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Autore: SoloDolo    08/05/2012    3 recensioni
La triste storia di un Forrest Gump dei tempi moderni.
Seconda classificata al contest "Storie per piangere"
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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12 settembre 2002
Caro diario,
Ti scrivo perché mamma dice che ho bisogno di scrivere.
Dice che scrivere mi tornerà tante volte utile, ma io so già fare e devo solo imparare meglio.
Ho dodici anni e vivo in un piccolo quartiere di Catania.
La mia scuola media si chiama Boccaccio, ci vado da due anni ormai.
Prima di tutto devi sapere che non sono come gli altri: mamma dice che è un problema di cromosomi. Se mi vedi, strascico e zoppico, e spesso gli altri si mettono a ridere a vedere le mie facce.
Mamma dice che non bisogna ridere di queste cose: allora anch'io sto spesso davanti allo specchio, non rido nè sorrido, e allora provo un po' di vergogna.
Domani è il mio primo giorno di scuola, vado in seconda!
La mia classe mi sta simpaticissima: a te lo posso dire, ci sono dei miei amici che mi chiamano Daun, che dev'essere il nome di un attore molto simpatico o di un comico, perché li fa ridere. Io con mia mamma sto zitto, poi un giorno andrò col suo computer a vedere la faccia di Daun.
Purtroppo non sto spesso in classe: la maggior parte del tempo lo passo in un'aula differente, con computer belli con i giochi, però il mio professore speciale non sta mai con me a giocarci, ma sta tutto il tempo sul balcone a fumare una sigaretta urlando al cellulare.
Ora vado, che ci sono le cotolette.
A domani, mio caro diario.

13 settembre 2002
Eccomi di nuovo qua.
L'inizio della scuola non è stato entusiasmante come mi aspettavo.
Fuori dalla scuola c'era tanta confusione, così mi sono messo in un angolino con un giornalino.
È passato un gruppo di ragazzi delle superiori, mi ha guardato a lungo.
Uno si è voltato per trattenersi dalle risate, e ho deciso di mettermi a ridere anch'io, così non era l'unico.
È finita che tutti ridevamo, forse conoscevano il giornalino.
Uno non ha riso per niente e passando mi ha chiamato Daun Di Merda.
Di Merda dev'essere il cognome.
Non mi piace molto, pure Daun non sarà felicissimo di avere una parolaccia nel cognome.
Poi io le parolacce ne conosco, eccome! Le dico quando sono da solo però, che così non le sente mamma, che poi si arrabbia tanto.
A parte quello, le lezioni sono andate bene. Il mio insegnante si comporta come l'anno scorso, e io sto a giocare, che quest'anno ci sono i giochi nuovi.

15 settembre 2002
Sono passati due giorni, diario, perché ho fatto una cosa stupidissima: ho chiesto a mia mamma di poter vedere chi era Daun Di Merda perché ero curioso.
La mamma mi ha chiesto chi me l'aveva detto: io le ho parlato di quello che era successo e lei mi ha portato dal preside della scuola, che dovevo parlargli dei ragazzi.
Il preside non rideva quando mi guardava.
Forse si vergognava anche lui?

16 settembre 2002
Da oggi mia mamma mi porta a scuola per mano. Mi ha detto che le cose come down (che poi ho scoperto che si scrive così) sono un'offesa, come le parolacce che dico quando sono da solo, e di merda pure.
Eppure le ho detto che si erano messi a ridere e che erano felici, quindi non poteva essere un'offesa, e le ho chiesto cosa significava.
Lei mi ha detto che i down sono quelli che hanno problemi a muoversi come me però anche problemi di testa, che io invece sono -lucidissimo di testa-, come dice mamma.
Ci ho pensato, che qualcuno può avere anche avere problemi di testa.
Che sfortunati, però, i down...

17 settembre 2002
Oggi è domenica, e sono stato a Messa. Mamma dice che la relazione con Dio è più importante degli amici, perché lui mi ama comunque sono, e quindi finisco in paradiso.
Ma io ho pensato ai musulmani, quelli dell'attentato dell'anno scorso, che aveva fatto tanta paura in America, e le ho chiesto se anche quelli finiscono in paradiso.
La mamma mi ha detto di no, perché credevano nel Dio sbagliato.
Poveri musulmani.
Poi ho pensato ai down: loro vanno in paradiso anche se non conoscono Dio?
E la mamma mi ha detto che per conoscere Dio devi avere un cuore fatto bene, non un cervello.
Poi le ho chiesto se nel suo cuore c'era Dio o il papà.
Lei ha detto che c'erano tutti e due, ma Dio lo pregava e papà lo baciava.
E qui dobbiamo parlare di mio papà, caro diario.
Mio papà è sposato con mia mamma, però una volta aveva baciato un'altra ragazza (lo so perché spio i messaggini), e ora litigavano spesso.
Parlo poco con mio babbo, lui cerca di evitarmi spesso.
Spero davvero che nel cuore anche lui abbia la mamma... o almeno Dio, così finirà in paradiso.

18 settembre 2002
Oggi, caro diario, ho fatto una cosa giusta per un mio amico musulmano in classe con me: sono andato da lui e gli ho detto che il mio dio era quello giusto, così ci poteva credere e avere il paradiso.
Lui mi ha risposto che secondo lui il suo è quello giusto e che io non andrò nel suo paradiso.
Perché il mio Dio è giusto e il suo no?
Ne hanno discusso anche i nostri genitori.
Il mio amico ha detto ciò che gli avevo consigliato al babbo, e questo ha chiamato mia mamma, e hanno urlato al telefono.
Quando aveva finito le ho detto di credere ad entrambi, così avrebbe avuto il paradiso sicuro.

19 settembre 2002
Oggi è stato un giorno triste.
Mio babbo ha urlato un sacco che se ne voleva andare, ha quasi distrutto un mobile di legno colpendolo forte; io avevo paura e ho pianto tantissimo, perché stavo davvero male e mi veniva da vomitare.
A metà giornata babbo è uscito di casa, e la mamma, che aveva urlato fino a poco prima, si è messa a piangere.
Io sono andato vicino a lei per abbracciarla, e dirle che era meglio se si cucinava i biscotti che le piacciono tanto, ma lei è andata in camera sua a piangere.
Allora io sono andato nella mia, a piangere anch'io, più forte, che mia mamma mi ha sentito, ed è venuta ad abbracciarmi e mi faceva sentire bene.
Quella sera babbo è tornato, e mia mamma ha pianto di nuovo abbracciandolo sulla soglia della porta, e hanno dormito di nuovo insieme.
Poco fa sono entrato per vederli, sono abbracciati fortissimo che si sussurrano cose nelle orecchie. Penso che chiuderò il diario e andrò a dormire con loro.
Stasera non c'è Dio nel loro cuore, solo l'un l'altro.
E per una sera chi se ne frega del paradiso.
  
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