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Autore: Cicci 12    22/05/2012    1 recensioni
"- Avanti amore, dormi. –. Fosse per la mia piccola Rachel, io e sua madre non dovremmo mai dormire. Fisso i miei occhi azzurri in quelli altrettanto chiari della piccola che tengo in braccio, mentre non posso fare a meno di tornare con la mente a quel giorno in cui avevo conosciuto sua madre. Sembra passato un giorno, invece sono ormai 9 anni. Però ricordo ancora il giorno esatto: era l’11 luglio 2010…" Ho pensato di riprendere la mia one-shot "Un incontro che può cambiarti la vita" presentandovela però dal punto di vista di Robert. :) Quali sono stati i suoi pensieri? Come si è sentito? Buona lettura. Cicci 12
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un incontro che può cambiarti la vita POV Robert

Un incontro che può cambiarti la vita  POV Robert

Un incontro... POV Rob

 

- Avanti amore, dormi. – imploro mia figlia a bassa voce, mentre continuo a passeggiare su e giù per la sua cameretta.

Fosse per la mia piccola Rachel, io e sua madre non dovremmo mai dormire.

E questa sera purtroppo, tocca a me farla addormentare.

Fisso i miei occhi azzurri in quelli altrettanto chiari della piccola che tengo in braccio, mentre non posso fare a meno di tornare con la mente a quel giorno in cui avevo conosciuto sua madre.

Sembra passato un giorno, invece sono ormai 9 anni.

Però ricordo ancora il giorno esatto: era l’11 luglio 2010…

 

- È mai possibile che con ben 3 macchine, non riesca mai ad usarne una io? E poi dicono casa dolce casa.- mi lamentai uscendo dalla casa dei miei genitori, mentre mia madre rideva divertita.

Ero tornato a Londra ormai da un mese e nonostante avessi un appartamento tutto mio, passavo la maggior parte del mio tempo libero a casa dei miei; la cucina della mamma è sempre la migliore.

Contando soprattutto il fatto che se avessi vissuto per conto mio i miei pranzi sarebbero stati tutti a base di tramezzini, e mamma Pattinson non poteva accettare una cosa del genere per il suo bimbo.

Già, mamma Pattinson: la mamma di quello che le riviste chiamavano “il vampiro del secolo”.

O forse avrei dovuto dire mamma Cullen, visto che ormai non ero più Robert Pattinson, ma Edward Cullen.

Fico, doppia identità!

No, solo una gran rottura; ma era il lavoro che mi ero scelto, e dovevo sopportare.

Certo, ero tornato a Londra per girare “Bel Ami”, ma nessuno si sarebbe poi ricordato di me come Georges Duroy, ma sempre e solo come Edward Cullen.

Ero segnato!

Mi accesi una sigaretta e mi diressi verso la fermata dell’autobus più vicina.

Il marciapiede era colmo di gente, ma fortunatamente, almeno a “casa”, nessuno sembrava interessarsi a me.

Ma guarda come mi devo ridurre io che a Los Angeles ho più di 2  macchine, pensai fissando gli orari dei bus.

Non che volessi vantarmi di una cosa del genere, ma prendere un autobus nel traffico di Londra mi faceva impazzire.

- Robert?- sentii improvvisamente sussurrare una voce accanto a me.

Per un momento pensai di essermela immaginata, tanto era stato basso il tono, ma quando mi voltai vidi una ragazza poco lontana da me, che mi fissava chinata in avanti, lo sguardo rivolto verso l’alto per guardarmi in faccia.

Era carina, aveva occhi e capelli scurissimi, ma in quella posizione era davvero troppo buffa.

Dopo pochi secondi sembrò riprendersi e si rimise in posizione eretta tossicchiando.

- Ehm, scusa, volevo accertarmi che fossi tu. Pensavo di avere le allucinazioni.- tentò di giustificarsi, continuando ad usare un tono di voce appena percettibile.

- Perché parli sottovoce?- le domandai, senza riuscire ad impedire che un sorriso incurvasse le mie labbra, cercando di mitigare così la mia voglia di ridere divertito; non mi sembrava educato.

- S-scusa, pensavo che così nessuno si sarebbe accorto di te…- mi spiegò lei, parlando con un tono normale, mentre un adorabile rossore le imporporava le guance.

- Capisco. Ma puoi stare tranquilla, qui nessuno mi assale. Forse perché sono a casa.- la rassicurai, inclinando la testa da un lato.

Lei rimase immobile, senza più dire una parola, ma continuando a fissarmi con i suoi occhi incredibilmente profondi.

Mi passai una mano tra i capelli, imbarazzato, quando la vidi sbattere le palpebre, imbarazzata a sua volta.

- S-scusami.. f-forse è… è meglio se vado. Ciao.-

La vidi voltarsi per allontanarsi, ma mi resi improvvisamente conto che non volevo che se ne andasse.

- Ehi, aspetta. Non mi hai detto come ti chiami.- richiamai la sua attenzione.

La vidi voltarsi lentamente, come se non fosse ben sicura del fatto che le avessi rivolto nuovamente la parola.

- A-Andrea.- farfugliò, mentre continuavo a guardarla divertito.

- Piacere di conoscerti, Andrea. Non sei inglese, vero?- le domandai continuando a sorridere.

- No, sono italiana.-

- E cosa ti ha portato a Londra?-

- Un viaggio di piacere.-

Vidi nuovamente le sue guance diventare rosse, senza capire bene il perché.

- Ho da poco finito gli esami e mi sono concessa un po’ di relax.- aggiunse, mettendosi un ciuffo di capelli dietro un orecchio.

- Sei da sola?- le chiesi curioso.

Dannazione Rob, così penserà che hai in mente chissà cosa, mi rimproverai mentalmente, ma lei sembrò non farci caso.

- Sì. Diciamo che sono qui anche per… migliorare il mio inglese.-

- Già ottimo.-

Ancora quel rossore: forse dovevo smetterla di farle domande.

- Ho un collega di mia madre che mi da una mano, ma sono da sola.-

- Capisco.- risposi semplicemente, senza sapere cosa aggiungere.

Calò un silenzio imbarazzante; la vidi guardarsi intorno, mentre io non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso: c’era qualcosa che mi attraeva in lei, anche se non sapevo bene cosa.

- Dannazione, è tardissimo.- imprecai improvvisamente avendo gettato uno sguardo all’orologio; Stephanie mi aspettava per discutere di alcuni appuntamenti che avevo in settimana ed ero in super ritardo.

- Scusami, ma devo proprio scappare.- le spiegai riportando lo sguardo sulla ragazza che mi stava davanti.

Come aveva detto di chiamarsi? Ah si, Andrea.

Un bel nome.

- Si, certo, capisco. È… è stato… bello incontrarti.-

- Quanto resti a Londra?- le chiesi dopo qualche secondo di titubanza.

- Sei giorni.- rispose.

- Bè, allora forse ci incontreremo di nuovo. Londra non è poi così grande come sembra. Ciao Andrea. Anche per me è stato… bello incontrarti.- la salutai, riprendendo le sue stesse parole.

Mi voltai per allontanarmi quando fu lei a fermarmi questa volta.

- Robert.-

Mi girai curioso, fissando i miei occhi azzurri in quelli color pece di lei.

- Potresti… potresti indicarmi la direzione per Oxford Street?- chiese titubante.

Questa volta non riuscii ad impedirmi di scoppiare a ridere, prima di riportare il mio sguardo su di lei.

- Prosegui fino alla fine di questa via, poi gira a destra. Fai circa 200 metri e ci arrivi.-

- G-grazie mille.-

Le rivolsi un ultimo cenno di saluto poi mi allontanai da lei, lasciandola sola in mezzo al marciapiede.

Presi un autobus alla fermata dopo; preso com’ero dalla conversazione con quella ragazza mi ero completamente dimenticato di essere senza macchina.

Mentre il doble bus percorreva le vie di Londra, non potei impedire alla mia mente di tornare a quella strana giovane, al pensiero di come mi aveva “abbordato”, se così si può dire, e di come era evidentemente imbarazzata nel parlare con me.

Ma la domanda vera era un’altra: perché non riuscivo a togliermela dalla testa?

 

* * *

 

Erano passati ormai 2 giorni dal mio incontro con quella giovane italiana, Andrea, eppure mi ero ritrovato più di una volta a ripensare a lei, a casa durante la cena, tra una pausa e l’altra durante le riprese, al pub con gli amici la sera prima, e ancora non riuscivo a spiegarmi cosa mi fosse successo.

Mi allontanai dal set delle riprese dirigendomi verso Victoria Street; per quel giorno il lavoro era finito ed avevo un enorme bisogno di caffè.

Non mi stupii della confusione che trovai allo Starbuck, ero ormai abituato alla cosa.

Mi misi in fila ad aspettare il mio turno, quando vidi l’uomo poco più avanti di me urtare la ragazza che gli stava dietro, la quale inevitabilmente mi urtò a sua volta.

Il mio cuore aumentò improvvisamente i battiti per alcuni secondi quando mi resi conto che si trattava di Andrea.

- Oh, scusa.- mi disse voltandosi appena verso di me.

- Tranquilla. Qui dentro è impossibile non pestarsi a vicenda.- la rassicurai sorridendole.

Quando si accorse che ero io, i suoi occhi neri si spalancarono increduli, mentre io ancora una volta non potei fare a meno di pensare quanto fosse adorabile.

- Ehi, ci ritroviamo. Te l’avevo detto che Londra non è poi tanto grande.- aggiunsi facendole l’occhiolino, cercando di rompere il ghiaccio.

- G-già.. Ciao.- mi salutò lei, mentre l’ormai noto rossore le ricopriva le guance.

Finalmente giungemmo entrambi al bancone, così mi rivolsi nuovamente a lei.

- Cosa prendi?-

- Un caffè.- mi rispose lei senza capire.

- Due caffè… grandi.- aggiunsi guardandola con la coda dell’occhio come a cercare conferma.

- Enormi direi.- mi corresse lei facendomi sorridere.

Quando finalmente si rese conto di quali erano le mie intenzioni cercò di fermarmi.

- Oh, no, non se ne parla.-

- Non divento povero per un caffè.- le feci notare, allungandole il suo bicchiere grande, dopo aver pagato la cassiera.

- Non mi interessa.- continuò senza desistere, estraendo il portafoglio dalla borsa.

Le posai una mano sulla sua per fermarla, e mi sembrò quasi che un piccolo brivido le percorresse il corpo.

Sarà stata un’impressione, pensai ritirando però la mano.

- Questo lo offro io e non accetto rifiuti.- insistetti.

- Ok.- sospirò infine rassegnata, mentre cercavamo di farci largo tra la folla per uscire.

- Amante del caffè?- le chiedi curioso, mentre finalmente assaporavamo l’aria pomeridiana di Londra.

- Drogata vorrai dire.-

- Ahahahah!! Quanto ti capisco.- risi io, notando di averla finalmente fatta sorridere.

- Visto, abbiamo già una cosa in comune.- le feci poi notare.

- Già, l’ho sempre pensato anche io.- rispose lei, prima di arrossire di nuovo; pensai divertito che forse aveva detto qualcosa di troppo.

Camminammo per un po’ senza più dire niente; giungemmo in St James’ Park immersi in un silenzio quasi imbarazzante, quando decisi di romperlo.

- Ci sendiamo?- le chiesi, indicando una panchina a pochi metri da noi.

La vidi guardarsi intorno come se non si fosse accorta di dov’eravamo arrivati e si dovesse un attimo riambientare.

Chissà a cosa stava pensando prima che la interrompessi.

Mi sarebbe piaciuto tanto saperlo.

- Non so…- rispose lei titubante, dopo aver lanciato una rapida occhiata all’orologio che aveva al polso.

- Hai da fare?-

- No, no, assolutamente, però magari tu…-

- Non ho niente da fare, tranquilla.- dissi, scuotendo la testa e sorridendo; che carina, si preoccupava anche per me.

O forse era troppo in imbarazzo per restare in mia compagnia?

Mi sedetti sulla panchina di ferro, imitato subito dalla ragazza che era con me; continuava a sorseggiare il suo caffè lentamente, come a voler prolungare il piacere di quel calore.

- Stai girando “Bel Ami”, vero?- disse improvvisamente dopo qualche secondo di silenzio, facendomi sobbalzare.

- Esatto, anche se siamo ormai alle battute finali. Non manca molto.- le risposi sorridendo.

In effetti eravamo in perfetto orario sulla tabella di marcia e mancava circa una settimana alla fine delle riprese, poi me ne sarei tornato in America per iniziare con quelle di “Breaking Down” a Vancouver.

- Sono… sono proprio curiosa di vederlo.- aggiunse Andrea quasi sussurrando.

- Sei una fan della Twilight Saga?- le chiesi all’improvviso, facendola quasi soffocare con il caffè che aveva appena bevuto

- Cosa?- esclamò sputacchiando leggermente; lo ribadivo, era proprio buffa.

- Ehi, calmati, era una semplice domanda.- le dissi ridendo.

- In effetti si.- rispose infine, senza guardarmi negli occhi.

- Hai visto i film?-

- S-sì..-

- E cosa ne pensi?-

Continuò a fissarmi senza rispondere, come se mi vedesse per la prima volta; cominciavo a pensare che fosse completamente pazza.

E forse era per quello che mi piaceva tanto.

- Ehi, non guardarmi con quella faccia. La maggior parte dei commenti delle fans sono tutti per Edward, ma tu mi sembri abbastanza razionale da darmi un buon giudizio sui film, in qualità di fan.- cercai poi di spiegarle.

- Bè, io li ho trovati molto… azzeccati. Twilight… bè, Twilight è Twilight, non c’è molto da dire. Anche se penso che Edward avrebbe dovuto essere un po’ meno cotonato.-

- È quello che penso anche io.- commentai, indossando un finto broncio e facendola ridere di nuovo; mi piaceva tanto quando rideva.

- New Moon è stato perfetto. Il regista ha fatto davvero un ottimo lavoro, era molto fedele al libro e la cosa mi è piaciuta parecchio. Eclipse… bè, l’ho appena visto, per farmi un’idea buona devo vederlo almeno altre 5 volte. Però anche quello mi sembra molto bello. Scusa, a volte straparlo.- aggiunse infine arrossendo, forse notando che la stavo guardando divertito.

- Non ti devi scusare. Mi fa piacere sapere il tuo parere.-

- Ti prego, cambiamo argomento. Se ci mettiamo a parlare di Twilight non smetto più.-

Così parlammo di tante cose, sempre seduti su quella panchina, mentre il sole cominciava a sparire dietro gli alberi del parco, quando guardando l’orologio mi accorsi che era tardissimo; mamma mi aspettava per cena e nonostante i miei 24 anni ero sicuro che si sarebbe preoccupata se non mi avesse visto tornare in orario.

- Si è fatto tardi, devo andare.- la avvisai quindi guardandola; possibile che quando ero con lei mi dimenticavo di tutto e di tutti?

- Certo. Grazie per il caffè.- mi disse, sollevando il bicchiere che teneva ancora stretto in una mano, ormai vuoto.

- Prego.-

Continuai a guardarla, senza sapere bene cosa e se aggiungere qualcosa.

Avanti chiedile il numero senza tante storie.

Ma se poi pensa male?

Ma cosa vuoi che pensi male? Non aspetta altro.

Si, avevo proprio la sensazione che stessi impazzendo: ora litigavo anche con me stesso.

- Perché non mi lasci il tuo numero? Così potremmo sentirci ogni tanto, senza doverci incontrare per  caso.-

Mi sembrò di scorgere un piccolo sussulto da parte sua, mentre io estraevo il cellulare dalla tasca e glielo porgevo per farle scrivere il suo numero.

Questa volta ero sicuro di vedere le sue mani tremare leggermente mentre afferrava il mio iPhon: davvero le facevo quell’effetto strano?

- È Patty?- mi chiese poi, forse notando la foto della mia cagnolina bianca che avevo impostato come sfondo.

- Eh, già. La porto sempre con me.- risposi io, passandomi una mano tra i capelli in disordine: quella ragazza aveva il potere di farmi imbarazzare una volta sì e l’altra anche.

Cominciavo davvero a pensare di avere qualche strana malattia.

La vidi digitare il numero per poi rendermi il cellulare

- Devo proprio scappare. Ti faccio uno squillo. Ciao Andrea.- la salutai, finalmente alzandomi ed allontanandomi verso casa mia, mentre mi portavo il cellulare all’orecchio.

Feci uno squillo poi rimisi il telefono nella tasca dei pantaloni, mentre aumentavo il passo.

Come previsto quando arrivai a casa mia madre mi fece il terzo grado: ero in ritardo di ben 5 minuti.

Ma che ci potevo fare, la mamma è sempre la mamma.

- Ti vedo un po’ distratto ultimamente. C’è qualche problema con il lavoro?.- mi chiese preoccupata, mentre anche noi raggiungevamo il resto della famiglia a tavola.

- No, mamma, tranquilla, va tutto bene.- cercai di tranquillizzarla, mentre infilavo in bocca il primo pezzo d’arrosto.

- Mmmh.. secondo me c’è di mezzo una ragazza. – mi prese in giro Lizzy, facendomi l’occhiolino.

La guardai per un secondo, per poi tornare al mio piatto senza rispondere; avevo la terribile sensazione che una volta tanto mia sorella avesse proprio ragione.

 

* * *

 

- Ok, per oggi basta così ragazzi. Ci vediamo domani mattina alle 7. Puntuali mi raccomando.- ci disse Nick, uno dei registi, alzandosi dalla sua postazione.

- Così presto?- si lamentò Christina afferrando una bottiglietta d’acqua da una delle assistenti.

- Dai ragazzi, tenete duro, sono gli ultimi giorni.- cercò di risollevarci il morale Declan, l’altro regista.

Già peccato che appena torno in America mi aspettano altre levatacce di questo tipo, mi ritrovai a pensare, mentre mi dirigevo verso il mio camerino.

Quando vi entrai guardai il cellulare che avevo lasciato vicino alla maglietta.

Lo faccio o non lo faccio, lo faccio o non lo faccio… o al diavolo, pensai afferrando l’iPhon e cercando il suo numero nella rubrica.

- Pronto?- sentii rispondere dall’altra parte.

- Ehi, Andrea, sono io. Dove sei?- le chiesi, mentre quasi mi sentivo emozionato nel sentire la sua voce.

- A James Park, perché?-

- Non muoverti, ti raggiungo.- e senza aggiungere altro, chiusi la chiamata.

Mi cambiai e lavai in tutta fretta, per poi uscire sfrecciando dagli studi.

- Ehi Rob, dove scappi? Non vieni con noi a bere qualcosa?- mi chiese Uma, vedendomi passare di corsa.

- No, ragazzi, scusate, ho un impegno. Sarà per un’altra volta. Grazie lo stesso.- risposi io sorridendo alla mia collega, ma senza fermarmi.

Camminai veloce per le vie di Londra, arrivando finalmente a St. James Park; entrai guardandomi intorno, quando la vidi distesa sotto uno degli alberi, immersa nella lettura.

- Rob. Mi hai fatto prendere un colpo.- mi rimproverò quando mi sdraiai accanto a lei senza farmi sentire, mentre si portava una mano al petto chiudendo gli occhi.

- Scusa.- risposi io, sogghignando.

- Avevi bisogno?- chiese poi, guardandomi attentamente.

- No. Sono in pausa dal lavoro e avevo voglia di vedere qualcuno che non fosse un truccatore, un costumista, un regista o chiunque altro che avesse a che fare con il mondo del cinema.- le risposi, distendendomi e perdendo lo sguardo tra le fronde degli alberi sopra di me.

- Anche a te piace leggere all’aria aperta?- le chiesi poi, voltandomi nuovamente verso di lei.

- È una delle tante cose che adoro di Londra. In Italia non ci sono posti come questo.-

Parlammo di tutto e di più, senza più renderci conto del tempo che passavo; non mi chiese niente del mio lavoro, non volle sapere niente dell’attore Robert Pattinson, ma mi ascoltò parlare del ragazzo Rob, come se fossimo amici da sempre.

Ma non potevo certo immaginare cosa sarebbe successo di lì a pochi minuti.

Non ricordo assolutamente cosa mi avesse fatto reagire, ricordo solo le mie mani che si avvicinavano ad Andrea ed iniziavano a farle il solletico.

- No, Robert, tutto ma non il solletico.- mi riprese, alzandosi in ginocchio.

- Oh, oh, ho scoperto il tuo punto debole.-

- No, Rob, Rob…- mi supplicò lei, ma non fece in tempo a sottrarsi alla tortura, ero più veloce di lei.

Ci rotolammo sull’erba ridendo come matti, mentre vedevo le lacrime scendere dai suoi occhi.

Dopo pochi minuti mi fermai per farle riprendere fiato.

- Ti odio sai?- mi rimproverò asciugandosi gli occhi e prendendo grosse boccate d’aria.

Quando si voltò verso di me, potei sentire il suo dolce respiro sulle mie labbra, i nostri nasi si sfioravano quasi per la vicinanza.

Fissai i suoi occhi neri, profondi e bellissimi, mentre vedevo che anche lei mi scrutava, le nostre mani ancora intrecciate.

Poi successe tutto in un secondo, senza più riuscire a trattenermi posai le mie labbra su quelle morbide e rosse di lei; fu un contatto breve, lei si ritrasse subito, gli occhi spalancati

- No…- sussurrò piano, scostandosi da me.

Si alzò in piedi, raccogliendo in fretta le sue cose, cercando di tenere tutto in mano.

- Scusami, devo andare.- disse poi cercando di allontanarsi, ma non potevo permettere che se ne andasse via così, senza dirle niente.

- Aspetta.- la fermai, afferrandola per un braccio.

Si voltò nuovamente, mentre il mio sguardo esprimeva tutto il dispiacere che provavo: non sapevo cosa mi fosse preso, era stato più forte di me.

Le sue labbra dolci mi avevano attratto come un ape col miele e non avevo avuto la forza di fermare il mio corpo che si era proteso verso di lei per quel rapido ma intenso contatto.

- Devo… devo raggiungere il collega di mia madre che mi aspetta. Ciao. – aggiunse, per poi allontanarsi e lasciarmi da solo in mezzo al parco.

Avevo la sensazione di aver rovinato tutto.

E se davvero così fosse stato, non me lo sarei mai perdonato.

 

* * *

 

Che diavolo avevi in mente Robert? mi domandai furioso con me stesso, camminando su e giù per la stanza senza sapere bene cosa fare.

Il giorno prima, dopo quello che era successo con Andrea, me n’ero tornato a casa e non avevo rivolto la parola a nessuno per tutta la serata, tanto che perfino mia sorella Lizzy aveva cominciato a preoccuparsi.

Ma cosa mi era saltato in mente? La conoscevo da 3 giorni e io, come se niente fosse, l’avevo baciata.

Certo, era una cosa che desideravo fare dal primo momento in cui l’avevo incontrata, ma questo non mi giustificava.

Sapevo a cosa aveva pensato, cosa le era passato per la mente in quei pochi secondi: che la stavo prendendo in giro, che tra di noi non ci sarebbe mai potuto essere niente, che appartenevamo a due mondi troppo diversi…

Ed erano cose vere, o almeno lo erano relativamente, perché io ci tenevo davvero a lei.

La conoscevo da troppo poco, lo sapevo, ma c’era stato qualcosa in lei che mi aveva attratto subito e non sapevo bene nemmeno io come ma era scattato qualcosa in me quando l’avevo vista 4 giorni prima.

Sentii bussare alla porta della mia camera, e con un brontolio invitai l’ospite ad entrare.

- Ehi fratellino, tutto bene?-

La solita sorella rompi balle, ma in quel momento dovevo ammettere che forse mi avrebbe fatto bene parlare un po’ con lei; nonostante ci punzecchiassimo di continuo mi fidavo di lei ed eravamo sempre stati molto uniti.

- Sono un idiota.- risposi semplicemente, senza voltarmi verso di lei.

- Dimmi qualcosa che non so.- disse ironicamente lei, guadagnandosi un’occhiataccia da parte mia.

- Ok, come non detto. Avanti, dimmi cos’è successo.- si corresse, sedendosi sul mio letto ed invitandomi a fare altrettanto.

Le raccontai tutto per filo e per segno, dal momento in cui avevo incontrato Andrea al bacio della sera prima.

- L’avevo detto io che c’è di mezzo una ragazza.- commentò lei, alla fine del racconto.

- C’era direi. Dopo ieri sera non so nemmeno se mi vuole più vedere.- risposi io, torturandomi le mani e fissando un punto davanti a me.

- Avanti non essere così drastico. Se ha reagito in quel modo vuol dire che le interessi.-

- Ma se anche fosse, se ora non vuole più vedermi la cosa non mi consola molto.-

- Lo dici tu che non vuole più vederti. Noi donne siamo complicate, devi prenderci con i guanti.-

- Si questo l’avevo capito.- dissi, guadagnandomi uno scappellotto.

- Comunque sia non mollare, sono sicura che anche lei in questo momento sta pensando a quello che è successo. Forse è confusa, sai meglio di me cosa comporta stare accanto a quelli come te.-

- Già, come se avessimo malattie strane.- commentai ironicamente.

- Hai capito cosa intendo.- aggiunse lei, alzando gli occhi al cielo.

- Si tranquilla.- dissi io, sorridendole: mi aveva fatto bene parlare con lei.

- Chiamala e invitala fuori a cena. Domani parte no?- mi consigliò Lizzy dopo qualche secondo.

- Pensi che accetterebbe?-

- Se davvero le interessi, non vorrà tornarsene in Italia senza averti rivisto.- rispose lei, strizzandomi l’occhio.

Si alzò per lasciare la mia stanza, mentre io prendevo il cellulare, quando decisi di fermarla.

- Ehi Liz.-

- Mmmh?-

- Grazie sorellina.-

- Dovere.- rispose lei sorridendo e chiudendosi la porta alle spalle.

Mi portai l’iPhone all’orecchio aspettando ed incrociando le dita.

- Pronto?- rispose finalmente.

- Ehi, credevo non rispondessi.-

- Scusa, non avevo sentito il telefono. Dimmi.-

Era la verità o davvero non avrebbe voluto rispondermi?

Troppe domande, Rob, dacci un taglio.

- Che ne dici se ti porto fuori a cena?-

- Io… non so…- rispose Andrea dopo pochi secondi.

- Senti, se è per quello che è successo ieri pomeriggio… mi dispiace, non avrei dovuto farlo, ho sbagliato. Ma sarà una semplice cena tra amici, niente di più. Domani parti, giusto?-

- Sì.-

- Voglio salutarti. Non voglio farti tornare in Italia senza averti detto un “Ciao” decente.-

Mi resi conto dal suo silenzio che stava soppesando la proposta, quando finalmente sentii quello che volevo.

- Ok.-

- Perfetto. Vengo a prenderti alle 20.-

- D’accordo. Aspettami fuori dal mio albergo che ti raggiungo. A dopo.-

Chiusi la chiamata e sorrisi sollevato: ancora una volta mia sorella mi aveva dato un buon consiglio.

Avvisai mia madre che quella sera non sarei stato a casa a cena ed andai a farmi una doccia.

Mi vestii con cura e mi diressi a passo tranquillo verso il suo albergo: non volevo arrivare troppo in anticipo, avrei fatto la figura dell’idiota, ma non ce la facevo più a restare in casa.

Arrivai sotto al suo albergo con 10 minuti di anticipo, così mi appoggiai ad un albero e mi accesi una sigaretta.

- È molto che aspetti?- sentii improvvisamente una voce accanto a me.

Mi voltai piano, assaporando la sua presenza, ed osservando il suo dolcissimo corpo fasciato da una gonna bianca, con canottiera nera e giacchetta beige, il tutto accompagnato dai sandali bianchi dal tacco abbastanza alto.

- No tranquilla.- le risposi poi sorridendole.

Trascorremmo una cena tranquilla, in un ristorante carino non molto lontano dal centro; una semplice cosa tra amici, come le avevo promesso.

Ma nemmeno io sapevo per quanto potevo ancora resistere.

Usciti dal ristorante le proposi di fare un giro per il centro di Londra, finchè giungemmo sul Westminster Bridge.

Le luci che illuminavano il London Eye si specchiavano nel Tamigi, mentre il grande orologio del Parlamento si stagliava alle nostre spalle.

- A cosa stai pensando? – le chiesi dopo un pò con voce roca, notando lo sguardo perso a contemplare una barca che navigava veloce lungo fiume.

- Ancora una volta mi sono affezionata a questa città. Sarà dura partire domani.- mi rispose sospirando.

- Ti sei affezionata solo alla città?- le domandai, avvicinandomi pericolosamente a lei da dietro.

Non riuscivo più a starle distante, a trattarla come una semplice amica: le mie labbra avevano fame di lei.

Si voltò verso di me, mentre i nostri visi si trovarono vicinissimi ancora una volta, sentivo il suo respiro affannato su di me.

- Rob…- mi sussurrò, ma la zittii prontamente.

- Sssh..-

La distanza tra di noi si annullò, mentre appoggiavo la mia bocca su quei dolci petali, che dopo poco si schiusero permettendomi di entrare, per gustare il suo sapore.

Questa volta non mi respinse, e gliene fui grato, perché non avrei più voluto lasciarla andare, avrei voluto restare in quella posizione per sempre.

Dopo pochi secondi, tuttavia, mi allontanai di pochi millimetri, per permettere ad entrambi di riprendere fiato.

- Robert..- provò Andrea, ma ancora una volta la fermai.

- Aspetta, Andrea…-

- Andy.-

- Come?- chiesi stupito allontanandomi da lei quel tanto che bastava per guardarla nei suoi bellissimo occhi neri.

- Andy. Mi chiamano Andy.-

- Andy.- mi corressi divertito. - So cosa stai pensando. Che ti sto usando, che non potrà mai esserci niente tra di noi, che apparteniamo a due mondi troppo diversi… e hai ragione. Almeno in parte.- mi affrettai ad aggiungere, quando vidi la sua espressione.

- Non mi sto prendendo gioco di te. Su questo sono sicuro. Desideravo baciarti fin da quando hai sussurrato il mio nome, piegata su te stessa, 4 giorni fa. Mi hai colpito subito. Non so in cosa, ma sei diversa da tutte le altre che ho incontrato. Forse anche perché non mi sei saltata addosso appena mi hai visto.- continuai facendola finalmente ridere.

- Ma è vero, apparteniamo a due mondi diversi, viviamo lontani. Non voglio trascinarti nel mio mondo di matti, non voglio obbligarti a sopportare tutti i giorni orde di paparazzi e di ragazzine impazzite, pronti a far di te carne da macello. Ma lo ripeto e non finirò mai di farlo; mi sei entrata dentro e non voglio lasciarti uscire. Non voglio dimenticarti.-

Dissi tutto quello con la mia fronte appoggiata alla sua e gli occhi chiusi.

Non ero sicuro al 100% di quello che stavo per fare, ma non riuscii a trattenermi; pregai solo di non rovinare tutto ancora una volta.

- Ho una… richiesta, ma voglio che tu mi dica di no, se la riterrai troppo egoistica.-

Aprii gli occhi e la guardai fisso delle sue iridi scure.

- Domani parti. Passa la notte con me. Solo io e te.-

Non era quello che volevo, o meglio, era quello che volevo, ma avrei voluto molto di più, avrei voluto tenerla sempre con me, svegliarmi tutte le mattine con lei accanto, pranzare con lei a casa o in qualche ristorante, passare con lei i miei momenti di pausa tra una ripresa e l’altra; ma allo stesso tempo non volevo obbligarla a rinunciare alla sua vita tranquilla per me, non sarebbe stato giusto.

Sentii il suo respiro accelerare, mentre la vedevo perdersi in mille pensieri che avrei dato qualunque cosa per conoscere.

- Scusami, forse ti ho chiesto troppo, io…- aggiunsi infine, notando che non sembrava intenzionata a rispondermi.

Ma questa volta fu lei ad interrompermi, posandomi un dito sulle labbra.

- Sì.- disse soltanto.

Le sorrisi radioso, prima di baciarla di nuovo.

La presi per mano e mi diressi verso il mio appartamento; grazie al cielo avevo portato con me le chiavi.

Quando entrammo mi persi completamente in lei, il mio cervello non pensò a nient’altro se non alle sue labbra e al suo corpo, quando la distesi finalmente sotto di me sul letto della mia camera.

Cominciai ad eliminare le barriere che ci separavano, mentre lei facevo lo stesso.

Prima di farla mia la guardai intensamente negli occhi, rendendomi conto che in quei 4 giorni mi ero innamorato di quegli occhi così belli e profondi, e che non sapevo se sarei riuscito a lasciarli andare il giorno dopo.

Ma in quel momento non ci pensai ed entrai in lei, assaporando quel magnifico contatto.

Non distolsi mai lo sguardo dal suo, e vi lessi quella stessa tristezza che ero sicuro potesse leggere anche nel mio, ma a cui entrambi non volevamo pensare.

Mi distesi accanto a lei, mentre si avvicinava a me e posava la sua testa sul mio petto.

Dopo pochi secondi la sentii addormentarsi e non ci misi molto a raggiungerla anche io nel mondo di Morfeo.

 

* * *

 

La mattina dopo mi svegliai piuttosto tardi, e quando ripensai alla notte che avevo appena trascorso, mi voltai verso la figura che credevo dormisse ancora beatamente al mio fianco, ma il posto accanto a me era vuoto e ormai freddo.

Mi sedetti di scatto chiamando il suo nome, ma non rispose nessuno.

Se n’era andata e senza nemmeno salutarmi.

Mi sfiorai le labbra con le dita: ero convinto di averla sentita baciarmi, o forse era stata soltanto una mia impressione, forse un sogno?

Non potevo dare una risposta alla mia domanda, dal momento che non avevo fatto altro che dormire.

Che sia maledetto il mio sonno pesante, mi ritrovai a pensare mentre appoggiavo i piedi a terra.

Perché se n’era andata senza svegliarmi e soprattutto senza salutarmi?

Forse quello che c’era stato quella notte tra di noi non aveva significato nulla per lei?

O forse proprio perché aveva significato qualcosa, non voleva che il nostro fosse un addio?

E io lo volevo? Volevo che se ne tornasse in Italia? Volevo non rivederla mai più?

O volevo costruire qualcosa con lei?

Forse sarebbe stata una cosa difficile e con alti e bassi, ma volevo davvero rinunciare così?

No!

Mi alzai di scatto, indossando le prime cose che mi capitarono in mano.

Scesi in strada correndo e fermai un taxi, dicendogli di andare all’aeroporto il più velocemente possibile.

Non sapevo a che ora aveva l’aereo Andrea, e sperai con tutto il cuore di arrivare in tempo.

Pagai il taxista senza aspettare il resto e mi fiondai all’interno del terminal; guardai rapidamente il tabellone delle partenze e finalmente trovai quello che mi interessava.

Quando sentii l’altoparlante gracchiare “I signori passeggeri del volo diretto per Parma, Italia, sono pregati di dirigersi agli appositi sportelli” la mia mente si offuscò e cominciai ad urlare il suo nome.

- Andrea!-

Mi sentivo un idiota, soprattutto perché tutti si voltarono a guardarmi, ma non mi importava, dovevo ritrovarla, volevo ritrovarla, e il mio cuore continuava a pregare che non fosse già salita su quell’aereo.

- Andrea!- ripetei a squarciagola ignorando gli sguardi su di me.

E finalmente la vidi, bellissima come sempre, bagaglio alla mano; la vidi voltarsi verso di me e fissarmi con occhi increduli.

- Andrea!- continuai a chiamarla, nonostante mi trovassi ormai davanti a lei, le mani appoggiate sulle ginocchia e il fiato corto per la corsa.

- Robert…- sussurrò piano.

La abbracciai senza lasciarle il tempo di dire nient’altro, volevo solo sentire il suo corpo stretto al mio, il suo profumo entrarmi nelle narici ed inebriarmi.

- Proviamoci.- sussurrai infine, affondando il volto nei suoi capelli.

- Cosa?- chiese senza capire.

- Proviamoci, io e te. Forse i nostri mondi non sono poi tanto diversi. E per la distanza… bè, hanno inventato gli aerei per qualcosa, ci vedremo il più spesso possibile, te lo prometto.- le risposi, incatenando i miei occhi azzurri a quelli neri di lei.

- Rob, io non…-

- Ascoltami. Io non so cosa mi sia successo, cosa tu mi abbia fatto. Non mi era mai capitata una cosa del genere, non sono certo una di quelle persone che riesce a dare subito confidenza agli altri, io ho bisogno di tempo. Ma con te è stato diverso. Non posso assicurarti che andrà bene, così come non posso assicurarti una vita tranquilla. Ma se non ci proviamo, potremmo pentircene, non credi?-

La vidi guardarmi intensamente, perdendo i suoi occhi color pece nei miei color del mare; sapevo che stava riflettendo su quello che le avevo appena detto, che stava decidendo se rinunciare a me oppure no.

Quale sarebbe stata la sua decisione? Sarebbe salita su quell’aereo per sempre, senza più tornare o solo per qualche tempo, per poi tornare da me?

Dopo quella che mi sembrò un’eternità la sentii sospirare.

- Hai ragione. Forse sto facendo l’errore più sbagliato della mia vita, o forse quello più giusto, chi lo sa. Ma anche io voglio provarci. Voglio poter vedere il tuo sorriso ancora e ancora, fino a quando non mi stancherò. O per meglio dire, fino a quando tu non ti stancherai di me.-

- Non penso che potrà mai accadere una cosa del genere.- le risposi, sorridendo raggiante, prima di baciarla nuovamente.

Quel giorno Andrea prese quell’aereo che l’avrebbe riportata a casa, ma non per sempre, solo per un po’.

Solo fino a quando sarebbe tornata a riprendere il suo cuore, quello stesso cuore che mi aveva affidato, per sempre.

 

Il respiro regolare di mia figlia mi risveglia dai miei ricordi: finalmente si è addormentata.

La poso delicatamente nella culla accarezzandole la testolina, per poi uscire dalla cameretta lasciando la porta socchiusa.

Entro in camera mia e di mia moglie e la vedo seduta sul letto, lo sguardo perso nel vuoto.

Chissà a cosa sta pensando.

Rimango sulla porta per un po’, guardandola da lontano; non è cambiata di una virgola, sembra sempre la stessa ragazzina di 20 anni che ho incontrato anni fa, sul quel marciapiede della capitale inglese.

Già, io ed Andrea alla fine ci siamo sposati.

Dopo il suo ritorno in Italia abbiamo iniziato la nostra relazione, un po’ travagliata certo, ma siamo sempre rimasti insieme, più innamorati che mai.

Non è stato facile all’inizio, ritrovarsi improvvisamente catapultata nel mondo dello spettacolo non è stata una passeggiata per lei, ma ce l’abbiamo fatta.

Sei anni fa si è trasferita a Los Angeles per starmi accanto e non dover più prendere tutti quegli aerei e dopo 2 anni è diventata la signora Pattinson, con una cerimonia per pochi intimi.

L’anno scorso è nata la nostra piccola Rachel, una peste; secondo sua madre, proprio come me.

Andrea si è presa un periodo di pausa dal suo lavoro di fotografa per badare a nostra figlia, mentre io ho deciso di non accettare ingaggi che mi portassero fuori Los Angeles: non sarei riuscito a stare per tanto tempo lontano dalle donne della mia vita.

A volte vengono a trovarmi sul set, adoro vedere mia figlia ridere divertita mentre mi guarda recitare.

Finalmente mi avvicino a mia moglie, sedendomi accanto a lei sul letto.

- Andy, tesoro, Rachel si è addormentata.-

Si volta verso di me sorridente, mentre io le poso un bacio sul collo scoperto.

- Che fai?- le chiedo.

- Niente. Stavo ripensando al nostro primo incontro.-

Questa è telepatia, penso divertito.

- Ti riferisci forse a quell’incontro a Londra, dove una certa ragazzina impacciata ha sussurrato il mio nome nel bel mezzo del traffico londinese?-

- Proprio quello. Ma ti devo forse ricordare, Rob, che tu mi hai dato corda? Ero convinta che saresti scappato a gambe levate.- mi ammonisce lei ridendo.

- Io l’ho sempre detto che mi piacciono le ragazze pazze.-

- Non credi sia ora di andare a dormire anche per noi? Domani mattina devo alzarmi presto.- aggiungo poi.

La vedo fissarmi per un po’, con sguardo quasi malizioso.

- Perché mi guardi così?- le domando, sollevando un sopracciglio.

- Mi stavo chiedendo… dobbiamo proprio dormire? Non puoi dedicare un po’ del tuo tempo anche alla tua mogliettina?- risponde lei con un’altra domanda, avvicinandosi a me con sguardo malizioso, posandomi un bacio sulle labbra.

- Mmmh… ora che mi ci fai pensare, non ho poi tanto sonno.- rispondo io, stando al gioco ed allontanandomi dalle sue labbra di pochi millimetri.

La afferro per i fianchi, stendendola sotto di me e le mostro tutto il amore..

Ora come ora non so come avrei fatto se quel giorno, impacciata ragazzina di 20 anni quale ere, non avesse cercato di avvicinare me, l’attore inglese più ricercato di quegli anni.

Ma ora che lei si trova qui, tra le mie braccia, mi rendo conto che la mia vita senza di lei non avrebbe avuto più senso.

 

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Ok, ero a corto di idee, ma avevo voglia di pubblicare una nuova FF, tanto x evitare che i miei “fans” si dimenticassero di me! XD

Quindi ho pensato di riproporvi la mia one-shot “Un incontro che può cambiarti la vita” ma dal punto di vista di Rob. J

Spero che l’idea piaccia. J

Non ho molto altro da aggiungere, quindi spero soltanto in tante vostri commenti. :P

Un bacione grande a tutti, chi leggerà e chi commenterà. J

Cicci 12

 

 

                                                       

  
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