Forse era il sole che andava e veniva, o forse erano i pensieri che le oscuravano il viso, ma quegli occhi avevano così tante storie da raccontarmi che, a volte, mi sentivo in difetto.
Lei non parlava quasi mai di sé. Quando le facevo qualche domanda specifica si limitava a guardarmi. Era stancante doverle cavare le parole di bocca, ma ne faceva valere la pena.
Mi disegnava un mondo, una vita, una casa con i suoi sguardi, e nelle sue carezze c'era una sincerità che molti hanno perduto.
Diceva di aver paura. Paura di legarsi. Paura del futuro. Paura dell'amore. Eppure nelle sue parole e nei suoi gesti c'era una donna sicura.
Ricordo un giorno, uno di quelli in cui mi capita di essere di malumore. Mi ero sentito una merda per come l'avevo tratta, per come le avevo risposto, per come l'avevo lasciata andare via da sola. Quando le chiedi scusa, mi rispose che avrei scoperto che anche lei avrebbe avuto brutte giornate, avrebbe potuto rispondermi male e mandarmi via. Che era normale. Che andava bene così. Che se ami qualcuno, vuoi tutto con lui, il bene e il male, i brutti giorni, e i momenti no. Mi ha detto che voleva essere lei la persona con la quale dividere le brutte giornate.
La vita con le si prospettava perfetta, non idillica, ma perfetta.
Non so cosa sia successo tra noi. Non era la mancanza di amore, quello c'era, abbondava.
Un giorno ci siamo trovati seduti davanti al caffé. Non c'è stato bisogno di dire niente. Le ho dato un bacio prima di andare a lavoro: lo facevo sempre, ma sentivo che sarebbe stato l'ultimo.
Non mi ha lasciato neanche un biglietto. Non ce n'era bisogno. Le sue cose sono rimaste esattamente dov'erano.
Tutte, tranne una fotografia. La tenevamo appena al frigorifero.
Semplicemente, se n'era andata.