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Autore: Nyappy    03/06/2012    3 recensioni
«Allora, cosa sta facendo?»
Raggiunti i primi ciottoli della spiaggia, lei gli passò le redini e liberò il viso dal cappuccio. Mus non riuscì a non arricciare il naso nel vedere le occhiaie violacee che le scavavano il viso, enfatizzate dai lunghi capelli neri. Sua madre sembrava già morta.
«Aspetta la morte.»
Genere: Generale, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Le fiabe di mezzanotte'
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«Madre, cosa sta facendo quel mendicante?»
Mus tirò le briglie del suo cavallo e lo fece accostare a quello della madre. Si erano fermati su collinetta poco distante dalle rive del Lago del Sonno; la nebbia fresca avvolgeva gli alberi ed i cespugli vicini, popolati di insetti. Quello che sembrava silenzio era in realtà un sovrapporsi ovattato di frinii e fruscii di foglie gocciolanti.
«Siamo arrivati» si limitò a dire lei, scendendo dal suo cavallo bianco con un unico, elegante movimento. Il mantello le svolazzò sulle spalle prima di tornare a coprire l’intera figura.
Mus si tolse il cappuccio e si scostò i capelli biondi dagli occhi.
Perché la figura scura accoccolata a terra era quella di un mendicante, no? Anche da lontano poteva notare le cattive condizioni del suo mantello.
Strinse gli occhi per vedere meglio e scese a sua volta dal cavallo.
«Se non erro, quello dovrebbe essere Anis, il Maledetto.» La madre iniziò a scendere la collinetta e Mus la seguì, prestando attenzione all’erba umida e scivolosa.
«Perché lo conosci?» Un uomo che aveva sfidato gli Dei ed aveva perso. In città era pieno di reietti del genere, inutili mendicanti che affollavano le strade.
Lei non rispose. Per un periodo si era interessata alla carità, sperperando metà dei loro beni per donare sollievo a quei cadaveri ambulanti.
«Allora, cosa sta facendo?»
Raggiunti i primi ciottoli della spiaggia, lei gli passò le redini e liberò il viso dal cappuccio. Mus non riuscì a non arricciare il naso nel vedere le occhiaie violacee che le scavavano il viso, enfatizzate dai lunghi capelli neri. Sua madre sembrava già morta.
«Aspetta la morte.»
Mus aggrottò le sopracciglia. «E come?»
«Esattamente come me» disse lei, avvicinandosi alla figura prostrata a terra. Mus abbassò lo sguardo su una roccia umida poco distante. La nebbia era così fitta che la pelle scoperta gli sembrava bagnata. Sua madre voleva morire. Preferiva un sorso di Sonno che mesi e mesi di deperimento e sofferenza – e sarebbe stato lui ad ucciderla, aveva giurato.
Sorrise. Tutto sarebbe diventato finalmente suo, tutto suo.
Tornò ad osservare l’uomo. Le acque del Lago del Sonno portavano la morte solo se bevute dalle mani di un altro, quindi perché quell’uomo, Anis, non era in città a chiedere a qualcuno di offrirgli un sorso?
«Mi sembra stupido aspettare lì.» Dopo aver dato da bere a sua madre, avrebbe potuto aiutarlo lui. Comunque, quello dell’uomo era stato un agire abbastanza stupido. Aspettare chissà quanto tempo…
«Mus, ti proibisco di aiutarlo» ordinò la madre. Superò l’uomo senza degnarlo di uno sguardo e si chinò sul lago. Anche se era nascosta dal mantello, Mus riconobbe i suoi movimenti: aveva tirato fuori la fiaschetta di cristallo e la stava riempiendo.
Tornò verso di lui, con la boccetta ancora gocciolante; Mus le porse la mano e lei gli vuotò parte dell’acqua fresca nel palmo. Richiuse il contenitore e lo appoggiò a terra.
«Non mi dici nemmeno addio?» gli chiese, chinandosi appena.
«Mi mancherai.» Nessuna inflessione nel suo tono, nessuna reale emozione. In realtà non gli importava davvero – il destino dell’uomo sconosciuto gli sembrava molto più interessante.
Anis. Perché sua madre gli aveva proibito di aiutarlo? Tanto sarebbe morta, non avrebbe potuto controllarlo davvero.
«Bugiardo.» La madre accostò il viso alla sua mano e bevve la poca acqua rimasta.
«Lo sono sempre stato.»
Ecco cos’erano in realtà. Ecco cosa diventava quell’idillico quadretto familiare che mantenevano da muti. Bastava scambiarsi un paio di parole perché tutto il risentimento degli anni, i soldi spesi, l’impossibilità di trovare una vera cura, le fughe di Mus, la morte del padre, bastavano pochi scambi perché tutto trasparisse dalle loro parole.
Sua madre si accasciò a terra senza un suono; il mantello copriva perfettamente il suo corpo ed il cappuccio le nascondeva il viso. Aveva bisogno di portare il suo cadavere in città? Lo voleva davvero?
Sarebbe stato divertente tornare dopo un po’ e vederlo mangiucchiato dai corvi e scavato dai vermi.
Mus legò i due cavalli ad un alberello vicino, con le fronde che gocciolavano, e si avvicinò all’uomo prostrato. I ciottoli scricchiolavano sotto il suo passo.
«Anis?» lo chiamò.
L’uomo non rispose. Mus si sedette sui sassi vicino a lui e abbassò il viso per vedere cosa stesse facendo. Il viso dell’uomo era a malapena visibile, percorso da goccioline di sudore che s’impigliavano nella barba scura. Stringeva qualcosa a sé – un sasso? – e lo stava ripulendo con la lingua.
Mus arricciò il naso. «Sei disgustoso.» Riusciva quasi a sentire i granelli di rabbia e sporcizia sulla lingua, che s’incastravano tra i denti e gli grattavano la gola.
Anis non rispose.
«Cosa stai facendo? Dimmelo. Perché lecchi quel sasso?»
«Fammi morire.» Anis prese un sasso umido sotto la mano di Mus e lanciò via l’altro. «Fammi morire.»
«Tu non hai un senso.» Mus tirò fuori la daga da sotto il mantello. Chi era lui per giudicare?
L’unico senso che aveva avuto sua madre era stato metterlo al mondo – e lui l’aveva uccisa. Adesso avrebbe ucciso anche Anis, quell’uomo che lo aveva già annoiato. Non era divertente non riuscire a capire il perché.
«Fammi morire.»
Con un unico gesto, Mus gli conficcò la daga nel collo e lo squarciò. I sassi sotto al nuovo cadavere erano innaffiati di sangue.
«Stupido.»
Rinfoderò la daga e si alzò in piedi, grattandosi la mano. Tornò ai due cavalli, uno bianco ed uno nero, perché a sua madre piaceva fare le cose in grande. Forse avrebbe potuto venderli?
Il prurito alla mano stava diventando doloroso. Abbassò lo sguardo e sbarrò gli occhi. Dove il sangue di Anis era entrato in contatto con lui, la pelle si stava sciogliendo, liberando i fasci di muscoli e le vene.
«Aiuto!» gridò «Aiuto!»
 
Ma nessuno accorse in suo soccorso e Mus morì, consumato dal sangue infetto di un maledetto, sotto gli occhi grandi e dolci dei suoi due cavalli.

Il prompt “leccare le rive del sonno” l’ho preso da 500 Themes Ita. Ultimamente mi escono solo nonsense, chissà perché.
   
 
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