"Oh finalmente!"
Mi
siedo gustandomi quel breve attimo di pace che precede la cena
"Mamma! Mamma!"
-Ho parlato troppo presto-
la mia piccina mi corre incontro ed ansimando si siede tra le mie gambe
"Elisa, se non prendi fiato non riuscirai a dirmi nulla"
facendo un bel respiro profondo apre la sua piccola manina rivelando un
guanto bianco di swarosky
"Cos'è mamma?" mi domanda porgendomelo
"Dove lo hai preso?" chiedo con fare accusatorio
"Nello scrigno" risponde abbassando lo sguardo e mordendosi il labbro
inferiore
"Lo sai che la mamma non vuole che vai a ficcare il naso nelle sue
cose..."
"Infatti mamma" si protende verso di me con un gran sorriso stampato in
viso "io non ci ho messo il naso... Ci ho messo le mani!"
"Vieni qui tu!" le dico attirandola a me solleticandola leggermente
"Vuoi sapere cos'è questo?"
annuisce
"Questo è un guanto..."
"Grazie mamma... A questo ci arrivavo anche da sola"
"Piccola!" ricomincio a solleticarla finché non m'implora di
fermarmi
"Com'è che lo hai avuto?" mi chiede
"Vediamo... Era l'88, per te l'età della pietra, ed avevo
pressapoco la tua età. La tua nonnna mi aveva portato fino a
Torino per assistere al concerto del mio cantante preferito
nonchè superstar mondiale della musica pop. Eravamo nelle
prime file ma nonostante questo non riuscivo a vedere quindi mi aveva
preso sulle sue spalle così da farmi ammirare quel
meraviglioso spettacolo"
"Che spettacolo? Il cantante o il concerto?"
le sorrido "Beh... Ti direi una bugia se ti dicessi che non lo trovavo
bello, anzi ne ero innamorata..."
"E papà?"
"Il tuo papà allora non lo conoscevo nemmeno... Comunque
dovevo proprio aver fatto il diavolo a quattro perchè quando
le luci si spensero un uomo grande quanto un armadio ci si
avvicinò e ci portò di fronte alla porta del
camerino finché non ci disse di entrare. Non ti dico che
emozione quando i nostri sguardi s'incrociarono, quei bellissimi e
profondi occhi neri... Strinsi forte la mano della mia mamma mentre si
avvicinava a me porgendomi la mano esordendo con un Ciao dall'accento
americano"
"Americano? Quindi parlava inglese... ti credo che non riuscivi a
parlare!"
"No, no, non era per quello... La tua mamma era un genio anche allora e
con l'aiuto della maestra d'inglese avevo preparato dei cartoncini con
le frasi da dire se mai fosse successo d'incontrarlo. Erano l'emozione,
l'imbarazzo che mi bloccarono"
"Quindi cosa hai fatto? Siete stati li a fissarvi e basta?"
"Un po' di pazienza! S'inginocchiò e con una mano mi
accarezzò la guancia e fu come se mi fossi svegliata da un
sogno per finire in un altro ancora più bello, di slanci gli
getteai le braccia al collo piangendo. "Ciao Michael" gli disi e lui
infilando l'altra mano tra i miei capelli mi strinse forte a se ridendo"
"E?"
"Mi cullò dolcemente e sussurrandomi all'orecchio mi
chiese:"Come ti chiami?"
"Elena" risposi io"
"È un nome bellissimo esattamente come i tuoi capelli
dorati" disse lui
"Grazie" risposi accoccolandomi sempre di più
"E quanti anni hai Elena?" continuò
contai sulle dita e gli dissi che ne avevo otto
"Otto? Ma allora sei una donna! E dimmi ti è piaciuto il
concerto? Ho cantato bene?"
non capìì quello che mi chiese così
dovette intervenire nella conversazione l'armadio a quattro ante, che
fino a quel momento era rimasto in disparte, per fare da traduttore"
"E scommetto che con voce pronta e la bava alla bocca gli hai detto
qualcosa del tipo: "Sei stato fenomenale! Non avevo mai sentito una
voce come la tua""
"Veramente le parole sono esatte... ma non le ho dette... Le ha lette,
ero talmente nervosa che per evitare una figuraccia gli diedi il
bigliettino sul quale avevo scritto la risposta a quella domanda.
Ad un tratto mi ricordai che nella borsa della mamma c'era la macchina
fotografica, feci segno di voler scendere, con uno scatto felino la
presi starppandole quasi la borsa dal braccio e sfoderando un paio di
occhioni da cucciolo gli chiesi se volesse fare una foto con me
"Certamente" rispose con un sorriso mentre mi riprendeva in braccio,
ne facemmo più di una
"Vuoi anche l'autografo?"
risposi con un cenno affermativo del capo
"Bene" continuò lui "però io mi porto a casa
questa" disse indicandone una in cui avevo la testa appoggiata sulla
sua guancia "e voglio anche un bacio"
non me lo feci certo ripetere due volte, le mie labbra furono subito
sulla sua morbida pelle.
Raccolsi tutto il mio coraggio
"Mi vuoi sposare?" chiesi infine, scoppiò a ridere ma
notando la mia espressione seria sorrise
"Quanto sei dolce... Facciamo così, ora sei troppo piccola
ma non appena crescerai ti verrò a prendere e ci sposeremo,
ok?"
"Promesso?"
"Lo giuro"
sorrisi, ovviamente allora non potevo capire che lo dicesse solo per
farmi felice ma la magia durò poco perchè doveva
tornare in albergo, uscimmo dal suo camerino incamminandoci verso
l'uscita
"Aspetta!" gridò rincorrendoci "Voglio che lo tenga tu" mi
disse chinandomi per darmi il guanto bianco che fino a quel momento non
aveva mai tolto "È un regalo... Così ti
ricorderai di me"
"Per me sarà impossibile dimenticarti" risposi
allorchè si sporse ulteriormente per baciarmi la guancia
"Arrivederci mia piccola amica" disse allontanandosi nella direzione
opposta mentre sussurai un ciao"
"Che bella storia mamma! Da quello che hai detto deve essere una
persona stupenda"
"Lo è piccola mia... Lo è"
"Peccato che non lo abbia mia visto esibirsi"
"Facciamo così, se dovesse esibirsi qui in Italia, ti
porterò a vederlo indipendentemente da in quale
città faccia tappa"
"Sì! Così poi ti riconosce e ci chiama per andare
dietro le quinte, nel suo camerino"
"Non credo mi riconoscerebbe"
"Io dico di sì"
"Ok piccola. Ora a riordinare e poi a tavola"
"Va bene mamma"
-È già... Chissà se mi
riconoscerebbe... se si ricorda ancora di me...-
Nel frattempo dall'altra parte dell'oceano un uomo stava alla finestre guardando una foto, una foto ritraente se stesso, di qualche anno più giovane, insieme ad una piccola bambina dai capelli dorati...