Fanfic su artisti musicali > L'arc en ciel (band/solo)
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Autore: niji    09/05/2012    3 recensioni
Parigi, mattina del 15 Aprile 2012. Tetsuya si sveglia poco prima dell'alba ancora stanco per il concerto della sera prima, mentre Hyde sta ancora dormendo. Quali pensieri passano per la sua testa?
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E’ bello svegliarsi piano piano, percependo le prime luci del mattino attraverso le palpebre ancora chiuse. Sentire il tuo corpo tiepido stretto al mio: il battito del tuo cuore sussurrato sul mio petto, ogni tuo respiro come una carezza sulla pelle.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: hyde, Tetsuya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E’ bello svegliarsi piano piano, percependo le prime luci del mattino attraverso le palpebre ancora chiuse. Sentire il tuo corpo tiepido stretto al mio: il battito del tuo cuore sussurrato sul mio petto, ogni tuo respiro come una carezza sulla pelle. E’ ancora presto per alzarsi, voglio rimanere ancora un po’ a godermi questo calore. Non ho fretta di aprire gli occhi, so già che la prima cosa che vedrò sarà il tuo viso. E saperlo per ora mi basta, l’ho guardato così tante volte che ne ho impresso nella mente tutti i minimi particolari, e posso vederlo anche con gli occhi chiusi, perché ormai appartiene un po’ anche a me.
 
Ti accarezzo i capelli, le mani ritrovano i ciuffi ancora un po' increspati dalle extension tolte poche ore fa. Sorrido, pensando a quante volte hai cambiato la maschera dietro la quale nasconderti, ogni volta all’improvviso, come per confondere qualcuno che avesse iniziato a decifrarla.
 
Il World Tour è una grande soddisfazione, ma è anche una grande fatica. Come diceva Yukki qualche giorno fa “non abbiamo più vent’anni”, ed è inutile dire che è il più vecchio di noi, un anno non fa certo molta differenza.
Gli ultimi giorni sono stati talmente frenetici che fatico a distinguerli l’uno dall’altro.
Dopo New York, pochi giorni a Tokyo pieni di impegni. Arrivare a Londra e immergersi nell’organizzazione di un altro spettacolo: prove, interviste e ore a scattare decine di foto per riempire qualche fotobook. Ripartire qualche giorno dopo per Parigi e rincominciare tutto da capo. E questa volta, quasi mi si chiudevano gli occhi mentre mi immortalavano nell’ennesima posa stupida davanti alla Torre Eiffel. Come sempre, quintali e quintali di foto per raccontare avventure e divertimenti inesistenti del nostro viaggio. Foto talmente false e ritoccate che forse varrebbe la pena ritrarre direttamente persone diverse. Ma la macchina dello spettacolo si ostina a pretendere questo, e noi dobbiamo andare avanti lasciando che il Photoshop nasconda le borse e le occhiaie per farci dimostrare i soliti dieci anni di meno.
 
Ieri, finalmente, una giornata di relax. Tutti e quattro in giro per la città a fare i turisti. Anche se ormai non facciamo altro che parlare di lavoro, sotto sotto siamo sempre i quattro ragazzetti cretini di una volta, che ridono di ogni cosa: tu che starnutisci davanti a ogni fiore, Ken che commenta tutte le ragazze che incontra e Yukki che ha paura di trovare alcool anche nelle crepes. Un po’ di shopping ai grandi magazzini, immancabile visita ai negozi di strumenti musicali e poi mi proponi un giro per i musei. Sei di nuovo il mio haido: la barba incolta dal giorno prima, i capelli raccolti alla buona in una coda bassa, e quegli occhiali che ti aiutano a mettere a fuoco le forme ma non a distinguere tutti i colori. Camminiamo per le sale affollate ammirando dipinti e sculture di qualche secolo prima. Poi, all’improvviso, rimani fermo davanti ad una tela a cercare qualcosa in un contrasto che non sai se riesci davvero a percepire. Osservi pensieroso quelle sfumature che i tuoi occhi non possono distinguere. Allora con qualche parola, fingendo semplicemente di commentarle, te le descrivo, solo per vederti sorridere.
 
Hong Kong, Bangkok, Shanghai, Taipei, New York, Londra, Parigi e poi ancora Singapore, Jakarta, Seoul, Honolulu. Mai come adesso l’arcobaleno si era spinto così lontano.
Me lo avessero detto in quei giorni di tanti anni fa, quando suonavamo nei piccoli locali di Osaka, forse non ci avrei creduto. O forse sì, perché già allora, accanto a te tutto mi pareva possibile.
 
Se penso ai nostri primi viaggi tra Osaka e Nagoya… Tutti nella mia macchina, gli strumenti accatastati e spartiti in ogni angolo. La Bat-mobile non era niente in confronto alla Laruku-car.
Come sono cambiate le cose adesso. Pullman e decine di taxi che ci portano ovunque, sempre sistemati in alberghi di lusso, in quattro suite che occupano lo spazio di un condominio. E per quanto più comodi, siamo tutti più lontani.
 
Però tra me e te, qualcosa non è mai cambiato. E quella telefonata arriva sempre come ai vecchi tempi, dalla cabina telefonica davanti al mio appartamento di Osaka "Tet-chan, posso venire un po' da te?".
Adesso tutto sembra diverso, due artisti in carriera, due uomini sposati. Ma siamo sempre noi. E ogni volta mi ripeto quanto sia dolce sentirti dormire accoccolato accanto a me e svegliarsi al mattino stringendoti tra le braccia. E di quanto entrambi abbiamo bisogno di questi momenti solo per noi, lontano da tutto e da tutti. Lontano dai paparazzi, dai nostri manager e collaboratori, dai fan, da quel successo che ci ha regalato un sogno ma troppe volte ha rischiato di distruggerci.
 
Muovendoti nel sonno ti avvicini di più a me, stringi un po’ le dita sul mio avambraccio.
Lascio scivolare le mani lungo la schiena fino a raggiungere le tue piccole ali, e come ogni volta mi stupisco di non sentire la morbidezza delle piume tra le dita. Ricordo quel lontano giorno di tanti anni fa, quando mi mostravi fiero quel disegno stilizzato, la luce del tuo sorriso. In quel momento ho compreso quanto fossero vere.
 
Non resisto dal baciarti la fronte, forse questo quasi ti sveglia, accenni un sorriso e mi stringi ancora un po’. Vorrei stringerti più forte anch’io, ma ho come sempre paura di spezzarti... sei così piccolo. Rimango con gli occhi chiusi, avvolto nel tuo calore e nel profumo della tua pelle. Sono ancora stanco, ma non mi voglio riaddormentare, voglio godermi questi ultimi momenti ancora per noi.  
 
 
 
Scritta in un pomeriggio di pioggia assieme a QueenVictoria, pensando al bellissimo concerto visto a Parigi.
  
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