vezzeggiandola con quel "signorina" che non avrebbe mai più potuto dirle. La cullò fra le sue braccia, cantando la ninna nanna del baku e facendola scivolare in un sonno assolutamente privo di incubi, sulle note del suo "Ru ri ra". - Buonanotte, Corinne.
Prima di andarsene, la sistemò per bene sotto le coperte, rimboccandogliele, e asciugò le lacrime che la ragazza aveva ancora negli occhi. E sfiorò appena le sue labbra con un ultimo bacio.
- La nostra promessa con un bacio. Gli manterrò fede, sempre...
Silenzioso come un'ombra, saltò di nuovo sul davanzale, e tornò a guardare la ragazza. Adesso, anche i suoi di occhi erano lucidi. Infilò una mano guantata nella tasca della sua giacca e ne estrasse una stellina. Questa, però, era sfumata di tanti colori, come se l'avesse prodotta con della polvere arcobaleno.
Era uno dei sogni più belli che avesse mai rubato; lo teneva da parte per mangiarlo nelle grandi occasioni.
Ma tanto mi sa che d'ora in poi mi metterò un po' a dieta...
scherzò, a metà fra le tristezza e l'ironia, mentre una singola lacrima gli rotolava giù per la guancia sinistra. Scagliò la stellina verso la ragazza: poco prima di colpirla in fronte, esplose in uno sbuffo di polvere viola, oro, verde, blu, e un sacco di altri colori. (Non le avrebbe comunque fatto niente: era un sogno, non un sasso.)
Ti auguro di fare i sogni più belli del mondo, Corinne.

Portò una mano in alto e si sciolse i capelli, lasciandoli ondeggiare al vento. La ragazza non aveva mai avuto modo di accorgersene pienamente, ma loro due si somigliavano pure. Stessa grandezza fisica, stessi capelli biondi, stessi occhi azzurri. Il baku, però, se n'era accorto eccome.
Fra tanto tempo potremo rivederci. Una promessa è una promessa...

E se ne andò via.
Il mattino dopo, Corinne trovò sul davanzale della finestra aperta un nastrino nero: era quello con cui Leo soleva farsi la coda. Da allora, non smise mai di mettersi un fiocco fra i capelli.

- Rin! Rin! Diamine, che sonno pesante! RIN!
Rin Kagamine si svegliò di botto, acciambellata sul divano del soggiorno, con l'infuocata luce del tramonto che filtrava dalle finestre. Len la stava scuotendo per le spalle.
- Pfui, che gemella dormigliona. Hai dormito tanto che ho fatto in tempo ad uscire, fare la spesa e rientrare!
Fissò il fratello ad occhi spalancati, quasi fosse sorpresa di vederlo lì.
In effetti, lo era: aveva ancora addosso la vivida realtà del sogno, la sensazione dell'abbandono del baku... che però, in realtà, non l'aveva mai abbandonata.
- Tutto bene, Rin? - domandò perplesso Len, senza capire il perché della sua aria tanto spaesata. - Oh, be'. Guarda che ti ho comprato! - Fece, tirando fuori da dietro la schiena un acchiappasogni indiano tutto piume e perline. - Questo ti difenderà dai brutti sogni: non ne farai più neanche uno!
La gemella rimase del tutto spiazzata, senza parole. O meglio, era stata completamente inibita dall'immenso attacco d'amore che le era venuto nei confronti del suo fratellino (nonché, cough cough, fidanzato). - Oh, LEN! - Gridò saltandogli addosso e intrappolandolo in un abbraccio tanto affettuoso quanto stritolatore: - GRAZIE! Ma non ho bisogno di un acchiappasogni. Mi basta dormire accanto a te per fare sogni bellissimi!
Il ragazzo la stritolò di rimando e rise. - Beh, sì, hai ragione. Dopotutto, con me accanto, è decisamente impossibile fare degli incubi! E adesso - le accarezzò i capelli - Andiamo a fare un giro col rodo-roda, signorina Rin...?
Signorina.
Rin sorrise, felicissima. - YEAH!

Fine!


Yoh!
Come già detto, stavolta le note in basso. XD
Dunque, con questo si conclude la mia prima fanfic sui Vocaloid.
... Considerando che sono una ritardataria cronica e che in linea generale ci metto secoli ad aggiornare, sono estremamente soddisfatta di me stessa.
Un paio di note finali sulla fanfic! ^^
- Sì, da un certo punto in poi potrebbe sembrare che gli eventi si siano leggermente affrettati. In realtà non è esattamente così, oltre ad essere un "effetto voluto", in un certo senso: mi sono limitata a seguire il "ritmo narrativo" della canzone, ma a differenza di quella qui le cose finiscono - in modo relativo - bene.
- Pare che Corinne e il baku abbiano un concetto molto semplicistico dell'amore. Beh, Corinne ha undici anni e Leo aveva appena cominciato a destreggiarsi con le emozioni umane. Mi pare plausibile. X°D (Oltre al fatto che, a mio parere, l'amore così "semplice" è anche il più sincero).
- I "due nomi" del baku derivano da un gioco di parole. Il titolo della canzone è Yumekui Shirokuro baku, che letteralmente sarebbe "Il baku monocromatico mangiatore di sogni" O "Shirokuro, il baku mangiatore di sogni". Perché tecnicamente "shirokuro" vuol dire "monocromatico", ma non ho mai capito se fosse intenso come aggettivo o come nome. XD A prescindere da questo, dato che è composto dalle parole "shiro" (bianco) e "kuro" (nero), ho pensato sarebbe stato un modo simpatico per sottolineare l'ambivalenza del baku, quindi i suoi nomi sono stati Blanc e Noir, cioè le traduzioni francesi. Quando poi diventa più umano, giustamente, assume un nome umano. XD
- Sì, lo so che "rodo-roda" si scrive "road-roller", o che potrei anche tradurlo con "schiacciasassi". ... Ma andiamo, potevo forse perdermi un'occasione per nominare il rodo-roda? *rotola*
Bene, ho detto tutto. Ah: come ha notato Sefiriel nella sua recensione, il "Ru ri ra" è un vaghissimo riferimento alla Saga del Male. Solo una parola (o due): Re-birthday. Non c'entrava granché, ma piace creare collegamenti fra le varie canzoni e le varie vite. <3
Io mi sono divertita molto a scrivere questa fanfiction. E ci sono pure affezionata. Credo sia stato un buon inizio. XD D'ora in poi, mi vedrete spesso in circolazione in questo fandom (... probabilmente.)! Ho in mente una shottina RinxLen (stavolta ambientata ai giorni nostri, e sono proprio "Rin" e "Len" XD), potrei scrivere una songfic a breve e, soprattutto, mi sto progettando una certa long (sempre Kagamine!cest, più della sana KaiMei e forse pure un po' di MikuxLuka).
E adesso il gran finale: i ringraziamenti. ^^
Per essere la mia prima fanfiction da queste parti, ha avuto un buon successo. Ringrazio quindi moltissimo Claud10107, hanahanachan, Sefiriel, diokoxkristof, Soe Mame e JennyMatt che hanno recensito e/o aggiunto a Preferiti/Seguite. Sono stata molto contenta! **
Adesso vi saluto, sperando di tornare dalle vostre parti MOLTO presto!
Bye!



  
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