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Autore: Biohazard    15/05/2012    1 recensioni
La storia racconta di Brian Irons, il Capo della Polizia di Raccoon City, e del suo lento scivolare nella follia. Durante l'infezione gli viene affidata la vita della figlia del sindaco, ma la ragazza sarà davvero al sicuro?
Genere: Azione, Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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NdA: Dunque, non so bene perché, ma ieri mi è venuta voglia di scrivere su Brian Irons. Sì, ho una vera e propria fissazione sui personaggi secondari e minori di Resident Evil. Probabilmente perché, proprio su questi personaggi, si può fantasticare di più! Beh, in sostanza, stavo ripensando alla scena in cui Claire incontra per la prima volta il Capo della Polizia. Sulla sua scrivania si trova in bella vista il cadavere della figlia del sindaco e mi sono chiesta cosa potesse essere successo prima dell’arrivo di Claire. Spulciando su internet ho scoperto che il cognome del sindaco di Raccoon City era Warren, ma il nome della figlia non sono riuscita a trovarlo, così l’ho rinominata Michelle. Il racconto sarà composto da circa 3 capitoli, asempre che non mi vengano in mente altre idee ^^. Spero che l’idea sia di vostro gradimento. Per ora il rating è arancione, ma potrebbe anche salire a rosso. Fatemi sapere cosa ne pensate, consigli e critiche sono ben accetti!

Disclaimer: I personaggi di Resident Evil e il loro universo appartengo ai rispettivi proprietari. Il racconto non ha scopo di lucro.

 

 

The Hunting

 

 

 

Le dita tamburellavano nervosamente sulla grande scrivania in mogano e il corpo fremeva d’impazienza. Si era ripromesso di darle un quarto d’ora di vantaggio, ma la smania predatrice aveva ormai preso il sopravvento. Guardò l’orologio: sette minuti erano più che sufficienti.

Era ora di cominciare la caccia, nella speranza che la sua delicata preda non fosse già caduta vittima dei mostri che si aggiravano per il dipartimento. Afferrò la Beretta 9 mm d’ordinanza, un fucile Remington e un coltello con una lama affilata, lunga almeno venti centimetri. Infilò la pistola nella fondina, fissò il coltello sull’esterno della coscia, mentre il fucile fu assicurato sulla schiena per un’estrazione rapida e letale. Quell’arsenale non era necessario per la cattura del nuovo trofeo, ma se non voleva trasformarsi a sua volta in preda, era necessario prendere delle precauzioni.

Nell’edificio si aggiravano creature ben più pericolose degli zombie.

Guardò i molteplici trofei appesi alla parete e accarezzò delicatamente l’aquila alla sinistra della scrivania. Orgogliosamente, osservò anche la testa d’alce e di cervo che facevano compagnia alla sua reale amica volante. Aveva catturato personalmente ognuno di quegli esemplari e, sempre personalmente, li aveva sviscerati ed impagliati.

La tassidermia e la caccia erano le sue grandi passioni e la figlia del sindaco sarebbe stata il suo trofeo più bello e, probabilmente, l’ultimo.

O forse no. C’era ancora quel patetico giornalista rinchiuso nel braccio delle celle.

Ben Bertolucci.

Quell’idiota era venuto solo pochi giorni prima a minacciarlo, dicendo che non appena le squadre di soccorso fossero venuti a salvarli, lo avrebbe smascherato, rivelando a tutto il mondo il suo coinvolgimento con l’Umbrella. Il Capo della Polizia, Brian Irons, non aveva ribattuto, lasciando che il giornalista si cullasse nella sua patetica illusione di salvezza: non ci sarebbe stata nessuna squadra di salvataggio. Tutti gli abitanti di Raccoon City erano destinati a saltare in aria insieme alla città.

L’Umbrella, fornendo cospicue offerte a chiunque avesse potere ed autorità, era riuscita ad assumere il controllo dell’intera operazione, e aveva convinto le alte sfere che l’unica soluzione, affinché il Virus-T non si diffondesse, era la distruzione della città.

Dopo aver ricevuto quell’ultimo e devastante aggiornamento dai suoi canali di comunicazione privati, la mente di Brian Irons aveva ceduto completamente all’oscurità.

I primi sintomi di squilibrio si erano manifestati intorno ai primi di Giugno, durante le indagini sui Monti Arkaly: era seduto in quello stesso ufficio a leggere i rapporti delle indagini, quando era stato colto dalla strana sensazione di non essere solo nella stanza. Aveva alzato gli occhi dai documenti, gettando un’occhiata fugace all’ufficio. Aveva aspettato qualche secondo, con i sensi all’erta e dopo essersi dato mentalmente dello stupido, era tornato a concentrarsi sui rapporti. Un lavoro decisamente sgradevole e tedioso, considerando che sapeva con precisione a chi attribuire la responsabilità degli omicidi. L’Umbrella aveva perso il controllo del laboratorio nascosto sotto la tenuta Spencer e alcune creature erano riuscite a fuggire, cominciando a mietere vittime intorno alla zona. Un vero e proprio casino, di cui personalmente doveva occuparsi, almeno finché l’Umbrella non avesse deciso come arginare l’incidente. Il suo compito era tenere buoni gli agenti della S.T.A.R.S. e sviarli da qualunque indizio potesse collegare gli omicidi alla multinazionale farmaceutica. Tuttavia, quella spina nel fianco di Redfield sembrava aver trovato un collegamento tra le zone dei ritrovamenti e Villa Spencer. Stava rimuginando in che modo sistemare la faccenda, quando aveva sentito qualcosa.

 

“Ti hanno tradito.”

 

Si era alzato di scatto dalla poltrona, la fronte imperlata di sudore freddo.

“Chi c’è?” domandò.

Non ottenne risposta. Sentiva solo il suo respiro, che d’un tratto si era fatto irregolare ed affannoso.

 

“Non ci sarà un lieto fine.”

“Chi è?” Ancora una volta un pesante silenzio l’avvolse.

Scrollò le spalle e decise che aveva bisogno di una boccata d’aria e di un po’ di riposo. La faccenda di Villa Spencer lo stava mettendo decisamente sotto pressione.

Nei giorni successivi non aveva più udito quella voce, liquidando l’avvenimento come un fattore dovuto allo stress di tutta quella situazione.

Il 29 Luglio, però, quando la squadra S.T.A.R.S. rientrò all’R.P.D. decimata e con accuse pesanti nei confronti dell’Umbrella, la voce si era ripresentata.

 

“Che cosa ti avevo detto?

Sei fottuto, amico!”

 

In preda ad una crisi isterica, Brian Irons aveva scaraventato a terra tutto ciò che si trovava sulla scrivania del suo ufficio personale

“Maledizione!” aveva urlato, afferrandosi la testa dolorante. Senza perdere tempo, aveva premuto il pulsante sotto il quadro dietro la scrivania, rivelando il passaggio segreto verso “la sua stanza speciale”. Con un cigolio cavernoso le grate dell’ascensore si erano aperte e, lentamente, aveva cominciato la discesa verso i sotterranei, così come la sua mente aveva cominciato ad essere inghiottita dalle tenebre.

I mesi seguenti furono per Brian Irons il peggior incubo che avesse mai vissuto. I mostri erano arrivati in città e, adesso, si trovava barricato all’interno dell’R.P.D. insieme a un gruppo di superstiti.

 

“Hanno distrutto la tua città

e adesso vogliono far sparire le prove!

Te compreso!

Dopo tutto quello che hai fatto, nessuno si scomoderà per venire a salvarti!”

Uccidili!Uccidili tutti!

Se devi morire, anche gli altri ti seguiranno!”

 

 

Alla fine aveva ceduto alla voce, che aveva scoperto, senza alcuno stupore, provenire dalle sue stesse labbra.

Dapprima aveva creato scompiglio all’interno della stazione, boicottando le operazioni di contenimento e salvataggio. Gli agenti avevano cominciato a cadere vittima dei mostri, uno dopo l’altro. Per coloro che insistevano nel voler combattere, ci aveva pensato personalmente. Ricordava ancora la morte di Ed, il guardiano. Gli aveva sparato dritto al cuore e l’aveva visto morire, contorcendosi dal dolore. Era spirato con gli occhi spalancati dallo stupore quando aveva capito chi fosse il suo carnefice.

Aveva lasciato la figlia del sindaco per ultima: Michelle Warren, una vera bellezza. L’avrebbe trasformata, immortalando la sua figura, proprio come le prede che aveva catturato durante le battute di caccia.

Sarebbe stato magnifico.

Pensare che avevano affidato proprio a lui il compito di proteggerla, una vera e propria ironia della sorte.

Non era più tempo di pensare, ma di agire. Ricontrollò che le armi fossero apposto e uscì dall’ufficio.

 

  
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