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Autore: SAranel    30/05/2012    11 recensioni
Sherlock e John, in una rara serata tranquilla nel loro appartamento, decidono di guardare i Bafta Awards alla TV. Peccato che la serata non sia destinata a rimanere tranquilla come John sperava. Cosa succederà?
"Cosa dovremo sorbirci, stasera?" sbuffò Sherlock spazientito. "Altri episodi di Doctor Who? Altre interminabili repliche di Top Gear o i tuoi adorati polizieschi?".
John ebbe una mezza idea di fulminare il detective con un'occhiatina glaciale ma abbandonò quasi immediatamente l'intenzione quando Sherlock, deliberatamente e perfettamente conscio della reazione che avrebbe provocato, strofinò il naso contro la pelle morbida del suo collo.
“Per tua informazione” disse, meno autoritario di come si fosse imposto di sembrare. “Stasera ci sono i Bafta. E ho tutta l’intenzione di guardarli fino alla fine”.
Sherlock, che aveva cominciato a lambire con le labbra il percorso dal suo collo al lobo dell’orecchio, si scostò da lui come se avesse appena preso una scossa improvvisa, con uno sguardo atterrito in viso, come se John avesse appena minacciato di infilargli una mano nel tritarifiuti."[...]
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno fandom del mio cuore!
Sinceramente non so come classificare questa cosa. AU, What if? Ehm…crossover?
Comunque può essere definita come il mio personale modo di assimilare la batosta del Bafta soffiato da sotto il naso a Benedict, domenica. Incredibile. Pazzesco. Devo ancora abituarmi all’idea.
Sarà una storia divisa in due o tre capitoli, dipende da quante pagine verranno fuori!
Sperando in bene, vi auguro buona lettura!

S.

 

Una certa giustizia
*

 


Dopo l'ultimo caso che Lestrade aveva loro affidato, ovviamente brillantemente risolto da un colpo di genio particolarmente azzardato di Sherlock, quest'ultimo e John, sfiniti, avevano deciso di concedersi una serata di dolce far nulla.
John aveva sperato che Sherlock non venisse meno alla promessa di star buono e tranquillo almeno per un paio d'ore, e le cose sembravano direzionarsi nel verso giusto quando si sdraiarono mollemente sul divano, il capo di Sherlock poggiato sulla spalla di John.
"Cosa dovremo sorbirci, stasera?" sbuffò Sherlock spazientito. "Altri episodi di Doctor Who? Altre interminabili repliche di Top Gear o i tuoi adorati polizieschi?".
John ebbe una mezza idea di fulminare il detective con un'occhiatina glaciale ma abbandonò quasi immediatamente l'intenzione quando Sherlock, deliberatamente e perfettamente conscio della reazione che avrebbe provocato, strofinò il naso contro la pelle morbida del suo collo.

“Per tua informazione” disse, meno autoritario di come si fosse imposto di sembrare. “Stasera ci sono i Bafta. E ho tutta l’intenzione di guardarli fino alla fine”.
Sherlock, che aveva cominciato a lambire con le labbra il percorso dal suo collo al lobo dell’orecchio, si scostò da lui come se avesse appena preso una scossa improvvisa, con uno sguardo atterrito in viso, come se John avesse appena minacciato di infilargli una mano nel tritarifiuti.
“Tre ore di sorrisetti falsi, battutine penose e lunghissimi discorsi di ringraziamento triti e ritriti su quanto non si aspettavano il premio, di come la loro madre è stata fondamentale per la loro vita, su come un riconoscimento simile influisca sulla loro carriera e banalità simili” borbottò Sherlock con aria vagamente disgustata. “Preferirei passare tre ore a cenare con Mycroft”.
John ridacchiò della reazione esagerata di Sherlock, che nonostante il disappunto non sembrava avere nemmeno la minima intenzione di lasciare la comoda posizione sul divano e la più che piacevole stretta del suo braccio intorno al fianco di John. Il medico avvicinò il viso a quello del coinquilino, scostandogli dolcemente una ciocca di capelli scuri dalla fronte e poggiandogli un bacio leggero sulle labbra.
“Per qualcuno che è solito essere abbandonato dal proprio partner a casa, magari per ‘indagini che deve assolutamente svolgere da solo’…” si cimentò in una grottesca parodia della voce del detective. “…guardare la televisione con la Signora Hudson è uno degli svaghi più in voga”.

Sherlock sbuffò e alzò un sopracciglio, cercando un contatto più intenso con John che lo prendeva silenziosamente in giro, facendo finta di volersi scostare.
“E allora?” chiese Sherlock.
“E allora i Bafta sono come un’Istituzione per me. E’ un po’ come il partecipare alle riunioni dei Veterani di Guerra” disse, anche se magari il paragone poteva sembrare leggermente azzardato. Abbassò la mano dal fianco di Sherlock con deliberata cattiveria, e il detective mugolò per la perdita di quel piacevole tepore. Sherlock strinse gli occhi e lo guardò con un cipiglio misto tra il sorpreso e l’esasperato.
“Che suggestivo paragone, John” bisbigliò Sherlock artigliando una mano di John nella sua, così che evitasse di muoverla in continuazione.
John rise.
“E poi, non so se lo sai, ma Benedict Cumberbatch, Martin Freeman e Andrew Scott sono tutti e tre in lizza per i premi più importanti” disse, sapendo di risollevare così l’attenzione del coinquilino. Sherlock voltò immediatamente la testa verso di lui, rigirandosi sul cuscino come se si fosse appena sdraiato su un puntaspilli, saltando in posizione diritta in meno di un secondo e afferrando il telecomando facendoselo quasi cadere dalle mani. Armeggiò con i pulsanti poco collaborativi, alzando il volume tanto da far quasi tremare i muri. John soffocò la sua risata contro il braccio, scuotendo la testa.

“Ma come? Avevi detto che avresti preferito Mycroft…” lo punzecchiò John quando Sherlock tornò a sedersi accanto a lui, osservando avido lo schermo del televisore.

“Sai bene quanto tendo a una plateale esagerazione, John” si giustificò Sherlock, agitando una mano come per dirgli di parlare più piano, come se il volume della televisione non si sentisse da lì a Marylebone. “E può capitare che delle giuste…motivazioni possano far cambiare idea a qualcuno”.
"E alla velocità della luce, direi" continuò a prenderlo il giro John, scherzosamente. "Forse dovrei essere geloso... " prese in considerazione, aspettandosi la reazione di Sherlock.
Il coinquilino lo guardò sottecchi con un'espressione da 'che diavolo vai pensando?' e stringendo la caviglia di John in un gesto decisamente esplicativo.
"Tranquillo, John" disse, come se fosse il ragionamento più ovvio del mondo. "La vita del compagno di un attore non farebbe per me. Io ho bisogno di qualcuno che sia sempre pronto al mio fianco, quando ne ho bisogno".
John non sapeva se essere lusingato, felice, oppure offeso da quell'affermazione ambigua.
"Ti basterebbe un cagnolino, Sherlock" disse John, sarcastico, fingendosi oltraggiato dalle parole del coinquilino.
"Oh, un cane sarebbe fantastico…però sai, tu mi sei utile per tantissime altre...cose" avvicinò le labbra alle sue, sfiorandole appena. "che un cane non potrebbe fare".
John scoppiò a ridere, scuotendo la testa. Era incredibile come l'uomo accanto a lui riuscisse a capovolgere ogni situazione a suo favore, ogni volta. John perdeva ogni potere, ogni autorità, ogni capacità di replica quando era in compagnia di Sherlock. E alla fine, ben pensandoci, la cosa non gli dispiaceva poi così tanto.
"Mi hai convinto, Sherlock" gliela diede vinta, tirandolo più vicino, così che adesso la testa del detective poggiasse sulle sue ginocchia. “Comunque, se ben ricordo, tu reagisti malissimo quando la BBC ci propose i diritti per una serie basata sui tuoi casi" gli ricordò, e Sherlock storse la bocca. "E non fosti così entusiasta nemmeno quando ci dissero chi sarebbero stati gli attori".
Sherlock grugnì contro la sua coscia, mentre la televisione ancora trasmetteva un qualche programma musicale che a Sherlock e John non poteva seriamente interessare di meno.
"Come ti ho già detto, l'esperienza mi è servita a cambiare la mia opinione" commentò il detective. "Pensavo che non potessero essere all'altezza e invece hanno completamente ribaltato le mie iniziali convinzioni. Sono stati…bravi. Cumberbatch è...più che accettabile nella mia parte" disse, e nel linguaggio di Sherlock quello era un complimento comparabile ad un accorato 'assolutamente fantastico'. "Freeman è un credibilissimo te, e Scott è... molto affiatato nella sua parte, come Moriarty" si leccò le labbra pensieroso, come se stesse valutando la possibilità di aver leggermente esagerato con le lodi. Sia mai che John andasse a dire in giro che Sherlock ‘sposatocolsuolavoro’ Holmes apprezzava enormemente qualcosa di frivolo e inutile come un programma televisivo.

Il detective osservò John che lo guardava con la mente altrove, probabilmente con lo stesso identico pensiero di Sherlock in mente. Evidentemente stava compilando già una lista mentale di persone cui minacciare di dirlo, magari per qualche subdolo ricatto sui turni per la spesa.
“Allora sei contento adesso? Sei felice che io abbia finalmente ammesso di essere stato prevenuto su qualcosa?".

John non rispose, mentre pensava all’espressione di Lestrade quando gli avrebbe raccontato della cosa, cercando di nascondere il ghigno divertito dal viso e corrucciandosi, dando una pacca fintamente risentita sulla nuca di Sherlock come a voler redarguire un bambino capriccioso. Sherlock aprì la bocca in una O perfetta in una plateale e palesemente esagerata imitazione di un’espressione sconvolta, massaggiandosi il collo con il palmo, come se la mano di John gli avesse fatto chissà quanto male.
"Sì, sono felice. E per quanto io odi l'essere sempre d'accordo con te, non posso darti torto nemmeno stavolta" rispose poi John, con un sorriso ironico sulle labbra. Dalla televisione, un uomo robusto tutto in ghingheri salutava la folla in agitazione.
"Oh finalmente. Non ne potevo più di aspettare" sbottò Sherlock, con un sospiro sollevato, come se avesse cominciato a respirare dopo ore di apnea.
John scostò lo sguardo dal suo coinquilino al televisore, premendo delicatamente la testa di Sherlock contro le sue gambe per rendergli la posizione più comoda possibile e cominciando ad accarezzarlo con la mano destra, pettinandogli i riccioli scuri tra le dita, come con un cucciolo in cerca di attenzioni dal suo padrone. E i versetti compiaciuti di Sherlock lo facevano sembrare davvero un gattino bisognoso di affetto.
Le prime premiazioni procedettero lente, tra una battuta e l'altra del presentatore, qualche intermezzo musicale, lustrini e paillettes, strascichi di vestiti di dubbio gusto e lunghissimi discorsi di ringraziamento terribilmente prevedibili come Sherlock aveva ipotizzato. Immancabili furono anche i relativi commentini sarcastici da parte del detective che li accompagnavano come una fastidiosa colonna sonora.
"Oh certo, ringrazia anche il vicino di casa, già che ci sei" gridò Sherlock al televisore, lanciandogli la confezione vuota di take away cinese che aveva mangiucchiato controvoglia nemmeno un'ora prima. John gli tirò i capelli per rimproverarlo, ma ridacchiando sotto i baffi alla chiara insofferenza del detective.
Era incredibile quanto Sherlock si fosse affezionato ad una cosa così poco elevata per uno come lui come un semplice telefilm alla televisione. Incredibile e difficile da pensare per qualcuno abituato a credere che il modo più proficuo di passare il tempo libero fosse studiare un pesantissimo tomo di chimica applicata, o stare seduto secoli ad analizzare campioni al microscopio, o concentrato in un’osservazione dei vari stadi di essiccazione del vomito a contatto con gli agenti atmosferici. (Anche se ultimamente, avevano trovato un altro piacevole modo di passare il tempo, ma quella era un’altra storia).

Certo però, quello era qualcosa di più di un semplice telefilm, era qualcosa di molto ben congegnato, ben diretto e scritto, con un’ambientazione impeccabile, realistica e una recitazione al limite dell’impressionante. E anche se, dettaglio più importante e assolutamente non trascurabile, il tutto si basava sulle loro stesse imprese, era comunque un aggancio a qualcosa di decisamente troppo normale per uno come Sherlock. Prima che gli proponessero il progetto, prima di cominciare a seguire appassionatamente il frutto di quell’idea, John aveva creduto che Sherlock non sapesse nemmeno come accenderlo il televisore. E adesso eccolo lì a inveire con qualcuno che non poteva sentirlo, alzando ancora furiosamente il volume della televisione tanto che John cominciò a non pensare più solamente a Marylebone. Probabilmente a Regent’s Park la gente si stava chiedendo dove fosse la fonte di quel baccano infernale.
"Ne avranno ancora per molto, anche questi? Sì, già che ci siete lasciate dire due parole anche alle comparse, alle controfigure e agli addetti alla mensa".

Faticando a tenere a bada Sherlock, quando l'atmosfera man mano che il presentatore annunciava i vincitori delle varie categorie si stava facendo decisamente piena di una fervente attesa, fu annunciata l'imminente premiazione del Miglior Attore Non Protagonista.
"Finalmente! Stavo per prendere e andarmene via" esultò Sherlock festeggiando raggomitolandosi ancora contro John, che non aveva smesso un secondo di accarezzarlo. Si stupì che non si fosse assopito; di solito quella carezza a Sherlock faceva quell'effetto. Evidentemente era molto ma molto più interessato di quanto John avesse creduto all'inizio.

Il primo nominato fu elencato senza particolari reazioni da parte dei presenti in sala escluso qualche rispettoso applauso del diretto interessato e di qualche garbato membro del pubblico, probabilmente. Il secondo nome, Andrew Scott fu accolto da un fragoroso e assolutamente gratificante boato di applausi e grida d’incoraggiamento.
"Era prevedibile" commento John, trovando un mugolio d'approvazione da parte di Sherlock che ora poggiava sul gomito, senza voler perdersi nemmeno una sillaba. Il terzo nominato ricevette la tenue accoglienza del primo e al quarto nome in lizza, Martin Freeman, per esclusione, la sala irruppe nuovamente in quel caloroso coro da stadio.
"Dovresti sentirti gratificato, John" disse Sherlock con un sorriso furbo sulle labbra. "E poi Martin è un gran bell'uomo, oltre che bravo".
John assunse un'espressione falsamente offesa, sgranando gli occhi e mettendo le mani sui fianchi come se fosse in procinto di dargli una strigliata con i fiocchi.
"Stai dicendo che io non lo sono?" gli domandò, facendo finta di essersela presa a morte, come una mogliettina gelosa che cerca di scoprire le tresche del marito.
Sherlock ovviamente non la bevve nemmeno per un secondo.

"Amo la tua capacità di leggere nelle mie parole cose che non ho neppure pensato" si complimentò con un sorrisetto ironico. "Ho solo detto che è un bell'uomo, non che lo è più di te. E poi lo sai che io sono di parte".
John piegò la testa, come per osservarlo da un altro punto di vista e schioccò le labbra, soddisfatto della risposta.
"Così va meglio".
Nel frattempo, l'attesa si faceva sempre più pesante. L'annunciatrice di turno aprì la busta e la strinse tra le mani, come se la cosa più importante in quel momento fosse costatare il peso di quel pezzo di carta invece che leggere l'esito della votazione, alleviando la tensione di quelli come John e Sherlock, che erano lì seduti e frementi ad aspettare il verdetto.
"Andrew Scott!" annunciò poi la voce della donna, e la sala esplose in un altro coro di grida e applausi, cui si unirono quelle di John e uno strano scalpiccio furioso dei piedi di Sherlock contro il povero cuscino del divano.
"Stai esultando per la vittoria della tua nemesi. Forse hai bisogno di farti vedere, Sherlock" scherzò John lanciandogli dietro il cuscino. "E poi non parteggiavi nemmeno un po’ per...me?".
Sherlock gli rilanciò il cuscino, ridendo, mentre osservavano un tremante Andrew salire sul palco a passi lenti, come se le gambe gli tremassero, afferrando il premio che gli stavano porgendo.
"Consolati, hai vinto l'anno scorso. Era improbabile che raddoppiassi. E Andrew è una nemesi di tutto rispetto".
John non riuscì a non trovarsi d'accordo con lui su quel punto. L'uomo nel televisore aveva cominciato a parlare visibilmente commosso e quasi totalmente sconvolto dalla meritata vittoria, con un'emozione forte e quasi palpabile nella voce che a John scaldò il cuore. Sembrava pronto a dispensare ad ogni presente un abbraccio caloroso e tanto amore a profusione.
"E' vero. E' fantastico, te lo concedo. Anche se sembra totalmente fuori fase il poverino, in senso buono intendo"

"Credo sia eccessivamente contento, nonostante io non abbia tutta questa familiarità con la cosa”.

John lo guardò sottecchi.
"Lo credo anch’io".
Sherlock agitò poi il pugno in aria.
"E ora voglio solamente che Benedict salga su quel palco e torni a casa sua con quel premio in mano" disse con tono sicuro e categorico, come se non ammettesse nemmeno la vaga possibilità che qualcun altro potesse soppiantare il suo favorito.
"Sei un impossibile narcisista" lo rimproverò John. "Però lo spero. E poi vorrei veramente conoscerli un giorno. Possibile che non ce l'abbiano fatti conoscere? Insomma è grazie a noi che hanno tutto questo successo, non ti pare?"
Sherlock si sfiorò le labbra con la punta delle dita, con lo sguardo accigliato come se stesse ricordando qualcosa di poco gradevole.
"Colpa di Mycroft, temo. Ha fatto pressioni perché io non incontrassi nessuno di loro perché avrei potuto avere una…cattiva influenza" spiegò, con voce piena di disappunto.
John provò un improvviso moto di compassione nei confronti di Mycroft quando nella sua mente si materializzò l’immagine di Sherlock che dispensava a Benedict particolari truculenti sul suo studio sulla salivazione post-mortem completa di accuratissime descrizioni.
“Per una volta mi trova d’accordo”.
“Sei un traditore” lo incolpò Sherlock, con un ghigno divertito sul viso. John ridacchiò, prima che un piccolo particolare gli tornasse alla mente.

“Io però avrei potuto farlo. Insomma, io che razza di influenza avrei potuto avere?”.
Sherlock lo guardò come se la risposta fosse talmente ovvia da non meritare nemmeno una spiegazione.
“Ormai ci considerano una cosa sola, se mi permetti questa romantica definizione. Se non posso far qualcosa io, non puoi farla nemmeno tu”.

Sherlock gli baciò dolcemente la pelle sensibile del polso.
John avvampò furiosamente, senza poterlo evitare, nonostante non fosse esattamente quella la reazione che aveva pensato di avere. Non era ancora totalmente abituato a quei piccoli sprazzi d’intimità con Sherlock, nonostante fossero andati già molto oltre i semplici baci. John però adorava da impazzire quando Sherlock prendeva quelle piccole iniziative.
Si passò il palmo della mano sulla faccia, come a voler recuperare un certo decoro.
“E’ sempre tutta colpa tua” lo accusò, puntandogli contro un dito.

Sherlock non rispose ma sollevò le spalle.
“E’ il prezzo da pagare per vivere con me”.

“Che grande affare” borbottò John, rassegnato. "Comunque non sono così sicuro di volere che tu conosca Benedict. Io non sono stupido. Non reggerei il confronto".
Sherlock sbuffò.
"John, sei ripetitivo".
"Ma è vero, mi sentirei minacciato. Insomma, entrambi siete... Dio, siete uguali, siete due specie di... esseri alieni perfetti”.

Sherlock si illuminò succhiandosi il labbro inferiore con espressione compiaciuta, fallendo miseramente nel tentativo di non sembrare profondamente lusingato dal complimento.

"Una pittoresca definizione, grazie John".

"Smettila di prendermi in giro, Sherlock"
"No davvero, apprezzo i tuoi complimenti, sono sempre un gradino sopra quelli degli altri".

John alzò un sopracciglio, interdetto.
"Oh, certo. Peccato che i complimenti più gentili che tu abbia mai ricevuto da chiunque non fossi io fossero una completa gamma di variazioni della parola 'coglione'".

"Quanto sei puntiglioso, John".

Un coro di grida e applausi scroscianti li costrinse poi a voltarsi.

"Oh, Benedict!" Sherlock puntò poi il dito verso il televisore riportando tutta l’attenzione nuovamente allo spettacolo. "Benedict e il tuo Matt Smith".

John lo guardò esasperato.
"Nessuno ti costringe a guardare Doctor Who con me, Sherlock. Se ben ricordo sei tu che imperterrito continui a infilarti nel letto con me, quando lo guardo".

Sherlock fece spallucce, sbuffando.
"Non mi va che tu mi trascuri per lui".

John era fortemente, irresistibilmente tentato di alzarsi e prenderlo a cuscinate violente sulla testa. Le mani gli prudevano come non mai.

"Io ti trascuro, Sherlock? Chi è che va via in piena notte senza nemmeno degnarsi di dirmi dove sta andando?" domandò, trovando immediatamente l'episodio giusto da sbattergli in faccia.
Sherlock non rispose, e sembrò aver completamente dimenticato la discussione, tornando a osservare nuovamente lo schermo studiando le due figure davanti al leggio come se nelle pieghe delle loro camicie riuscisse a leggere qualcosa di interessantissimo.

John non ci faceva più caso, ormai.
"Benedict ha cambiato giacca all'ultimo momento" annunciò sicuro il detective giocherellando con la cintura blu della vestaglia.
"E deduci ciò da…?".
"Ci sono residui di cotone scuro sui suoi pantaloni, a metà coscia. Hanno cercato di adattare una giacca all'ultimo momento con ago e filo, si intravede una striscia di tessuto che sporge poco sopra la cinta, oltretutto. Quella originale deve essersi strappata in qualche modo poco prima di uscire sul palco e non sono stati abbastanza rapidi da rimuovere tutto prima che lo chiamassero".

John osservò meglio il televisore, cercando di scorgere i fantomatici e totalmente invisibili residui di filo di cotone che Sherlock sembrava aver scorto con facilità sovrumana. Dopo un'attenta e doviziosa analisi però era riuscito a trovare meno di nulla. Vagliò per un secondo l'ipotesi di dire a Sarah di fissargli una visita oculistica, prima di ricordarsi che Sherlock era Sherlock in fondo ed era il suo lavoro vedere dove gli altri non vedevano.
"Non vedo un accidente, ma mi fido di te sulla parola, come sempre”.

Sherlock parve turbato dal riscontro negativo da parte del medico.
"Scherzi? Abbiamo anche un televisore in alta definizione!”.
"Hai finito di farmi sentire un idiota, Sherlock? Oltretutto ti stai perdendo la premiazione del nostro Moffat".

Il detective fissò la figura che adesso reggeva in mano la sua statuetta bronzea, con un’espressione di inquietudine palpabile.
"Quell'uomo è inquietante, John. Mi mette addosso una curiosa sensazione".
John scoppiò a ridere, guardando verso la porta come per controllare che nessuno potesse sentirli. Nessuna Signora Hudson nei paraggi per fortuna, nonostante avesse temuto di vederla salire da un momento all'altro a lamentarsi del volume stratosferico.
"Ti dirò che inquieta anche me. E' geniale, ma è un torturatore di povere menti”.
"Sì, mi sono documentato. Dovrebbero arrestarlo".
"Potrei chiedere a Lestrade".
"Gli manderai un sms più tardi, magari".
"Ricordami di farlo, ti prego".
In quel battibeccare quasi infantile, quasi non si erano accorti che lo spettacolo era arrivato praticamente agli sgoccioli, e che il momento da loro tanto atteso era finalmente alle porte.
"Ehi Sherlock, ci siamo, è ora" annunciò John, e Sherlock finalmente si sollevò, sedendosi sul divano con la schiena arcuata e chino verso il televisore, come in posizione per spiccare un salto. Se Sherlock avesse intenzione di provare a saltare dentro il televisore in caso di verdetto sfavorevole John non lo sapeva, ma quello che avrebbe voluto in quel momento era una macchina fotografica o il suo cellulare per immortalare l'espressione assolutamente drammatica sul volto di Sherlock.

Al nome di Benedict ci fu un nuovo assordante scroscio di grida e applausi, che precedettero l'arrivo della busta con dentro il nome del fatidico vincitore.
"E' del tutto inutile che portino una busta. Non c'è storia, non c'è paragone, non c'è nemmeno da sottoporre questa cosa ad una giuria".
"Sherlock sta zitto un secondo"
"Sto solo dicendo... "
"Sherlock zitto! Sta per dirlo!"

La donna sollevò il foglio dalla busta con una flemma che fece diventare Sherlock ancora più irrequieto.
"E falla finita, è solo un nome!" gridò contro la donna, agitando convulsamente le mani come se stesse dibattendo un'arringa in tribunale. John lo spintonò con la spalla, ridacchiando.
"Sarà solo un nome ma tu la stai prendendo come un affare di stato".
Sherlock rispose con un'occhiata affilata come un rasoio mentre l'annunciatrice riprendeva fiato e annunciava con voce squillante e chiara, fastidiosamente chiara, che era fiera di annunciare che il vincitore del premio come Miglior Attore Protagonista era il signor Dominic West.
Sherlock si bloccò, come se gli avessero appena sferrato un sonoro schiaffo in pieno viso, come se un immaginario qualcuno gli avesse appena gettato addosso una secchiata di acqua ghiacciata. Era immobile, impassibile, fermo nella stessa posizione china e a braccia tese di poco prima.
"Sherlock, sei sulla terra?" chiese John, indeciso se essere divertito o allarmato dalla situazione. Gli sventolò una mano davanti agli occhi, in cerca di una qualunque reazione.
Il detective si mosse e piegò la testa verso di lui lentamente, come se nel tragitto dalla televisione agli occhi di John un milione di pensieri si stessero rincorrendo l’un l’altro nella testa di Sherlock.
“Evidentemente non ho inteso bene” disse, con voce sottile, lo sguardo nuovamente vacuo. “Ha appena detto che….” Deglutì. “Il premio è andato a qualcun altro?”.
John annuì gravemente, fin troppo divertito dalla reazione melodrammatica di Sherlock ma senza alcuna voglia di scoppiare a ridere di fronte a lui e passare il resto del giorno dopo con un occhio nero che Sherlock avrebbe certamente provveduto a stampargli.

Il detective strinse la bocca, mordendosi furiosamente l’interno delle labbra chiudendo i pugni e sbattendoli sul bracciolo del divano.
“Questo è un affronto! Una cosa totalmente intollerabile, John!”.

Nel frattempo Benedict, inquadrato dal pubblico, rispondeva con un sorriso alle parole del povero tizio sul palco, bersaglio dello sguardo assolutamente glaciale del detective.
“Guardalo! Ci è rimasto malissimo, per l’amor del Cielo” sbottò Sherlock, saltando in piedi e facendo il giro del divano, come per scaricare in qualche modo la tensione brontolando parole indistinte a denti stretti dove l’unica cosa che John riuscì a comprendere fu qualcosa di simile a ‘un branco di incapaci’.
“Sherlock, non prendertela è solo…un premio. Tu sai quanto lui vale, non importa se…” provò a dire, immediatamente bloccato dall’espressione furibonda del detective.
“E’ una questione di principio, John. Bisogna ristabilire la giustizia!” esclamò, sbattendo una mano contro lo stipite della porta. Improvvisamente poi mise fine alla sua frenetica passeggiata attorno al divano e si bloccò sul posto, fermandosi immobile sul tappeto sfoggiando l’espressione di assoluta soddisfazione che assumeva quando arrivava all’improvviso a realizzare la soluzione di un caso. Chiuse gli occhi, deliziato, stringendo le mani tra loro.
“Ho trovato!” gridò. “Non c’è tempo da perdere, John!” aggiunse poi, alzandosi dal divano e precipitandosi nella sua stanza con fretta disumana. John non fece nemmeno in tempo a capire a cosa si riferisse, non riuscì a capire neppure per cosa non ci fosse tempo da perdere che il coinquilino era già di ritorno vestito di tutto punto, in procinto di indossare la giacca.
“Che stai aspettando, John?” lo spronò osservandolo con occhi spalancati, alla realizzazione di come il medico fosse ancora stravaccato sul divano nel suo pigiama sdrucito e vestaglia. “Corri a prepararti!”.
John si alzò immediatamente senza obiettare, non sarebbe servito a nulla fare domande a Sherlock quando era così eccitato, come aveva avuto modo di costatare tantissime volte, e corse le scale a due a due fino ad arrivare in camera sua. Afferrò la prima camicia e il primo pantalone a portata di mano, sperando con tutto il cuore che non fossero poi così atroci da indossare assieme e li infilò frettolosamente ritornando al piano di sotto alla velocità della luce. Sherlock gli lanciò un’occhiata veloce e gli fece cenno di seguirlo, spalancando la porta d’ingresso dell’appartamento tenendogliela aperta, scalpitante.
Quando John chiuse anche la porta sulla strada dietro di sé, non riuscì più ad evitare la domanda.
“Sherlock, si può sapere dove diamine stiamo andando?” chiese, esasperato, mentre Sherlock fermava un taxi di passaggio.
Il detective sorrise mentre gli apriva la portiera e John si sedette accanto al finestrino opposto, ancora in attesa di una risposta che Sherlock sembrava non volergli concedere. Era sempre più confuso riguardo a quella folle situazione. Che razza di idea malsana era balzata nella mente di Sherlock?
“Andiamo a fare giustizia, John” disse poi, fugando ogni possibile dubbio. “Ci porti alla Royal Festival Hall, per favore” disse al tassista, sistemandosi la giacca con un sorriso trionfante sul viso che non presagiva nulla di buono.


Continua…


  
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