Giochi di Ruolo > Secret Whispers GDR
Ricorda la storia  |      
Autore: Secret Whispers    11/05/2012    0 recensioni
Questa fanfiction è la prima classificata del contest Quando vincono i "cattivi" organizzato dal Secret Whispers GDR Forum.
"Indietro veloce, pausa, play. Da un certo punto in poi, la storia cambia ed, inevitabilmente, non è più la stessa."
Genere: Erotico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La fiction che segue si è classificata prima al contest "Quando vincono i 'cattivi'" indetto dal Secret Whispers nel mese di Marzo 2012.
L'autrice, Adaralbion, ha acconsentito che la sua opera fosse esposta su questa pagina.


Titolo: Rewind
Autore: Adaralbion
Fandom: tratto dalla Nicholas X Imriel di Adaralbion & Lle
Personaggi: Nicholas, Imriel, Joscelin, XXXXXXX (devo fare spoiler?)
Avvertimenti: accenni di erotismo
Genere: yaoi
Breve introduzione: Indietro veloce, pausa, play. Da un certo punto in poi, la storia cambia ed, inevitabilmente, non è più la stessa.
N.d.A(facoltativo): L'ho scritta velocemente, non l'ho corretta,mi è venuta di getto. Non lo dico per dare una giustificazioni ad eventuali errori, ma faccio per far presente che di solito ci metto più cura e attenzione.



Rewind.
<<...<<...<<...<<...

Pause.
>I I...

Play.
>...


Imriel Van Aalten era come al solito indaffarato in cucina. Nessuno poteva considerarlo un “cuoco provetto” nel vero senso del termine, ma era indiscusso il fatto che ci mettesse tutto il suo impegno nel tentare di comporre un piatto sano – non desiderava che suo figlio crescesse mangiando schifezze unte e bisunte, dovendo poi affrontare il sovrappeso, magari i brufoli... dio che incubo! - ma dall'aspetto invitante.
Nello specifico, quella sera, mentre il suo dolce pargoletto giocava tranquillo in salotto, comodamente seduto sul grande tappeto sul quale lui aveva passato l'aspirapolvere quasi cinquanta volte quello stesso pomeriggio, il menù consisteva in: risottino con carciofi freschi, insalata fresca di stagione con pomodorini e scaglie di parmigiano, bistecchina di tofu alla griglia e per finire, macedonia di frutti rossi.
In realtà alla macedonia avrebbe poi aggiunto, all'ultimo momento, un bel cucchiaio di gelato rigorosamente fior di latte, ma questo non l'aveva detto al bambino: doveva essere una sorpresa.
Una sorpresa che non sarebbe stata unica, perchè quella sera lui sarebbe finalmente tornato a casa dopo una settimana di totale assenza, impegnato nel lavoro come non mai in quell'ultimo periodo.
Era elettrizzato al solo pensiero di rivederlo, così euforico che quasi si era lasciato sfuggire con Joscelin quello che invece voleva mantenere gelosamente come un segreto prezioso, per lo meno fintanto che la porta di casa non si fosse aperta e Joscelin l'avesse visto con i suoi occhi.
Bramava di vedere la reazione del suo bambino, questo sì, ma si era sforzato di non dirgli niente anche perchè, un po' stupidamente forse, era geloso marcio di lui: poteva esserlo? Oh si che poteva!
Joscelin aveva praticamente monopolizzato per sé stesso tutte le ore libere della giornata, costringendolo, malvolentieri, a starsene fin troppo in disparte quando c'era lui presente, e a sfogare ogni pulsione, dalla più semplice e innocente come un bacio, alla più violenta e passionale come mettergli le mani ovunque, alla notte.
E non gli bastava!
Non potevano bastargli quella manciata di ore buie se poi lui se ne stava via per settimane intere, riducendo il loro rapporto intimo a qualche telefonata un po' più sconcia (che di solito durava pochissimo, perchè l'altro aveva sempre molto da fare) e magari una video-chat lampo in cui faceva sempre e solo in tempo a togliersi la maglia, per la paura che da un momento all'altro Joscelin spuntasse in camera e lo beccasse a fare uno spogliarello in piena regola!
Così, dato che suo figlio aveva voluto mettersi nel mezzo e che lui, cretinamente, gliel'aveva permesso, adesso teneva gelosamente per sé quasi tutte le telefonate che l'altro gli faceva, senza dire nulla al bambino proprio per avere “un'arma in più”, qualcosa che lui non aveva, e quello stesso giorno aveva fermamente deciso di non dirgli del suo ritorno per lo stesso motivo.
Incorreggibile gelosa prima donna. Sempre stato. Non importava se il rivale fosse un altro uomo, una donna, o il suo stesso figlio.
E dire che Joscelin avrebbe anche potuto intuire, furbo com'era, che qualcosa stava ribollendo in quella pentola chiamata Papà, dato che lui aveva passato tutta la giornata a tirare a lucido casa e ora si era persino messo a cucinare canticchiando, ma Imriel era stato più furbo di lui e, per attuare il suo piano un po' malvagio, rientrando da lavoro gli aveva piazzato davanti un gioco nuovo di pacca, per distrarlo, e per quanto quel bambino fosse acuto, al fascino di una confezione da scartare e di un gioco nuovo con cui giocare, la sua piccola mente aveva abbassato le difese e dichiarato resa incondizionata.

Vittoria su ogni fronte per il militare, che non solo aveva vinto la battaglia, ma persino quella stupida guerra tutta personale che si era creato. Poteva ritenersi ampiamente e orgogliosamente soddisfatto di sé stesso.
Ed ecco che quella soddisfazione ed orgoglio si ripercuotevano positivamente su quanto stava facendo proprio in quel momento, ovvero cucinare e canticchiare, allegro come non mai, sorridente persino, che quasi non sembrava la stessa persona che, il giorno prima, aveva impartito sadicamente l'ordine di fare trecento flessioni ad un subordinato che aveva fatto il gravissimo errore di presentarsi in ritardo all'alzabandiera.
Se quel povero soldato, sudato e stremato dal comando ricevuto, avesse visto ora Imriel, forse avrebbe mollato l'esercito senza pensarci su nemmeno un secondo, ritenendo la carriera militare una farsa bella e buona.

La serratura della porta di casa scattò ed Imriel quasi non se ne accorse, fin quando dal corridoio una voce familiare non gli raggiunse le orecchie “C'è nessuno?” chiese la voce in tono allegro, e a Imriel schizzò il cuore in gola mentre Joscelin scattava in piedi, tenendo tra le mani il carrarmato nuovo che Papà gli aveva regalato, e ad occhi sgranati e bocca aperta fissava il biondo nel corridoio.
L'uomo rise piano a vedere il bambino con quell'espressione sorpresa dipinta in volto, e capì subito che Imriel non gli aveva detto del suo ritorno: era il caso che facessero un discorsetto, ma dopo. C'era tempo.
“Allora..” disse ancora, sfilando la giacca per poggiarla all'attaccapanni “..non c'è nemmeno un bacio per me?” chiese, facendo finta di nulla mentre si chinava sulle gambe e guardava Joscelin.
Il bambino gridò forte, un urletto di quelli spacca-timpani super eccitato e, mollando il carrarmato a terra, corse incontro al biondo “Helbeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeert!” urlò, con quel suo solito tono acuto capace di far tremare i vetri, e con un salto gli fu al collo, stringendolo talmente forte che Helbert strabuzzo gli occhi “Ehy ehy, ometto, mi strozzi così” gli disse, ridendo ed abbracciandolo di rimando mentre si tirava su e lo prendeva il braccio “Helbeeert sei tornatoooo!” esclamò Joscelin, palesando l'ovvietà mentre gli pasticciava la faccia con le sue manine piccole e calde. Helbert mandò la testa indietro per sfuggirgli e gli scompigliò i capelli “Ti sono mancato?” chiese, e il bambino annuì “Anche a Bop!” asserì serio “Devi salutare anche lui Helbeeeeeert!” pigolò, indicando il salotto con entrambe le mani, sporgendosi tanto da sembrare che volesse sfuggirgli dalle braccia.
Helbert ridacchiò “Si si, saluto anche Bop” mormorò assorto, perchè davanti alla soglia del salotto Imriel lo guardava, asciugandosi le mani sul grembiule che aveva indossato per cucinare.
Dell'orso all'effettivo, quel momento, gliene fregava ben poco “Ciao..” disse in tono intimo, avvicinandosi ad Imriel con Joscelin in braccio “Ciao” rispose lui, a metà tra l'imbarazzato e l'emozionato, anche se la sua espressione non lasciava trasparire che nervosismo.
Helbert però lo conosceva abbastanza e da abbastanza tempo, da sapere che dentro era un vulcano in eruzioni di sentimenti meravigliosi.
Fece per avvicinarsi e dargli un bacio, era la cosa che aveva desiderato di più in quella lunga settimana in cui era stato costretto lontano da casa, ed Imriel al pari suo, non aspettava che gettargli le braccia al collo e dimenticarsi di tutte le notti che aveva passato da solo, in un letto troppo grande anche quando c'era Joscelin ad occuparlo insieme a lui. Ma fu proprio il bambino a troncare quell'azione sul nascere “Devi salutare Booooop!” si lamentò fastidioso, pigiando una mano sulla fronte del padre per allontanarlo da Helbert, e l'altra sulla bocca di quest'ultimo per impedirgli di baciare Imriel.
Era proprio questo atteggiamento che a quest'ultimo non andava giù: ok era un bambino, ok era suo figlio ma cazzo! Quello era il suo uomo! Helbert era suo suo e solo suo!
Peccato che l'altro gliele lasciasse passare tutte a Joscelin, e così con una breve risata mormorò un “Devo salutare Bop.” con tanto di alzata di sopracciglia che lasciava sotto-intendere un “non posso sottrarmi a questo dovere e lo sai”.

Imriel sbuffò appena, fulminando Joscelin con un'occhiataccia che avrebbe fatto tremare chiunque, tranne lui però, che in contrapposizione gli rivolse un sorrisino furbetto che sembrava far intendere un “ho vinto io gne gne” che gli fece ribollire il sangue nelle vene. Doveva stare calmo, era un bambino, solo un bambino, e quello che provava per Helbert era solo affetto, grandissimo affetto, ma solo quello.
Non poteva essere dannatamente geloso di suo figlio di 5 anni! Era assurdo!

Ci furono i saluti con l'orso, e poi una serie infinita di racconti di tuuuuuuuuutto quello che Joscelin aveva fatto in quella settimana, dall'ultima novità del super carrarmato regalato da papà, al disegno fatto a scuola proprio su Helbert.
Imriel in cucina aveva perso tutta l'allegria e la gioia che aveva provato mentre era l'unico ed il solo a sapere che Helbert sarebbe tornato: finì di preparare, apparecchiò, e solo quando si riunirono tutti per sedersi a tavola, finalmente ricevette il suo bacio. Un bacetto veloce, dato quasi di sfuggita, mentre Joscelin continuava a blaterare e blaterare e blaterare e blaterare: una macchinetta senza freni che si fermò solo alle dieci, mentre Helbert gli rimboccava le coperte e Imriel, bastonato e afflitto, si lavava i denti con rabbia e furia.
Aveva perso un'altra volta contro il moccioso, ed ora non gli rimanevano che una manciata di ore notturne per fare e dire tutto quello che aveva voluto fare e dire a e con Helbert in quella settimana: non poteva andare avanti così. Avrebbero finito col discutere, e già lo sapeva, del perchè non aveva detto niente a Joscelin del suo ritorno, e poi a parlare di quello che era successo alla riunione di Ginevra alla quale Helbert aveva partecipato, poi lavoro, un paio di baci, forse due strusciate e bang! Sarebbero arrivate le quattro del mattino e l'ora di dormire, dato che l'indomani sarebbero tutti andati al cimitero per la ricorrenza.
Dio che nervoso! Nervoso, nervoso, nervoso!

“Sei nervoso?” quella domanda ovvia gli arrivò alle orecchie mentre s'infilava sotto le coperte: Helbert in piedi davanti alla porta gli sorrideva. Lui lo fulminò con lo sguardo e con rabbia cominciò a sistemare le pieghe delle lenzuola e a tirarle su “Joscelin dorme” lo avvertì il biondo, entrando e accostandosi la porta alle spalle “Bene” rispose lui lapidario, notando quel particolare. Accostare la porta! Sempre, mai una volta che la chiudesse e girasse una bella mandata di chiave, così per essere sicuro e farli intendere al contempo, che quello che sarebbe accaduto da quel momento in poi, sarebbero state fuoco e fiamme tutte per loro.
Ma no: lui la porta la ACCOSTAVA! Così, sicuro, Joscelin in mezzo alla notte, complice l'eccitazione, si sarebbe svegliato e sarebbe sgattaiolato proprio lì dentro, andando ad infilarsi tra di loro per dormire insieme.
Nervoso!
E gli chiedeva se era nervoso?
“Dai Imri, non fare così...” ancora la voce di Helbert, un po' rassegnata un po' giocosa, che gli fece alzare lo sguardo ed aprire la bocca, una serie di offese incazzate pronte nel tunnel di lancio, ma che non partirono perchè sulla lingua si ritrovò la sua.
In un attimo ci fu il black-out totale del suo cervello, il corpo reagiva, si scaldava velocemente, e gli occhi gli si ribaltavano dal piacere di avere, finalmente cazzo, il bacio che si meritava! Perchè se lo meritava tutto! E non quella schifezzina che lui gli aveva rifilato prima della cena.
Ma poi l'indignazione prese il sopravvento e Imriel si scostò in malo modo, buttatosi giù tra le coperte, ed Helbert seppe che avrebbero passato tutta la notte a discutere.

Il mattino dopo Imriel si svegliò da solo tra le coperte, un mal di testa lancinante per il poco sonno e la troppa incazzatura, i boxer abbandonati in terra al lato del letto ed il pantalone del pigiama messo al contrario.
Avevano litigato, come ovvio, e fatto pace, altrettanta ovvietà, ovviamente in silenzio e velocemente, perchè poi, altra cosa ovvia, Joscelin era spuntato dalla porta socchiusa, stropicciandosi gli occhietti assonnati e chiedendo se poteva dormire con loro.
Imriel, infilandosi alla rinfusa il pigiama – ecco perchè ora lo aveva al contrario – aveva avuto l'istinto di dirgli di no e di rimandarlo a letto, nel suo letto, ma Helbert l'aveva preceduto e, risultato scontato, avevano dormito lui da un lato del letto e Helbert dall'altro, con Joscelin nel mezzo, spaparanzato insieme a Bop a braccia e gambe larghe.
Da lì i dolori muscolari che gli percorrevano tutto il corpo, costretto rannicchiato a bordo materasso col rischio continuo di ruzzolare di sotto.
Non poteva andare avanti così!
Lo pensò ancora mentre scivolava fuori dalle coperte, le voci di Helbert e Joscelin che provenivano dalla cucina.
Li raggiunse ed insieme fecero colazione, si lavarono e si vestirono.
Helber e Imriel, indossando entrambi le loro divise, identiche tranne che nei gradi appuntati al petto (Helbert era all'effettivo un superiore di Imriel), spiegarono a Joscelin dove sarebbero andati e perchè, poi tutti insieme presero il pick-up fiammeggiante di Van Aalten e si diressero al cimitero.

Quel posto rattristava sempre molto Imriel, non solo per le file di croci allineate perfettamente che ricoprivano tutto il terreno, ma soprattutto perchè gli ricordava la guerra: gli portava alla mente il ricordo di quei giorni in cui l'unica cosa che contava era sopravvivere. Solo un giorno di più. Solo un altro. Sforzandosi di non impazzire per i boati delle granate, per le raffiche improvvise delle mitragliatrici, per il terrore costante di sapere che da un momento all'altro sarebbe potuto capitare a lui, di morire, o ad Helbert.. ad Helbert.
Durante quei giorni avevano scopato così tanto, furiosamente, tra le macerie, nascosti dai nemici ma anche dai compagni, mossi dall'istinto di sopravvivenza che li portava ad avvinghiarsi e divorarsi in ogni momento libero, sporchi di polvere da sparo e terra, tremanti per l'adrenalina e la paura, folli entrambi, ma desiderosi di rimanere attaccati alla vita con unghie e denti, di non arrendersi e tornare a casa, insieme.
E quante volte si era svegliato di soprassalto durante le poche ore che gli erano concesse di riposare mentre gli altri facevano la guardia, sconvolto da sogni terribili, sudato e tremante. Quante volte gli si era fermato il cuore nel petto mentre un nemico puntava la sua arma proprio su Helbert per ammazzarlo, fortunatamente non riuscendoci mai.
Era stato un incubo costante, una follia alla quale non avrebbe mai dovuto partecipare, ma erano tornati, entrambi, erano tornati insieme, e ora l'unica cosa che voleva fare era dimenticare.
Dimenticarsi di quei giorni e vivere la sua vita con l'uomo che amava e Joscelin, suo figlio: per questo odiava andare in quel posto, per questo avrebbe di gran lunga preferito rendere grazie alla memoria a casa sua, seduto sul divano, stretto al petto di Helbert.
Ma quest'ultimo non era mai stato d'accordo sull'atteggiamento che Imriel mostrava riguardo alla cosa: “E' nostro dovere” diceva sempre “Per i nostri compagni che sono morti per salvarci la vita, per darci la possibilità di viverla questa vita, insieme, io e te” parole bellissime che però, in un qual modo, sminuivano sempre ciò che lui provava, quasi il merito del loro amore fosse di quei morti, e non suo, né di Helbert.

Erano pensieri stupidi forse, ma non poteva fare a meno di averli, anche se una volta entrati nel cimitero, mano nella mano a suo figlio che teneva l'altra in quella di Helbert, cercava sempre di lasciarseli alle spalle. E così fece anche quella volta, mentre attraversavano il vialetto, superavano un capannello di persone commosse strette intorno ad una di quelle croci bianco accecante.
Si lasciò tutto alle spalle finchè non raggiunsero il settore dove erano allineate le croci dedicate ai loro compagni, a quel battaglione dimezzato da una guerra crudele ed ingiusta alla quale loro erano sfuggiti per miracolo.
Guardò quelle croci in silenzio mentre Helbert lasciava un attimo la mano di Joscelin per posare in terra, davanti ad una delle lapidi, un mazzo di fiori candidi, poi un rumore forte fece sobbalzare e girare tutti e tre.
Poco più in là, un uomo dai capelli biondi, chinato su una carriola che gli era evidentemente sfuggita di mano, imprecava come un dannato.
Helbert lo fulminò con lo sguardo, indignato da tutta quella mancanza di rispetto, mentre Joscelin lo osservava incuriosito da dietro le gambe del padre. Imriel dal canto suo non riuscì a trattenere una risatina.
Helbert spostò lo sguardo su di lui “Aspettami qui” gli disse, e tutto impettito, indignato e gonfio, lasciò Imriel e Joscelin per avvicinarsi al tipo “Che fa Helbert, papà?” chiese il bambino “Nulla...” mormorò Imriel, osservando la scena di Helbert che rimproverava l'altro uomo biondo, che ora, dato che si era alzato in piedi, vedeva bene.
Era vestito in malo modo, le mani sporche, in terra ai suoi piedi prodotti per pulire, più in là notò anche qualche croce sporca di graffiti.
Era lì per pulire dunque?
“Dovresti portare rispetto... questi ragazzi hanno salvato anche il tuo culo... che c'è di sbagliato nel ricordare?” intercettò questo stralcio di discorso/ramanzina di Helbert, mentre fissava l'altro accendersi una sigaretta, guardare il suo uomo, un militare a tutti gli effetti, con sufficienza.
Non aveva paura di lui?
La cosa lo affascinava “Papàààà!” Joscelin lo tirò dalla manica attirando la sua attenzione e il suo sguardo, che spostò dai due a lui “Voglio andare al paaaaarco” pigolò il bambino, facendo le bizze “Ora ci andiamo ometto” gli rispose lui sorridendo e carezzandogli la testa “Su, aspettiamo Helbert in macchina” aggiunse e con un cenno della testa, tenendo sempre il figlio per mano, si avviò verso il cancello, lasciando Helbert e lo sconosciuto a discutere.


Fin.


Dunque, l'ho buttata giù di getto e nemmeno l'ho corretta.
Precisazioni per chi non ha mai seguito la role: Helbert nella role è morto. Non è mai stato un rivale “fisico/reale” perchè non è mai stato in vita, non durante la storia.
Nicholas e Imriel invece si incontrano per la prima volta proprio al cimitero dove Imriel va a pregare la morte di Helbert in guerra. Diciamo quindi che la mia FF si conclude dove dovrebbe iniziare la storia tra Imriel e Nicholas, che in questo universo alternativo non esisterà mai, perchè Helbert è vivo e vegeto.
Imriel non è un mio pg come Helbert non è un mio pg secondario, ho dunque scritto al meglio delle mie possibilità pur non essendo io la creatrice di questi due pg, ma Lle.
Joscelin invece è un pg secondario creato, sviluppato e mandato avanti nella storia sia da me che da Lle.

Ada
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > Secret Whispers GDR / Vai alla pagina dell'autore: Secret Whispers