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Autore: harinezumi    12/05/2012    3 recensioni
L'orgoglio è un difetto assai comune. Da tutto quello che ho letto, sono convinta che è assai frequente; che la natura umana vi è facilmente incline e che sono pochi quelli che tra noi non provano un certo compiacimento a proposito di qualche qualità - reale o immaginaria - che suppongono di possedere.
[cit. "Orgoglio e pregiudizio" di Jane Austen]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izaya Orihara, Shizuo Heiwajima, Simon Brezhnev
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Orgoglio e pregiudizio
Genere: Generale, Introspettivo
Rating: Verde
Parole: 818
Personaggi: Izaya Orihara, Shizuo Heiwajima, Simon Brezhnev
Avvertimenti: One-shot, Shonen-ai
Note: io non amo particolarmente inserire i suffissi giapponesi nelle mie fic, ma per -kun e -chan questa volta ho fatto un'eccezione. Perdonatemi ù-ù
Disclaimer: tutti i personaggi di Durarara!! appartengono a Ryohgo Narita.


Questa robaccia fic l'ho scritta ere or sono e ritrovandola mi sono decisa a pubblicarla. Me ne sto già pentendo perché sono consapevole di non essere portata per la Shizaya xD però intanto ringrazio immensamente chi vorrà leggerla ^^ o recensirla nel bene o nel male, io non mi offendo <3

harinezumi



 

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Orgoglio e pregiudizio

 

 

 

«Perché diavolo continui a venire a Ikebukuro?! Ci tieni così tanto a morire?»
«Sì, Shizu-chan! A che scopo dovrei vivere, se non per venire qui a prenderti in giro?»

 

Orihara Izaya era orgoglioso. Sfacciato e prepotente, pretendeva di guardare tutti dall’alto in basso, perché non si considerava un essere umano come gli altri.
E la verità era che, come tutte le altre umili emozioni che non voleva provare, rifiutava in maniera categorica l’amore e di scendere a patti con l’idea dell’amore, nonostante si declamasse perennemente innamorato dell’umanità. In breve, avrebbe preferito mentire al mondo intero piuttosto che ammettere l’autenticità dei propri sentimenti a sé stesso, come se la sua sicurezza si fondasse soltanto in ciò che credevano reale gli altri (e per la maggior parte delle cose, nella vita e nel suo lavoro, era proprio così).
Ogni tanto c’era qualcuno che non si lasciava fregare dalle sue bugie, certo, ma a quel punto Izaya cominciava a considerarlo meno di un sassolino sulla sua strada e prendeva ad ignorarlo, visto che poi di solito in questo modo veniva lasciato in pace. I suoi inseguitori si erano sempre stancati prima di lui, ed era infallibile in questo. Dopotutto, ormai fermarsi in quella corsa diretta da nessuna parte sarebbe equivalso a perdere la sua fama di spietato bastardo; e poi, si diceva sempre che in fondo faceva finta di non avere sentimenti perché non gli interessava per davvero di palesarli al diretto interessato.
Preferiva la sua vita com’era sempre stata, e capiva che avrebbe perso la sua posizione privilegiata agli occhi di tutti cambiando la situazione, soprattutto agli occhi di sé stesso. Credeva che la debolezza non gli appartenesse; in realtà era costretto a fingersi forte ogni attimo che viveva in sua presenza, perché il cuore che diceva di non avere era più fragile di quanto avesse voluto.


Non si poteva dire che Shizuo Hewajima non avesse ragione, ad essere prevenuto sul conto di Izaya. Ma doveva ammettere che la cosa era nata da un semplice pregiudizio infondato.
Non mi piaci. Erano le prime parole che gli aveva detto e probabilmente anche le ultime che gli diceva ogni volta che lo incrociava per Ikebukuro, prima di perdere le staffe e di inseguirlo per mezzo quartiere urlando cose che del linguaggio umano avevano ben poco.
All’inizio non riusciva a capire il perché di quell’odio verso qualcuno che conosceva appena. Poi l’aveva capito: Izaya era una serpe, nato per essere odiato. Avrebbe potuto anche non dare troppa rilevanza alla cosa, se non fosse stato Izaya stesso a sbucare ovunque andasse per ricordargli la sua esistenza; Shizuo non era una persona cattiva e non amava arrabbiarsi, quindi lo odiava doppiamente perché era causa consapevole della sua rabbia.
Si sentiva comunque soddisfatto ad aver prodotto quel ragionamento, che lo slegava completamente dal senso di colpa dato dal detestare Izaya senza un motivo preciso (ne aveva ben due!). Nel contempo, non era stato abbastanza astuto da confondere sé stesso e riuscire a nascondersi la terza ragione per cui la presenza di Izaya riusciva a turbarlo così tanto: lo odiava perché provava qualcos’altro per lui oltre all’odio.
All’inizio, credeva di essere una persona troppo debole per riuscire ad accettare una cosa del genere senza dare di matto; fortunatamente, al punto a cui erano e rimanevano stabili da anni, nemmeno se Izaya lo avesse supplicato in ginocchio di scoparlo e farlo suo l’avrebbe toccato anche solo con un dito (se non per cogliere l’occasione di ammazzarlo).

 

«È stato bello, dovremmo rifarlo qualche volta!»
«Perché tu ti diverta a torturarmi?! Torna subito qui! I-ZA-YA-KUN!»
«Shizu-chan, io non ti torturo affatto! È che non voglio che tu senta la mia mancanza troppo a lungo!»
«… che hai detto?!» Shizuo, dall’orrore, quasi fece cadere il distributore automatico che aveva sollevato sulla testa.
Fu un fulmine, la piccola mosca: gli lasciò un bacio a fior di labbra in un lampo così veloce che Shizuo si sentì quasi stordito quando lo vide di nuovo a diversi metri da lui, a fissarlo come se nulla fosse successo.
«Tu… che diamine significa?!»
«Se te lo dicessi senza fare resistenza non sarebbe più divertente. Vieni a prendermi, no?»
E ripartì, più veloce di un fulmine, lasciandolo con un palmo di naso.
Girato l’angolo ripresa la corsa, però, Shizuo sgranò gli occhi. Non c’era una sola anima, nel lungo viale da dove era sparito Izaya, che non portasse un dannato cappotto nero con il pelo bianco.

 

C’era qualcuno in particolare che avrebbe potuto cambiare qualcosa di quella situazione, ma che non si apprestava minimamente a farlo. Ascoltava spesso i vaneggiamenti altezzosi di Izaya e la lista di pregiudizi che Shizuo aveva sul conto dell’informatore; un’altra persona, al suo posto, si sarebbe chiesta con impazienza chi si sarebbe spezzato per primo di fronte a quel muro di idiozie che avevano interposto con cura, negli anni, tra loro.
Ma il suo lavoro, in fondo, era quello di vendere sushi.






 

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