Concerto
Uno
saltò che pareva volare,
l’altro menava la chioma col ghigno di satana, la
voce ululava alle stelle, gorgheggiando, strepitando, era un
pianto di gioia, e dietro i fusti quelle due bacchette, vive
d’una vita
propria, fremevano d’una carica elettrica che s’era
spanta dilagando anche tra
le mani alzate, le bocche dischiuse e gli occhi luccicanti del
pubblico. Quel
momento parve allungarsi, s’allungò; crebbe
un’attesa febbrile, e le luci
sconvolte impazzivano sugli assi del palco, follia incandescente
d’arcobaleno;
la chitarra piegandosi saettava riflessi arancioni, discendendo da
nuvole di
porpora; pugni s’alzavano, tendendosi verso il cielo, e si
scatenò infine
l’esplosione: i piatti vibrarono, le corde tremarono, un
lampo attraversò dai
fari l’intero parco, e calò un sipario
d’ombre. Seguì uno scroscio d’applausi,
temporale estivo, breve, intenso.
<<
Fotonico! >> esclamò Gigi, stringendo ancora
tra le unghie il microfono.
Gli altri si davano pacche sulle spalle, e strette di mano, con tutto
quel
sudore. Max ripose il sassofono, carezzandolo quasi un trofeo. Michele
lanciò
nella bruna marea di volti sorridenti il plettro, compiacendosi di
suscitare
un’onda schiamazzante sulla riva. Alberto riponeva tutto
mogio il quattrocorde
nella custodia. Sorrideva di tanto in tanto, quando uno dei compari
veniva a
complimentarsi, ma subito si rabbuiava.
<<
E ora tutti a bere! >> gridò Gigi. Tutti
fecero << sì! >>,
già gli veniva da brindare, ancora prima di avere un
bicchiere in mano. Si
lanciarono giù per le scalette del palco, e percorsero in
fretta il backstage,
portando il carnevale agli organizzatori del festival. Alberto li
seguiva da
dietro.
<<
Grandi, ragazzi! >> esclamò Robbie, che in
ogni festival che si rispetti
dev’esserci un Robbie. << Era da tempo che non
assistevo ad uno spettacolo
così! Grandi, davvero! Avete già incontrato
Francesca? Chiedete a lei per il
bere e per il mangiare! >>
<<
Proprio per questo siamo qua! >> gridò Max,
lanciando attorno lo sguardo.
<< Dov’è questa Francesca?
>>
<< Al
bancone delle ordinazioni >> fece Robbie, sorseggiando
dal suo bicchiere.
Lo ringraziarono, e partirono verso il banco delle ordinazioni,
godendosi i
complimenti, le moine, gli scherzi che raccimolarono per via. Alberto
veniva
per ultimo.
Francesca
era una gaia ragazza col dono del sorriso, e veniva da domandarsi se
più della
birra e della salsiccia fosse lei il motivo di tante ordinazioni; li
accolse a
braccia aperte, sfarfallando occhiate luccicanti, di quelle giocose che
sembrano coriandoli, e intanto si teneva un ricciolo tra le dita,
facendolo
saltellare come un pupazzo.
Max
com’era costume ordinò per primo, e ci cascasse il
mondo se non gliene veniva
anche della senape come Dio comanda; poi toccò a Gigi, che
prima di un concerto
gli si chiude sempre lo stomaco, e subito dopo si mangerebbe un
coccodrillo con
tutta la coda; Michele, che tra l’altro non aveva di simili
problemi e prima di
montare sul palco aveva mangiato peggio d’un affamato del
deserto, decise di
fare compagnia agli amici, poiché prima di tutto ci va
l’educazione, componendo
all’istante un panino meglio d’una sinfonia in la
minore. Alberto non si vedeva.
Allora si misero a chiamarlo, ma di lui proprio nessuna traccia.
<<
Quando lo trovate mandatemelo >> fece Francesca, e si
occupò di quelli
che attendevano in fila.
Cercarono
un tavolo, vagheggiando ancora le sensazioni del tripudio, e certo non
dimenticando nemmeno di tessere le dovute lodi alla gaiezza femminile.
Seduti
ad un tavolo un po’ in disparte, ricomparve ad un tratto
dalle brume della
marea la zazzara sudaticcia e floscia di Alberto, con un’aria
torva da far
paura, non si capiva dov’era stato. Pareva avere un limone in
bocca, tanto
amaro era il suo sorriso, e Michele gli domandò se era un
periodo di
stitichezza, che si teneva tutto dentro. Alberto aprì bocca,
ma Gigi era ancora
fuori di sé, e non l’avrebbe trattenuto nemmeno il
cipiglio serio di sua madre,
e ne sparava una dietro l’altra.
<<
Eccezionale! Eccezionale! >> sbraitava di continuo,
<< meglio
ancora di Maiolica! >>
<<
Beh, anche a Maiolica abbiamo fatto la nostra porca figura!
>> gridò più
forte Michele, e bisognava aspettarselo, lui che non aveva mai critiche
per nessuno,
tanto meno per se stesso.
<<
Sì, ma qui, oggi!, è stata una bomba!
>> riprese Gigi. << Eravamo
uniti, forse addirittura più del solito, più
vicini, ed è per questo che
abbiamo fatto uno spettacolo così bello! >>
<<
Vero! >> commentò Max. << E poi
c’era una resa collettiva da far
paura! Credo che non abbiamo mai avuto una qualità di gruppo
tanto elevata!
>> E tutti erano d’accordo. Alberto annuiva
meccanicamente ad ogni
affermazione, come un tic dell’orologio, e quando Michele gli
domandò lui cosa
ne pensasse veramente, cominciò: << Beh
>> si teneva le mani in
tasca, un piede sopra l’altro, << a Maiolica io
ho suonato meglio … qui
non sentivo niente, maledetto fonico, e non riuscivo a venirne fuori
… !
>>, ma fu interrotto, era arrivata Francesca, la potevi
indovinare anche
dietro quell’esercito ondeggiante di bicchieri messi in fila.
Posò il vassoio
sul tavolo, sorridendo alle spavalderie di Gigi, che la voleva
assolutamente
vedere sotto il palco << del 15 >>;
avrebbero suonato le canzoni di
quella sera più altre, e magari gliene avrebbero dedicata
addirittura una,
certo però doveva venire, le dediche non si fanno mica a
distanza. La Francesca
frizzò una risatina delle sue, e prima d’andarsene
fece un occhiolino
malizioso, da languirci sopra.
<<
Par chiaro >> sentenziò allora Max,
<< che quel sorriso era tutto
per me! >> Gli altri scoppiarono a ridere, prendendolo in
giro: erano per
certo tutte là ad aspettare lui, e fargli la maliarda!
Proposero un brindisi
<< al meraviglioso concerto >>, e stavano
già per risuonare i
soliti rintocchi vetrati, quando s’accorsero che Alberto non
aveva ancora
ordinato nulla per sé.
<<
Cosa aspetti? Richiamiamo la Francesca, Alberto deve ordinare!
>> urlò
Max, e si propose addirittura di tornare lui stesso al bancone, con
tutta
quella strada, per fare l’ordinazione dalla Francesca. Ma
Alberto non aveva
sete.
<<
Che dici? Massù, bisogna brindare tutti! >>
<<
No … sono apposto così, grazie. >>
<<
Dai! Ladro! Spia! >>
<<
Chiamami pure così … >>
Le
tentarono tutte; ma dopo un po’ dovettero accettare che quel
muro era troppo duro
per poterlo abbattere. Se ne dispiacquero molto, soprattutto Gigi, a
queste
cose ci teneva. Sollevarono i bicchieri, e tornarono a chiacchierare.
Qualcosa
però s’era spento. Parlarono un po’ di
questo, un po’ di quello; raccontarono
qualche vecchio aneddoto, tanto per andare sul sicuro;
fioccò qualche vecchia
barzelletta impolverata, che aveva il gusto delle cose stantie;
improvvisamente
si ritrovarono a tacere; si guardavano attorno, un po’ qui,
un po’ lì;
sorseggiavano dai bicchieri, con l’aria di soffocarci.
Gigi
udì alcune parole che si dicevano due amiche al tavolo
vicino al loro.
<<
In verità >> diceva una, << non
ho lasciato Marco perché non fosse
una bella persona, o perché non mi piacesse più
… Del resto, l’ho così tanto
amato … È solo che, sai, la nostra
intimità non era più … intima. Egli
era bravo, per carità,
scusami
l’espressione, ma per quanto s’impegnasse a darmi
tutto il piacere del mondo,
lo sentivo distante, non mio, come se fossimo stati su due mondi
diversi. Lui
amava vedermi totalmente coinvolta in quello che faceva, ma io mi
sentivo messa
da parte … Preferivo Massimo. Nessuno mi ha mai fatto
sentire tanto amata,
tanto amata che non importava affatto d’esser bravi.
>>