I Love An Angel(l).
#082. Coyness
Quando
Flack alza gli occhi e la vede entrare, il suo cuore perde un battito. Eppure è
uguale a sempre: gli stessi jeans, le stesse scarpe, lo stesso giubbotto. La
differenza sta sotto il giubbotto: invece della solita camicia azzurra,
Angell indossa una maglietta verde, lievemente più scollata di quello che è
abituata a portare.
“Non lo
sai che non si ordina prima che sia arrivato l’ospite?” lo saluta, restando in
piedi accanto al suo tavolo per qualche secondo, con le mani affondate nelle
tasche.
“Solo
se l’ospite non tarda di quindici minuti senza avvertire.”
Prende
posto sul divanetto. “Avrei dovuto avvisarti, scusa. C’è stato un piccolo
imprevisto. Ma sono qui, giusto?”
“Giusto.”
Indugia con lo sguardo sul giubbotto, chiedendosi perché mai lo tenga ancora
addosso, con il caldo che c’è all’interno del bar. “Io… vado a fare
rifornimento” aggiunge, indicando il proprio bicchiere. “Che cosa bevi?”
“Quello
che bevi tu va benissimo.”
“È una
birra.”
“E
birra sia.”
Nei
successivi due minuti, mentre aspetta che uno dei barman si accorga di lui ed
esaudisca le sue richieste, Flack non può fare a meno di sbirciare verso
Angell, alla ricerca del dettaglio che, giorni prima, lo ha spinto a baciarla.
Non trova una risposta. Sicuramente una risposta c’è, ma è troppo
nascosta per essere colta ad un primo sguardo. Eppure una ragione esiste, da
qualche parte. Deve esserci un motivo, un dettaglio, un particolare. Gli
risulta difficile trovarlo. Lui è detective, la sua logica è quella
dell’insieme. Sono quelli della Scientifica – Mac, Danny, Stella – che
analizzano i particolari, le singole tessere del puzzle.
Quando
torna verso il tavolino, Flack ha bisogno di fermarsi. Angell si è sfilata il
giubbotto, e ora i suoi gomiti – i suoi bellissimi gomiti – sono
appoggiati sul bordo del tavolino, sostenendola nell’attesa. Quando riprende a
muoversi, i primi passi sono incerti, malfermi, quasi destabilizzati dalla
visione che gli si stende davanti agli occhi.
“Ecco
qui.”
“Grazie.
Quanto ti devo?”
“Non
scherzare. Che uomo sarei, se non ti offrissi da bere?”
“A cosa
brindiamo?”
Flack
si stringe nelle spalle. “A una bella serata?”
“A una
bella serata, allora.”
I
bicchieri tintinnano, il primo sorso tiene entrambi impegnati. Evitare di
approfondire il contatto è semplice, basta iniziare a parlare di lavoro e di
argomenti comuni come il tempo, l’ultima partita degli Yankees, un nuovo film
uscito al cinema… ma a Flack non basta, se ne accorge subito. Angell lo sta
trattando come tutti gli altri, come tutti i loro colleghi, probabilmente come
tratta tutti gli uomini. Ma lui non vuole essere trattato come gli altri,
perché lui non è tutti gli altri. Solo per il fatto di essersi accorto
che Angell ha qualcosa di speciale, è già diverso dagli altri. Certo, ora il
problema è capire che cosa renda Angell così speciale.
Quando
escono nella frizzante aria estiva e lei infila le braccia nelle maniche del
giubbotto, senza chiudere la zip, gli occhi di Flack non possono evitare di
guardare, ancora una volta, la maglietta verde e il corpo che nasconde. Si
sente un pervertito mentre prova ad immaginarla senza quella maglietta –
cosa che non gli è mai successa durante il lavoro, quando indossa le sue
semplici camicie azzurre. Respira più a fondo, tornando a guardare davanti a
sé, poi riporta bruscamente lo sguardo sulla donna che gli cammina a fianco.
Lei se
ne accorge. “Che c’è?”
“Hai
dimenticato la borsa” risponde prontamente lui.
“Quale
borsa?”
“La… la
tua, naturalmente.” Cerca di fare mente locale, di ricordare che forma avesse,
quale fosse il colore…
“Non
avevo la borsa, Flack. Ho tutto con me.” È allora che Flack nota il mazzo di
chiavi appese alla cintura. E quando lei scosta un lembo del giubbotto, nota il
familiare rigonfiamento del portafogli, la sagoma del cellulare… e si rende
conto che a rendere speciale Angell – almeno ai suoi occhi – è quel suo modo di
essere diversa. È un detective brillante, superiore a molti altri, ed è
diversa da ogni altra donna che abbia mai conosciuto. È sagace, sa farsi
rispettare, è riservata, è pratica... ed è incredibilmente modesta.
“Wow.
Ti ammiro.”
“Perché?
Perché vado in giro soltanto con quello che mi serve? Non è una cosa così
eroica.”
“Per me
lo è. Insomma, nessuna delle donne che conosco riesce a… condensare il
necessario a quel modo. Sul serio, dovrebbero esserci più donne come te.” Se
non fosse quasi certo che sia impossibile, Flack direbbe che è imbarazzo quello
fiorito sulle guance di Angell. In tutte le altre donne che ha frequentato,
abbassare il capo e nascondersi dietro i capelli indicava imbarazzo, disagio,
fastidio. Ma la Angell che lavora fianco a fianco con lui, che arresta criminali
e non ha paura di niente, non sa nemmeno come si scriva la parola imbarazzo.
All’improvviso,
in un punto imprecisato tra il pub e il palazzo dove Angell vive, la verità si
srotola davanti agli occhi di Flack come un’antica pergamena. Angell è timida.
È questa la sua natura.
Quando
risponde per le rime ai colleghi, sta cercando di consolidare la propria
immagine di sé.
Quando
evita gli inviti della squadra a unirsi a loro per un drink, è soltanto perché
non è sicura di poter reggere la messinscena tanto a lungo.
E
quando si fermano davanti all’ingresso del suo palazzo, nella luce incerta di
un lampione che sta per arrendersi, non gli domanda immediatamente di salire
perché non è nella sua natura.
Ma
Flack, adesso, capisce cose di lei che prima non riusciva nemmeno a vedere.
Senza nemmeno parlarne, Flack ha capito la vera natura di Angell. E se
chiedergli di salire da lei significa violentare la sua natura e il suo modo di
essere, Flack non è disposto ad accettarlo.
Si
stanno scambiando le solite chiacchiere di circostanza, e Flack avverte il
nervosismo di Angell. Forse vorrebbe chiedergli di salire, ma non riesce a
trovare le parole. E allora Flack – che, al contrario di lei, non è modesto per
niente – risolve le cose a modo suo. Scatta avanti e la bacia, senza darle
il tempo di fermarlo – come ha già fatto una volta, d’altronde. E mentre la
bacia, appoggia la propria mano sotto il suo giubbotto, sul fianco che,
poco più di mezz’ora prima, ha immaginato nudo.
Quando la lascia andare, non senza fatica, tutto ciò che riesce a dire è “Buonanotte, Jessica.” E anche se lei lo guarda con aria confusa, senza ben capire il perché di quel bacio improvviso, lui non si prende la briga di tornare indietro a spiegarle le proprie ragioni. La guarda sorridere e oltrepassare il portone, e quando la vede sparire su per le scale, dopo avergli riservato un breve cenno con la mano, infila le mani in tasca e sorride anche lui, trattenendosi dal prendersi a schiaffi. Tutto ciò che voleva era lì, a portata di mano. Eppure, pur di rispettare lei, e quel suo incredibile modo di essere, è disposto a limitarsi a sognare.
[1149
parole.]
Note dell’Autrice
Ispirato all’episodio
5x07, “La morte dentro” (è l’episodio in cui Flack scopre che la sorella è
un’alcolista; al termine dell’episodio, inoltre, Flack bacia Angell nel
parcheggio),
dovrebbe una specie di
seguito, per provare a dare un senso all’inizio della storia tra i due
detective.
Ok, fa schifo. Siete
liberi di lanciarmi pomodori.