Le solite giornate si erano susseguite una dietro l’altra.
Non riuscivo più a distinguere i giorni che passavano.
Ormai vedevo solo in lontananza un traguardo, come un nastro rosso da tagliare
con quelle forbici luccicanti, l’unica cosa che mi aveva permesso di alzarmi
con un sorriso sulle labbra tutte quelle mattine: l’arrivo dell’estate.
Non era forse l’unica cosa che tutti aspettano?
Un pò per il calore sulla pelle, un po’ perché per la
testa vagavano meno pensieri e un po’ per la meravigliosa vista che la spiaggia
poteva offrire. C’era l’infinito del mare e il sole che faceva capolino dalle
onde, certo, ma che dire dei ragazzi muscolosi che in costume da bagno passeggiano
sulla riva?
Sicuramente anche loro contribuiscono a rendere il paesaggio migliore di quello
che realmente è.
Alzarsi per la prima mattina senza il fastidioso suono della sveglia era stato
quasi troppo liberatorio.
Sapere di non doversi vestire velocemente per correre a scuola faceva sembrare
tutto come uno strano mondo parallelo, che si era nascosto per tutti i mesi
precedenti, durante i quali lo avevo chiamato a gran voce.
Il sole splendeva radioso fuori dalla finestra nonostante fosse ancora molto
presto e nessuno mi avrebbe vietato di andare in spiaggia quel giorno.
Mi guardo allo specchio. Anche solo
indossare il mio solito costume rosso mi sembrava fuori dalla norma, come se
fossi troppo nuda per uscire, come se improvvisamente canottiera, sciarpa e
guanti mi mancassero sul serio, nonostante li avessi maledetti durante l’intero
inverno.
Indossata una canotta colorata e dei pantaloncini di jeans che erano stati
rinchiusi nel cassetto in attesa di oggi, scendo le scale per arrivare in
salotto.
Sapevo che a quell’ora tutti dormivano in casa mia, quindi mi preoccupo solo di
cercare di fare il meno rumore possibile. Mi avrebbero perdonato di tutto ma
non se li avessi svegliati durante un giorno in cui potevano dormire fino a che
la fame dell’una non li avrebbe fatti alzare dal letto.
Lascio solo un biglietto: “Sono in spiaggia.”
Rubo le chiavi del motorino di mio fratello ed esco di casa. Forse lui si
sarebbe arrabbiato, ma in fondo ero la sua sorellina, mi perdonava sempre
tutto, o quasi.
L’aria che mi arrivava dritta sul viso, quella che mi aveva dato fastidio per
tutto l’anno, ora era come se fosse l’unica cosa che riuscisse a farmi
veramente respirare.
Sfortunatamente per me, la strada per raggiungere la spiaggia è molto breve e
sono costretta a lasciare l’aria fresca e movimentata per quella calda e afosa
che aleggiava in giro.
Parcheggiare era un vero scherzo per me, mio fratello non mi avrebbe mai
lasciato in mano il suo piccolo tesoro se non con la certezza che durante un parcheggio
non lo avrei rovinato nemmeno per sbaglio.
Così mentre stavo entrando con il motorino nel parcheggio un’altra moto mi
taglia la strada e si infila esattamente nel posto che stavo per occupare.
Scendo dal mezzo e mi precipito dal motociclista togliendomi il casco e
cominciando ad urlare. “Scusi, ma è cieco per caso. Quello era il MIO posto, ci
stavo parcheggiando IO!” Continuo a urlare fino a che lui non scende dalla moto
e si sfila il casco facendo una smorfia per il rumore che stavo facendo.
Solo in quel momento, a viso scoperto, lo riconosco, era Josh,
quel Josh, Josh Hutcherson!
No, non mi sarei scusata con lui solo perché era un viso noto. Ero testarda quando
mi ci mettevo e quella era la volta buona. Aveva rovinato la mia giornata di
perfetto relax e ora pensava di cavarsela solo perché l’avevo riconosciuto.
Avrei preteso delle scuse. Alzo le sopracciglia e incrocio le braccia in segno
di attesa. Si, le sue scuse le volevo e le avrei avute! Lui mi guarda e
improvvisamente sul suo viso si disegna un sorrisetto che avevo visto tante
volte sullo schermo ma che dal vivo faceva tutto un altro effetto. Mi aveva
fatto addirittura scordare quello che era appena successo. Il parcheggio, la
moto, le scuse; assolutamente tutto.
“Forse per scusarmi potrei offrirti qualcosa da bere, non so, una granita?”
Chiede lui con un perfetto inglese che anche se avevo studiato poco durante l’anno
riesco a comprendere senza fatica e che fortunatamente mi risposta alla realtà
da cui ero stata strappata via con un semplice suo sorriso.
Stavo per annuire senza capire bene ancora cosa avevo accettato quando mi
ricordo della moto.
“E io dove dovrei lasciare il mio motorino?” Chiedo sempre con le braccia incrociate.
Non volevo dargliela vinta in nessun modo. Lui si sposta leggermente di lato e
indica un posto libero a una moto di distanza dalla sua.
Come avevo fatto a non accorgermene prima? Che figura!
Sospiro e salgo sulla moto per parcheggiarla nel posto che lui mi aveva
indicato mentre penso che probabilmente lui in quel preciso momento se la sta
svignando il più lontano possibile da me: la pazza isterica che gli ha urlato
contro per un posto quando ce ne era un altro a poca distanza.
Quando scendo nuovamente dalla moto pronta ad andare in spiaggia e stendermi
sul lettino cercando di dimenticare il pessimo inizio di giornata, invece lo
trovo lì, sul marciapiede, in piedi, ad aspettarmi con un sorriso sulle labbra
che avrei scoperto non si sarebbe cancellato per tutto il pomeriggio che avrei
passato con lui.
Per il buon non-compleanno della mia piccola Haymitch
<3