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Autore: Kyoya Ootori    20/05/2012    3 recensioni
Quella mattina sull’Olimpo Zeus ed Era litigavano come al solito di questioni futili; la motivazione dell’alterco era cosě banale che gli altri dči, che di solito intervenivano con una battuta o una risata prendendo posizione, non si erano nemmeno degnati di considerarli.
"Ingrata io? Io? Come osi dare dell’ingrata alla madre dei tuoi figli?" gli altri dči ridacchiarono sommessamente: Era non era esattamente la madre di tutti i figli di Zeus, ma non era il caso di farlo notare, in quel momento.
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli alterchi dell’Olimpo – Nomi.

Quella mattina sull’Olimpo Zeus ed Era litigavano come al solito di questioni futili; la motivazione dell’alterco era cosě banale che gli altri dči, che di solito intervenivano con una battuta o una risata prendendo posizione, non si erano nemmeno degnati di considerarli, suonando chi la lira, chi bevendo un bicchiere di vino, chi pettinandosi i capelli (Afrodite era molto vanitosa).
In quel periodo particolarmente delicato della storia dell’uomo i latini stavano pian piano inglobando, con una battaglia dopo l’altra, tutto il mondo allora conosciuto, assimilando alla loro a cultura anche alcuni elementi delle altre, come ad esempio le divinitŕ venerate dai greci. Per  gli dči dell’Olimpo, il cui culto, con l’ascesa al potere di Alessandro Magno, era stato messo un po’ da parte, era stata una vera e propria fortuna, secondo Zeus. Era la pensava diversamente.
<< Non cambierň il mio nome per quel branco di CANI discendenti da quel codardo di Enea! >> urlň al marito, incrociando le braccia al petto con fare sdegnoso.
<< Sciocca di una dea, dovrebbe essere un onore per te entrare a far parte della cerchia degli dči venerati dai Romani! Sei un’ingrata!>> le gridň lui, sollevando il pugno in aria, imponendosi su di lei.
<< Ingrata io? Io? Come osi dare dell’ingrata alla madre dei tuoi figli? >> gli altri dči ridacchiarono sommessamente: Era non era esattamente la madre di tutti i figli di Zeus, ma non era il caso di farlo notare, in quel momento.
<< I “bambini” sono cresciuti ormai, sapranno accettare la veritŕ. >> rispose il re degli dči,  recuperando il proprio contegno, essendosi accorto delle risatine che, comuni, serpeggiavano  fra le bocche di tutti i presenti.
<< Cosě come tu accetterai di avere una moglie che non vuol cambiar nome! >> rispose prontamente lei, dandogli le spalle per dirigersi poi verso le sue stanze e chiudervisi a tempo indeterminato.  Zeus sospirň, scuotendo il capo, rassegnandosi al fatto di doverla seguire e recitare la parte del buon padre degli dči e marito paziente: << Quella sciocca … Le farň consacrare le oche, pria o poscia! >> borbottň, aggiustandosi la tunica sulla spalla. Ritrovandosi di fronte alla grande porta di legno bussň con calma per tre volte, iniziando la sua opera di convincimento con una battuta: << Orsů, moglie mia, non vorrai che ti leghi alle Colonne d’Eracle! >>
<< L’hai fatto tante di quelle volte che ormai ho i polsi e le caviglie piů resistenti di tutta la Grecia! Dovrebbero dedicarmi una statua o un tempio! >> A quel punto, Zeus capě di dover giocare d’astuzia.
<< E lo faranno, moglie mia, lo faranno sia i Greci che i Latini! E il ricordo della splendida Giunone, degna consorte di Zeus, sopravvivrŕ ai pagani, me l’ha detto il Signore, quel simpatico e paziente vicino del piano di sopra che sembra essere sempre ovunque!>>
Era non rispose, Zeus capě che stava per persuaderla. << Non dovrai cambiare nome, solo accettarne un altro. Verrai onorata e ricordata dai Latini come Giunone e dai greci come Era. Questi Romani non straziano le popolazioni che conquistano, le inglobano e anzi, prendono spunto dalla loro cultura per arricchirsi. >> Continuň, appoggiando il palmo della grande mano sulle nervature del legno. Le porte si aprirono ed Era, sospirando, si avvicinň a lui per abbracciarlo: << E sia, ma gradirei che rispettassero il mio culto precedente. Non voglio ritrovarmi a fare la dea dell’agricoltura! >>
Dementra, nell’altra stanza, sbuffň stizzita.
<< Sono sicuro che sapremo venirci incontro, noi e i mortali. >> Zeus le carezzň il morbido capo castano chiaro, poggiandovi sopra un bacio. Per una volta, non avrebbe dovuto scomodare Efesto.

Una storiella senza troppe pretese, scritta per far ridere. Gradite le recensioni!
Kyoya
   
 
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