Vengeance
Chapter
1. A breakable beauty
Era mattino presto, forse
le quattro
appena passate. Vega girò la chiave nella serratura ed
aprì la
porta, entrò dentro ed accese la luce. La camera d'albergo
non era
come l'aveva lasciata: il letto fatto, profumo di pulito, gli
asciugamani cambiati. Dovevano aver rassettato tutto per bene la
mattina prima, quando era uscito.
Beh, ormai questa era la sua
vita: usciva la mattina per occuparsi delle sue cose, cose che erano
normali, la vita in generale e poi, la sera, andava a fare le lotte
clandestine. Era diventato un mito in quel giro, oramai, tutti lo
adoravano.
Appoggiò il borsone sul pavimento, accanto alla porta,
mentre le chiavi le mise sul comodino. Si tolse il cappotto nero e
vide il riflesso di sé stesso, a petto nudo con solo i
pantaloni
addosso, nello specchio subito di fronte a lui. Si
osservò per qualche istante, il suo sguardo seguì
il lungo serpente
tatuato che si estendeva lungo il suo petto. Notò alcune
macchie di
sangue sul suo corpo, probabilmente dell'ultimo lottatore che aveva
affrontato. Gli aveva fatto fare davvero una brutta fine.
Incrociò
i suoi occhi azzurri nel riflesso e proprio in
quell'istante decise di andarsi a fare una doccia calda in tal modo
che potesse poi mettersi a dormire.
Una volta raggiunto il bagno
provvide a spogliarsi dai pantaloni e le scarpe. Osservò
ancora la
sua immagine perfetta mentre si tolse
l'elastico che teneva chiusa la sua lunga treccia bionda,
sciogliendola.
Raggiunse la vasca ed aprì l'acqua, attendendo che
divenisse calda, dopodiché entrò e chiuse la
tendina bianca. Sentì
subito il flusso caldo dell'acqua scorrere lungo la sua pelle liscia
e chiara, i suoi capelli bagnarsi e il sangue scivolare via dal suo
corpo. Purtroppo per lui, però, non poteva lavarsi l'anima.
Quella
sarebbe rimasta macchiata di sangue a vita... Ma poco gli importava.
Era abituato alla sua vita da perfetto aristocratico e persona a modo
di giorno e da lottatore spietato di notte. Non gli era mai capitato
di uccidere nessuno, ancora. Non era arrivato a tanto, ma aveva
ridotto parecchie persone a nulla di più che un mucchietto
di ossa
rotte.
Beh, dopotutto era così che sopravviveva, lui. Era grazie
a quelle lotte clandestine se si poteva permettere quella stanza
d'albergo e tutto il resto, il comfort e la vita a cui era abituato.
Era partito solo pochi anni prima dalla Spagna per imparare l'arte
del ninjutsu, appresa velocemente e arricchita con la sua
agilità e
anche con la sua abilità nella corrida.. Fu per quello che
decise di
rimanere in Giappone per un tempo indefinito ed ora, a distanza di
tempo, si rendeva conto che non era stata per nulla una cattiva idea.
Stava diventando una specie di Dio per quella gente e come
biasimarli? Non poteva essere altrimenti.
Nonostante tutto, però,
il Giappone aveva anche i suoi lati nrgativi: trovava che la gente di
quel posto fosse molto meno gradevole degli occidentali, eccezion
fatta per alcune giapponesine, davvero delle gran belle ragazze. Poco
importava, però, alla fine: nel giro in cui era entrato lui
v'erano
persone da ogni parte del mondo, conosceva sempre gente nuova ed alla
fine era lui e solo lui a dover decidere da che tipo di persone
lasciarsi circondare.
Si stava risciacquando i lunghi capelli
dorati quando d'un tratto il telefono cominciò a squillare.
Vega
sussultò. A quell'ora del mattino? Chi diavolo era?
Lo lasciò
squillare per alcune volte prima di chiudere l'acqua ed allungare una
mano oltre la tendina, afferrando il telefono e rispondendo.
“Pronto?” Rispose, in
giapponese.
“Signore, scusi per il disturbo ma
c'è
una chiamata in attesa per lei dalla Spagna.” Lo
informò la ragazza alla reception.
Lui espirò, dopo quella
doccia calda si sentì totalmente rilassato. “Passatemela.”
Rispose, uscendo dalla doccia e trattenendo il telefono tra il capo e
la spalla, giusto il tempo di mettersi un asciugamano intorno ai
fianchi.
“Subito.”
Rispose la receptionist, prima di metterlo un istante in attesa.
Vega
prese un altro asciugamano con il quale cominciò ad
asciugarsi
superficialmente la lunga chioma dorata.
“Pronto?
Parlo con il signor Hernandez?” Questa
volta, la voce dall'altro capo del telefono, parlava in
spagnolo.
“No. Il signor Flores.”
Rispose lui. Hernandez era il cognome del secondo marito della
madre... E lui non aveva nulla da spartire con quell'uomo.
“Non
è il signor Vega Hernandez?”
Domandò con insistenza l'uomo.
“Vega Flores.
Hernandez è il cognome di mia madre... Del marito di mia
madre.”
Si corresse
poco dopo.
“Ahh...”
Ci fu un
istante di silenzio,
poi la voce dall'altra parte riprese. “Sono
il
commissario Garcìa. Chiamo dall'ospedale Blanca
Paloma.”
Silenzio.
Nuovamente. Dall'ospedale? Cos'era successo?
“Si..”
Rispose lui,
distrattamente.
“La
chiamo per conto di sua madre. Sono spiacente di dirle che è
morta
pochi minuti fa.”
Morta?
L'asciugamano con il quale si stava asciugando i capelli gli cadde
dalle mani, incrociò il suo stesso sguardo nello specchio
del bagno,
appena appannato dalla condensa. Le labbra gli si schiusero appena,
da sole, senza il suo volere.
“Morta..?” Chiese,
cercando di mantenere un tono 'sicuro'.
“E' stata
assassinata... Da suo marito. Ora lo stiamo cercando e... Mi
dispiace, condoglianze.”
Silenzio.
Vega non seppe davvero che dire. Sentì... Solo dolore dentro
di sé,
misto a rabbia. Una rabbia incontrollabile. Attaccò, senza
aggiungere altra parola.
L'aveva sempre odiato quell'uomo. Sempre.
Una persona così sgradevole, così viscido...
Aveva ucciso sua
madre, una donna così bella, solare, l'ultima persona al
mondo che
meritava di morire.
Abbassò la mano, appoggiando il telefono sul
mobiletto. Il suo viso divenne duro, in un istante percorso da una
smorfia di rabbia mentre tirò un pugno allo specchio, di
fronte a
lui. Il fragile vetro si crepò tutto mentre alcuni pezzetti
caddero
nel lavandino. Sentì la sua mano sporcarsi di sangue mentre
vide la
sua immagine riflessa, crepata, rovinata, sporca di rosso.
Sì. Si
sarebbe macchiato di sangue. Avrebbe macchiato la sua anima di nuovo,
ma questa volta definitivamente. Avrebbe ammazzato con le sue stesse
mani quell'uomo, non si sarebbe accontentato di ridurlo ad un
mucchietto d'ossa. Forse all'inizio, per farlo soffrire. Una morte
lenta e dolorosa.
Non riusciva a pensare a nulla se non al modo
più schifoso, malato e sadico di ammazzare quell'uomo,
mentre nella
sua testa solamente una parola si ripeteva: vendetta, vendetta,
vendetta...
To be continued...
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Waaah,
prima ff su Street Fighter! Che si articolerà - solo - in 2
chappy!
Beh, gioco a Street Fighter da quando sono piccola e Vega, insieme a
Ryu e - soprattutto - Ken, è uno dei miei preferiti!
Ho letto che la morte di sua madre lo segnò profondamente e
che fu uccisa dal secondo marito, con il quale si sposò
quando la loro famiglia perse prestigio, e così..
Cercavo proprio un'idea per scrivere su Vega, ed ecco qui! :D
Spero vi piaccia questo primo capitolo, se avete voglia di lasciarmi
una vostra opinione è sempre ben accetta! :3
Ringrazio ad ogni modo chi leggerà, recensirà,
mettera tra le seguite, preferite o ricordate x°D tutti,
insomma!
Alla prossima!!!