Buongiorno fandom del mio
cuore!
Sinceramente non so come classificare questa cosa. AU, What if?
Ehm…crossover?
Comunque può essere definita come il mio personale modo di
assimilare la
batosta del Bafta soffiato da sotto il naso a Benedict, domenica.
Incredibile.
Pazzesco. Devo ancora abituarmi all’idea.
Sarà una storia divisa in due o tre capitoli, dipende da
quante pagine verranno
fuori!
Sperando in bene, vi auguro buona lettura!
S.
Una certa
giustizia
*
John aveva sperato che Sherlock non venisse meno alla promessa di star
buono e
tranquillo almeno per un paio d'ore, e le cose sembravano direzionarsi
nel
verso giusto quando si sdraiarono mollemente sul divano, il capo di
Sherlock
poggiato sulla spalla di John.
"Cosa dovremo sorbirci, stasera?" sbuffò Sherlock
spazientito.
"Altri episodi di Doctor Who? Altre interminabili repliche di Top Gear
o i
tuoi adorati polizieschi?".
John ebbe una mezza idea di fulminare il detective con un'occhiatina
glaciale
ma abbandonò quasi immediatamente l'intenzione quando
Sherlock, deliberatamente
e perfettamente conscio della reazione che avrebbe provocato,
strofinò il naso
contro la pelle morbida del suo collo.
“Per tua
informazione” disse, meno autoritario di come si fosse
imposto di sembrare. “Stasera ci sono i Bafta. E ho tutta
l’intenzione di
guardarli fino alla fine”.
Sherlock, che aveva cominciato a lambire con le labbra il percorso dal
suo
collo al lobo dell’orecchio, si scostò da lui come
se avesse appena preso una
scossa improvvisa, con uno sguardo atterrito in viso, come se
John avesse
appena minacciato di infilargli una mano nel tritarifiuti.
“Tre ore di sorrisetti falsi, battutine penose e lunghissimi
discorsi di
ringraziamento triti e ritriti su quanto non si aspettavano il premio,
di come
la loro madre è stata fondamentale per la loro vita, su come
un riconoscimento
simile influisca sulla loro carriera e banalità
simili” borbottò Sherlock con
aria vagamente disgustata. “Preferirei passare tre ore a
cenare con Mycroft”.
John ridacchiò della reazione esagerata di Sherlock, che
nonostante il
disappunto non sembrava avere nemmeno la minima intenzione di lasciare
la
comoda posizione sul divano e la più che piacevole stretta
del suo braccio
intorno al fianco di John. Il medico avvicinò il viso a
quello del coinquilino,
scostandogli dolcemente una ciocca di capelli scuri dalla fronte e
poggiandogli
un bacio leggero sulle labbra.
“Per qualcuno che è solito essere abbandonato
dal proprio partner a casa, magari per ‘indagini
che deve assolutamente svolgere da solo’…”
si cimentò in una grottesca parodia
della voce del detective. “…guardare la
televisione con la Signora Hudson è uno
degli svaghi più in voga”.
Sherlock sbuffò e
alzò un sopracciglio, cercando un contatto più
intenso con John che lo prendeva silenziosamente in giro, facendo finta
di
volersi scostare.
“E allora?” chiese Sherlock.
“E allora i Bafta sono come un’Istituzione per me.
E’ un po’ come il
partecipare alle riunioni dei Veterani di Guerra” disse,
anche se magari il
paragone poteva sembrare leggermente azzardato. Abbassò la
mano dal fianco di
Sherlock con deliberata cattiveria, e il detective mugolò
per la perdita di
quel piacevole tepore. Sherlock strinse gli occhi e lo
guardò con un cipiglio misto
tra il sorpreso e l’esasperato.
“Che suggestivo paragone, John”
bisbigliò Sherlock artigliando una mano di John
nella sua, così che evitasse di muoverla in continuazione.
John rise.
“E poi, non so se lo sai, ma Benedict Cumberbatch, Martin
Freeman e Andrew
Scott sono tutti e tre in lizza per i premi più
importanti” disse, sapendo di
risollevare così l’attenzione del coinquilino.
Sherlock voltò immediatamente la
testa verso di lui, rigirandosi sul cuscino come se si fosse appena
sdraiato su
un puntaspilli, saltando in posizione diritta in meno di un secondo e
afferrando il telecomando facendoselo quasi cadere dalle mani.
Armeggiò con i
pulsanti poco collaborativi, alzando il volume tanto da far quasi
tremare i
muri. John soffocò la sua risata contro il braccio,
scuotendo la testa.
“Ma come? Avevi
detto che avresti preferito Mycroft…” lo
punzecchiò
John quando Sherlock tornò a sedersi accanto a lui,
osservando avido lo schermo
del televisore.
“Sai bene quanto
tendo a una plateale esagerazione, John” si
giustificò Sherlock, agitando una mano come per dirgli di
parlare più piano,
come se il volume della televisione non si sentisse da lì a
Marylebone. “E può
capitare che delle giuste…motivazioni
possano far cambiare idea a
qualcuno”.
"E alla velocità della luce, direi" continuò a
prenderlo il giro
John, scherzosamente. "Forse dovrei essere geloso... " prese in
considerazione, aspettandosi la reazione di Sherlock.
Il coinquilino lo guardò sottecchi con un'espressione da 'che diavolo vai pensando?' e stringendo
la caviglia di John in un
gesto decisamente esplicativo.
"Tranquillo, John" disse, come se fosse il ragionamento più
ovvio del
mondo. "La vita del compagno di un attore non farebbe per me. Io ho
bisogno di qualcuno che sia sempre pronto al mio fianco, quando ne ho
bisogno".
John non sapeva se essere lusingato, felice, oppure offeso da
quell'affermazione ambigua.
"Ti basterebbe un cagnolino, Sherlock" disse John, sarcastico,
fingendosi oltraggiato dalle parole del coinquilino.
"Oh, un cane sarebbe fantastico…però sai, tu mi
sei utile per tantissime
altre...cose" avvicinò le labbra alle
sue, sfiorandole appena.
"che un cane non potrebbe fare".
John scoppiò a ridere, scuotendo la testa. Era incredibile
come l'uomo accanto
a lui riuscisse a capovolgere ogni situazione a suo favore, ogni volta.
John
perdeva ogni potere, ogni autorità, ogni capacità
di replica quando era in
compagnia di Sherlock. E alla fine, ben pensandoci, la cosa non gli
dispiaceva
poi così tanto.
"Mi hai convinto, Sherlock" gliela diede vinta, tirandolo
più vicino,
così che adesso la testa del detective poggiasse sulle sue
ginocchia. “Comunque,
se ben ricordo, tu reagisti malissimo quando la BBC ci propose i
diritti per
una serie basata sui tuoi casi" gli ricordò, e Sherlock
storse la bocca.
"E non fosti così entusiasta nemmeno quando ci dissero chi
sarebbero stati
gli attori".
Sherlock grugnì contro la sua coscia, mentre la televisione
ancora trasmetteva
un qualche programma musicale che a Sherlock e John non poteva
seriamente
interessare di meno.
"Come ti ho già detto, l'esperienza mi è servita
a cambiare la mia opinione"
commentò il detective. "Pensavo che non potessero essere
all'altezza e invece
hanno completamente ribaltato le mie iniziali convinzioni. Sono
stati…bravi.
Cumberbatch è...più che accettabile nella mia
parte" disse, e nel
linguaggio di Sherlock quello era un complimento comparabile ad un
accorato 'assolutamente
fantastico'. "Freeman è un credibilissimo te,
e Scott è...
molto affiatato nella sua parte, come Moriarty" si leccò le
labbra
pensieroso, come se stesse valutando la possibilità di aver
leggermente esagerato
con le lodi. Sia mai che John andasse a dire in giro che Sherlock
‘sposatocolsuolavoro’
Holmes apprezzava
enormemente qualcosa di frivolo e inutile come un programma televisivo.
Il detective
osservò John che lo guardava con la mente altrove,
probabilmente con lo stesso identico pensiero di Sherlock in mente.
Evidentemente
stava compilando già una lista mentale di persone cui
minacciare di dirlo,
magari per qualche subdolo ricatto sui turni per la spesa.
“Allora sei contento adesso? Sei felice che io abbia
finalmente ammesso di
essere stato prevenuto su
qualcosa?".
John non rispose, mentre
pensava all’espressione di Lestrade quando
gli avrebbe raccontato della cosa, cercando di nascondere il ghigno
divertito
dal viso e corrucciandosi, dando una pacca fintamente risentita sulla
nuca di
Sherlock come a voler redarguire un bambino capriccioso. Sherlock
aprì la bocca
in una O perfetta in una plateale e palesemente esagerata imitazione di
un’espressione sconvolta, massaggiandosi il collo con il
palmo, come se la mano
di John gli avesse fatto chissà quanto male.
"Sì, sono felice. E per quanto io odi l'essere sempre
d'accordo con te,
non posso darti torto nemmeno stavolta" rispose poi John, con un
sorriso
ironico sulle labbra. Dalla televisione, un uomo robusto tutto in
ghingheri
salutava la folla in agitazione.
"Oh finalmente. Non ne potevo più di aspettare"
sbottò Sherlock, con
un sospiro sollevato, come se avesse cominciato a respirare dopo ore di
apnea.
John scostò lo sguardo dal suo coinquilino al televisore,
premendo
delicatamente la testa di Sherlock contro le sue gambe per rendergli la
posizione più comoda possibile e cominciando ad accarezzarlo
con la mano
destra, pettinandogli i riccioli scuri tra le dita, come con un
cucciolo in
cerca di attenzioni dal suo padrone. E i versetti compiaciuti di
Sherlock lo
facevano sembrare davvero un gattino bisognoso di affetto.
Le prime premiazioni procedettero lente, tra una battuta e l'altra del
presentatore, qualche intermezzo musicale, lustrini e paillettes,
strascichi di
vestiti di dubbio gusto e lunghissimi discorsi di ringraziamento
terribilmente prevedibili come
Sherlock aveva
ipotizzato. Immancabili furono anche i relativi commentini sarcastici
da parte
del detective che li accompagnavano come una fastidiosa colonna sonora.
"Oh certo, ringrazia anche il vicino di casa, già che ci
sei" gridò
Sherlock al televisore, lanciandogli la confezione vuota di take away
cinese
che aveva mangiucchiato controvoglia nemmeno un'ora prima. John gli
tirò i
capelli per rimproverarlo, ma ridacchiando sotto i baffi alla chiara
insofferenza del detective.
Era incredibile quanto Sherlock si fosse affezionato ad una cosa
così poco elevata per
uno come lui come un
semplice telefilm alla televisione. Incredibile e difficile da pensare
per
qualcuno abituato a credere che il modo più proficuo di
passare il tempo libero
fosse studiare un pesantissimo tomo di chimica applicata, o stare
seduto secoli
ad analizzare campioni al microscopio, o concentrato in
un’osservazione dei
vari stadi di essiccazione del vomito a contatto con gli agenti
atmosferici. (Anche
se ultimamente, avevano trovato un altro piacevole modo di passare il
tempo, ma
quella era un’altra storia).
Certo però, quello
era qualcosa di più di un semplice telefilm, era qualcosa
di molto ben congegnato, ben diretto e scritto, con
un’ambientazione
impeccabile, realistica e una recitazione al limite
dell’impressionante. E
anche se, dettaglio più importante e assolutamente non
trascurabile, il tutto
si basava sulle loro stesse imprese, era comunque un aggancio a
qualcosa di
decisamente troppo normale per uno come Sherlock.
Prima che gli
proponessero il progetto, prima di cominciare a seguire
appassionatamente il
frutto di quell’idea, John aveva creduto che Sherlock non
sapesse nemmeno come
accenderlo il televisore. E adesso eccolo lì a inveire con
qualcuno che non
poteva sentirlo, alzando ancora furiosamente il volume della
televisione tanto
che John cominciò a non pensare più solamente a
Marylebone. Probabilmente a
Regent’s Park la gente si stava chiedendo dove fosse la fonte
di quel baccano
infernale.
"Ne avranno ancora per molto, anche questi? Sì,
già che ci siete lasciate
dire due parole anche alle comparse, alle controfigure e agli addetti
alla
mensa".
Faticando a tenere a bada
Sherlock, quando l'atmosfera man mano che il
presentatore annunciava i vincitori delle varie categorie si stava
facendo
decisamente piena di una fervente attesa, fu annunciata l'imminente
premiazione
del Miglior Attore Non Protagonista.
"Finalmente! Stavo per prendere e andarmene via" esultò
Sherlock
festeggiando raggomitolandosi ancora contro John, che non aveva smesso
un
secondo di accarezzarlo. Si stupì che non si fosse assopito;
di solito quella
carezza a Sherlock faceva quell'effetto. Evidentemente era molto ma
molto più
interessato di quanto John avesse creduto all'inizio.
Il primo nominato fu elencato
senza particolari reazioni da parte dei
presenti in sala escluso qualche rispettoso applauso del diretto
interessato e
di qualche garbato membro del pubblico, probabilmente. Il secondo nome,
Andrew Scott fu accolto da un
fragoroso
e assolutamente gratificante boato di applausi e grida
d’incoraggiamento.
"Era prevedibile" commento John, trovando un mugolio d'approvazione
da parte di Sherlock che ora poggiava sul gomito, senza voler perdersi
nemmeno
una sillaba. Il terzo nominato ricevette la tenue accoglienza del primo
e al
quarto nome in lizza, Martin Freeman,
per esclusione, la sala irruppe nuovamente in quel caloroso coro da
stadio.
"Dovresti sentirti gratificato, John" disse Sherlock con un sorriso
furbo sulle labbra. "E poi Martin è un gran bell'uomo, oltre
che
bravo".
John assunse un'espressione falsamente offesa, sgranando gli occhi e
mettendo
le mani sui fianchi come se fosse in procinto di dargli una strigliata
con i
fiocchi.
"Stai dicendo che io non lo sono?" gli domandò, facendo
finta di
essersela presa a morte, come una mogliettina gelosa che cerca di
scoprire le
tresche del marito.
Sherlock ovviamente non la bevve nemmeno per un secondo.
"Amo la tua
capacità di leggere nelle mie parole cose che non ho
neppure pensato" si complimentò con un
sorrisetto ironico. "Ho
solo detto che è un bell'uomo, non che lo è
più di te. E poi lo sai che io sono
di parte".
John piegò la testa, come per osservarlo da un altro punto
di vista e schioccò
le labbra, soddisfatto della risposta.
"Così va meglio".
Nel frattempo, l'attesa si faceva sempre più pesante.
L'annunciatrice di turno
aprì la busta e la strinse tra le mani, come se la cosa
più importante in quel
momento fosse costatare il peso di quel pezzo di carta invece che
leggere l'esito
della votazione, alleviando la tensione di quelli come John e Sherlock,
che
erano lì seduti e frementi ad aspettare il verdetto.
"Andrew Scott!" annunciò
poi la voce della donna, e la sala esplose in un altro coro di grida e
applausi, cui si unirono quelle di John e uno strano scalpiccio furioso
dei
piedi di Sherlock contro il povero cuscino del divano.
"Stai esultando per la vittoria della tua nemesi. Forse hai bisogno di
farti vedere, Sherlock" scherzò John lanciandogli dietro il
cuscino.
"E poi non parteggiavi nemmeno un po’ per...me?".
Sherlock gli rilanciò il cuscino, ridendo, mentre
osservavano un tremante Andrew
salire sul palco a passi lenti, come se le gambe gli tremassero,
afferrando il
premio che gli stavano porgendo.
"Consolati, hai vinto l'anno scorso. Era improbabile che raddoppiassi.
E
Andrew è una nemesi di tutto rispetto".
John non riuscì a non trovarsi d'accordo con lui su quel
punto. L'uomo nel
televisore aveva cominciato a parlare visibilmente commosso e quasi
totalmente
sconvolto dalla meritata vittoria, con un'emozione forte e quasi
palpabile
nella voce che a John scaldò il cuore. Sembrava pronto a
dispensare ad ogni
presente un abbraccio caloroso e tanto amore a profusione.
"E' vero. E' fantastico, te lo concedo. Anche se sembra totalmente
fuori
fase il poverino, in senso buono intendo"
"Credo sia eccessivamente contento,
nonostante io non abbia tutta
questa
familiarità con la cosa”.
John lo guardò
sottecchi.
"Lo credo anch’io".
Sherlock agitò poi il pugno in aria.
"E ora voglio solamente che Benedict salga su quel palco e torni a casa
sua con quel premio in mano" disse con tono sicuro e categorico, come
se
non ammettesse nemmeno la vaga possibilità che qualcun altro
potesse
soppiantare il suo favorito.
"Sei un impossibile narcisista" lo rimproverò John.
"Però lo
spero. E poi vorrei veramente conoscerli un giorno. Possibile che non
ce
l'abbiano fatti conoscere? Insomma è grazie a noi che hanno
tutto questo
successo, non ti pare?"
Sherlock si sfiorò le labbra con la punta delle dita, con lo
sguardo accigliato
come se stesse ricordando qualcosa di poco gradevole.
"Colpa di Mycroft, temo. Ha fatto pressioni perché io non
incontrassi
nessuno di loro perché avrei potuto avere una…cattiva influenza" spiegò, con
voce piena di disappunto.
John provò un improvviso moto di compassione nei confronti
di Mycroft quando
nella sua mente si materializzò l’immagine di
Sherlock che dispensava a
Benedict particolari truculenti sul suo studio sulla salivazione
post-mortem
completa di accuratissime descrizioni.
“Per una volta mi trova d’accordo”.
“Sei un traditore” lo incolpò Sherlock,
con un ghigno divertito sul viso. John
ridacchiò, prima che un piccolo particolare gli tornasse
alla mente.
“Io però
avrei potuto farlo. Insomma, io che razza di influenza avrei
potuto avere?”.
Sherlock lo guardò come se la risposta fosse talmente ovvia
da non meritare
nemmeno una spiegazione.
“Ormai ci considerano una cosa sola, se mi permetti questa
romantica
definizione. Se non posso far qualcosa io, non puoi farla nemmeno
tu”.
Sherlock gli baciò
dolcemente la pelle sensibile del polso.
John avvampò furiosamente, senza poterlo evitare, nonostante
non fosse
esattamente quella la reazione che aveva pensato di avere. Non era
ancora
totalmente abituato a quei piccoli sprazzi
d’intimità con Sherlock, nonostante
fossero andati già molto oltre
i
semplici baci. John però adorava da impazzire quando
Sherlock prendeva quelle
piccole iniziative.
Si passò il palmo della mano sulla faccia, come a voler
recuperare un certo
decoro.
“E’ sempre tutta colpa tua” lo
accusò, puntandogli contro un dito.
Sherlock non rispose ma
sollevò le spalle.
“E’ il prezzo da pagare per vivere con
me”.
“Che grande
affare” borbottò John, rassegnato. "Comunque non
sono
così sicuro di volere che tu conosca Benedict. Io non sono
stupido. Non
reggerei il confronto".
Sherlock sbuffò.
"John, sei ripetitivo".
"Ma è vero, mi sentirei minacciato. Insomma, entrambi
siete... Dio, siete
uguali, siete due specie di... esseri alieni perfetti”.
Sherlock si
illuminò succhiandosi il labbro inferiore con espressione
compiaciuta, fallendo miseramente nel tentativo di non sembrare
profondamente
lusingato dal complimento.
"Una pittoresca definizione,
grazie John".
"Smettila di prendermi in
giro, Sherlock"
"No davvero, apprezzo i tuoi complimenti, sono sempre un gradino sopra
quelli degli altri".
John alzò un
sopracciglio, interdetto.
"Oh, certo. Peccato che i complimenti più gentili che tu
abbia mai
ricevuto da chiunque non fossi io fossero una completa gamma di
variazioni
della parola 'coglione'".
"Quanto sei puntiglioso, John".
Un coro di grida e applausi
scroscianti li costrinse poi a voltarsi.
"Oh, Benedict!" Sherlock
puntò poi il dito verso il
televisore riportando tutta l’attenzione nuovamente allo
spettacolo. "Benedict
e il tuo Matt Smith".
John lo guardò
esasperato.
"Nessuno ti costringe a guardare Doctor Who con me, Sherlock. Se ben
ricordo sei tu che imperterrito continui a infilarti nel letto con me,
quando
lo guardo".
Sherlock fece spallucce,
sbuffando.
"Non mi va che tu mi trascuri per lui".
John era fortemente, irresistibilmente
tentato di alzarsi e prenderlo a cuscinate violente sulla testa. Le
mani gli
prudevano come non mai.
"Io ti trascuro, Sherlock? Chi
è che va via in piena notte senza
nemmeno degnarsi di dirmi dove sta andando?" domandò,
trovando
immediatamente l'episodio giusto da sbattergli in faccia.
Sherlock non rispose, e sembrò aver completamente
dimenticato la discussione,
tornando a osservare nuovamente lo schermo studiando le due figure
davanti al
leggio come se nelle pieghe delle loro camicie riuscisse a leggere
qualcosa di
interessantissimo.
John non ci faceva
più caso, ormai.
"Benedict ha cambiato giacca all'ultimo momento" annunciò
sicuro il
detective giocherellando con la cintura blu della vestaglia.
"E deduci ciò da…?".
"Ci sono residui di cotone scuro sui suoi pantaloni, a metà
coscia. Hanno
cercato di adattare una giacca all'ultimo momento con ago e filo, si
intravede
una striscia di tessuto che sporge poco sopra la cinta, oltretutto.
Quella
originale deve essersi strappata in qualche modo poco prima di uscire
sul palco
e non sono stati abbastanza rapidi da rimuovere tutto prima che lo
chiamassero".
John osservò meglio
il televisore, cercando di scorgere i fantomatici
e totalmente invisibili residui di filo di cotone che Sherlock sembrava
aver
scorto con facilità sovrumana. Dopo un'attenta e doviziosa
analisi però era
riuscito a trovare meno di nulla. Vagliò per un secondo
l'ipotesi di dire a
Sarah di fissargli una visita oculistica, prima di ricordarsi che Sherlock era Sherlock in fondo ed era il
suo lavoro vedere dove gli altri non vedevano.
"Non vedo un accidente, ma mi fido di te sulla parola, come
sempre”.
Sherlock parve turbato dal
riscontro negativo da parte del medico.
"Scherzi? Abbiamo anche un televisore in alta definizione!”.
"Hai finito di farmi sentire un idiota, Sherlock? Oltretutto ti stai
perdendo la premiazione del nostro Moffat".
Il detective fissò
la figura che adesso reggeva in mano la sua
statuetta bronzea, con un’espressione di inquietudine
palpabile.
"Quell'uomo è inquietante, John. Mi mette addosso una
curiosa
sensazione".
John scoppiò a ridere, guardando verso la porta come per
controllare che
nessuno potesse sentirli. Nessuna Signora Hudson nei paraggi per
fortuna,
nonostante avesse temuto di vederla salire da un momento all'altro a
lamentarsi
del volume stratosferico.
"Ti dirò che inquieta anche me. E' geniale, ma è
un torturatore di povere
menti”.
"Sì, mi sono documentato. Dovrebbero arrestarlo".
"Potrei chiedere a Lestrade".
"Gli manderai un sms più tardi, magari".
"Ricordami di farlo, ti prego".
In quel battibeccare quasi infantile, quasi non si erano accorti che lo
spettacolo era arrivato praticamente agli sgoccioli, e che il momento
da loro
tanto atteso era finalmente alle porte.
"Ehi Sherlock, ci siamo, è ora" annunciò John, e
Sherlock finalmente
si sollevò, sedendosi sul divano con la schiena arcuata e
chino verso il
televisore, come in posizione per spiccare un salto. Se Sherlock avesse
intenzione di provare a saltare dentro il televisore in caso di
verdetto
sfavorevole John non lo sapeva, ma quello che avrebbe voluto in quel
momento
era una macchina fotografica o il suo cellulare per immortalare
l'espressione
assolutamente drammatica sul volto di Sherlock.
Al nome di Benedict ci fu un
nuovo assordante scroscio di grida e
applausi, che precedettero l'arrivo della busta con dentro il nome del
fatidico
vincitore.
"E' del tutto inutile che portino una busta. Non c'è storia,
non c'è
paragone, non c'è nemmeno da sottoporre questa cosa ad una giuria".
"Sherlock sta zitto un secondo"
"Sto solo dicendo... "
"Sherlock zitto! Sta per dirlo!"
La donna sollevò il
foglio dalla busta con una flemma che fece
diventare Sherlock ancora più irrequieto.
"E falla finita, è solo un nome!" gridò contro la
donna, agitando
convulsamente le mani come se stesse dibattendo un'arringa in
tribunale. John
lo spintonò con la spalla, ridacchiando.
"Sarà solo un nome ma tu la stai prendendo come un affare di
stato".
Sherlock rispose con un'occhiata affilata come un rasoio mentre
l'annunciatrice
riprendeva fiato e annunciava con voce squillante e chiara, fastidiosamente
chiara, che era fiera di annunciare che il vincitore del premio come
Miglior
Attore Protagonista era il signor Dominic
West.
Sherlock si bloccò, come se gli avessero appena sferrato un
sonoro schiaffo in
pieno viso, come se un immaginario qualcuno gli avesse appena gettato
addosso
una secchiata di acqua ghiacciata. Era immobile, impassibile, fermo
nella
stessa posizione china e a braccia tese di poco prima.
"Sherlock, sei sulla terra?" chiese John, indeciso se essere
divertito o allarmato dalla situazione. Gli sventolò una
mano davanti agli
occhi, in cerca di una qualunque reazione.
Il detective si mosse e piegò la testa verso di lui
lentamente, come se nel
tragitto dalla televisione agli occhi di John un milione di pensieri si
stessero rincorrendo l’un l’altro nella testa di
Sherlock.
“Evidentemente non ho inteso bene” disse, con voce
sottile, lo sguardo
nuovamente vacuo. “Ha appena detto
che….” Deglutì. “Il premio
è andato a
qualcun altro?”.
John annuì gravemente, fin troppo divertito dalla reazione
melodrammatica di
Sherlock ma senza alcuna voglia di scoppiare a ridere di fronte a lui e
passare
il resto del giorno dopo con un occhio nero che Sherlock avrebbe
certamente
provveduto a stampargli.
Il detective strinse la bocca,
mordendosi furiosamente l’interno delle
labbra chiudendo i pugni e sbattendoli sul bracciolo del divano.
“Questo è un affronto! Una cosa totalmente
intollerabile, John!”.
Nel frattempo Benedict,
inquadrato dal pubblico, rispondeva con un
sorriso alle parole del povero tizio sul palco, bersaglio dello sguardo
assolutamente glaciale del detective.
“Guardalo! Ci è rimasto malissimo, per
l’amor del Cielo” sbottò Sherlock,
saltando in piedi e facendo il giro del divano, come per scaricare in
qualche
modo la tensione brontolando parole indistinte a denti stretti dove
l’unica
cosa che John riuscì a comprendere fu qualcosa di simile a ‘un branco di incapaci’.
“Sherlock, non prendertela è solo…un
premio. Tu sai quanto lui vale, non
importa se…” provò a dire,
immediatamente bloccato dall’espressione furibonda
del detective.
“E’ una questione di principio, John. Bisogna
ristabilire la giustizia!”
esclamò, sbattendo una mano contro lo stipite della porta.
Improvvisamente poi
mise fine alla sua frenetica passeggiata attorno al divano e si
bloccò sul
posto, fermandosi immobile sul tappeto sfoggiando
l’espressione di assoluta soddisfazione
che assumeva quando arrivava all’improvviso a realizzare la
soluzione di un
caso. Chiuse gli occhi, deliziato, stringendo le mani tra loro.
“Ho trovato!” gridò. “Non
c’è tempo da perdere, John!” aggiunse
poi, alzandosi
dal divano e precipitandosi nella sua stanza con fretta disumana. John
non fece
nemmeno in tempo a capire a cosa si riferisse, non riuscì a
capire neppure per cosa non ci
fosse tempo da perdere
che il coinquilino era già di ritorno vestito di tutto
punto, in procinto di
indossare la giacca.
“Che stai aspettando, John?” lo spronò
osservandolo con occhi spalancati, alla
realizzazione di come il medico fosse ancora stravaccato sul divano nel
suo
pigiama sdrucito e vestaglia. “Corri a prepararti!”.
John si alzò immediatamente senza obiettare, non sarebbe
servito a nulla fare
domande a Sherlock quando era così eccitato, come aveva
avuto modo di costatare
tantissime volte, e corse le scale
a
due a due fino ad arrivare in camera sua. Afferrò la prima
camicia e il primo
pantalone a portata di mano, sperando con tutto il cuore che non
fossero poi
così atroci da indossare assieme e li infilò
frettolosamente ritornando al
piano di sotto alla velocità della luce. Sherlock gli
lanciò un’occhiata veloce
e gli fece cenno di seguirlo, spalancando la porta d’ingresso
dell’appartamento
tenendogliela aperta, scalpitante.
Quando John chiuse anche la porta sulla strada dietro di sé,
non riuscì più ad
evitare la domanda.
“Sherlock, si può sapere dove diamine stiamo
andando?” chiese, esasperato,
mentre Sherlock fermava un taxi di passaggio.
Il detective sorrise mentre gli apriva la portiera e John si sedette
accanto al
finestrino opposto, ancora in attesa di una risposta che Sherlock
sembrava non
volergli concedere. Era sempre più confuso riguardo a quella
folle situazione.
Che razza di idea malsana era balzata nella mente di Sherlock?
“Andiamo a fare giustizia, John” disse poi, fugando
ogni possibile dubbio. “Ci
porti alla Royal Festival Hall, per favore” disse al tassista,
sistemandosi la
giacca con un sorriso trionfante sul viso che non presagiva nulla di
buono.
Continua…