Dimensioni
Introverse
Sogni
Tom.
Che strano…
Diario, un' idea semplice.
Solo per far credere a noi stessi di non essere soli, far finta di
rapportarsi con qualcun altro.
Se le inventano tutte.
Comunque lo devo fare, è quello che vuole, quindi basta insistere.
Questa notte ho fatto un sogno, un sogno strano, un
sogno di morte.
Ero in un cinema, giallo con tappeti rossi e forti luci arancioni,
un’atmosfera calda in un ambiente spazioso, soffitti altissimi,
come se fossi in un’enorme sala d’opera, o almeno come credo
che sia.
Eravamo lì in quattro, per vedere non so quale film. Prima di
entrare, in un corridoio rialzato con sponde in vetro, un colloquio
con una persona vestita in maniera elegante.
Poi il parcheggio, la macchina, e la mia vista che si spegne
sull’asfalto.
Che strano… non mi erano mai capitati sogni
del genere.
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Noah.
Sotto
Non amo parlare di certe cose, di solito tengo i fatti miei nascosti,
ma data la particolare situazione, tanto vale fare una prova.
Ho fatto un sogno anormale, ultimamente niente della mia vita è
“normale” ma questo in particolar modo. Mi trovo in un parcheggio,
scappo da qualcosa, mi nascondo dietro una delle
scappo da qualcosa, mi nascondo dietro una delle
poche macchine parcheggiate che trovo. La scampo, e raggiungo
una scala in cemento che mi porta in una specie di metropolitana,
desolata come il parcheggio. La cosa da cui scappavo, però
ritorna, e io con tutto me stesso continuo a scappare correndo
sulle gambe che oramai cedono. Corro di fianco ai binari,
sperando nell’arrivo di un treno che mi porterà lontano da lì.
Corro, fino a quando le mie gambe non riescono
più a sorreggermi. Sento uno sparo, mi giro, perdo l’equilibrio e cado.
Finalmente il treno che aspettavo arriva.
Sotto il treno mi sento bruciare, dopo di che mi sveglio, sudato.
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Aaron.
Affogato
Caro
Aaron,
voglio parlarti di un sogno che ho fatto l’altra notte. Non uno dei
soliti viaggi, qualcosa di agghiacciante ma allo stesso tempo mi ha
dato come una sensazione di sollievo, che non avevo mai provato
prima. Una catarsi che mi ha svegliato dal sogno, liberato dal
senso di angoscia che mi aveva intrappolato.
Amico mio, non ti auguro niente di quello che ho provato, è stata
un’esperienza troppo angosciante, troppo reale.
Mi trovavo in casa, anche se non era la mia, mi sentivo a mio agio,
sentivo di abitare lì. Non so il perché, forse perch
é il mio cervello
si sente a proprio agio ovunque, o forse perché non ero io quello
del sogno, non lo so, di certo non lo scoprirò. Mi stavo preparando
per uscire, l’ho chiamata per sentire come stava e per chiederle
se quella sera aveva voglia di uscire con me e gli altri. Sai di chi
per uscire, l’ho chiamata per sentire come stava e per chiederle
se quella sera aveva voglia di uscire con me e gli altri. Sai di chi
sto parlando Aaron, è questo che mi piace di te, non devo perder-
mi in spiegazioni. Dopo la telefonata, e dopo essermi ripreso
mi in spiegazioni. Dopo la telefonata, e dopo essermi ripreso
dall’aver sentito il dolce suono della sua voce, sono andato a farmi
una doccia. Ho riempito la mia vasca e mi sono lasciato lenta-
mente seppellire dall’acqua calda. Rilassato, forse troppo mi sono
addormentato, sì Aaron, un sogno dentro un sogno. Non ti è mai
capitato? È un esperienza fenomenale.
In questo ulteriore sogno guardavo fuori dalla porta della vasca,
sul riflesso del vetro. Il quadro rifletteva l’immagine della finestra
della mia camera da letto, brillante e piena dei raggi di sole che
entravano da essa. Dopo pochi secondi la mia vista si incupisce,
e comincio a intravedere un ombra tra i raggi, un’ombra che si fa
sempre più grande fino a diventare l’ombra di un essere, un uomo,
un uomo che mi fissa. Io convinto che non possa essere niente di
pericoloso sbatto le palpebre, ma lui rimane lì… a fissarmi.
Spaventato sento il panico salire lungo la mia schiena bagnata q
uando vedo la figura avvicinarsi verso di me, mentre varca la porta
della camera da letto intenta a girare l’angolo per entrare dentro
il bagno. In quel momento prego, guardo verso l’alto. In quel momento
vedo scendere dal soffitto una massa informe, composta da braccia che
In questo ulteriore sogno guardavo fuori dalla porta della vasca,
sul riflesso del vetro. Il quadro rifletteva l’immagine della finestra
della mia camera da letto, brillante e piena dei raggi di sole che
entravano da essa. Dopo pochi secondi la mia vista si incupisce,
e comincio a intravedere un ombra tra i raggi, un’ombra che si fa
sempre più grande fino a diventare l’ombra di un essere, un uomo,
un uomo che mi fissa. Io convinto che non possa essere niente di
pericoloso sbatto le palpebre, ma lui rimane lì… a fissarmi.
Spaventato sento il panico salire lungo la mia schiena bagnata q
uando vedo la figura avvicinarsi verso di me, mentre varca la porta
della camera da letto intenta a girare l’angolo per entrare dentro
il bagno. In quel momento prego, guardo verso l’alto. In quel momento
vedo scendere dal soffitto una massa informe, composta da braccia che
vengono verso di me. Le braccia prima mi accarezzano, poi con
una presa decisa, incominciano a strangolarmi, tutte insieme.
La figura nera non è più nelle mie preoccupazioni, mentre le mani
La figura nera non è più nelle mie preoccupazioni, mentre le mani
facevano indisturbate il loro dovere.
Mi sveglio da quello strano sogno, e mi trovo sotto l’acqua nella mia vasca, privo di
Mi sveglio da quello strano sogno, e mi trovo sotto l’acqua nella mia vasca, privo di
conoscenza. Morto.
È in quel momento che mi sveglio definitivamente da quegli orri-
bili incubi. Salvo nel mio letto, che mi è ormai estraneo tanta è
stata traumatica la mia esperienza.
Affogato da mani che calano dal cielo.
Aaron,
rassicurami con le
rassicurami con le
tue parole di pace.
A presto.
Storie
Tom.
Abbandono
Sono
Tom, ho 17 anni.
La mia storia è corta dopo tutto, solo 17 anni, solo un ragazzino,
solo.
Credo che la mia storia sia iniziata con la mia nascita, no?
Tralasciando i primi anni, che ovviamente non riesco a ricordare,
passo direttamente a ciò che la memoria aveva rimosso, e che
l’esperienza dell’orfanotrofio ha stampato permanentemente
nella mia testa.
Mia madre è morta.
Mio padre? Padre?
Niente di speciale. Sono nato senza sapere cosa volesse dire avere
una famiglia, l’ho scoperto dopo, felicemente oserei dire. Si parte
dal presupposto che un bambino in un orfanotrofio stia male.
Beh, mangiavo, vivevo, giocavo, e stavo tutto il giorno con bambi-
ni della mia età. Ci sono persone che ora pagherebbero per que-
sto no? Io tutto gratis, che fortunato. Comunque non sai cosa hai,
fino a quando non la perdi, io non sapevo cosa non avevo, quindi
fino a quando non la perdi, io non sapevo cosa non avevo, quindi
non c’erano problemi, per me era quella la normalità.
Poco dopo aver compiuto cinque anni, i miei zii, saltarono fuori
dal nulla. Ora vivo con loro. O meglio sotto casa loro, nel mio
appartamento.
Mi hanno voluto bene, e volevano solo il meglio per me. Non ci
sono riusciti comunque, presumo, data la mia condizione, ma
comunque so che ci hanno provato, e credo di essere io il proble-
ma tra i tre.
Perché picchiare quel ragazzo?
E perché no?
Per un qualche senso civile?
Me lo sentivo e l’ho fatto, non puoi biasimarmi, vero Diario?
E perché no?
Per un qualche senso civile?
Me lo sentivo e l’ho fatto, non puoi biasimarmi, vero Diario?
Non puoi nemmeno darmi consigli e non puoi certamente
aiutarmi.
Lasciarsi trascinare dalla rabbia è quello che ho continuato a fare
da quando ho perso le speranze con lei, un anno e mezzo è
bastato a farmi uscire di testa, è bastato a farmi salire la rabbia
che ora mi domina, che ora mi comanda. Una sola persona è
riuscita a rovinare così tanto della mia vita, così tanto tempo
sprecato per lei, quando sapevo benissimo di dover smettere
, di dovermi allontanare. Ora l’ho fatto, e non va certo meglio, quella
finta compagnia che mi regalava ora non c’è più. Fortuna che ho
te Diario, fortuna che ho un nuovo amico, fortuna che le tue
pagine bianche non possono farmi male se non tagliandomi.
Non più quello che ero.
Non più quello che sono.
Non più quello che vuoi tu.
Non più quello che voglio io.
Il mio futuro è destinato ad essere un continuo rimpianto, un
continuo guardare indietro e pensare quanto stavo bene prima di
te, e durante te. Non c’è spazio per guardare avanti, non ne ho più.
L’hai riempito tutto.
Ed ora anche questo dannato centro di recupero. Ho solo rabbia,
ho solo problemi a gestirmi, non ho voglia di rapportarmi con
altri, se non prendendoli a pugni. Sono tutti fuori da quello che
ho vissuto, sono tutti fuori da quel che vivo.
Caro Diario,
ormai avrai capito che mi cullo tra le fasce amare del
mio ieri.
Non male come presentazione eh?
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Noah.
Rimanere
Parto a scrivere questo Diario
con la seguente premessa:
tutto questo spero venga letto da qualcuno, un giorno.
tutto questo spero venga letto da qualcuno, un giorno.
Timido, introverso e indeciso. Tre parole, tre aggettivi per me.
Non che io sia una persona che ha problemi a relazionarsi, ma
comunque mi creo grossi problemi dove altri non se ne fanno. Mi
piace parlare, a caso a volte, ma non tutti hanno la voglia o
l'intenzione di ascoltarmi purtroppo. Mi piacerebbe parlare per
ore con persone che non conosco magari, ma il loro menefre-
ghismo nel tempo mi ha mandato in pappa il cervello. Ora non
parlo, convinto di dare fastidio, sono convinto di non essere deside-
rato, non voglio essere d'intralcio, in più, in mezzo o fuori
luogo.
Le persone non se ne accorgono di come sono dentro, solo di
come sono fuori, solo di come sembro. Ho una famiglia normale,
normale nell’ambito adottivo, ma normale, normale nel senso
normale del termine, non troppo normale, non troppo poco.
NORMALE. Con i suoi problemi, e con le sue soluzioni.
Mi piace leggere, mi piace l'arte, mi piace la musica, mi piacciono
gli odori della vita. Amo i miei sensi, amo averli e amo la vita,
scoprire cose nuove è ciò che mi appassiona, cambiare continua-
mente e alla fine, rimanere sempre lo stesso.
Dentro di me sento che c'è un mondo che non riesce a uscire a
pieno. Questo Diario ha uno scopo, qualcuno lo leggerà e non ci
costruirà una sua storia sopra, semplicemente conoscerà una
persona che non riusciva a dare il suo meglio agli altri.
Per capire una persona è obbligatorio non lasciare strade, deli-
mitare, circoscrivere. La mente deve viaggiare libera, ma non
mentre legge una persona. Vivere gli altri non è arte, è storia, e io
odio la storia, ma ne capisco lo scopo e il bisogno. A ognuno il
suo.
Sono qui a causa di un incidente, non è com'è sembrato, solo che
nessuno ci crede, neppure i miei genitori. Voi che state leggendo
questo, credetemi, almeno voi, non ho fatto niente di male. Eppu-
re è facile per la gente pensare che abbia fatto quello che ho fat-
to, un ragazzo di 17 anni sorpreso fuori da una discoteca con uno
spacciatore, due più due, e via costretto a finire in un centro di
riabilitazione. Piuttosto il primo incontro è giovedì, ci diranno cosa
fare, e ci daranno altre tracce da seguire per continuare questo
Diario. E già, perché questo è tutta opera di un semplice compito
assegnato dalla nostra “guida”: “Inizierete a scrivere un Diario,
dove racconterete la vostra storia, dove vi racconterete, introdu-
cendo il motivo per cui siete qui”. Quindi, cari amici miei, non cre-
dete che abbia bisogno di una qualche compagnia, o tanto meno di un
Diario, per scrivere quello che penso. Io scrivo poesie, da
tempo ormai, e sarò felice di lasciarvene qualcuna più avanti,
magari mi verrà dato come compito giovedì chi lo sa. Fatto sta che
so perfettamente quello che voglio e quello che non voglio, solo
non riesco a comunicarlo.
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Aaron.
Domani
Finalmente ho l’occasione di scriverne uno. Ho sempre avuto il
pallino del Diario, solo che non mi sono mai impegnato, forse non
ci ho mai pensato abbastanza seriamente. Magari questa potreb-
be essere una vera e propria occasione per tirare fuori qualcosa di
nuovo.
Caro Aaron,
Mi chiamo Aaron, e ho 17 anni, tu? Sono finito a scriverti a causa
di una ragazzata. E già! Io e i miei amici siamo finiti in un brutto
giro, niente di assurdo, niente di atroce. Siamo stati beccati a
scuola, mentre fumavamo nei bagni e siamo sta
ti espulsi.
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Aaron,
caro amico, tu dirai: “E il preside ha deciso di prendere misure
caro amico, tu dirai: “E il preside ha deciso di prendere misure
così drastiche per una cosa così poco rilevante?”. Vedo che sei
intelligente amico mio, ma vedi, il problema è che non è stata né
la prima né la seconda volta. Siamo stati beccati una dozzina di
volte solo negli ultimi 3 mesi. Sono comunque d’accordo con te
nel dire che il preside è un esagerato pezzo di merda. Non solo
per il fatto di avermi espulso, nemmeno per aver chiamato tutte e
dodici le volte i miei genitori che mi hanno messo in questo casino
ora, ma perché la roba ce l’ha venduta suo figlio, che tra l’altro era
tra noi tutte e dodici le volte, ma misteriosamente lui ancora gira
tra i corridoi di quella scuola di coglioni.
Ora Aaron, aspetto tue notizie, parlami di te. Mi sembri un tipo
intelligente, creativo e simpatico. Forse un po’ troppo fissato con
l’erba, ma sono sicuro che è quella a darti quella piccola spinta in
l’erba, ma sono sicuro che è quella a darti quella piccola spinta in
più, che ti permette di creare, inventare, e stupire no?
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Aaron,
Sono felice di aver sentito la tu
a storia,
l’hai fatta proprio grossa, ma sono curioso di sapere cosa hanno in
serbo per te i tuoi genitori. I miei mi hanno costretto ad andare in
un centro per “riabilitarmi”. Sono costretto a scrivere un Diario
dove devo annotare tutto ciò che penso o che mi viene in mente,
un eden bianco pronto ad accogliere il seme d’inchiostro della
mia creatività. Sarò pazzo ma questa cosa mi eccita, solo l’idea di
avere un mio piccolo archivio dove tutto quello che ho pensato di
rilevante, in un certo periodo della mia vita, è lì a riposare, pronto
ad essere riletto, mi da alla testa.
Ti piace dipingere ho sentito? Parlami
dei tuoi lavori, degli altri
tuoi interessi, dei tuoi amori.
Aspetto con ansia la tua risposta!
P.S.
I miei problemi con l’erba sono solo un’utopia! Non sono pro-
blemi, bensì avventure!
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Caro amico,
chi ci crede nelle utopie ormai?
Tu forse?
Comunque si, amo dipingere e amavo quella scuola.
Odiavo la gente al suo interno però.
Tu forse?
Comunque si, amo dipingere e amavo quella scuola.
Odiavo la gente al suo interno però.
Sono innamorato, dell’arte e delle donne. In certi periodi della
mia vita di una in particolare, come in questo momento, si po-
trebbe quasi dire che ne sono ossessionato, solo che
non è carino da scrivere, quindi quando parlerai di me, di che sono impazzito
per una ragazza. Ha qualcosa di poetico al suo intero e di affasci-
nante la parola impazzito. Per lei mi farei chiamare con questo e
con mille altri nomi. Pazzo, Matto, Ossesso e chi è più acculturato
di me si aggiunga. Mi sento pieno di qualcosa, qualcosa che voglio
donare a lei e alle altre persone che mi stanno intorno, regalare la
gioia di vivere che ogni giorno il suo pensiero mi sovraccarica.
Sento che potrei scoppiare da
un momento all’altro, in un enorme
e colorato arcobaleno di sentimenti.
Aspetto con ansia tue notizie.
sinceramente tuo,
Aaron.
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Tom.
Che nausea…
Mi sono ucciso. Totalmente fuori posto, è tutto dove non dovreb-
be essere. Il vomito nel mio salotto, che forse pulirò domani. L’alto
livello di alcol etilico che circola nel mio sangue mi ha placato
questa sera. È questa la mia camomilla, è questo ciò che mi calma.
Bere.
Bere.
È il bere che mi fa pensare a tutto in maniera meno seria, più
spensierata. Il problema principale rimane comunque smaltirlo.
Non reggo l’alcol, un bene per il mio portafoglio, un male per il
mio fegato che riceve più liquido di quello che riesca in realtà a
sopportare. Così è costretto, facendosi dare una mano dal mio
stomaco, a restituirmi il regalo.
Sei tu la causa di tutto.
Diario, spero che tu mi capisca, lo faccio solo per dimenticarmi di
lei. Lo stesso alcol che mi brucia lo stomaco, sta bruciando le sue
foto dentro la mia testa.
Ogni sorso è un passo lontano da lei.
Ogni sorso è un passo lontano da lei.
"È facile derubare le persone,
promettere, piangere e rovinare.
promettere, piangere e rovinare.
Ti sembra facile resistere?
Sei stata quasi due anni della mia vita,
sei ancora oggi qui.
Ma ora basta,
schiava della persona che preghi di avere al tuo fianco
non riesci da sola a sopportarti.
Da sola moriresti,
schiacciata da quello che sei,
e da quello che sei stata.
Sogni una catarsi che ti guarisca.
Intromettiti di nuovo e scoppierò.
Morirò affogato dal mio senso cronico di inadeguatezza.
Mi scoppierà la testa.
Macchierò il muro."
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Noah.
Come ti senti quando quello che vuoi non è nelle tue possibilità?
Quando non puoi fare altro che ritirarti? Quando è la speranza a
svegliarti il mattino e ad addormentarti la sera?
Il tempo passa macchiando l’orologio. Si prende tutto quello in cui
avevi fiducia, ruba la tua vita. Andare avanti per un futuro miglio-
re? Credere nel domani? Dimenticarsi il passato? Perdere il presente.
Raggiungo spesso un senso di pace, svegliandomi poi mi rendo
conto della realtà che ho intorno. Mi piace l’idea di un amore
idilliaco, platonico, mi piace pensare di trovare qualcuno fatto ap-
posta per me, che abbia tutto quello che cerco. Grandi occhi
castani, capelli scuri, e tutto il resto. Non credo di avere mai
provato un sentimento simile all’amore, provare qualcosa oltre al
voglio. Il voglio uccide l’innamorato, lo rende geloso, lo rende
possessivo e lo porta al suicidio. O forse lo provo tutte le volte, e
mi spavento.
SINDROME DI SILVER
Avete mai sentito parlare della sindrome di silver? Rimani piccolo
per sempre.
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Aaron.
“Da un lato l’innamorato deve preservare la sua potenza e deve
restare impunito per poter esercitare la sua funzione benefica,
così essenziale nel romanzo, l’altro lato però contribuisce a pre-
servare la figura dominante dell’uomo. Pur proponendo la figura
dell’innamorato in una luce esemplare, non può astenersi dal
sottolineare le sue contraddizioni interne. Nemmeno lui sa cosa
aspettarsi dal forte sentimento che prova, ogni volta diverso, ogni
volta lo stesso.”
Ho visto un film l’altra sera, andiamo spesso al cinema ultima-
mente, e ho avuto tempo per pensare a me stesso. Non che non
mi piaccia il cinema, è solo che non riesco a restare concentrato a
volte. Ho ripensato a lei, in mente avevo il suo viso sorridente che
le ho visto indossare il mattino prima. Eravamo andati a fare
colazione insieme agli amici del bar sotto casa, e lei era lì con noi.
Voglio confidarti tutti i miei segreti, e non ho problemi a dirti
quello che provo. Vorrei essere il motivo dietro quel sorriso
distratto, dietro quegli occhi che vanno via via chiudendosi.
Tutto è fermo. Sono ancora al primo scalino, al primo passo.
Ancora non ci siamo toccati, non abbiamo preso tale confidenza.
Ma ora tutto sta cambiando forma, sotto i miei piedi non c’è più
terra ferma ma solo metri e metri di acqua che mi lasciano
sprofondare nel mio mare di forse e di se. Questo è un periodo
molto forte nella mia vita, tutto è amplificato.
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Abbiamo parlato per la prima volta Aaron,
è stato fantastico. Solo io e lei, ma con un discorso che non ci
apparteneva, non era di noi che parlavamo, naturalmente, non
abbiamo niente da dire su di noi, non ci fidiamo di noi. Solo io e
lei. Solo io e i suoi adorabili capelli. Solo io e le sue gambe
appoggiate su di una sedia. Solo io e le sue braccia attorno alle
sue ginocchia. “Dai, vai via” l’unica cosa che ha detto a colui che si
è intromesso, e dopo di nuovo io e lei e un universo di brulicante
vuoto intorno. Lei parlava e io ascoltavo i fiumi di parole che
scorrevano, e davo importanza a tutto ciò che vedevo in lei, a
tutto ciò che sentivo di lei. Lei parlava e io ascoltavo. Lei parlava e
io fantasticavo. Lei parlava e io mi innamoravo.
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Tom.
Sbaglio metodi? Muori!
Il troppo e il troppo poco ti stancano?!
Il troppo porta alla noia, il troppo poco crea solo rabbia, nervosismo e ira.
Ognuno è l'opposto dell'altro e viaggiano in coppia. Si abbracciano e si
Il troppo porta alla noia, il troppo poco crea solo rabbia, nervosismo e ira.
Ognuno è l'opposto dell'altro e viaggiano in coppia. Si abbracciano e si
impossessano delle due facce della medaglia. Non ho mai provato
una sensazione di rabbia così forte, l'essere inerme è una cosa
che non riesco ad accettare. Vivere questa situazione è un
continuo stress, un test sotto sforzo. Mi fa tremare le mani, mi fa
scoppiare la testa, avvelena la mia immaginazione.
Immagino le mie nocche dipinte di sangue che macchiano un
muro. Il rosso dei puntini sbava sulla parete. Non sono piccoli
cerchi, sono macchie schizzate contro la mia pazienza. Tutto deve
bruciare, deve essere raso al suolo, una campagna dopo un
incendio, le mani mi tremano, la fronte scotta, i denti stridono,
vorrei strisciare le unghie, voglio stare peggio, voglio arrivare al
vorrei strisciare le unghie, voglio stare peggio, voglio arrivare al
fondo, voglio che le mie mani smettano di tremare. Ti prego
basta, torna in te, io non posso guarire senza di te.
Ascolta la sua voce scura, di cui ti spaventa il solo sentirne parlare.
Racconta le mie paure a chiunque, lo prego di smettere:
“Per favore vattene!".
“Per favore vattene!".
"Dio non è una miniera d'oro, Dio è più in basso. Cambia di
posizione, cosa faresti se ciò che per te è giusto fosse in realtà
solo l'altra faccia della medaglia? Ho in mano una pistola, ricarico
e ti prego di restare".
Bang! Bang! Bang! I pensieri prendono piede nella tua testa, e
tutti i nodi con cui sono legati insieme sono troppo stretti per non
rompersi.
"Dobbiamo fare un patto? Fammi sapere".
Solo gli stupidi non cambiano idea, l'ipocrisia è poco più in là,
a pochi passi ma di un colore diverso.
a pochi passi ma di un colore diverso.