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Autore: crazybulma    28/12/2006    14 recensioni
Vegeta e Trunks. Padre e figlio. Ombra e Luce. Crudeltà e Speranza. Due uomini apparentemente diversi eppure con tante cose in comune, si troveranno imprigionati in una convivenza inaspettata. Un anno, insieme... un intero, lentissimo anno per imparare a conoscersi, in una magica stanza sospesa nel tempo e nello spazio.
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IN YOUR ROOM

 

IN YOUR ROOM

 

 

Nota: La frase che fa da titolo al racconto è anche una famosa (e splendida) canzone dei Depeche Mode.

 

Chapter 1 – THE BOY

 

 

E’ tutto bianco.

Di un bianco alienante.

Una luce soprannaturale che sembra arrivare direttamente dal luogo maledetto in cui nascono gli incubi degli uomini.

A volte ho la sensazione che questa stanza sia una cosa viva, un'entità a sé stante, una volontà aliena, qualcosa che continuerebbe ad esistere anche se di colpo tutti gli esseri umani sparissero. La sua luce continuerebbe a splendere in eterno.

La stanza è enorme, sterminata... così grande che dal centro non se ne vedono i confini.

La gravità è dieci volte superiore rispetto a quella terrestre e l'aria è rarefatta. Il clima al suo interno è freddissimo, o caldissimo. Non esiste una via di mezzo.

Ed io ci sono dentro.

Questo posto ha il dono di farti sentire pieno di energia, ma la realtà è che te la sta togliendo.
Sebbene tutto sia fatto di luce, c'è un'ombra oscura che mi sento addosso, e dentro.

Cerco una via di fuga, come si cerca di sfuggire ai sogni angosciosi della notte.

Ma non c'è nessuna uscita.

Cerco passaggi segreti, botole, trabocchetti, qualunque cosa. Ma non c'è nient'altro che il bianco lugubre della mia solitudine. Solo. Non mi ero mai sentito così solo.

Non riesco a udire il mondo al di fuori della stanza, ma se chiudo gli occhi posso ancora vederlo: il delicato verde della natura, il caldo rosso del tramonto, il blu profondo del mare, l’azzurro limpido negli occhi di mia madre.

Ma qui dentro sono solo. Completamente solo.
Mi resta solo la nostalgica, irriducibile Speranza di una persona che desidera qualcosa che le è preclusa e che le sarà negata per sempre: l'amore di un padre.

 

Lui è qui, ma è come se non ci fosse.
Vegeta.
Una macchia di nero in questo infinito pianeta bianco.
Il riflesso di tutta questa luce non fa altro che nobilitare la sua figura, eppure...
Mamma mi aveva avvertito, mi aveva detto di non farmi illusioni, ed invece nel mio mondo immaginario lui era sempre stato un eroe, un mito.
Poi ho capito di avere torto.
Mio padre è un megalomane. Un arrogante. Altezzoso e spregevole. 

Quando ho saputo che avremo passato un intero anno insieme non mi ero di certo aspettato un sentimento dalle parti dell'amicizia, ma avevo almeno sperato in un affetto istintivo, genetico, istituzionale.

Molte volte mi chiedo se esiste qualcosa che possa increspare la superficie di quel lago gelato che è mio padre.

Altre volte, invece, mi sorprendo a desiderare di avere un padre come Goku. Lui è così familiare, è così protettivo, è così... umano.


Sono partito nel passato con una grande speranza nel cuore.
Ora non so più in cosa sperare.

 

** ** ** ** **

 

Centoventidue.
Centoventitre.
Centoventiquattro.
Trunks si stava allenando senza un attimo di tregua. Una flessione dietro l’altra, ad una gravità insostenibile per un qualsiasi essere umano, ma non per lui.

Poi una voce.
”Ciao. Che cosa stai facendo?”

Trunks si mise diritto e, stupito, fissò la persona davanti a sé. Era un bambino piccolo, e teneva un pallone rosso tra le mani. Trunks gli si avvicinò piano, temendo di intimidirlo, e gli mormorò “Cosa stai facendo TU qui? Io sono forte, e posso sopportare tutto questo!” Indicò l’immenso spazio bianco intorno a sé. “Ma tu sei troppo piccolo. Perché sei qui?”

Il bambino fece rimbalzare il pallone per terra, e lo riprese tra le mani.
”Mi sono perso. Questo posto è talmente grande che, se ti allontani troppo dall’ingresso, finisci col non uscire mai più all’esterno!”
Trunks s’inginocchiò di fronte al bambino, specchiandosi nei suoi occhi, laghi gemelli, azzurri e conosciuti. “Anch’io temo di essermi perso.”
Il pallone rosso esplose tra le mani del bimbo, e schizzi di sangue tinsero le pareti e i pavimenti della stanza, e colpirono anche il volto di Trunks. Un sorriso triste si dipinse nel giovane volto del bambino.

“Sei cresciuto senza un padre. Sei cresciuto nel terrore di una guerra senza fine. Sei cresciuto sopra le tombe dei tuoi amici. Sei cresciuto in un mondo senza alcuna gioia. Probabilmente… non sei cresciuto affatto.”
A quelle parole, Trunks pianse.
Pianse a lungo, pianse con disperazione; pianse e abbracciò quel bambino che era la copia sputata di sé stesso da piccolo.

 

 

Trunks, scivolato in una specie di dormiveglia, si era trovato immerso in uno strano sogno che lo aveva colpito per la straordinaria nitidezza delle immagini.

Poi si era svegliato, viscido di sudore…

e aveva ritrovato la luce.



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