Capitolo 24 – Sui tre
fronti
In quella notte così
tremendamente fredda e buia, Ed correva.
Correva velocemente, ma
allo stesso tempo fremeva dalla voglia di fermarsi, di tornare indietro. Non se
ne spiegava il motivo, era come se avesse paura, paura di qualcosa…o forse di
qualcuno.
Era ormai passato un buon
quarto d’ora, e per tutto quel tempo non aveva fatto altro che andare su e giù
per i centinaia di corridoi di
quell’enorme edificio.
Anche se velocemente, si
muoveva con una cautela impeccabile, degna di un vero soldato, osservando ogni
minimo dettaglio, ogni piccolo oggetto che c’era dovunque
andasse.
Era buio, il che rendeva
difficile muoversi, ma contemporaneamente l’oscurità serviva da protezione: lui
non poteva vedere nessuno, nessuno poteva vedere
lui.
Con questo minimo vantaggio
sulle spalle, continuava la sua strada.
Fino ad ora non aveva,
stranamente, incontrato nessuna guardia, ed era abbastanza preoccupato al
riguardo, e continuava a prestare la benché minima attenzione, per paura di
qualche attacco a sorpresa.
Dopo altri dieci minuti
pieni di tensione, il giovane colonnello arrivò, o perlomeno credette di
arrivare, ai cosiddetti “piani alti” del campo.
Ovvero dove risiedevano le
più alte cariche dell’esercito.
La differenza era
sostanziale: la puzza di marcio che riempiva i corridoi antistanti i dormitori, era
completamente svanita, appoggiate agli spessi muri, vi erano delle colonne di
pietra molto imponenti e, ogni tanto, appese alla parete, c’erano delle piccole
candele per l’illuminazione.
La luce e il calore che
emanavano, anche trovandosi a molti metri da esse, riscaldavano il volto di
Ed.
L’unico problema, era che
ora poteva essere visto senza problemi..
Decise quindi di avanzare
nascondendosi dietro le grandi colonne che adornavano l’intero
percorso.
Sempre con molta cautela,
cominciò a muoversi andando da una colonna all’altra, stando ben attento che
nessuna delle porte, che ogni tanto sbucavano dal muro, si
aprisse.
- mmm..direi che la
via…sembra libera… - sospirò osservando il percorso davanti a lui - ..ora è
meglio muoversi in fretta… -
E con un abile balzo si
mise a correre velocemente lungo il corridoio, non avendo però, nessuna idea di
dove andare, non essendoci piantine dell’edificio o
indicazioni.
Ad un certo punto, mentre
il colonnello continuava a correre, una delle tante porte si aprì
all’improvviso, cogliendo di sorpresa Ed, il quale senza nemmeno pensarci si
mise dietro la prima colonna che trovò.
- acc! Per un pelo! - sospirò col
fiatone
Dalla porta, era uscito un
uomo, o per meglio dire un soldato, che Ed ricordò di aver visto il giorno prima
durante l‘esecuzione del gruppo di Ebrei.
A giudicare dai numerosi
titoli onorifici che portava sul petto si poteva dedurre che quell’uomo fosse un
colonnello, proprio come lui.
L’uomo restò immobile
davanti alla porta come in attesa di qualcosa mentre Ed, nascosto dietro la
colonna, tratteneva il respiro per non farsi
sentire.
Dopo cinque minuti
abbondanti di tensione, l’uomo si
sentì chiamare da un sottoposto, che nel frattempo era
arrivato.
- prima mi svegliate di
fretta e furia…e poi mi fate pure aspettare..? – esclamò il colonnello
sarcastico
- sono desolato colonnello,
però il Generale di Brigata Bürk voleva vederla e quindi…
-
- si si lasciamo
perdere…cosa vuole da me il Generale? -
- ha detto che ci sono dei
problemi…e che vorrebbe parlarne con lei… -
- …senza di me il Generale
non sarebbe nulla….vebbè…portami da lui…così dopo posso tornare a dormire… -
sospirò l’uomo
- signorsì colonnello! –
esclamò il soldato alzando rispettoso la mano destra, accompagnando poi, il
colonnello lungo il percorso.
Ed, rimase immobile ancora
qualche istante
- …potrei seguirli… -
pensò - mi porteranno da lui… -
E cominciò a muoversi
nuovamente, stando attento che colonnello e sottoposto non si accorgessero della
sua presenza.
Continuò a seguirli per
dieci minuti abbondanti, rischiando di essere scoperto più volte dal colonnello,
il cui sguardo penetrante, sembrava attraversare persino i muri
massicci.
Infine, tutti e tre
arrivarono a destinazione.
Il soldato, fece fermare il
colonnello davanti ad una porta di legno, l’uomo, dopo averla osservata a lungo,
decise di bussare.
Sentì una voce rimbombare
da dietro la porta che lo invitava ad entrare.
La porta si spalancò e, con
enorme sorpresa di Ed, ne uscì Bürk in tenuta
militare.
- colonnello Shindler! - esclamò il Generale sorridendo
lievemente
- Generale… - salutò
rispettoso Shindler
I due restarono a guardarsi
per diversi attimi, poi Bürk convinse il colonnello ad entrare, insieme
all’altro militare, lasciando che la porta, si chiudesse dietro le loro
spalle.
Ed, in quel mentre, potè
uscire dal suo nascondiglio.
Si avvicinò cauto alla
porta e, dato che era leggermente socchiusa, ebbe una leggera visione di ciò che
i due militari si dicevano.
- per quale motivo mi ha
chiamato qui…Generale? – aveva esclamato Shindler
- com’è andato il lavoro
alle miniere di questo pomeriggio?
- lo interruppe Bürk
- non male…ma ne abbiamo
persi dieci… -
- capisco…ma non
temere…presto ne arriveranno altri…il prossimo carico dovrebbe arrivare a
giorni…non appena il campo si sarà svuotato…-
- quanti ne sono rimasti
qui? – chiese Shindler
- un centinaio…non di più…
-
Ed intanto ascoltava
impietrito quel discorso.
Miniere? Carico? Di cosa
stavano parlando quei pazzi?!
Una cosa era assolutamente
certa: doveva sbrigarsi a compiere questa missione, altrimenti, se avesse
esitato, forse avrebbe perso l’unica occasione per vendicare Ivan e salvare
quella povera gente…
- dobbiamo farli fuori
prima che arrivino gli altri! – esclamò all’improvviso il
colonnello
- non c’è fretta Shindler…
- sospirò il Generale
- ma… -
- proprio tre ora fa ho
spedito un centinaio di uomini nelle campagne, a prelevare alcuni Ebrei che
risultavano nascosti da quelle parti… - continuò Bürk - quindi bisogna essere cauti…almeno…per
ora… -
- Ecco perchè non c’era
nessuno di guardia in giro… - sospirò Ed ascoltando con l’orecchio
teso
- senza contare che i
documenti che Hitler mi ha dato c’era espressamente scritto di attendere i suoi
ordini… -
- …capisco… - esclamò il
colonnello – ora però…se volete scusarmi…dovrei tornare alla mia stanza… -
- …?...certo! certo!è molto
tardi… - sorrise Bürk – la accompagno colonnello! -
- non si disturbi Generale…
-
- insisto! Così parliamo un
po’ di affari! – esclamò il Generale aprendo la
porta.
Ed, si era nuovamente
nascosto dietro la colonna, ma lo fece in maniera un po’ brusca, tanto da urtare
la porta che cigolò pericolosamente.
- accidenti! – pensò
Ed
- mh? – il colonnello si
voltò in direzione della colonna dietro la quale vi era nascosto
Ed
- cosa avete colonnello? –
chiese il Generale
- mi…mi è parso di sentire
qualcosa… -
Ed si sentì sprofondare e
si toccò il braccio destro, pronto a saltare fuori in caso di
bisogno.
- suvvia colonnello! Non
c’è nessuno! Dev’essere stanco… -
- …si…può essere… - sospirò
Shindler voltandosi e proseguendo il cammino.
Ed si trovò solo.
Finalmente solo.
Uscì dal suo nascondiglio
con il cuore ancora palpitante per paura che lo
scoprissero.
Poi si calmò. Anche se
l’avessero scoperto, pensava, avrebbe potuto uccidere entrambi con quella lama
che tempo addietro l’aveva salvato in molte battaglie…ma che aveva ucciso
tantissime persone.
Uccidendoli avrebbe
certamente guadagnato tempo prezioso.
Ma siccome Shindler in fin
dei conti obbediva solo a Bürk, è che solo quest’ultimo sapeva dov’erano i
documenti che stava cercando, quell’idea gli era subito passata di
mente.
Si alzò in piedi e si
strofinò la divisa sporca di polvere, poi posò il suo sguardo sulla serratura
della porta. Era chiusa a chiave e con l’alchimia sarebbe stato un gioco da
ragazzi scassinarla.
Un battito di mani non
troppo forte, un tocco alla porta, una luce blu accecante, e la porta si
aprì.
- facile come bere un
bicchier d’acqua… - rise Ed spalancando la porta ed entrando nella
stanza.
Osservando gli enormi
scaffali pieni zeppi di fogli, cartine geografiche e di libri, camminando sopra
quei lussuosi tappeti che ricoprivano il pavimento, odorando il profumo di
quelle poltrone così finemente decorate, Ed si rese conto che trovare dei
documenti li dentro, non sarebbe stata un impresa
facile.
- allora… - cominciò
Ed - calcolando che per arrivare sino a qui ci sono voluti dieci
minuti…e contando anche i minuti che ci vogliono per tornare…ho esattamente
venti minuti prima che arrivi Bürk… - sospirò
Cominciò a rovistare tra
gli scaffali prendendo, uno dopo l’altro, tutti i libri che trovava,
sfogliandoli per vedere se dentro di essi vi era nascosto
qualcosa.
Nei cinque minuti che
passarono, senza alcun risultato, Ed cominciò ad agitarsi, al solo pensiero che
il Generale potesse tornare prima del previsto.
Decise di rivoltare la
stanza da cima a fondo, e si mise ad aprire cassetti e armadi nel tentativo di
trovare qualcosa.
- …maledizione! Dove li
avrà messi?! – esclamò arrabbiato mentre buttava a terra l’ennesimo libro
inutile.
- devo sbrigarmi!
Altrimenti… -
Nel
frattempo…
- anf! Anf! Anf! … -
sospirava Al correndo a più non posso lungo i corridoi della zona Nord
dell’edificio.
Il più giovane dei due
fratelli, era esattamente dalla parte opposta a dove si trovava Ed e, anche lui,
fino a quel momento non aveva trovato nessuno ostacolo durante la sua
corsa.
Non sapeva in che direzione
andare, era buio e non c’erano candele ad illuminare il
percorso.
Continuava ad incontrare
centinaia di porte tra le pareti grigie e ammuffite di quel posto così tetro, e mentre le
osservava quasi incuriosito, ripensava al fratello e alle sue ultime parole,
prima di voltarsi ed andarsene.
tu potresti…andare a cercare i prigionieri e metterli al
sicuro! -
- cosa?! E tu che farai? –
- io…andrò a cercare quei documenti… -
- da solo?! Ed! è pericoloso! -
- ma figurati! Che vuoi che sia!
-
- io vengo con te! –
- no Al! Non mi occorre nessun aiuto!
-
- ma fratello! -
- obbedisci Al!
-
-accidenti a te
fratellone! - esclamò Al stizzito –
solo perchè sei il maggiore non vuol dire che tu debba sempre cacciarti nei guai
da solo… -
Poi, quasi impulsivamente,
strinse la mano sinistra, quella che continuava a prudergli senza sosta oramai
da molti giorni.
- anche se non sono più
l’alchimista di un tempo…posso ancora combattere al tuo fianco! – sospirò
infine
Poi, si fermò, vedendo che
il corridoio davanti a lui era terminato, lasciando il posto a delle ripide
scale di pietra, che secondo il suo intuito doveva no portare alle cantine
dell’edificio.
All’improvviso, il dubbio
lo attanagliò: scendere o tornare indietro?
Doveva cercare i
prigionieri e metterli al sicuro.
Questo gli era stato
ordinato dal fratello, e benché Al volesse tornare indietro ad accertarsi che Ed
fosse tutto intero, sentì il bisogno irrefrenabile di scoprire una volta per
tutte, se i prigionieri fossero effettivamente li o se invece fossero da
un'altra parte.
Infine, cominciò a scendere
lentamente i gradini.
Più scendeva e più la puzza
di marcio aumentava.
Arrivato in fondo alle
scale, si aprì un corridoio con, proprio sul punto in cui finiva, un portone di
ferro, molto resistente a vedersi, e circondato da tantissimi lucchetti di vario
genere.
Al si avvicinò un po’
intimorito da tale visione.
Poggiò una mano sul ferro
freddo e provò a poggiare l‘orecchio su di essa per provare a sentire qualche
rumore.
Tutto quello che sentì, non
fu altro che un brivido freddo lungo tutta la
schiena.
- avevo ragione…qui ci
devono essere le cantine… - sospirò un po’ deluso - …ci saranno le armi qui
dentro…è meglio se proseguo ora… -
Si girò dalla parte opposta
e si allontanò di qualche metro dalla porta.
All’improvviso sentì dei
suoni strani e inquietanti.
Un brivido lo percorse
dalla testa ai piedi e si voltò nuovamente verso la porta di
ferro.
Non ebbe il coraggio di
avvicinarsi, ma capì perfettamente che quei rumori provenivano da
li.
Era come se qualcuno stesse
graffiando la porta disperatamente, come se qualcuno cercasse di attirare la sua
attenzione.
Al ,era ancora intimorito
ma si avvicinò con cautela al portone.
- a..aiuto… -
Ad un tratto, una voce
sibilò dall’interno della presunta stanza. Una voce flebile, quasi
soffocata.
- eh?! – esclamò Al
sorpreso.
Si buttò di peso addosso
alla porta per ascoltare
meglio
- c’è…c’è qualcuno qui
dentro?! – esclamò con impeto
- ai…uto… - sospirava
ancora quella stessa voce
Al si allontanò dalla
porta, di qualche metro. Poi con tutta la forza che possedeva, fece una rincorsa
e diede un bello spintone alla porta che però non diede risultati. Anzi, l’unico
risultato ottenuto era un’enorme botta alla spalla.
- maledizione! – esclamò
riprovando a scalfirla con un calcio
Nulla da fare. Quella porta
non si sarebbe mai aperta in quel modo. L’unica alternativa era quella di
cercare le chiavi ed aprirla ma…dove potevano essere codeste
chiavi?
Decise immediatamente di
scartare quell’ipotesi e si accasciò nuovamente contro la porta, respirando
affannosamente per l’enorme fatica.
In quel mentre,gli venne un
idea: ma perché non ci aveva pensato prima?.
Avrebbe usato l’alchimia
per aprirla!
Subito però, gli venne in
mente il suo piccolo incidente avvenuto a casa, nel quale aveva rischiato
seriamente di rimetterci la mano.
Sospirò pesantemente ma i
suoi occhi emanavano scintille.
Si mise ritto in piedi, con
gli occhi socchiusi, davanti alla porta.
- chiunque ci sia li dentro
si allontani! – esclamò sperando che qualcuno lo
sentisse
Poi, cominciò a disegnare
un cerchio alchemico sul ferro.
Appena lo ebbe finito buttò
a terra il gessetto che aveva usato
e si mise in posizione.
Aveva paura. Aveva molta
paura questa volta.
Se per caso non fosse
andata come lui aveva programmato, forse anche le persone all’interno della
stanza sarebbero state coinvolte.
Sapeva benissimo di non
essere più l’Alphonse Elric di una volta, il fratello del Fullmetal Alchemist,
il ragazzino dal cuore dolce ma dal corpo d’acciaio…ora era solo un uomo, un
uomo un uomo che più di ogni altra cosa aveva paura. Paura di non riuscire nel
suo intento.
- fratellone…ti prego…dammi
la tua forza… - sospirò
Poi, paino piano, toccò il
punto in cui vi era il cerchio alchemico. Una luce, dapprima dorata cominciò a
manifestarsi di fronte a lui, una luce intensa che lo accecava…all’improvviso
però, la luce divenne violacea, quasi blu, enormi scariche elettriche
cominciarono ad uscire dal punto in cui Al aveva appoggiato le mani per compiere
le trasmutazione.
- accidenti!! - esclamò
Tenette le mani ben premute
su ferro, che intanto cominciava a diventare incandescente, finendo per fare
male ad Al.
Osservando il volto del
giovane si capiva chiaramente quanto stesse soffrendo per colpa di quella
trasmutazione, e si vedeva molto bene che le su mani stavano cominciando a
bruciare.
Al trattenne un grido
quando una potente scarica elettrica lo colpì in
pieno.
Le mani cominciarono a
fumare. Di li a poco si sarebbero sicuramente ustionate in maniera
irreversibile, ma Al non avrebbe mai ceduto. Non questa volta
almeno.
Ci fu un esplosione, non
troppo grande, ma sicuramente tale da provocare un leggero “tonfo” al
suolo.
Quando il fumo e la polvere
se ne furono andati, si potè vedere ciò che era
successo:
Al era a terra. Aveva la
divisa orribilmente stropicciata e sulla testa era, molto probabilmente, stato
colpito da qualcosa che come risultato, gli aveva lasciato un enorme taglio
lungo parecchi centimetri.
Le mani invece, erano
davvero ridotte malissimo, erano rosse, quasi in carne viva, e fumavano
ancora.
Il dolore agli arti era
così insopportabile che cominciò a dimenarsi sul
pavimento.
- anf…anf…anf…aaah… -
respirava il giovane cercando di rimettersi in piedi con quelle poche forze che
ancora possedeva.
Non osò appoggiare le mani
a terra, forse per timore di provare ancora più
dolore.
Osservò il punto in cui
aveva compiuto la trasmutazione. Vide il portone, ma lo vide spaccato in due e
leggermente bruciacchiato.
Si strofinò gli occhi col
braccio e cercò di focalizzare bene cos’era successo oltre la
porta.
La polvere che ancora era
nell’aria, cominciò ad abbassarsi e a posarsi al suolo lasciando intravedere ciò
che c’era dall’altra parte:
Uomini.
Ecco la risposta che Al
aveva trovato aprendo quel portone.
Una cinquantina di uomini,
bambini, anziani e donne, erano rinchiusi in quella stanza priva di letti, bagni
e quant’altro.
Dai loro occhi si capiva
chiaramente che avevano paura, ma anche che ormai si erano evidentemente
rassegnati alla loro condizione.
Osservarono il ragazzo
dall’altro in basso, quasi sorpresi.
Le madri, portarono i
propri figli lontano lui, mentre gli uomini indietreggiarono di qualche
passo.
Al ne rimase sconcertato ma
quella gente lo era ancora di più:
chi era quel “pazzo” che li
aveva liberati?.
Il giovane alchimista, si
avvicinò a loro ed entrò nella stanza, barcollando
pericolosamente.
Non riuscì più a reggersi
sulle proprie gambe e si fece cadere al suolo, spaventando i
presenti.
Le mani sanguinavano e
bruciavano. La polvere causata dalla trasmutazione, era penetrata nella sua
carne provocando un bruciore insopportabile.
- …E…Ebrei? – chiese Al
sfinito
Alcuni annuirono ma non del
tutto convinti, altri invece lo osservavano incerti sul da farsi.
- meno male…cre..credevo di
aver fatto l’ennesimo buco nell’acqua…
- sorrise lievemente Al
Tutti lo guardarono ancora
più stupiti di prima. Ma guardavano soprattutto il suo volto innocente e quelle
mani che tanto soffrivano pur di salvare la vita di
qualcuno.
- sei venuto per portarci a
morire?! – esclamò un uomo
Al smise di sorridere e si
fece serio, nonostante il dolore.
- se fosse così… - cominciò
– mi sarei risparmiato questo non credete? – finì, mostrando le mani ustionate e
spaventando alcune donne che si trovavano proprio davanti.
Allora che vuole un giovane
militare da noi?! – ribattè l’uomo
- … -
Tutti rimasero in attesa
della risposta
- ..sono venuto…per
aiutarvi…per riportarvi a casa…e questa la mia missione! - esclamò Al cercando
di alzarsi
- … - l’uomo non seppe più
cosa dire, si limitò a sedersi a terra, a pensare.
- …potete fidarvi di me… -
esclamò nuovamente
Vedendo le masi così
orribilmente sfigurate, una donna, fino ad allora rimasta nascosta, si avvicinò
con cautela al giovane alchimista prendendogli l’arto e
osservandolo.
- …il prezzo da pagare…per
aver distrutto la porta… - sorrise Al
La donna lo guardò con
occhi tristi. Aveva capito di non poter fare nulla per quel ragazzo che aveva
rischiato tutto solo per salvarli. Riusciva a sentirlo, nonostante il suo cuore
fosse stato ferito da sofferenze inimmaginabili, riusciva percepire la speranza
attraverso il corpo di Al, la speranza di poter essere nuovamente
libera…
Capendo di non poterlo
curare, allora decise di aiutarlo a bendare le ferite, con pezzi della divisa
ormai squarciata.
- grazie ma…non è
necessario…davvero… - insistette Al, non capendo nulla della stana situazione
che si era creata.
La donna per tutta
risposta, continuò a bendare senza esitazione, ignorando gli sguardi strani dei
suoi compagni di stanza.
Appena ebbero finito di
medicare, sia la donna sia Al si alzarono da terra.
La donna, tornò al suo
posto non appena il marito glielo ordinò, mentre l’alchimista continuava a
camminare per tutta la piccola stanza, come intento ad aspettare
qualcosa…
- come farai ad aiutarci…?
- esclamò all’improvviso un anziano
signore
Al si voltò dall’altra
parte
- non sono solo…sono venuto
con mio fratello e mio nipote… -
- …tutto qui? -
- …
-
- come pretendi che usciamo
vivi da qui se siete solo in tre ad aiutarci…? -
Il giovane si osservò la
mano. Quasi in modo accusatorio.
-…loro…sono dei bravi
alchimisti… - sospirò
- e tu? -
- …io… – cominciò Al sempre
più triste - …io vorrei essere come loro ma…temo che mi sarà impossibile ormai…-
- … -
- è impossibile trovare dei
documenti qui dentro!!! - aveva appena urlato Ed, sbattendo a terra un altro
libro.
Era ormai da un quarto
d’ora che rovistava per tutta la stanza in cerca dei documenti, ma sembrava che
questi si fossero volatilizzati dalla faccia della
terra.
Sul pavimento, vi erano
centinaia di libri e mappe buttate malamente e le poltrone erano piene zeppe di
cianfrusaglie di tutti i tipi.
Cominciò ad essere stanco
ma soprattutto ad avere paura che il Generale potesse tornare, visto il tempo
trascorso.
- …comincio a pensare che
li tenga nascosti nella sua divisa… - sospirò accasciandosi al suolo - …e ora
che faccio?... -
Si alzò, e nuovamente
cominciò a rovistare in giro.
Cercò di ricordare un
qualunque posto dove avrebbero potuto trovarsi i documenti, un posto che non
avesse ancora trovato.
Camminò per tutto il
perimetro della stanza, ma non gli venne in mente nulla che potesse
aiutarlo.
E in tanto la tensione
saliva vertiginosamente al solo pensiero che potesse
arrivare…
- DANNAZIONE!!! – urlò Ed
all’improvviso dando un calcione alla possente scrivania di Bürk, facendola
leggermente traballare.
- sono messo male! –
esclamò sudando freddo - Se arriva
sono mort… -
Non finì la
frase.
Si avvicinò con cautela
alla scrivania appena colpita. Si accorse di aver, col calcio di poco prima,
danneggiato un cassetto, che era caduto a terra, aprendosi e rivelando il
proprio contenuto.
Si chinò leggermente a
terra, cominciò a rovistare in lungo e in largo alla ricerca di ciò che stava
cercando:
c’erano moltissimi
strumenti per il disegno, compassi per tracciare le rotte, appunti militari,
proiettili per la pistola, un coltellino e… come un raggio di luce in una giornata tempestosa, li trovò.
Trovò quello che stava
cercando.
I
documenti.
i Documenti che Hitler in
persona aveva scritto e dato nelle mani del Generale, i documenti che lui, Ed,
doveva consegnare nelle mani di Roy, i documenti che forse avrebbero potuto
cambiare la sorte di moltissime persone.
Ed li prese con la mano che
tremava: i fogli erano ordinatamente rilegati e chiusi in una busta marrone,
con, sul dorso, lo stemma di Hitler e la sua firma
accanto.
Non sapeva se aprirli o se
aspettare di portarli al “suo” Generale.
Sicuramente Roy gli avrebbe
dato una bella promozione, pensava, proprio quello di cui aveva bisogno ora…una
promozione che permettesse a lui e alla sua famiglia di sopravvivere senza
problemi alla guerra che incombeva.
Infine, decise di provare a
leggerli.
Ancora tremante, e con la
coda dell’occhio rivolta alla porta, cominciò a strappate, piano, la rilegatura
che chiudeva la busta.
Una volta aperta, cominciò
con cautela, ad estrarre i preziosi documenti. Erano ben tre fogli scritti a
macchina, bianchissimi,quasi appena scritti.
Ed si agitò ancora di più,
mentre cominciò a leggere il primo foglio.
- ……….. –
Il suo volto divenne
pallido all’improvviso, gli occhi si spensero non appena cominciò a leggere le
poche parole che comprendevano la prima riga.
Il cuore cominciò a pulsare
forte e Ed giurò di averlo sentito urlare in quel
momento.
Cominciò nuovamente a
tremare, mentre le sue gambe a stento si reggevano ancora in
piedi.
- …ma que…questo è… -
cominciò a dire leggendo
- ha trovato quello che
cercava? -
Una voce, all’improvviso,
tuonò.
Ed, ancora intento a
leggere, si fermò di scatto ma non osò voltarsi dall’altra
parte.
Si mise immediatamente i
fogli nella tasca della divisa, e tirò un sospiro di sollievo…o forse, più
propriamente, di terrore.
- …si! – esclamò senza
muovere ciglio e restando al suo posto - …ma ci è voluto molto tempo…Generale
Shnider! -
Bürk uscì dall’ombra,
mostrando tutta la sua autorità e crudeltà che portava incisi sul volto di
pietra.
Entrò nella stanza e chiuse
la porta. Ed notò che l’aveva chiusa a chiave, sentendo il rumore della
serratura che veniva bloccata.
Poi, restò immobile dietro
Ed, come in attesa che quest’ultimo si girasse e mostrasse il suo
aspetto.
- vedo… - rise Bürk - …mi
ha rovesciato l’intero appartamento… - sospirò osservando i libri e le
cianfrusaglie sparse per tutto il pavimento
- è perché lei è molto
disordinato Generale! – esclamò Ed ironico
- può essere…. – sorrise
malignamente - …ma alla fine gli ha trovati no? -
Ed fece un leggero
sobbalzo
- ..cosa dovrei aver
trovato secondo lei? – esclamò Ed ridendo
- mah…non saprei…forse…. –
continuò il generale - …i documenti che Hitler mi ha consegnato…. -
- suvvia non sia ridicolo!
Tra le tantissime bellezze che ci sono in questa stanza…cosa le fa pensare che
mi servano proprio quegli inutili pezzi di carta? -
Bürk stette in silenzio ad
osservare Ed che, non si era ancora voltato verso di
lui.
Forse per paura, forse per
furbizia o forse per nascondersi…quanti forse erano stati
detti dal giorno in cui Ed era diventato un cane dell’esercito?, quanti forse aveva dovuto
accontentare per arrivare a questo punto?.
- me lo dica lei…colonnello
Elric…! – rise il Generale
- … -
Ed capì che il gioco era
finito. A sentire Bürk pronunciare quel nome, capì di essere stato stupido ad
entrare in quella stanza quella notte.
L’aveva fatto solo per
assicurare a Edward una minima speranza di salvare l’amico, per cui il figlio si
dava così tanta pena.
Le candele che illuminavano
l’appartamento sembravano contro di lui. Sembrava che lo stessero illuminando
apposta per far vedere a Bürk che Edward Elric era ancora vivo…che non era morto
in quella battaglia, in Portogallo…
Sorrise lievemente, strinse
i pugni ,pian piano cominciò a voltarsi verso il Generale, finchè non potè
vederlo in faccia.
Lo stupore di Bürk fu
evidente, nel vedere quel “ragazzino” ancora li, davanti a lui, come mesi e mesi
prima.
- …non è possibile… -
esclamò inorridito
Ed, si mise le mani sui
fianchi, come per mostrarsi a lui
- non è probabile! - sorrise
ironico
Bürk, disturbato da tale ironia, stava
cominciando ad arrabbiarsi, lo si capiva molto bene dai suoi occhi
malvagi.
Si avvicinò di un altro
passo verso Ed, mentre quest’ultimo rimase
immobile.
- come…come puoi essere
ancora vivo…? – esclamò tremando di rabbia
- ha la pellaccia dura io…
- sorrise Ed mostrando l’automail del braccio - …non lo sapeva? -
- tks! Avrei dovuto
immaginarlo… -
- doveva immaginare anche
che sarei venuto…per lei! -
- …?
–
- ora Generale…se non le
dispiace… -
Il ragazzo, con un battito
di mani trasmutò subito il suo braccio in una lama, e la puntò contro Bürk, il
quale restò immobile senza muovere un dito.
- se non le dispiace,
dovrebbe morire! Adesso possibilmente! -
- …mi sembri molto sicuro
di te… - sorrise Bürk tirando fuori una mano, sempre tenuta all’interno della
tasca della divisa blu.
- che cosa?! – esclamò Ed
indietreggiando per un istante
Bürk avanzò verso Ed ,con
tutto il suo corpo
- TI SEI SCOPERTO! - urlò
il Generale
- ah!
-
- grazie…mi sento moto
meglio ora! – aveva appena esclamato Al, ancora all’interno della cella, insieme
agli Ebrei
- ne sei sicuro ragazzo?
Sei ancora debole… - disse un uomo accanto a lui
- sto bene…voi piuttosto… -
- noi ci siamo abituati
ormai….e questo il nostro destino… - sospirò l’uomo
- …il vostro destino sarà
quello di essere liberi…! -
- come fai ad esserne così
convinto? -
- ...perchè noi tre non
premetteremo mai che voi veniate uccisi! -
- …
-
Tutti restarono in silenzio
per qualche minuto, ad osservarsi.
- quanti ce e sono ancora
all’interno del campo…? – chiese Al all’improvviso
L’uomo assunse uno sguardo
triste, a parlare fu la donna che poco prima, aveva aiutato Al a
curarsi
- siamo…solo noi… -
- eh?! – esclamò Al stupito
– come potete essere solo voi?! -
- …ci…ci hanno sterminati
tutti….per fare in modo che questo campo sia vuoto entro due giorni… -
- è assurdo! E perché mai
proprio entro due giorni?! -
- …per…per lasciare il
posto ad altri prigionieri che come noi verranno uccisi… -
- … -
Al si buttò a terra,
sfinito da quelle parole così tristi.
Il dolore alle mani era
insopportabile ma un altro dolore era ben peggiore: se era vero…se davvero loro
erano gli unici sopravvissuti…allora Lucas era…
Non volle nemmeno pensarci,
si limitò ad appoggiarsi al muro freddo, sospirando pesantemente e trattenendo
le lacrime di tristezza che cercavano di cadere dai suoi
occhi.
- Edward… - esclamò
asciugandosi il volto
Il ragazzo era
lì.
Davanti alla porta che
pochi giorni prima aveva sfiorato.
Si trovava davanti a quella
porta blindata con su scritto “solo per il personale autorizzato”, quella porta che destava
un’ irrefrenabile voglia di entrare, di abbattere per capire, dentro, cosa ci
fosse.
Edward non sapeva cosa
fare.
In quei venti minuti
trascorsi non aveva fatto altro che correre, correre a più non
posso.
A differenza di Ed e Al,
lui sapeva molto bene dove andare.
Appena era uscito dal suo
dormitorio si era subito diretto li, in quel corridoio, davanti a quella
porta.
Aveva tra le mani il suo
libro di alchimia, che teneva stretto a se con tutta la sua forza, aveva una
pistola, pronta a sparare per qualsiasi evenienza e poi…aveva la
speranza.
Quella speranza che lo
aveva sempre accompagnato, soprattutto da quando, nella sua vita, era comparsa
lei.
Oh, come avrebbe voluto
essere li ora, a casa, insieme a lei…
Appoggiò una mano sulla
porta blindata e vi si appoggiò con la fronte, come per cercar di sentire
qualcosa, un indizio che potesse aiutarlo a capire…
- allontanati da quella
porta per favore! -
Una voce lo fece tornare
alla realtà.
Il giovane Edward si voltò
di scatto, il buio rendeva difficile la visuale, ma non appena i suoi occhi
focalizzarono bene l’immagine, potè capire di chi si
trattava.
- tu...tu sei…Joseph?! –
esclamò stupito
Joseph aveva la pistola
puntata contro di lui, il suo volto era serissimo e i suoi occhi azzurri, così
simili a quelli di Edward, non smettevano di
osservarlo.
- ti ripeto di allontanarti
da quella porta! -
Edward non si
mosse
- devo controllare una
cosa! Fatti da parte! – esclamò infine
- cosa puoi voler vedere la
dentro?! - chiese Joseph spiazzato – questa è zona vietata ai comuni militari! -
- ...anche tu sei come me!
Allora come mai ti trovi qui?! – ribattè Edward
- il colonnello Shindler mi
ha ordinato di ispezionare il corridoio…e di fermare chiunque non sia un
militare… -
- ?! -
- perché tu…non sei un
militare vero ragazzino? -
- …tsk…certo che no! –
esclamò Edward ironico – ora vattene e lasciami fare!
-
- non posso farlo! – disse
Joseph con la mano sempre ben tesa
sulla pistola – devo eseguire un ordine preciso! –
- uccidere?!, sarebbe
questo l’ordine?! –
- … -
I due si guardarono per
alcuni attimi, senza cedere di un millimetro
- ascolta quello che devo
controllare è.. -
- AAAAAAAAAAAAAAAAAAHHH! -
Un urlo echeggiò nell’aria,
interrompendo le parole di Edward che rimase stupito ma allo stesso tempo
preoccupato.
Aveva paura, paura di
conoscere bene quelle urla, di sapere di chi si
trattava.
- …Ed… - eslcamò con un
filo di voce
Joseph non si mosse ne fece
il minimo cenno di disagio
- il colonnello si è
cacciato nei guai a quanto pare… - sospirò poi
- cosa?! -
- ma…io non sarò così
stupido… -
- … -
- …non lascerò scappare…su
figlio! -
- … -
- devo andare! - esclamò Al dopo aver sentito
l’urlo che probabilmente apparteneva al fratello
- sei ferito ragazzo…resta
qui… - sospirò l’uomo facendo un cenno di disapprovazione
- non posso! Mio fratello
ha bisogno di me! -
- e che cosa potresti mai
fare in quelle condizioni?! -
- … -
- dacci ascolto…resta qui,
sarai al sicuro per un po’... -
- …anche se non sono più
utile come alchimista, senz’altro sarò utile come scudo! - esclamò Al
tremando
- ragazzo ma tu… -
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