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Autore: 31luglio    11/06/2012    9 recensioni
Mi ero buttata su Liam, quel bell'australiano dagli occhi azzurri e i capelli biondi e, in teoria, ero riuscita a farlo innamorare. Forse. Forse, stava con me per la pubblicità, ma il punto è che lui non era riuscito a far innamorare me. Non era nemmeno riuscito a farmi dimenticare lui.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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11th June, 2012

 

Erano passati 5 giorni da quando era uscita la mia intervista a People, nella quale avevo detto che ero fidanzata ufficialmente con Liam. All'inizio, quando mi aveva chiesto di sposarlo, l'ultimo giorno di maggio, ero felice. Forse proprio all'apice della felicità, quando stavo con Nicholas Jonas. Eccolo, questo era il problema. Proprio quel riccio dagli occhi color cioccolato. Il mio principe azzurro. Il ragazzo che avevo amato, amavo e avrei amato per sempre, nonostante allo stesso tempo lo odiassi. Non aveva mai combattuto per me, per noi. Dopo la nostra rottura nell'estate 2009, decisamente troppo tardi per dimenticarlo, avevo deciso di andare avanti. Mi ero buttata su Liam, quel bell'australiano dagli occhi azzurri e i capelli biondi e, in teoria, ero riuscita a farlo innamorare. Forse. Forse, stava e sta con me per la pubblicità, ma il punto è che lui non era riuscito a far innamorare me. Non era nemmeno riuscito a farmi dimenticare lui.

Però, nonostante tutto, con Liam stavo abbastanza bene. Non come con Nick, intendiamoci, ma più o meno... Per qualche secondo, quando ero con lui, riuscivo a scordarmi del riccio. Poi, quando meno me l'aspettavo, cominciavo a fare paragoni. In tutto e per tutto, a tal punto che smettevo di ascoltare Liam e lui se ne accorgeva. E si arrabbiava, giustamente. E litigavamo. Metteva il più piccolo della band dei Jonas Brothers in mezzo. E piangevo. Urlavo. Scappavo. Perché non volevo avere a che fare con un tizio così. Comunque, il più delle volte scappavo in camera mia, perciò dopo al massimo una decina di minuti, il biondino compariva e si scusava ed io ero talmente debole, come Nick, che le accettavo, lo perdonavo, lo baciavo e, il più delle volte, lo facevamo.

Con il riccio l'avevo fatto una sola volta, la prima volta, nonostante gli anelli. Ci amavamo troppo per resistere e lui, nonostante sembrasse timido al di fuori, in una relazione era davvero provocatore. Non ho mai saputo se metterlo nella categoria pregi o in quella difetti. Comunque, la sua peggiore caratteristica era il suo essere debole. Si arrendeva sempre, senza mai combattere. Scappava. Chiedeva scusa. Non aveva mai spiegato le sue ragioni per nessun argomento. E lo odiavo per questo.

Però, nonostante tutto, mi mancava. Quasi come l'aria, se non di più, se era possibile. Quel giorno, quell'undici giugno duemiladodici, ancora di più. Forse perché erano passati esattamente sei anni da quando ci eravamo messi insieme e io avevo fatto l'enorme sbaglio di essermi fidanzata ufficialmente con Liam, nonostante sapessi di amare Nick. Cosa stavo pensando, quando avevo detto quel ? Già. A scappare. Scappare dal riccio, come lui aveva sempre fatto con me. Ero diventata come lui e mi odiavo per questo.

Sapevo che lui non avrebbe detto né fatto nulla, perché non era combattente. E io non perdevo occasione per rinfacciarlo, sia a lui che a me.

Liam era in Australia, forse per dare la buona notizia, anche se tutta la sua famiglia ne era già al corrente. E comunque, per una notizia così, in teoria sarebbe bello avere entrambi gli sposi. Infatti, più che altro, era perché lui sapeva che io l'undici di giugno volevo stare da sola. Volevo annegare nel dolore. E lui acconsentiva. Forse nemmeno lui era tanto combattente.

«Miley, talkin' 'bout Miley», mi parve di sentire. Veniva circa dal giardino, proprio sotto la finestra della mia camera. Ma probabilmente me l'ero sognato, perché la canzone non era continuata. Ritornai sdraiata sul mio letto matrimoniale, quello che dividevo con Liam, quello che avrei voluto tutto per me e che avrei voluto condividere, al massimo, solo con Nick. Avevo le lenzuola blu, il suo colore preferito.

«Miley, Miley, Miley, talkin' 'bout Miley, Miley!». Di nuovo. Mi alzai dal letto ed andai alla finestra. Guardai sotto, il mio giardino, ma vidi solo lui. E la sua chitarra. Il suo sorriso illuminava tutto e, istintivamente, sorrisi anche io. Non sapevo se me lo stessi immaginando o meno, ma ero felice. Molto più di quando lo ero con Liam. Avevo improvvisamente dimenticato tutti i difetti del mio principe. Anche perché era venuto sotto casa mia, a cantare, rischiando che ci fosse il mio ragazzo, quindi, tecnicamente, stava combattendo.

Corsi giù per le scale, aprii la porta sul retro e mi precipitai verso di lui, praticamente saltandogli addosso. Mi prese in braccio e mi fece girare, poi lo baciai. Dio, quelle labbra, come mi erano mancate. Affondai le mani nei suoi ricci e lui mise le sue sul mio sedere. Diciannovenne provocatore. Sempre tenendomi in braccio, mi portò in casa e mi fece sedere sul divano, poi si mise di fianco a me e mi baciò una, due, tre, dieci, venti, trenta volte, come a volersi riprendere tutti quelli che non gli avevo dato, tutti quelli che erano andati a Liam, tutti quelli che aveva dato a Delta. Mi mordicchiò le labbra e mise le mani sulle mie tette e io glielo lasciai fare. Forse era venuto da me solo per portarmi a letto, ma al momento non mi interessava. Era il mio principe. Il mio tutto. Poteva fare tutto quello che voleva.

Mi tolse la canottiera bianca trasparente e restai solamente con il reggiseno. Io gli sbottonai la camicia, ogni bottone accompagnato da un bacio. All'ultimo mi fermai, e lui mi guardò smarrito. In realtà, volevo provocarlo un po', ma lui si aspettava la predica per essere scappato, per non essere combattente. Perciò, gli tolsi definitivamente la camicia e cominciai a baciarlo, dapprima nelle labbra, poi il collo, il petto, il ventre. Mi sciolse i capelli, che avevo raccolto in una coda piuttosto ordinata e mi prese il viso tra le mani, per poi darmi un bacio appassionato. Dopodiché, mi tolse anche il reggiseno nero – mi piacevano i contrasti – e mi baciò i seni, poi scese. Pian piano mi tolse gli shorts chiari e io a lui i jeans. Si alzò dal divano e mi prese per mano, dirigendomi nella stanza che io usavo per lavorare, quella con il pianoforte, gli spartiti, la chitarra. Non sapevo come facesse a conoscere ogni parte di casa mia, non mi pareva ci fosse mai stato, ma forse mi conosceva troppo.

L'ultima fase fu lì: mi tolse gli slip ed entrò dentro di me quasi dolcemente, come se temesse di farmi male, e pian piano aumentò la velocità. Lì, contro un muro, e poi in camera mia, o forse dovrei dire nostra. Lì dentro, mentre lo stereo suonava le nostre canzoni, fu concepita la nostra prima figlia, il frutto di un amore difficile, l'amore di due ragazzini che scappano l'uno dall'altra, ma che tornano sempre, perché si vogliono, perché non riescono a stare senza l'altro.

 

 

Hope Faith Jonas nacque dieci mesi dopo, l'undici aprile 2013, esattamente quattro anni dopo il nostro lunch date. Aveva i miei occhi e i miei capelli mossi, ma del colore di quelli di Nick.

Quando avevo scoperto di essere incinta – ne ero stata sicura fin dall'inizio – mia madre per poco non sveniva, mio padre voleva andare a prendere a pugni Nick e i miei fratelli saltellavano in giro per casa. Liam non aveva detto niente, mentre io piangevo dicendo che mi dispiaceva di averlo tradito, ma che amavo il riccio, che mi teneva per mano. Demi mi avrebbe presa a calci, perché Nick non era un combattente, ma il fatto era che... lo era diventato. Me lo dimostrava ogni giorno tranquillizzandomi per tutti gli insulti che leggevo su Internet dalle fan di Liam, o dalle accuse dei giornali o dei paparazzi, o rispondendo lui stesso, prendendo le mie difese. Durante la gravidanza non mi lasciò una mezza giornata, era sempre presente. Era la prima persona che vedevo la mattina appena sveglia – nel nostro letto blu – e l'ultima prima di addormentarmi. Raramente mi lasciava sola anche se ero sempre con qualcuno, che fosse Demi, mia madre o mia sorella Brandi. Lui voleva esserci.

La proposta di matrimonio di Liam l'aveva cambiato, aveva paura che qualcuno potesse portarmi via, perciò voleva tenermi stretta, non voleva che me ne andassi perché lo consideravo debole. Non lo era più. Era rimasto lo stesso di allora, ma era anche cresciuto. Continuavamo a litigare e lui se ne andava nella stanza della musica, a suonare, mentre io stavo in camera. Due minuti dopo tornava da me, mi baciava e si scusava e ogni volta capivo quanto lo amavo.

Lui era il mio principe, e io ero la sua principessa.

Per sempre.
 








 



















caro lettore, 
ho scritto questa OS perché mi dà al cazzo che miley si sposi con liam.
in quanto niler a vita, mi sono sentita ispirata.
chiedo scusa se è forse un po' spinta, ma ho visto la luce(?).
magari veramente l'11 aprile 2013 nascerà una pampina a miley.
chissà.
chiedo cortesemente di recensire anche con un 'niley non esiste, idiota!',
al quale risponderò dicendo 'mia sorella non esiste, non niley'.
love,
andreah.

   
 
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