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Autore: dakky    06/06/2012    3 recensioni
(Fandom: ZE:A | Dongshik: Dongjun X Hyungshik)
Dongjun l'ha sempre saputo, ma gli servirà una gran paura con conseguente frustrazione per riuscire ad ammetterlo.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: ZE:A
Pairing: Dongjung
Rating: PG
Genere: Introspettivo, Fluffy
Titolo: Underwater
Note: Non credo esistano fanfiction italiane sugli ZE:A, che io amo, adoro e venero. Per chi non li conoscesse, Sono loro cliccacliccaclicca. Questa fanfiction l'ho scritto qualche mese fa, ispirandomi al piccolo incidente di Hyungshik con lo yacth (qui). Dopo il terrore iniziale (e dopo aver saputo che Hyungshik e Dongjun stanno bene) la mia fantasia ha cominciato a galoppare, perciò... =u= Non esiste abbastanza Dongshik al mondo.

Se qualcuno avrà il coraggio di leggere questa (enorme, sono 9 pagine su word orz) one-shot, grazie, vi amo ;u; e se qualcun altro vorrà recensire, vi adoro ;u;

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Erano le 6 del mattino ed era già sveglio... come sempre. Si alzò di malavoglia e si recò in bagno prima che il resto della truppa si alzasse. Non che ci fossero pericoli, era sempre lui a dover svegliare quella mandria di pazzi. Certo non era mai stato molto, come dire... rispettoso nei confronti dei suoi hyung. A dirla tutta non sembrava nemmeno il maknae, anzi, aveva sempre pensato di essere il più virile, un vero uomo. Non era mai nemmeno stato modesto ad essere sinceri. Mai. Conosceva le sue doti e i suoi punti di forza ed era questo che lo aveva reso il più popolare tra le fan: il suo essere così sicuro mandava sempre in delirio orde di fangirl adoranti. Esagerare? No, lo pensava sul serio. Per non fraintendere, amava i suoi hyung. Come avrebbe fatto senza il suo Taeheon-hyung? Era lui che si prendeva cura di tutti e nove proprio come una mamma premurosa. O come avrebbero fatto a rimanere uniti senza un leader come Junyong-hyung? Era sempre presente per ognuno di loro: se litigavano ci stava male e dava l’anima per riportare la pace. E così tutti gli altri: Siwan, Kevin, Heechul, Kwanghee, Minwoo. E ovviamente lui, Hyungshik. Sorrise allo specchio e un ragazzo basso, dalle spalle larghe e i capelli arruffati ricambiò il sorriso. Quella mattina si sentiva davvero sentimentale. Chiuse a chiave la porta del bagno e si infilò sotto la doccia. Si sentiva rinascere, l’acqua lo stava riportando a nuova vita. Cadeva sui suoi capelli, appiattendoli sul viso e scendeva sulla faccia, chiudendogli gli occhi, baciandolo sulla bocca. L’acqua lo stava chiudendo nella sua grande carezza e d’un tratto il sonno sparì: aveva voglia di cantare, era felice e doveva comunicarlo al mondo intero.
 
You know what? What I wanna do
Is love and love Oh, oh my love
I will love you more than you choose
Naega boyoebwa
Niga banhan guka gunggumhae, yeah yeah
Wunlae namjaneun namjaga bwaya dwinun geol
 
Cominciò a cantare a squarciagola Love Coach, la prima traccia del loro singolo di debutto. Quanti ricordi, quanti ostacoli affrontati insieme. Si ritrovò a piangere, commosso come un bambino. Tanto in mezzo a tutta quell’acqua chi se ne sarebbe accorto? Improvvisamente realizzò che non se ne sarebbe accorto nessuno ugualmente dal momento che era chiuso nel bagno di casa sua. E si era svegliato alle 6. Da solo. E gli altri dormivano. Ancora. E dovevano arrivare in orario! Spalancò gli occhi e smise subito di cantare. Uscì veloce dalla doccia, si asciugò in fretta mettendosi addosso la prima cosa che gli capitò a tiro, una tuta nella quale ci stava due volte e con un asciugamano sui capelli ancora bagnati, si precipitò fuori dal bagno per svegliare i suoi hyung.
 
- Sveglia, ragazzi! – urlò entrando nello stanzone dove dormivano.
Nessuna risposta. Tutto regolare, tutto previsto. Urlava ogni mattina e ogni mattina non riceveva risposta: nemmeno lui sapeva perché si ostinava ancora a provare a svegliarli dolcemente. Si alzò sulle punte per raggiungere la testa del leader che dormiva insieme a Kevin e Siwan sui letti a castello. Cominciò piano, con lievi scosse alla spalla, sapendo perfettamente che era tutto completamente inutile: era come un rito sacro. Il rito del gallo che cerca di resuscitare gli zombie. Primo schiaffo in testa. Il nulla. Secondo schiaffo in fronte accompagnato da un urlo.
- Sveglia! –
Junyoung aprì piano gli occhi e fissò il maknae.
- Che c’è? –
- Sono le 7, hyung. Tra due ore dobbiamo essere sul set per il servizio. –
Il leader spalancò gli occhi bestemmiando e cominciò a svegliare i suoi compagni di letto in preda al panico: non potevano arrivare in ritardo o il manager li avrebbe scuoiati vivi. Dongjun sorrise e si abbassò per svegliare Taeheon che aprì gli occhi non appena il maknae gli sfiorò la spalla. Poi toccò a Kwanghee che si mise ad urlare come un matto e a correre verso il bagno per paura che glielo sporcassero prima che si fosse lavato. Il solito. Poi Minwoo e Heechul che cominciarono a ciondolare per la stanza senza una meta precisa. Mancava solo Hyungshik. L’aveva fatto apposta a lasciarlo per ultimo, si divertiva troppo a torturarlo mentre lo svegliava. Si avvicinò piano al letto del ragazzo e gli scostò i capelli dalla faccia... No, un momento non era la sua faccia: sotto c’erano ancora capelli. Dove diavolo era finito il viso del ragazzo? Si sporse oltre al corpo di Hyungshik facendo attenzione a non cadere e ci sarebbe anche riuscito se Minwoo, ancora mezzo addormentato non gli fosse rovinato addosso, finendo entrambi sul povero Hyungshik addormentato.
- Che caz... – urlò sbracciandosi il ragazzo, preso dal panico. Si ritrovò la faccia di Dongjun a due centimetri di distanza che gli sorrise come un ebete a mo’ di scusa.
- 'Giorno, dormito bene? – gli chiese cercando di scrollarsi Minwoo di dosso.
- Scusa Dongjun-ah, non ti ho visto. –
- Minwoo, il tuo armadio è dall’altra parte della stanza – rispose Dongjun scocciato, indicandoglielo.
Minwoo mugugnò e tornò a ciondolare per la stanza finché Junyoung non arrivò e lo costrinse ad andare a lavarsi come tutti gli altri. Erano in troppi e dovevano sbrigarsi se volevano arrivare in orario.
 Dongjun era seduto a terra di fianco al letto di Hyungshik che si strofinava i capelli con l’asciugamano. Hyungshik cercava di appiattire la sua chioma specchiandosi nello schermo del cellulare. Heechul andava in giro raccattando vestiti sparsi per casa. Taeheon preparava quella che doveva essere la colazione. Siwan gli correva dietro ingurgitando tutto quello che il ragazzo preparava. Kevin si aggirava per casa con uno spruzzino per l’acqua in mano infastidendo Kwanghee che continuava ad urlare. Minwoo era entrato in bagno e si stava lavando i denti anche se sembrava più stesse masticando lo spazzolino. In tutto questo Junyoung correva da uno all’altro come un matto per convincerli a darsi una mossa. Dongjun rise: che leader, era sull’orlo di una crisi di nervi eppure continuava a fare il suo dovere. Decise di dare una mano al povero Junyoung, scrollando Minwoo e facendogli quasi ingoiare lo spazzolino. Le 8 e 10 del mattino... potevano ancora farcela.
 
 
- Ci siamo tutti? – chiese Junyoung due ore dopo, contandoli – Nove. Ok, dimenticato nulla? –
- Possiamo dimenticarci Kwanghee? Per una volta? – chiese Siwan mentre cercava di staccare le mani dell’interessato dal suo posteriore. Junyoung lo fulminò con lo sguardo.
- No, possiamo andare, credo. – disse Kevin.
- Siamo in ritardo ma almeno ce l’abbiamo fatta. – mugugnò Junyoung.
Il leader sospirò di sollievo e salirono sul loro furgoncino con Junyoung alla guida, ovviamente. Ci misero relativamente poco ad arrivare sul set, non era poi così lontano come sembrava.
 

- La prossima volta dovrò rimanere a casa finché non vi svegliate? – urlò il manager appena i ragazzi scesero dal mezzo. Junyoung si chinò a 90° gradi, scusandosi profondamente. – Mi dispiace, hyung. –
- Aish, piantala – rispose l’uomo mettendosi una mano sugli occhi – Andate, forza, muovetevi non abbiamo tutto il giorno! –
Erano arrivati i truccatori e i parrucchieri e i ragazzi sparirono nelle loro grinfie. Dongjun odiava quella parte del suo lavoro. Non sopportava che qualcuno gli spalmasse sulla faccia mezzo chilo di fondotinta e lo riempisse di cipria: si sentiva ridicolo, dannatamente effeminato. Kwanghee-hyung invece sembrava spassarsela un mondo e continuava a dare istruzioni alla truccatrice accennando a teorie sulla sua pelle delicata e la carnagione chiara: era incorreggibile. Finito il trucco passò ai capelli: niente, nemmeno la parrucchiera lasciava in pace. Dongjun rise a quella scena imbarazzante e subito la truccatrice che si occupava di lui lo sgridò dicendogli di non muoversi. Una sfida alla sua virilità. E non stava pensando al trucco, o almeno non solo, si dava il caso, infatti, che Hyungshik stesse passando, già truccato e pettinato, proprio vicino a Dongjun per raggiungere l’improvvisato camerino allestito per permettere ai ragazzi di cambiarsi. Cazzo se era bello. Non si era nemmeno accorto di esser rimasto con la bocca aperta. Ok, il trucco era andato, l’ultimo affronto: i capelli. Anche se in fondo doveva ammettere che ritrovarsi con i capelli morbidi e setosi non gli dispiaceva affatto. Gli restava solo la scelta dei vestiti, chissà che si era inventato Siwan quella volta. Era il suo hyung che disegnava i vestiti per gli outfits dei ragazzi. Strano per un idol ma era così: gli ZE:A erano veramente un gruppo a tutto tondo. Dongjun fece un sospiro profondo entrando nella tenda-camerino sperando con tutte le sue forze che non fossero tute da F1 come per Level up. Entrò e rimase a bocca aperta: Hyungshik aveva appena finito di vestirsi. Oddio cos’era? Un angelo? Camicia bianca leggermente sbottonata e jeans chiari. Si era imbambolato di nuovo, doveva smetterla se non voleva annunciare al mondo che si era preso una cotta per un ragazzo. Ma non riusciva a staccare gli occhi da quegli suoi magnetici e da quel sorriso innocente.
 
Hyungshik lo guardò imbarazzato – Sembro un deficiente, vero? – Dongjun, non riuscendo ad articolare le parole, si limitò a scuotere la testa in senso di diniego. Un deficiente? Era meraviglioso! Mille aggettivi erano passati per la testa a Dongjun in quel momento, ma tra loto deficiente non c’era di certo. E quella volta Siwan aveva veramente dato il meglio di sé: outfits semplice e casual, niente di ridicolo o ambiguo come lo era stato per esempio il cappotto di Kwanghee-hyung in Here I am... qualcosa che ancora terrorizzava Dongjun quando si ritrovava a guardare il video. Si avviò verso uno dei due completi più corti: uno doveva essere per forza il suo, sì ma quale?
- Hyungshik, dov’è Siwan-hyung? – chiese il maknae evitando di guardarlo.
- Proprio dietro di te, mio piccolo Dongjun – disse una voce alle sue spalle, mentre due braccia cercavano di strangolarlo. No, quello doveva essere un abbraccio. In teoria.
- Tu non sei Siwan-hyung, vade retro. – disse il maknae seccato, scrollandosi di dosso Minwoo: era la seconda volta che gli pioveva addosso quel giorno. In presenza di Hyungshik per giunta.
- Acido – rispose Minwoo consegnandoglielo – è questo, babo, c’è scritto il tuo nome. –
- Tante grazie – rispose Dongjun afferrandolo senza tante cerimonie e cominciando a cambiarsi. Si stava spogliando davanti a Hyungshik e la cosa lo agitava non poco. “Non pensarci Kim Dongjun, non pensarci...” continuava a ripetersi, ma, guardandosi allo specchio, notò che aveva il viso in fiamme. Splendido, se ancora non l’ha capito è un completo tonto. E non era affatto una possibilità da escludere.
- Sei in imbarazzo, Dongjun-ie? – gli chiese beffardo Hyungshik.
Dongjun non rispose, finì di abbottonarsi la camicia a e si specchiò sempre ben attento ad evitare gli occhi dell’altro che avrebbe potuto vedere benissimo riflessi nello specchio. Osservò la sua bassa ma possente figura da ogni lato possibile. – Cavolo mi sta benissimo – esclamò sorridendo.
- Modesto come sempre – scoppiò a ridere Hyungshik – Però hai ragione: sei un gran figo amico mio. –
Dongjun si strozzò con la sua stessa saliva. “Figo? Mi ha detto figo? È ammattito, vuol far prendermi un infarto? Cavolo soffro di cuore, io!” pensò mentre cercava di scacciare le parole che l’amico aveva appena pronunciato e che stavano rimbalzando da una parte all’altra nella sua testa. Decise di uscire dalla tenda per prendere un po’ d’aria e per far spazio agli altri che stavano entrando per cambiarsi.
- Sì, hai ragione, quella tenda è diventata troppo affollata per i miei gusti – disse Hyungshik seguendolo a ruota.
- Dovremo fare le foto qui? – chiese Dongjun – sulla riva? –
- No – rispose Hyungshik – lo vedi quello yacht? Quello sarà il nostro set. –
Dongjun osservò sconvolto lo yacht bianco che galleggiava a pochi metri dalla riva. – Ma non ci staremo mai in uno spazio così stretto! Potremmo cadere! –
Hyungshik sospirò. – Lo so, ho provato a dirlo al manager-hyung, ma non mi ha ascoltato affatto. –
Dongjun ebbe un flash: un ricordo attraversò veloce la mente del ragazzo. – Non sai nuotare, vero? – chiese al più grande.
- Già – rispose sconsolato il ragazzo.
 

Vennero interrotti dall’arrivo degli altri, finalmente pronti. Il manager aveva tolto le scarpe e arrotolato i pantaloni fino al ginocchio: che avesse veramente paura che qualcuno cadesse in acqua? Se fosse stato Dongjun non avrebbe avuto problemi: sapeva nuotare abbastanza bene. Bé, dopotutto cosa non sapeva fare? Modesto fin in fondo. Ridendo dei suoi stessi pensieri salì per primo sullo yacht, seguito da Hyungshik. Loro due finirono per dover salire sul tettuccio, mentre gli altri sette si sistemarono in basso: non c’era nulla a separare i ragazzi dall’acqua.
Gli scatti cominciarono e i ragazzi erano davvero tesi a causa del loro nuovo, strano, studio fotografico. Soprattutto Hyungshik che continuava a lanciare occhiate preoccupate all’acqua sotto di lui. Dongjun se ne accorse e sorrise – Ehi – gli sussurrò – se continui a guardare ti girerà la testa e cadrai –
Hyungshik non sembrò rassicurato da quelle parole ma sembrò sciogliersi un po’, cominciando a tornare il solito Hyungshik di sempre. Primo set di scatti, perfetto, ne mancavano solo altri due.
- Bravi, ragazzi – urlò il fotografo – Abbiamo quasi finito. –
Era il secondo set e stavano andando alla grande, nessuno sembrava curarsi più dell’acqua. Hyungshik aprì le braccia e Dongjun lo imitò. Primo flash. A Hyungshik girò la testa. Secondo flash. Cercò di indietreggiare: mossa sbagliata, il piede destro scivolò oltre il confine dello yacht e si sentì trascinare verso il basso. Verso l’acqua. L’avrebbe sommerso, non sarebbe riuscito a tornare a terra. Sarebbe affogato e non avrebbe mai più visto i suoi amici e la sua famiglia. Cercò di aggrapparsi alla prima cosa che gli si parò davanti. Cosa aveva afferrato? Era una camicia. Era Dongjun. No, non poteva trascinarsi dietro lui. Non proprio lui. Lo lasciò andare, preferendo finire in acqua. Non poteva mettere in pericolo il suo maknae.
 

Dongjun sentì improvvisamente che Hyungshik non era più al suo fianco. Si girò di scatto e lo vide scivolare oltre il bordo dello yacht. Per un istante lungo un’eternità la mano di Hyungshik rimase stretta alla camicia di Dongjun, sbilanciandolo leggermente. Ma i riflessi di Dongjun erano da sempre i migliori di tutti e nove e riuscì a piantare i piedi in modo da non cadere in acqua. Hyungshik mollò la presa. “No, Hyungshik, non farlo!” Gli tese la mano, ma niente: il ragazzo era ormai in acqua. Era stato un secondo o un secolo? Dongjun non capiva più nulla: non era consapevole del fatto che i loro compagni stessero urlando chiamando aiuto, non sapeva che Junyoung aveva provato a soccorrere il ragazzo ma era stato bloccato da una parete umana paralizzata dalla paura, non sapeva che il manager stava correndo per riprenderlo. Non conosceva nulla di tutto ciò. Tutto quel che conosceva era la paura che riempiva gli occhi che stavano fissando i suoi. Tutto quel che sapeva era che Hyungshik, il suo Hyungshik, era finito in acqua e non sapeva nuotare. Prima che la testa del ragazzo sparisse tra le onde, Dongjun si tuffò dietro di lui. Cavolo perché ci metteva così tanto ad arrivare in acqua? Più veloce, più veloce! Hyungshik era ormai sparito quando Dongjun ruppe la superficie dell’acqua. Aprì gli occhi: bruciavano un po’ ma non importava, doveva trovare Hyungshik. Intravide la parte inferiore del corpo del ragazzo, probabilmente era a galla che cercava di raggiungere la scaletta dello yacht. Cominciò a nuotare verso di lui. “Eccomi Hyungshik, sto arrivando. Sono qui.” Il ragazzo annaspava in cerca di aria, era terrorizzato. Non riusciva a stare a galla. Dongjun era quasi arrivato a lui, gli tese una mano urlando che tutto sarebbe andato bene, che era lì. Lì per lui. Un’ombra lo sorpassò improvvisamente prima che riuscisse ad afferrare una qualsiasi parte del corpo di Hyungshik. Era il manager. Era arrivato prima di lui. Afferrò Hyungshik e lo trasportò fin sulla scaletta dello yacht, Dongjun li seguiva.
 

Una volta arrivati vicino lo yacht, gli altri ragazzi lo afferrarono e tirarono su, in salvo sullo yacht. Hyungshik era sotto shock. Tremava dalla testa ai piedi: non era ferito, era soltanto terrorizzato. Dongjun avrebbe voluto aiutarlo, consolarlo o almeno stringerlo tra le braccia per fargli capire che lui c’era. Per fargli capire che nulla poteva ferirlo finché ci fosse stato lui lì a proteggerlo. “Gran cazzata...” pensò amaramente: Hyungshik era proprio di fianco a lui quando era finito in acqua, altro che proteggerlo, gli era sfuggito dalle mani. Chiamarono un’ambulanza e Hyungshik fu portato via dal furgoncino bianco a strisce rosse. Dongjun lo sentì ma non lo vide: si era rinchiuso nella tenda-camerino. L’urlo dell’ambulanza scemava pian piano e quando non fu più in grado di udirlo sentì salirgli il sangue al cervello. Sferrò un calcio al nulla urlando a pieni polmoni. – Fanculo! –
- Dongjunie... – era Junyoung – sta’ tranquillo per Hyungshik. Si riprenderà subito. – e lo abbracciò.
Caro leader! Non sapeva che nel cuore di Dongjun c’era una tempesta di emozioni in corso: frustrazione e preoccupazione si arrampicavano l’una sull’altra, facendolo sentire uno schifo. Solo in quel momento realizzò quanto la sua cosiddetta cotta avesse scavato in lui: Hyungshik si era insinuato pian piano nel suo petto, aveva trovato il suo cuore e se l’era portato via. Cazzo se stava soffrendo. Era preoccupato per Hyungshik e allo stesso tempo frustrato perché non era stato lui a salvarlo. Era un pensiero egoista ma era anche quello che più lo torturava. Affondò la testa nella spalla di Junyoung e cominciò a piangere. Pianse e pianse a lungo mentre Moon Leader gli dava piccoli colpi sulla schiena. Dopo un tempo indeterminato, si scostò dal suo hyung e si asciugò le lacrime. Con tutta la forza di volontà che aveva in corpo sorrise al leader sussurrando un piccolo “grazie”.

 
Dopo essere stati in ospedale a far visita a Hyungshik, tornarono a casa: il manager non aveva cancellato solo il photoshoot a causa dell’incidente, ma anche il resto degli appuntamenti della settimana. Nessun ZE:A si sarebbe mosso se ne mancava anche solo uno all’appello. Era stato infatti deciso che Hyungshik tornasse a casa dai genitori per una settimana: aveva bisogno di stare con la sua famiglia per riprendersi dallo shock. Il morale era basso a causa di quel che era successo, erano tutti preoccupati e si trascinavano per la casa senza sapere bene che fare. Heechul non ne poteva più di vederli ridotti a quel modo, dopotutto non era successo nulla per fortuna. Hyungshik non era ferito, ma solo scosso e stava tornando dalla sua famiglia per riprendersi del tutto. Certo, mancava anche a lui ma passare una settimana in quello stato non gli pareva il modo migliore per affrontare la situazione. – Ragazzi, andiamo a bere qualcosa? – chiese il ragazzo timidamente. Lo fissarono sconvolti: andare a bere? Taeheon si alzò. – Ha ragione ragazzi – continuò lui – Voglio dire... per fortuna non è successo nulla. –
- Andiamo a festeggiare lo scampato pericolo – esclamò Junyoung alzandosi in piedi. Come prevedibile, il leader trascinava tutti e sui volti dei ragazzi cominciarono a comparire dei timidi sorrisi mentre si preparavano per uscire.
- Io non me la sento ragazzi – disse Dongjun in mezzo alle urla degli altri – Credo rimarrò a casa stasera. –
Tutti lo fissarono, poi Kevin e Siwan si avvicinarono e lo strinsero un po’. Dongjun era sorpreso da quello strano comportamento. “Ma che diavolo?” pensò spalancando gli occhi. I suoi hyung sciolsero l’abbraccio e lo salutarono, uscendo.


- Finalmente solo – sospirò una volta che Kwanghee chiuse la porta dietro di sé.
- Io non ci spererei – disse una voce dietro di lui. Dongjun trasalì: era sicuro di aver visto sette persone uscire dalla porta.
- Minwoo-hyung! – urlò in preda al panico – Mi hai spaventato... – continuò il maknae – Come mai non sei andato con gli altri? Voglio dire... sono andati a bere. – Minwoo non aveva mai rifiutato un bel po’ di alcool, anzi di solito era lui che convinceva gli altri a trascorrere la serata bevendo.
- Sì, sta’ zitto, non farmi pentire di esser rimasto qui – rispose il ragazzo – ma non potevo lasciarti da solo in un momento come questo, no? – gli chiese fissandolo con sguardo saccente.
Dongjun lo fissava senza capire. – Ho visto come lo guardi, Dongjun. – continuò Minwoo – So quello che provi per lui. E so anche che sei quello che più si è spaventato oggi: non hai esitato un attimo quando hai visto che Hyungshik era finito in acqua. – Dongjun lo fissava sconvolto – Deve piacerti davvero tanto, eh? – concluse Minwoo passandogli un braccio intorno al collo.
- Grazie hyung, proprio quello di cui avevo bisogno. – rispose Dongjun scocciato togliendosi di dosso il braccio di Minwoo.
Poi realizzò ciò che il ragazzo aveva appena detto e tornò indietro – E allora se sai tutto... perché recentemente hai preso la brutta, anzi, pessima abitudine di saltarmi addosso quando sono vicino a lui? – era ridicolo essere arrabbiato per qualcosa del genere in un momento simile ma, cavolo, si era reso ridicolo tutto il santo giorno, quindi perché non chiudere in bellezza?
- Perché? – disse Minwoo facendo un sorriso enorme – Perché... perché... – continuò a ripetere camminando intorno a Dongjun con un’aria superiore. Poi si fermò improvvisamente proprio dietro al maknae e lo abbracciò... di nuovo. Dongjun stava per perdere il rispetto verso il suo hyung e suonargli un pugno in pieno naso scaricando tutto lo stress accumulato durante il giorno quando quello gli scoppiò a ridere in un orecchio. - - Ma sei matto? Così divento sordo! – esclamò Dongjun separandosi da Minwoo.
- Sai perché lo sto facevo? Per vedere la sua reazione – rispose semplicemente – hai mai pensato... che magari anche lui... –
Dongjun spinse piano Minwoo e scappò sul suo letto, rosso in volto, rintanandosi sotto le coperte. Fece finta di dormire quando gli altri rientrarono, ma in realtà non riuscì a chiudere occhio tutta la notte: era troppo preoccupato per Hyungshik. Era irragionevole, certo, dopotutto non era ferito o altro, ma era spaventato e Dongjun non era insieme a lui.


Il mattino dopo, si lavò velocemente e uscì di casa. Rimase tutto il tempo fuori: non poteva andare a visitare Hyungshik perché il ragazzo era tornato dai suoi e non aveva voglia di restare con gli altri, soprattutto con Minwoo. Per tutta la settimana li evitò: era diventato un fantasma ormai, si svegliava presto al mattino e tornava tardi la notte. E ogni notte trovava la sua cena preparata da Taeheon: quant’era premuroso quel ragazzo! Se fosse stato del suo solito umore si sarebbe commosso, ma siccome la tempesta di emozioni in lui non solo si era spenta ma si era anche aggravata, si limitava a consumare il cibo che gli veniva offerto e andarsene a dormire. Sì, perché ora oltre alla preoccupazione e alla frustrazione si era aggiunta la speranza di venire ricambiato da Hyungshik, mentre la ragione continuava a dirgli “Stupido, è un uomo, può mai preferire te ad una qualsiasi ragazza?” Colpa della chiacchierata con Minwoo. Si era ridotto ad un vegetale, voleva urlare e sfasciare il mondo e allo stesso tempo gli bastava aspettare. Aspettare che lui tornasse, aspettare di vedere che stava bene. Aveva perso anche il senso del tempo: chissà se erano passati giorni o mesi da quel maledetto giorno. Una cosa la sapeva per certo: il come back si avvicinava e infatti Junyoung cominciava a lasciare tracce di ansia per la casa. I suoi vestiti non erano più gettati di fianco al suo letto, ma si trovavano in giro per tutta la casa. E dal momento che Dongjun non riusciva a dormire, quando tornava dal suo lungo emigrare cominciava a raccoglierli e sistemarli vicino al letto del leader. 
 

Pensava a tutto questo mentre si dirigeva verso la porta di casa e cercava le chiavi per aprire. Una volta entrato, non accese la luce per paura di svegliare i ragazzi, puntò invece il cellulare verso l’orologio a muro per vedere che ore fossero. Le 3 del mattino. Perfetto, nessuno era mai sveglio a quell’ora. Nemmeno lui sapeva come diavolo faceva a restare in giro fino a quell’ora. Spense il cellulare e si diresse a tentoni verso il bagno, preoccupandosi di chiudere la porta che dava sulla stanza da letto. Finalmente c’era la porta chiusa a separarlo dagli altri, perciò, si sfilò giacca e maglietta e, una volta riuscito a trovare l’interruttore, accese la luce. Se non fosse per la mano che gli risalì automaticamente in faccia tappandogli la bocca, avrebbe urlato e svegliato mezza casa.
- Che diavolo ci fai tu qui? – chiese con un’esclamazione a metà strada tra un grido e un sospiro. Hyungshik era seduto sul divano e lo stava fissando con la testa poggiata su di una mano. Da quanto tempo lo osservava? – Perché diavolo non mi hai avvertito che eri lì? Vuoi farmi prendere un infarto? – continuò Dongjun: era sollevato di vederlo, ma si era veramente spaventato nel momento in cui aveva scorso due occhi appartenenti al nulla che lo fissavano. Hyungshik sorrise. Il cuore di Dongjun che si era appena riposato dalla corsa fatta per la paura, riprese a battere. Non ricorda fosse così bello. E quel sorriso? E le labbra sulle quali avrebbe potuto stampare centinaia di baci... Cazzo, la cosa si faceva seria e pericolosa. Stava fantasticando su un suo amico! E quell’amico si stava avvicinando sorridendo. – Grazie per essere venuto in mio aiuto, quel giorno. – disse Hyungshik improvvisamente, fermandosi a mezzo metro di distanza.
- Non sono riuscito a fare nulla – rispose Dongjun imbarazzato – è stato manager-hyung a salvarti. –
- Ma tu ci hai provato – insistette Hyungshik – e ci saresti riuscito se io non ti avessi strattonato per la camicia. Ti chiedo scusa –
- Non devi affatto scusarti! – esclamò Dongjun fissandosi le mani – Eri spaventato, chiunque avrebbe reagito a quel modo. –
Improvvisamente Hyungshik abbracciò Dongjun che rimase immobile. Che diavolo stava facendo? Sentiva il cuore pulsargli forte nel petto, nelle orecchie, nei polsi, ovunque. Il profumo di Hyungshik gli invadeva le narici: avrebbe voluto che quel momento durasse per sempre.
- Minwoo mi ha raccontato tutto, sai – sussurrò Hyungshik all’orecchio di Dongjun – Sono arrivato questo pomeriggio, ma tu non c’eri, così mi hanno detto che hai preso la strana abitudine di restare in giro fino a notte fonda e io ho deciso di aspettarti. –
La gola di Dongjun reclamava acqua mentre prendeva nota mentalmente di strangolare Minwoo alla prima occasione.
- Minwoo-hyung... ha fatto... cosa? – riuscì a dire.
- Mi ha detto tutto – continuò Hyungshik – E quando me l’ha detto ero così felice che... che non riuscivo a respirare. –
- Hyungshik, che fai? – chiese Dongjun sull’orlo delle lacrime: si era improvvisamente arrabbiato con Minwoo – Mi prendi per il culo? –
- Sta’ zitto, scemo. – fece lui per tutta risposta.
Al diavolo Minwoo, al diavolo l’opinione pubblica, al diavolo le etichette sociali, al diavolo tutto: l’unica cosa che voleva Dongjun in quel momento aveva appena intrapreso una furiosa lotta con le sue labbra e la sua lingua. E Dongjun  non voleva assolutamente perdere quella lotta.
 

Strinse la vita di Hyungshik e gli baciò il collo e il pensiero che aveva cercato di relegare in un angolo remoto della sua testa per tutta la settimana, finalmente gli balzò davanti agli occhi, tangibile, luminoso, chiaro. Quasi gli venne da ridere: come aveva fatto a non capirlo prima? O meglio, come aveva fatto a non accettarlo prima? Era la sensazione più appagante del mondo: si sentiva leggero, gli sembrava quasi di volare, di poter toccare le stelle. Perché era con lui. Con Park Hyungshik. Con il suo Park Hyungshik. E a chi importava alla fine se era un ragazzo? A chi importava se era suo amico? Di certo non a lui. Perché ora aveva capito. Perché ora riusciva ad accettarlo. E lo disse, quasi senza pensare. Era poco più di un sussurro, ma Hyungshik lo udì ugualmente.
- Anch’io, Dongjunie – rispose.
  
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