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Autore: Kastel    04/06/2012    1 recensioni
Quella notte era ciò che si poteva chiamare un'eccezione.
(TsukishimaxHachimenroppi)
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella notte era ciò che si poteva chiamare un'eccezione.
Era molto raro che Roppi si fermasse a dormire a casa sua. Accadeva più spesso l'esatto opposto, ovvero che Tsuki rimanesse la notte a casa di Roppi, in quel letto sempre disfatto e troppo piccolo per lui. E raramente riusciva a dormire: quella stanza trasmetteva freddezza, che non passava neanche se si copriva. Sarebbe stato più semplice se il suo amante (poteva chiamarlo così?) lo avesse stretto e coccolato, ma Roppi preferiva restare davanti all'unica finestra della camera a fissare l'anonimo paesaggio formato da palazzi.
Roppi non amava dormire; anzi, non amava niente. Era un concentrato di odio puro, qualcosa che trasudava disprezzo verso qualsiasi cosa. E sé stesso non faceva di certo eccezione.
Spostò un attimo le coperte dal corpo nudo di Roppi, osservando le fasciature che coprivano varie parti del corpo. Erano sporche di sangue asciutto, un rosso marcio che gli metteva tristezza.
Doveva rifargli le fasciature, lo sapeva. Come sapeva benissimo che ciò che avrebbe ottenuto in cambio sarebbero stati insulti e un'occhiata carica d'odio.
Perché era questo che Roppi donava: un paio di fottiti, uno stronzo qua e là ma soprattutto disprezzo, nella sua forma più pura e primitiva, quella che avevano i cani randagi.
Tsuki amava definire così Roppi: un cane ferito, che disprezzava per difesa. Non importava che la gente (Delic) dicesse che non era vero, che Roppi era solo un piccolo bastardo che odiava e basta; lui si era convinto che Roppi avesse solo paura.
E voleva essere la cura per quella paura.
Sfiorò la fasciatura che aveva sul collo con due dita, fissandola. Lui conosceva le storie di ogni cicatrice e ferita che Roppi si portava dietro appresso. Erano come delle frasi che solo lui sapeva leggere, nella lingua che Roppi gli aveva insegnato senza desiderarlo. Ognuna diceva una sola cosa.
Io mi odio, per questo mi ferisco.
Solo quella del collo aveva un altro significato, che solo lui vedeva.
Perché quella ferita, Roppi aveva scelto di farsela per dimostrare che, no, lui non aveva bisogno di nessuno, benché meno di un piccolo stronzo che non ha niente di meglio da fare che starmi appresso e rompermi le palle!
Aveva preso il coltello che si portava dietro e si era tagliato la gola.
Tsuki si era spaventato, ma per fortuna la ferita non era così grave. Si era rimesso in pochi giorni, anche se doveva restare con la fasciatura.
E lui si era preso l'onere di curarlo, anche se Roppi si lamentava e lo insultava.
Non aveva importanza, però, se c'era puro odio nelle parole di Roppi.
Non erano in quella fredda stanza, Roppi stava dormendo e soprattutto toccava a lui curare una ferita nata per lui.
Forse era follia, ma a Tsuki andava bene così.
Era sempre meglio di niente.

 

Un grazie a Himitsu87 per avermi betato la storia. 

   
 
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