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Autore: Alexandra e Mac    27/05/2012    1 recensioni
La ormai famossisima puntata conclusiva di JAG ha lasciato un po' a tutti l'amaro in bocca...
E' ciò che ci ha spinto, poco dopo aver visto la puntata in anteprima nella versione originale americana, a tentare di mettere per iscritto la nostra personale versione di "Fair Winds and Following Seas"...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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The Bride

by

Mac

Non era una giornata come tutte le altre, quel sabato mattina, quantomeno non era destinata ad esserlo: sarebbe stata la giornata in cui mi sarei innamorato di una donna bellissima e non ne avrei mai conosciuto il nome.

Era stato un periodo molto brutto per me, a seguito di una lunga malattia mia madre, una donna forte e combattiva, aveva dovuto cedere le armi e se ne era andata serenamente e in pace proprio la settimana prima.

E così al mondo non mi restava più nessuno, tranne la mia gatta e l'appartamento di mia madre da risistemare e vendere.

Quel sabato mattina, non so perché, decisi di entrare nella chiesa che si trovava vicino a casa mia. Non che sentissi il bisogno di conforto spirituale, né tantomeno volevo inginocchiarmi e pregare Dio che il dolore per la scomparsa di Beatrice si attenuasse. Non avevo bisogno di questi schermi spirituali, sapevo che il dolore non si sarebbe calmato nell'immediato, e che solo il tempo avrebbe potuto renderlo sopportabile fino a trasformarlo in una dolce malinconia.

Comunque vidi la chiesa aperta ed entrai.

Mi sedetti sulle ultime panche della navata centrale, e ammirai l'abside completamente inondata dal sole della tarda mattinata. Non era una chiesa molto grande, probabilmente neanche era aperta tutti i giorni. Certo, io con il mio noto agnosticismo non  me ne ero mai accorto: passavo davanti a quella chiesa ogni santo giorno che Nostro Signore mandava in terra per andare al lavoro e non l'avevo mai notata prima. Come dicevo, mi sedetti sul fondo della navata e per un po' di tempo stetti in ammirazione dell'altar maggiore dove alcuni chierichetti andavano avanti e indietro affaccendati. Probabilmente di lì a poco si sarebbe celebrata la funzione del mezzogiorno o qualcosa di simile…

Nel frattempo, i pensieri si accavallavano nella mia mente: ricordi dell'ultimo periodo di vita di mia madre accanto a quelli, più sereni, dell'infanzia. Mio padre non l'avevo mai conosciuto, ci aveva abbandonato subito dopo la mia nascita. Un giorno Beatrice mi disse che, se avessi voluto cercarlo, lei non avrebbe opposto resistenza. Le risposi che non m'importava nulla di lui, se ne andasse pure al diavolo! Mia madre mi rimproverò aspramente, mi disse che non dovevo pensare così di mio padre e comunque di ogni persona in generale, prima di giudicare dovevo conoscere i motivi che l'avevano spinto a quel gesto.

Ma a me non importava: lui se ne era andato e io non l'avrei mai perdonato per questo.

Seduto in quella chiesa in un soleggiato sabato mattina di Maggio, e perso nei miei pensieri e nei miei ricordi, non mi accorsi che pian piano la navata si stava riempiendo di persone vestite come se dovessero assistere ad una cerimonia. Lì per lì pensai alla funzione del mezzogiorno, ma quando mi avvidi dei  fiori che ornavano le panche e del tappeto rosso srotolato a terra, capii che quella non sarebbe stata una "normale" funzione. Feci per alzarmi ma era ormai tardi: l'organista sopra di me stava già intonando la marcia di Mendelssohn.

Mi voltai e la vidi: stava avanzando al braccio di un uomo molto alto in uniforme, sulla sessantina, sembrava che tutto intorno a lei risplendesse di luce e di gioia. Non vidi il suo volto perché coperto dal candido velo dell'abito da sposa, ma potei intuire il suo sorriso da dietro quel velo: radioso e luminoso come un sole di Luglio.

Camminò pian piano, sulle note della marcia nuziale fino all'altare, dove nel frattempo, si era materializzato un altro uomo, anch'egli in uniforme ma più giovane dell'accompagnatore.

Non appena lei si avvicinò al promesso sposo, il suo accompagnatore le lasciò il braccio, così idealmente consegnandola all'uomo che sarebbe divenuto suo marito.

Quest'ultimo le sollevò il velo e solo allora scoprii, pur se da lontano, tutta la radiosità e la bellezza di lei.

Un viso bruno dall'ovale perfetto, incorniciato da una cascata di capelli scuri al momento raccolti nell'elaborata acconciatura che aveva scelto per quel giorno speciale. Il giorno più bello della sua vita.

Si vedeva che era felice di essere arrivata fin davanti a quell'altare, guardava il suo sposo con aria rapita e sognante riservandogli il più dolce dei sorrisi.

Avrei voluto essere io al posto di quell'aitante ufficiale che rispondeva ai sorrisi della futura moglie con il medesimo trasporto, trattenendosi a stento dal baciarla prima ancora che l'anziano reverendo di colore avesse pronunciato le parole che li avrebbero legati per sempre, nel bene e nel male.

Si strinsero solo le mani, ma quel gesto parve sprigionare una scarica elettrica nell'aria. Anche gli invitati se ne accorsero e più di uno di loro si guardò scambiandosi occhiate d'intesa.

Mi sembrava di essere capitato nel capitolo finale di una storia d'amore durata troppo a lungo e che aveva vissuto parecchi alti e bassi.

Il reverendo di colore cominciò a recitare il suo sermone, mentre gli sposi si sedettero sulle due sedie di velluto proprio davanti al pulpito del prete, che evidentemente li conosceva bene perché quel discorso era indirizzato proprio a loro e a loro soltanto.

Io continuavo a fissarla, anche se ne potevo vedere solo la schiena, ma mi immaginavo ogni singolo particolare di quel volto meraviglioso e di quel sorriso che mi aveva sciolto il cuore. Sembrava che avesse avuto il potere di lenire il dolore della mia recente perdita, ed esso era divenuto all'improvviso più sopportabile.

L'intera congregazione scomparve dalla mia vista, esistevamo solo io e lei. Ma ancora non sapevo come si chiamasse.

Attesi dunque con trepidazione il momento in cui il reverendo avrebbe pronunciato la formula di rito.

Gli sposi si alzarono, sempre tenendosi per mano e molte delle signore presenti, intuendo che il fatidico momento era giunto, estrassero i fazzoletti dalle borsette, mentre gli occhi si riempivano di lacrime di gioia. Anche l'anziano ufficiale che l'aveva accompagnata all'altare mostrò qualche segno di cedimento…

Il reverendo cominciò a pronunciare le parole che li avrebbero resi marito e moglie.

"Sì" rispose lui con voce profonda anche se rotta un po' dall'emozione. Dopotutto, pensai un po' cinicamente, con quel "sì" rinunciava di fatto alla sua libertà da scapolo, promettendo amore e fedeltà ad una sola donna… ma del resto QUELLA donna in particolare valeva tutte le promesse di questo mondo.

Tutti gli invitati furono scossi da un brivido d'emozione al sentirlo pronunciare la risposta alla domanda del reverendo: "vuoi tu prendere in moglie?".

E poi, poi fu la volta di LEI.

Volse lo sguardo, ma solo per un attimo, agli amici che le stavano alle spalle, e per una frazione di secondo incrociò anche i miei occhi. E io fui perso.

Poi tornò a rivolgere la sua attenzione al padre, concentrandosi sulle sue parole, quasi immagazzinandole in sé per non lasciarsele più sfuggire, per vivere quel momento in tutta la sua pienezza.

Immaginai che dovesse aver combattuto a lungo per arrivare fino a lì, che avesse sofferto moltissimo prima di accaparrarsi l'amore dell'uomo che le stava accanto.

Quel brevissimo istante in cui i nostri occhi si erano incrociati mi avevano rivelato moltissimo di lei e mi avevano fatto perdutamente innamorare di una bellissima donna che stava per diventare la moglie di un altro.

O forse era il mio bisogno di ancorarmi a qualcosa a farmi pensare così?

Non lo sapevo, sapevo solo che il mio cuore batteva all'impazzata e che avrei dato il mio braccio destro per essere all'altare accanto a lei. Avrebbe saputo come consolarmi, avrebbe avuto le parole giuste per aiutarmi a superare il dolore per la morte di Beatrice, avrebbe reso la mia vita piena e degna di essere vissuta.

Il reverendo le chiese: "vuoi tu prendere come marito?" e lei, angelica e radiosa come solo una sposa può esserlo, rispose "sì".

A quel punto il reverendo li dichiarò marito e moglie e fu allora che tutti i presenti esplosero, impedendomi di sapere il nome della donna il cui ricordo mi avrebbe accompagnato per sempre.

 

 

 

(... to be continued)

  
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