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Autore: incismile    17/05/2012    0 recensioni
Questa storia parla di una ragazza che va in visita ai campi di concentramento nazisti, cosa vede e cosa pensa.
Forse sono solo i miei pensieri, forse quelli di tutti.
In ogni caso, volevo scriverla, perché raccontare di queste cose è l'unico modo per non scordare quello che è successo.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Never More
Per non dimenticare

Considerate che questo è stato
Vi comando queste parole.
Coricandovi, alzandovi;
Scolpitele nel vostro cuore
[Primo Levi, Se Questo è un Uomo]

Giorno 1, Dachau

Il sole splende alto nel cielo, gli uccellini cinguettano. Sembra tutto così irreale, questa atmosfera fin troppo felice mi sembra fuori luogo. Passiamo oltre il cancello con su scritto “Arbeit Macht Frei”,”Il lavoro rende liberi”, quel cancello maledetto varcato il quale, pochi facevano ritorno. Iniziamo a girare per il campo. Le strade principali sono piene di sassi, e anche se indosso delle comodissime scarpe da ginnastica, rischio di cadere un paio di volte. Per un momento, la mia mante viaggia nel tempo, e provo ad immaginarmi come dovresse essere camminare lì sopra con degli zoccoli di legno, probabilmente di due misure diverse.
Dopo aver visitato le baracche (ne sono rimaste solo due), oltrepassiamo un canale ed entriamo nella zona grigia. Se prima c'era qualche possibilità di uscire, da questa parte di campo non c'era più ritorno.
Krematorium”, ci avverte la scritta su un blocco di pietra. Entriamo in una costruzione di mattoni rossi, che non è altro che l'edificio che contiene le camere a gas e i forni crematori. Entriamo nella camera a gas, e mi guardo intorno. E' una stanzetta piccolissima, forse poco più grande della mia camera da letto. Sul soffitto ci sono docce finte, segno che le SS volevano convincere i deportati che quella era davvero una semplice doccia. Sì, di un gas mortale. Ci sono due finestrelle di 20x30 centimetri massimo, protette da delle sbarre. La guida ci spiega che da lì facevano entrare il gas, poi dice: «Le porte, chiudete le porte!»
Sono vicina alle finestrelle di cui parlavo prima. Bene, sarò una dei primi a morire. Che bello. Per nostra fortuna, le porte non vengono chiuse, e la guida continua a spiegare. A quanto dice, la morte nelle camere a gas non è piacevole quanto spesso si crede. Intanto si impiagano circa 18 minuti, poi si muore per perdita di qualsiasi sostanza presente nel corpo, ovvero vomitando, perdendo sangue dal naso e... Beh, non voglio aggiungere altro, credo che il fatto che i deportati passassero davvero un brutto quarto d'ora prima di morire penso lo abbiate capito tutti.
Passiamo alla stanza successiva, un piccolo obitorio, dove venivano conservati i cadaveri in attesa di passare alla fase successiva. I forni crematori. Sono davvero grandi, si nota che dovevano essere usati molto. Non oso pensare al fatto che c'è gente che, lì dentro, ci è finita viva...
Quando si studia quello che è successo nei campi di concentramento sui libri di storia, si trova solo il numero dei morti e cose simili. I numeri possono dare l'idea delle proprzioni gigantesche di questi avvenimenti, ma può un insieme di cifre rendere l'idea di quello che i deportati provavno davvero?
Come può un numero far capire cosa significava veramente finire in uno di questi campi e venire trattati peggio delle bestie? I numeri non hanno sentimenti, i numeri non hanno famiglia, i numeri non provano dolore. Questo erano i deportati per le SS, dei numeri. Non commettiamo lo stesso errore
, scrivo sul mio taccuino. Sento qualcosa dentro di me, come una tristezza infinita dovuta non a tutte le persone morte lì dentro, ma al fatto che gran parte di loro non verrà mai ricordata, e il fatto che abbia combattuto fino all'ultimo respiro per sopravvivere non conterà mai niente, per gli altri.
Usciamo dal crematorio, e ci avviamo in una piccola zona nascosta dagli alberi, dove, ci spiegano, facevano le fucilazioni. C'è un piccolo canale di scolo, tra la zona dove si mettevano le vittime e quella in cui stavano gli uccisori, e se chiudo gli occhi, riesco a vedere il sangue scorrere lì come un fiume in piena. Sembra tutto impossibile, eppure non è la mia immaginazione, è successo davvero.


NOTE DELL'AUTRICE
Inizio dicendo che questa storia significa moltissimo per me. Sono andata, con altri tre ragazzi della mia classe, a vedere alcuni campi di concentramento, e se chiudo gli occhi mi tornano vive nella mente le immagini delle camere a gas, del filo spinato, dei forni crematori...
Non posso dire di aver conosciuto questi luoghi come chi ci è stato deportato, questo no, ma voglio raccontarvi quello che abbiamo visto, per non dimenticare, appunto.

  
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