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Autore: Sugar_Beet    12/06/2012    13 recensioni
A Harry Styles piace fare la conoscenza di ragazze e donne per portarsele a letto e, infine, dimenticarsele.
Finché non incontra Tess...
 
Dalla one-shot:
 
Portai le mie labbra sul suo orecchio «Perché non accetti il mio invito?» non le diedi nemmeno il tempo di rispondere che tentai di baciarla. Inaspettatamente, si scansò «Troppo facile, Styles. Scommetto che il tuo copione lo ripeti a tutte le poverette che incontri, a cui lasci il tuo numero e che, sfortunatamente per loro, non chiamerai mai. È così, o sbaglio?»
 
Non sapevo che dire. Eravamo rimasti in silenzio per tutto il tempo. Ma, ormai, ero completamente curioso di sapere qualcosa sul passato della ragazza che mi stava facendo impazzire.
“Impazzire? Nessuno fa impazzire me, sono io che faccio impazzire l’altro sesso.”
 
Mi rendo conto che è lunga.
Però, credo valga la pena dare un’occhiata.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Even a whoremonger can fall in love
 

 

 I’ve never heard a single word about you
Falling in love wasn’t my plan
I’ve never thought that I would be your lover

Come on, baby, just understand
 

 
 

Il suono della musica rimbombava incessante nel locale. Potevo benissimo percepire i bassi colpirmi il petto. Quella discoteca non era niente di particolare ma, d’altro canto, cosa potevo aspettarmi in una cittadina non molto lontana da Londra?
Il posto gremiva di persone che si strusciavano l’una sull’altra in modo indecente. Esattamente la stessa cosa che anch’io stavo facendo. Due tipe mi si erano appiccicate e io ne avevo approfittato spudoratamente. Fra le presenti, quelle due erano le meno peggio. Si poteva capire che erano ubriache dal loro alito pesante e dalla loro andata traballante.
Mentre posavano le loro mani chi sul mio petto, chi sul mio sedere, qualcosa catturò la mia attenzione. Una ragazza, appoggiata al bancone del bar con un bicchiere vuoto in mano, osservava la pista, apparentemente annoiata. Indossava un tubino nero attillato che metteva in mostra le sue curve, calze nere leggere e tacchi dello stesso colore. Ma ciò che mi colpì fu il suo viso. I capelli neri le incorniciavano il volto e la frangetta le arrivava sopra gli occhi, dei quali non riuscivo a distinguere il colore. E il suo sguardo. Serio, ma non cupo.
Intenso.
Mollai le due sanguisughe avvinghiate al mio busto e mi avvicinai a lei. Arrivatole di fronte, notai che era truccata in modo che i suoi occhi fossero messi in risalto rispetto al suo abbigliamento scuro. Ordinai da bere. Mi voltai verso di lei.
«Hey» dissi a voce molto alta per sovrastare la musica.
Lei mi guardò e sollevò un sopracciglio «Ci conosciamo?»
«No, ma potremmo approfondire» ghignai.
La ragazza mi imitò «E perché mai dovrei approfondire la conoscenza?»
«Perché se rifiutassi non sapresti cosa ti perderesti», sapevo giocare le mie carte. Ci sapevo fare. Nessuna resisteva alle mie avances. Il mio segreto era sedurre in una maniera tra il provocante e il romantico e poi piantare in asso dopo una bella e sana scopata. E lei era decisamene la mia preda. La ragazza mise in mostra un sorriso sghembo.
«Mi immagino» ribatté.
Strabuzzai gli occhi. Come osava scimmiottarmi in quel modo? Contrattaccai «Comunque, io mi chiamo Harry Styles», giocai la carta dell’innocenza. Sorrisi, mostrando le mie adorabili fossette che facevano impazzire chiunque mi capitasse a tiro e le porsi la mano. Lei la strinse «Tess Thompson» rispose con nonchalance. Poi sbuffò, posando il bicchiere vuoto sul bancone, lanciò un ultimo sguardo alla pista e tornò a fissarmi «È stato un piacere Harry. Alla prossima»
Ci misi due minuti buoni per realizzare. Se ne stava andando? Senza aver avuto un minimo di contatto fisico col sottoscritto? Era il caso di passare all’azione «Non ti va di ballare?»
Fece spallucce «No, il dj a quanto pare non è capace di mixare una canzone decente. E poi non ho l’accompagnatore» concluse affilando lo sguardo e puntandolo nei miei occhi. Dio, com’era sexy. Mi misi di fronte a lei che si era nuovamente appoggiata al bancone con la schiena. Mi avvicinai pericolosamente, mettendo le mani sulle sue spalle. Portai le mie labbra sul suo orecchio «Perché non accetti il mio invito?» non le diedi nemmeno il tempo di rispondere che tentai di baciarla. Inaspettatamente, si scansò «Troppo facile, Styles. Scommetto che il tuo copione lo ripeti a tutte le poverette che incontri, a cui lasci il tuo numero e che, sfortunatamente per loro, non chiamerai mai. È così, o sbaglio?»
Merda«E cosa te lo fa pensare?» non sarei stato io quello a cedere, anche se lei aveva perfettamente capito a che gioco stessi giocando.
«Vediamo... ti ho notato prima, con quelle due. Non erano il tuo tipo. O forse sì. Sai, credo proprio che tu non abbia un tipo, vanno tutte bene. O no?» basta, stavo perdendo la pazienza.
«Beh, se proprio te ne vuoi andare, almeno lascia che ti dia il mio numero» mi avrebbe richiamato, ne ero sicuro.
«Come vuoi.»
Le scrissi una sequenza di numeri sul polso. Lei lo guardò con aria di sufficienza.
«Addio, Styles»
Rimasi un attimo a fissarla mentre ancheggiava verso l’uscita. Lo faceva in modo unico, quasi naturale. Non era niente di studiato. Quando sparì dalla mia vista dissi, come se lei potesse sentirmi «Non hai ancora vinto Thompson. Chiamerai prima ancora di essertene resa conto»
 
 
 
 
 
Erano passate due settimane. E lei non aveva chiamato. Ovviamente non ero rimasto a mani vuote. Avevo sedotto altre ragazze che poi avevo scaricato, solita storia. Ma lei non dava segni di vita. Cosa aveva di così speciale da non cadere ai miei piedi?
Il fatto è che non sopporti perdere, Hazza, aveva detto uno dei miei migliori amici. Ma io non perdevo mai. Era venerdì sera. Volevo uscire, ma, sfortunatamente, mi ritrovai in quella discoteca dalla musica di serie b. Non mi misi nemmeno a ballare, diverse ragazze si erano avvicinate, ma nessuna di loro mi interessava particolarmente.
Tutt’a un tratto udii, sebbene smorzati dalla confusione del locale, uno strillo, seguito da un urlo di rabbia. Provenivano entrambi dal bagno delle signore. Mi diressi verso le toilette, incuriosito. Di nuovo quei rumori, seguiti però da... un singhiozzo?
Spalancai la porta e non potei credere ai miei occhi: Tess, con la gonna del vestito strappata, il trucco colato per le lacrime e una guancia arrossata. Di fronte a lei un uomo sulla trentina che la teneva stretta per un braccio.
«Lasciami» sibilò Tess.
«Oh no, dolcezza. Finché non avrò finito, tu non ti muoverai da qui, è chiaro?» ribatté lui, portando la sua mano sulla zip del top della ragazza. Lei si scostò.
«Su, da brava. Non sentirai niente. Sarà veloce e indolore» deglutii. Stavo assistendo a uno stupro? Dovevo fermare quello scempio.
«Lasciala» sentii la mia voce parlare. I due, che non si erano accorti di me, si voltarono. Lui, furente, lei, sorpresa, quasi grata che fossi intervenuto.
«Cosa hai detto?» ringhiò la canaglia.
«Lasciala» non mi faceva paura.
«Altrimenti?»
«Altrimenti chiamerò la polizia. A te la scelta. O la lasci andare e la passi liscia, o finirai in gattabuia per un po’. Non è poi così difficile»
L’uomo non dava segni di cedimento. Estrassi il cellulare dalla tasca «Okay, l’hai voluto tu»
Mentre componevo il numero, lo pseudo violentatore mollò la presa e uscì dal bagno a grandi falcate. Premetti la cornetta rossa sullo schermo touchscreen. Alzai lo sguardo. Tess era ancora lì, tremante e con gli occhi persi nel vuoto. Le tesi un mano. Lei l’afferrò e, senza preavviso, si buttò sul mio petto schiacciandocisi contro. La strinsi tra le mie braccia.
«Andiamo, ti porto a casa»
Lei annuì.
La condussi verso la mia macchina. Appena si fu accomodata sul sedile del passeggero, mi misi alla guida. Prima di mettere in moto, le porsi un fazzoletto con il quale si pulì i resti di mascara sulle guance.
«Grazie...» mormorò.
Imboccai l’autostrada a tutta velocità. Non ero certo famoso per rispettare il codice della strada. Inoltre, ero infuriato col tipo che aveva tentato di stuprare Tess. Ma con che coraggio l’avrebbe fatto?
«Se continui così ci schianteremo da qualche parte»
Sussultai sentendo la sua voce. Era rimasta in silenzio tutto il tempo. Ghignai.
«Tranquilla, sono sobrissimo e vado sempre a questa velocità. Non ci succederà niente» le risposi.      «Casa mia è nella direzione opposta»
«Non crederai che ti lasci sola a casa» sbottai.
Vidi Tess boccheggiare «E chi ti avrebbe dato tutta questa confidenza, Styles? Magari i miei genitori mi stanno aspettando a casa»
Giusta supposizione, Thompson. Così le domandai «I tuoi genitori ti aspettano a casa?»
«Fortunatamente per te, vivo da sola. Ma, comunque, non sei costretto ad ospitarmi, so cavarmela benissimo anche senza di te»
«Non mi sento obbligato. E, comunque, non è una questione di confidenza. Ho sentito voci riguardo alcuni ladri nella zona che sarebbero disposti a comportarsi come quel bastardo in discoteca»
Il silenzio ci avvolse.
«Sono stata proprio una stupida»
«A cosa ti riferisci?» non riuscivo a comprendere ciò che intendeva.
«Mi si è avvicinato in modo garbato, mi ha offerto da bere, e io ho gentilmente rifiutato» ci misi un attimo a capire che parlava dell’uomo che l’aveva quasi violentata.
«Poi, dopo un mio ennesimo “no” ai suoi innumerevoli inviti a ballare, mi ha stretta per un braccio e mi ha trascinata nel bagno»
«Non sei costretta a parlarne» tentai di interromperla.
«Già, forse hai ragione» replicò.
«Tu mi stai dicendo che avresti torto?» finsi un tono meravigliato.
«Non sei divertente. E comunque, sì, ho torto. Non mi va di rivivere l’esperienza, se così si può definire, con quel maniaco»
Senza pensare, cominciai a carezzarle le dita della mano che lei aveva distrattamente poggiato sul cambio, come a rassicurarla. La sentii sospirare.
«Siamo arrivati» la informai, imboccando il vialetto di fronte casa mia. Parcheggiai la macchina nello spiazzo a lato dell’abitazione.
«Però, è molto grande» Tess era rimasta colpita da ciò che aveva visto.
«I miei genitori me l’hanno comprata come regalo per il diploma lasciandomi venire a vivere qui a Londra»
«Quindi hai diciotto anni?»
«Sì»
«Uhm, ne dimostri di meno»
Sorrisi beffardo «Deve essere il mio visetto angelico» proferii, mentre infilavo la chiave nella serratura e aprivo la porta.
Tess sogghignò «Come no,» disse «comunque, non mi sembri affatto uno che sente la crisi economica»
«Mia madre e mio padre  sono entrambi avvocati. In realtà non siamo ricchissimi, ma, ogni tanto, cose di questo genere ce le possiamo permettere» allusi alla casa.
«Anche tu hai la mia età?»
Tess annuì.
«E come mai vivi da sola?»
«Lunga storia. Magari un giorno te la racconterò»
Ispezionò per un po’ il salotto, quando mi chiese «Hai qualcosa da farmi indossare per dormire? Il vestitino non è proprio adatto...» riflettei un attimo.
«Aspetta qui» mi avviai nella stanza guardaroba e afferrai una vecchia tuta da jogging. Tornai da Tess e gliela porsi.
«Ti starà un po’ grande, ma è molto comoda»
«Grazie»
«Per cambiarti puoi usare il bagno, l’ultima porta a sinistra di quel corridoio» Tess fece sì con la testa e, col pigiama improvvisato in mano, si avviò verso dove le avevo indicato. Io, intanto, salii le scale dirigendomi verso la mia stanza. Solitamente dormivo in boxer o nudo, ma non mi sembrava assolutamente il caso in quel momento. Optai per una tuta, simile a quella che avevo dato alla mia ospite. Mentre me la infilavo, rimuginai su come era trascorsa la serata. Non sapevo nemmeno il perché della mia offerta di farle passare la notte qui, era stata una decisione presa senza pensare, non l’avevo mai fatto in vita mia. C’era qualcosa che mi attraeva particolarmente in lei. Ovviamente, non era solo il suo fisico snello e slanciato. Sembrava fosse avvolta da un alone di mistero. Anche prima, quando non mi aveva voluto spiegare come mai vivesse da sola, pareva volesse nascondere qualcosa. Non che fossi un ficcanaso, la mia era solo curiosità. Appena finii di cambiarmi, scesi le scale e tornai al piano di sotto.
«Dato che ero in bagno, ne ho approfittato e ho fatto la doccia. Non ti dispiace, vero?» mi voltai verso Tess. Aveva la maglia che le arrivava leggermente sopra al ginocchio e il pantalone con gli orli più volte arrotolati alle caviglie. Sembrava un puffo versione ingrandita.
«No, non ti preoccupare, immagino che ne avessi bisogno»
«Già»
Mi fermai per un attimo a fissare il suo viso. Era senza trucco, la carnagione pallida contrastata dalle sopracciglia e gli occhi scuri che non erano contornati da ombretto o matita nera. Acqua e sapone. Non seppi perché, ma pensai che fosse bellissima anche così.
«Sei più carina con la faccia non impiastricciata»
Tess assunse un’espressione stranita «Grazie... senti, è comodo il divano?»
«Sicura di non volere un letto?» mi guardò con fare interrogativo.
«Cioè, io dormirei sul divano e tu nel letto. Non possiedo una stanza per gli ospiti»
«No, il sofà andrà benissimo, c’è persino una coperta. Non ti preoccupare, so accontentarmi»
«Se lo dici tu... allora, buonanotte»
«’Notte, Harry» mi lasciò un bacio sulla guancia. Quel gesto non me lo sarei mai aspettato da lei. Tornai in camera mia e mi infilai sotto le coperte, cercando di non pensare allo strano carattere di Tess.
 
 
 
 
Un grido di terrore mi svegliò nel cuore della notte. Sobbalzai nel letto e velocemente e, cercando di non fare rumore, mi infilai le pantofole e mi avviai verso le scale, pronto ad affrontare un qualsiasi malintenzionato. Quando arrivai nel salotto, mi preparai per uno scontro, ma trovai solo Tess, seduta sul divano, la fonte imperlata di sudore con un’espressione impaurita sul volto impallidito. Mi avvicinai lentamente per non spaventarla.
«Tutto bene?» lei si voltò verso di me, scrutandomi con quegli occhi profondi.
«Era solo un incubo. Solo un incubo» sembrava dovesse convincere più se stessa, che me.
«Ti va di parlarne?»
Sussultò «No, ti prego, non chiedermelo. Era davvero orribile. Adesso va tutto bene» respirò profondamente.
Le passai una mano sulla schiena e feci per alzarmi, ma sentii le sue dita afferrarmi il polso.
«Harry, non... non te ne andare, non ce la faccio a stare da sola» deglutì.
Temevo di fare una domanda azzardata, ma tentai comunque «Mi staresti chiedendo se puoi dormire... con me?»
Annuì «Lo so che, in genere, tutte quelle poverine che ti porti a casa vogliono più di una semplice dormita. Ma se chiudo gli occhi vedo quello che ho sognato e non prenderò mai sonno»
«Sicura che non me ne vuoi parlare?» annuì nuovamente «Okay»
La portai in camera mia e le feci spazio sul materasso a due piazze «Destra o sinistra?» chiesi.
«Fa lo stesso. Mettiti dove stavi dormendo prima»
Mi adagiai sul letto, invitandola a imitarmi. Si stese accanto a me e si girò su un fianco, dandomi le spalle.
«Buonanotte, Styles»
«’Notte, Thompson»
Le circondai i fianchi con un braccio. La sentii irrigidirsi «Che diamine stai facendo?»
«Scusa, è inevitabile. Quando dormo con qualcuno ho bisogno di abbracciarlo»
«Oh, che tenero» mi schernì «Togli subito quel braccio» il suo tono era alquanto minaccioso.
«Andiamo, Tess. Ti ho salvata, ti ho ospitato e sei nel mio letto senza fare niente. Che ti costa sopportare un vizio che non mi posso togliere?»
Sbuffò «Okay, ma è troppo in basso»
Spostai il braccio per poi poggiarlo nuovamente, questa volta poco più sotto del suo seno.
«Troppo in alto»
Infine, lo posizionai sul suo ventre «Qui va bene?»
«Perfetto. Adesso dormi»
«E il bacio della buonanotte?» non ricevetti risposta. Percepii il suo respiro regolare, segno che si era addormentata. Chiusi gli occhi e, dopo qualche istante, caddi in un sonno profondo.
 
 
 
 
Il mattino seguente, mi svegliai di soprassalto al suono del cellulare. Afferrai l’iPhone e schiacciai l’opzione “accetta la chiamata”. Sbuffai, lanciando il telefonino in una parte indefinita della stanza, era solo una promozione. Improvvisamente, mi ricordai che non ero solo in quel letto. Temendo di aver svegliato Tess a causa della suoneria e il mio muovermi troppo, abbassai il capo verso di lei. Dormiva beatamente, il petto si alzava e si abbassava regolarmente. Le scostai una ciocca di capelli dalla faccia. Mi morsi il labbro soffocando una risatina, constatando che la sua espressione era corrucciata persino mentre stava dormendo. Mi soffermai sul suo volto e sul suo corpo. C’era una sorta di armonia in lei, nel suo fisico privo di vestitini che la rendevano più sensuale, ma, invece, avvolto nell’enorme tuta. Non sembrava affatto la ragazza sfacciata che avevo conosciuto due settimane prima, era così indifesa, vulnerabile. Nemmeno la sera precedente mi era sembrata così. Nonostante avesse avuto paura, avrebbe potuto tranquillamente tenere testa a quel bastardo.
Era così bella.
Quel pensiero mi fece seriamente incupire, e non poco. Ogni volta dopo aver fatto sesso – perché non c’era nient’altro che il sesso nella mia vita, non, di certo, amore – non mi mettevo a contemplare la ragazza, o la donna, che giaceva di fianco a me. Niente “coccole pre o post rapporto”, no. Il tempo di farle i complimenti per la prestazione, e poi, subito dimenticata. E non mi sentivo affatto uno stronzo, al mondo ce n’erano miliardi di persone come me. Inoltre, la maggior parte delle mie conquiste sapeva benissimo che era una solo scopata, niente di più, niente di meno.
«Hai finito di fissarmi? Mi stai mettendo in soggezione» Tess era completamente sveglia, gli occhi profondi puntati nei miei.
«Oh, sì, scusa. Dormito bene?» tentai di cambiare discorso.
«Sì, grazie. Che ore sono?»
Ci ero riuscito «Mmh, le dieci e mezza»
«Cavolo, è tardissimo» sospirò.
La osservai alzarsi dal letto svogliatamente e dirigersi verso il bagno.
«Perché, a che ora ti svegli, di solito?» domandai alzando la voce in modo che mi sentisse chiaramente.
«Otto e mezzo»
Spalancai gli occhi «Così presto?»
«Non mi piace perdere la mattinata. E poi, è un’abitudine»
Mentre stava dicendo tutto ciò, uscì dal bagno con solo un lungo asciugamano che la copriva dal seno fino a metà coscia.
«Hey, mi hai sentita?»
Deglutii. No che non l’avevo sentita. Con quella visione l’ultima cosa a cui pensavo di fare era ascoltarla.
«N-no... potresti ripetere?»
Sbuffò «Ti ho chiesto se hai un’altra tuta da prestarmi. Ho ancora il vestito di ieri, ricordi?»
Scossi la testa, come a riprendermi dallo stato di trance in cui ero caduto. Mi misi a riflettere e ricordai che mia sorella aveva lasciato un paio di pantaloni di jeans e una canotta.
«Aspetta qui» feci.
Andai a prenderle il necessario per cambiarsi.
«Ecco» dissi consegnandole il completo.
In meno di dieci minuti fu di nuovo di fronte a me con addosso i vestiti di mia sorella.
«E quelle sneakers?» chiesi, notando che non le avevo prestato nessun paio di scarpe.
«Le porto sempre con me nella borsa. Non si sa mai, ancora i tacchi mi facessero male...»
«Ah...» mormorai. «Non fai colazione?» le domandai.
«Non ne ho il tempo, adesso » piegò il vestito della sera precedente e lo ripose nella borsa.
«Vorresti dire che devi andare?» chiesi perplesso.
«Mi dispiace, non posso trattenermi oltre»
Si avviò al piano inferiore quasi correndo, seguita da me ancora intontito per la dormita.
Ci fermammo davanti all’ingresso di casa mia.
«Allora...» cominciai.
«Allora...» ripeté Tess.
«Grazie per stanotte. Ti farò riavere i vestiti»
«Okay» le sorrisi.
Uscì di corsa dirigendosi alla fermata dell’autobus che stava arrivando proprio in quel momento.
Chiusi la porta.
Sbuffai.
Era la prima volta in tutta la mia vita che una ragazza era venuta a casa mia e io non avevo avuto nessuna forma di contatto con lei. Dovevo assolutamente rifarmi, ero in astinenza.
Tornai in camera mia e cercai sulla rubrica del cellulare i numeri di alcune delle ragazze con cui avevo avuto “avventure occasionali”.
Già sapevo, però, che non mi avrebbero soddisfatto abbastanza, non perché non fossero brave.
Perché io volevo lei.
Volevo Tess.
 
 
 
 
«Così tu ci staresti rendendo partecipi della prima volta che... vai in bianco?»
La battuta di Niall fece scaturire le risate dei miei amici.
«Ragazzi, non preoccupatevi, cederà» ribattei.
«L’auto convincimento funziona sempre» mi prese in giro Liam.
«Oh, piantatela!» esclamai.
«Come sei sexy quando ti arrabbi!» proruppe Louis simulando un ruggito.
«Beh, ti rimane sempre Louis, nel caso non funzionasse con questa Tess» proferì Zayn.
Sbuffai.
Sentii il telefono vibrare mentre gli altri sghignazzavano. Un messaggio. Spalancai gli occhi: il mittente era Tess.

 

 
       Ti ho riportato i vestiti e li ho messi in un sacchetto davanti la porta di casa tua.
Grazie ancora,
Tess,  xx 
        


«Ragazzi, devo andare» asserii.
«Uh, appuntamento galante?»
«Più o meno, Niall. Ciao, ragazzi»
Non diedi loro nemmeno il tempo per salutarmi che subito fui in macchina a sfrecciare verso casa mia. Non sapevo quello che volevo fare, ma era come se quel messaggio mi avesse fatto venire la voglia di... vederla.
Che mi sta succedendo?
Non reagivo mai così per una ragazza. Che speravo di fare? Trovarmela sotto la soglia di casa?
Per l’appunto, appena arrivai alla mia abitazione, constatai solo che era presente il sacchettino con i jeans e la canotta prestati a Tess. Lo raccolsi ed entrai in casa.
Perlustrai il frigo. Non c’era niente. Sospirai, dovevo andare assolutamente a fare la spesa.
Mi diressi dal primo Tesco che trovai e vi entrai, senza una meta precisa. Percorsi tutti i reparti trascinandomi il carrello che diventava sempre più pesante, riempiendolo di tutti i generi alimentari. Arrivato alla cassa, cominciai a posare la spesa sul nastro trasportatore.

Davanti a me, una figura familiare stava cercando di pagare.
«Signorina mi dispiace, la sua carta non è valida»
«Che significa non è valida?»
Quella voce... non era possibile.
Mi schiarii la gola «Tess?»
La ragazza si voltò. Sì, era proprio lei.
Mi fissò stupita «Styles? Che ci fai qui?»
«Faccio la spesa?»
«Oh, sì, giusto» sbatté le palpebre velocemente.
Mi diede di nuovo le spalle e si rivolse alla cassiera «Sicura che non sia valida?»
La donna annuì.
«Va bene» Tess prese il portafogli e tirò fuori qualche banconota.
«Grazie, arrivederci» sorrise alla cassiera.
Pagai velocemente la spesa e raggiunsi Tess prima che uscisse dal supermercato.
Le posai una mano sulla spalla.
«Che fai, mi perseguiti?» ridacchiò, ma c’era una punta di stizza nella sua voce.
«Aspetta, almeno dammi la possibilità di accompagnarti» feci col fiatone, a causa della corsa.
«O-Okay»
Durante il tragitto non proferimmo parola, finché non le chiesi «Hai un fratellino?»
Mi guardò confusa «Come?»
«Ho notato che hai comprato pannolini e omogeneizzati e ho pensato...»
«Oh, no» mi interruppe «Sono per i bambini dell’asilo dove lavoro» s’incupì.
«Ho detto qualcosa che non va?» feci.
Scosse la testa.
Arrivammo alla nostre auto.
«Alla prossima»
Stava aprendo la portiera, quando la bloccai.
«Che c’è?»
Non poteva andarsene. Volevo aumentare gli attimi da passare con lei quella giornata.
«Che ne diresti se... ti facessi compagnia mentre lavori?»
Assunse un’espressione riflessiva.
«Sei strano, Styles. Ma capiti proprio a fagiolo. Una mai collega si è ammalata e ho bisogno di aiuto»
No, non va bene.
Io volevo stare con lei, non badare a dei marmocchi.
«Non ci so fare con i bambini»
«Oh, ma non devi saperci fare, devi solo starmi dietro»
Lo faccio già.
Ma che diavolo stavo pensando?
«O così, o niente. A te la scelta, Styles»
Sospirai. Se quello era l’unico modo per stare insieme...
«Accetto»
Sorrise «Bene»
 
 
 
 
Arrivati a destinazione, scendemmo dalla nostre auto e ci recammo all’interno dell’asilo.
Un’orda di bambini dai tre ai cinque anni ci travolse.
«Tess!» strillarono in coro.
Subito dopo, ci invase il silenzio. I piccolini mi fissavano, curiosi.
«Ho portato un amico, siete contenti?»
I presenti gridarono di gioia, alcuni di loro si fiondarono su di me.
«Buon lavoro» Tess mi strizzò l’occhio.
I bambini cominciavano a strattonarmi da una parte all’altra, mentre Tess se la cavava egregiamente.
Sarebbe stato un incubo.
 
 
 
 
«Harry, ti posso dare un bacio?»
Una testa piena di boccoli biondi e dagli occhi più azzurri che avessi mai visto, era ai miei piedi e mi sorrideva.
«Certo, piccolina» la sollevai e posò e sue labbra sulla mia guancia. Dopotutto, i marmocchi non erano quelle pesti che credevo.
«Non è un po’ troppo grande per te, Michelle?» chiese Tess.
«Ma io sono grande»
Tess gonfiò le guance e mise su un’espressione alquanto buffa «Vorresti dire che sono vecchia?»
La bambina annuì.
«Allora, se la metti così...» la prese dalle mie braccia e cominciò a farle il solletico, facendola roteare in aria.
Sorrisi al vedere quella scena. Erano belle. E Tess era così materna. Non me lo sarei mai aspettato dalla ragazza sfacciata che avevo conosciuto in discoteca.
«Oh, ecco tua zia»
Una donna sulla quarantina si avvicinò a Michelle, le prese la mano e ringraziò Tess.
La bambina, però, si voltò e si avvicinò di nuovo alla ragazza.
«Che succede, Michelle?» domandarono in coro lei e la zia della bambina.
«Tess, è vero che la mia mamma e il mio papà mi guardano da lassù?» alzò il ditino puntandolo verso l’alto.
«Certo, tesoro. Ricordati, ti vorranno sempre bene» Tess era arrossita e riuscivo a notare con quanta difficoltà pronunciava quelle parole.
Che mi nascondi?
«E ci sono anche i tuoi genitori, lassù?»
Tess annuì, gli occhi le diventarono improvvisamente lucidi.
Aspettate un momento. Tess era orfana?
Michelle e sua zia se ne andarono lasciandomi da solo con Tess.
«Ti va uno spuntino?» le proposi.
«Sì, grazie»
 
 
 
 
Seduti al tavolino nel cortile di fronte all’asilo, osservavo Tess mangiare uno dei tramezzini che avevo comprato e i bambini giocare nel prato.
Non sapevo che dire. Eravamo rimasti in silenzio per tutto il tempo. Ma, ormai, ero completamente curioso di sapere qualcosa sul passato della ragazza che mi stava facendo impazzire.
Impazzire? Nessuno fa impazzire me, sono io che faccio impazzire l’altro sesso.
Era l’astinenza a farmi pensare così, sicuramente.
«Tess, i tuoi genitori sono...» lasciai in sospeso la frase.
Lei prese un bel respiro.
«Ti ricordi l’incubo che ho avuto l’altra sera, a casa tua?»
Feci di sì col capo, aspettando che lei continuasse.
«Quando avevo quindici anni, ebbi un incidente stradale con i miei genitori. Stavamo tornando da una cena di amici di famiglia, quando... un camion ci è venuto addosso»
Una lacrima le rigò il viso. Avvicinai la mano per asciugargliela, ma lei si scostò. Mi ritrassi, stranito dal suo comportamento.
«L’incidente era l’incubo. Mi succede, ogni tanto, di rivivere quel momento. Inoltre, quella sera avevo anche rischiato di essere stuprata, diciamo che ha contribuito»
Era sul punto di singhiozzare. Tentai di nuovo di avvicinarmi a lei. Questa volta, non oppose resistenza. Le accarezzai la nuca dolcemente. Lei chiuse gli occhi.
«Che è successo dopo?» volevo sapere, ma non per farle del male. Era giusto che si sfogasse. Non era un gesto romantico, per conquistarla. Era un gesto da amico.
«I miei zii mi hanno presa in custodia. Ho finito le superiori e, dopo il diploma, sono andata a vivere da sola. Ho trovato subito lavoro qui anche se lo stipendio non è uno dei migliori. Volevo voltare pagina. A quanto pare, però, è più difficile di quanto sembri»
La mia mano era intrecciata ai suoi capelli sciolti che le sfioravano le spalle.
«Hai avuto storie?»
Ma i fatti miei?
«Sì, sono stata con qualcuno, ma niente di serio»
Sentii una morsa alla bocca dello stomaco. Ero geloso? Fui, però, rincuorato dal fatto di sapere che non c’era stato nessuno di importante.
«Nessuno voleva stare con la “povera orfanella”. E, comunque, non ho bisogno della tua compassione» si alzò camminando verso il giardino, fermandosi vicino alle altalene. La raggiunsi.
«La mia non è compassione,» dissi «voglio solo darti una mano»
Sembrò riflettere sulle mie parole. Dopo una breve pausa, proferì «Sì, forse hai ragione. Di nuovo»
Restammo a guardare i bambini rincorrersi, fino a quando Tess non disse che il suo turno era finito.
«Che ti va di fare?» le domandai.
«Non lo so, ma non voglio tornare a casa, non adesso, almeno»
«Passeggiata a Hyde Park?»
«Andata» sorrise.
Prendemmo le nostre auto e ci recammo al centro di Londra. Era un giorno infrasettimanale, perciò non c’era molto traffico. Parcheggiammo non troppo lontano dal parco e ci incamminammo lungo la Serpentine.
Gli occhi di Tess erano leggermente arrossati, ma non c’era alcun segno di pianto. Aveva solo bisogno di parlare con qualcuno, il momento di tristezza le era completamente passato.
Mentre camminavamo in silenzio lungo il corso del fiumiciattolo, mi venne in mente una pazzia, giusto per distrarla. Poggiai entrambe le mani sul suo braccio e la spinsi in acqua.
Quando riemerse aveva uno sguardo furente «Harry, ma sei impazzito?» gridò «Fa un freddo cane!»
«Andiamo, è il ventotto di maggio, sei l’unica ad avere una felpa e un jeans!» ribattei.
A quel punto, Tess, disse, con tono allarmato, agitando le braccia «Aiutami, non so nuotare!»
Se non l’avessi aiutata subito sarebbe sicuramente affogata. Le allungai una mano che lei afferrò, però, invece di aggrapparcisi e aspettare che la tirassi fuori dalla Serpentine, mi tirò verso di lei facendo finire anche me in acqua.
«Tu sai nuotare benissimo, vero?» chiesi, una volta con la testa al di sopra della superficie.
«Una volta ho anche vinto una gara, sai?»
Strinsi gli occhi riducendoli a due fessure «Questo non dovevi farlo»
In un attimo, Tess fece pressione con le braccia sul terreno, si tirò fuori dal fiume e cominciò a correre, inseguita da me. Non essendo poi così veloce, le afferrai quasi subito il braccio, attirandola verso di me. Per la velocità del gesto e per la corsa, cademmo entrambi a terra rotolandoci, finché non ci fermammo.
Lei sopra di me e io sotto di lei.
Le nostre risate si interruppero e furono sostituite da sguardi imbarazzati.
Le alzai il mento con due dita, facendo incontrare i nostri occhi. Il verde che si mescolava al nero.
Sentivo il suo respiro sul mio collo. Le punte dei nostri nasi si toccavano.
In quel momento, non pensai al fatto di sedurla, al fatto che, fino a un attimo prima, mi aveva confessato l’episodio più brutto della sua vita, non pensai a niente.
Permisi solo l’incontro tra le nostre labbra.
All’inizio, Tess era rigida, quasi volesse rimanere indifferente. Ma resistette pochi secondi, prima di abbandonarsi al bacio.
Volevo trasformarlo in qualcosa di più intenso, così dischiusi la bocca tracciando il contorno delle sue labbra con la lingua, fino a incontrare la sua, cominciando un gioco irrefrenabile che sembrava durare attimi infiniti.
Il mio cuore batteva all’impazzata. In me, la consapevolezza che lei era molto di più di una delle tante con cui andavo solo a letto, si fece spazio prepotentemente, inondandomi di una felicità mai provata.
Ci staccammo. Avevamo entrambi il fiato corto. Io sorridevo. Tess, invece, si mordicchiava l’interno della guancia nervosamente. Eravamo ancora l’una sopra l’altro.
Dovevo dirglielo. Dovevo dirle ciò che provavo per lei.
«Tess, io... credo di essere... innamorato di te»
Lei si alzò velocemente, allontanandosi da me.
«Dove stai andando?» la seguii, cercando di starle al passo.
«Sarebbe meglio che io e te non ci vedessimo più»
«C-come? Scusa, perché?»
Si fermò improvvisamente. Eravamo giunti al parcheggio.
«Non ricambio i tuoi sentimenti» mormorò.
«Non ne sei così sicura»
Mi fulminò con lo sguardo «Ah, no? Credi che non ne sia sicura? Bene, sai quanti hanno fatto così come te? Sai quanti mi hanno piantata perché si erano stufati? Non ci casco più»
Sbuffai «Ti giuro che sono sincero. Non faccio che pensare a te, a come tu sia diversa dalle altre. All’inizio era nata come una sfida, lo ammetto. Com’era possibile che tu non cadessi ai miei piedi?
Poi, ho imparato a conoscerti e ho scoperto che sei fragile e insicura. Ma, soprattutto, che hai bisogno di qualcuno che ti capisca e che non ti abbandoni»
Roteò gli occhi «Complimenti, belle parole. Cosa sarei, un povero cucciolo indifeso che ha bisogno di coccole?»
«Credimi, non ti sto prendendo in giro»
Si mise a braccia conserte «Okay. Mettiamo che io possa provare qualcosa per te. Non potrebbe funzionare. Non mi metto con uno che conosco da, sì e no, tre settimane»
Sospirai «Allora concedimi più tempo»
«Lascia perdere, fidati. Ti stancheresti, come tutti gli altri che ci hanno già provato»
Non mi diede nemmeno il tempo di ribattere, era già salita in macchina e imboccato la via del ritorno.
 
 
 
 
 
Erano trascorsi sei giorni dall’ultima conversazione tra me e Tess. Sei maledetti giorni di messaggi inviati senza ricevere risposta, di proposte di uscite fatte dagli amici e rifiutate, sei giorni che non mangiavo, né dormivo. Sul mio mento era ben visibile un principio di barbetta.
Stavo soffrendo per amore?
Si prova tutto questo quando si ama una persona che non ricambia?
Avevo fatto bene a non innamorarmi mai e a concentrarmi sul sesso. Il bello era che non desideravo più nemmeno quello. Desideravo avere quell’atto così intimo con Tess e di dargli un altro significato.
Ero seduto sul divano, in boxer, a guardare uno dei tanti programmi trasmessi dalla BBC, senza prestarci particolarmente attenzione.
Improvvisamente, ebbi un lampo di genio. Ricordai le parole di Tess.
Mettiamo che io provi qualcosa per te. C’era un tentennamento nella sua voce.
Ti stancheresti, come tutti gli altri.
E allora capii.
Lei provava esattamente ciò che provavo io. La sua era paura.
Sapevo cosa dovevo fare.
 
 
 
 
 
«Mi dispiace, Tess non c’è. Ha detto che non si sentiva molto bene»
La ragazza di fronte a me, collega di lavoro di Tess, mi aveva appena informato del fatto che non si fosse presentata all’asilo.
«Potrei avere il suo indirizzo?»
«Sei un parente?»
«Un amico. Ma è assolutamente importante, ti prego» la fissai intensamente.
Sospirò «E va bene, solo perché mi sembri un tipo con le rotelle a posto»
Mi porse un foglietto con scritto via e numero civico.
«Grazie, sono in debito» esclamai, correndo verso la porta di ingresso dell’asilo.
 
 
 
 
 
Guidavo lentamente lungo il vialetto bagnato dalla pioggia londinese.
«Numero dodici, numero dodici... eccolo!»
Scesi dalla macchina e suonai il campanello. Non rispose nessuno. Suonai più volte.
Mentre aspettavo, pensavo al sapore delle labbra di Tess e a quanto avessi voluto sentirle nuovamente sulle mie.
«Arrivo!» sentii dire, dall’altra parte della porta.
L’uscio si aprì «Desidera...»
Le parole di Tess le morirono in gola appena capì chi aveva di fronte.
«Che vuoi?»
«Per favore, lasciami entrare. Se non ti convincerò non ti darò più fastidio, promesso»
Tolse la catenina e mi face passare.
«Ascolta, so che sei innamorata di me come lo sono io di te»
«Tu non sai un bel niente»
«Sì, invece, altrimenti non avresti ricambiato il bacio. O sbaglio?»
Abbassò lo sguardo «No, non sbagli. Vuoi che te lo dica? Va bene, sono innamorata di te e lo sono da quando mi hai salvato dall’uomo che ha tentato di violentarmi» si tappò la bocca appena si rese conto di quello che aveva detto.
Ghignai, compiaciuto «Ho capito che la tua era solo paura. Non devi averne. Sono qui per restare»
Il suo volto si rilassò. Avevo centrato il punto.
«E come faccio a fidarmi?»
«Quando avevo sette anni, i miei genitori divorziarono. Fu un duro colpo per me, ero solo un bambino, avevo bisogno di una famiglia unita»
Tess rimase in silenzio, aspettando che continuassi.
«Non ha passato un bel periodo, a quell’età. Vedevo mia madre e mia sorella tristi e ce l’avevo con mio padre, perché credevo fosse colpa sua. Pensavo fosse la causa di tutte le sofferenze»
Lei, intanto, si era avvicinata a me, come per ascoltare meglio ciò che avessi da dire.
«Ma ho capito che non era così» continuai «E me ne sono reso conto conoscendoti. Quando una persona si innamora, non sceglie di chi esserlo. Lo stesso era per i miei genitori. Purtroppo, però, alcune storie durano fino alla fine, altre, invece, non resistono. Semplicemente, non c’è più quell’affetto che  prima legava quelle due persone»
Tess posò una mano sulla mia guancia, carezzandola lievemente con il pollice.
«Non ti garantisco che dureremo per sempre. Ma avremmo la fortuna di dire ci ho provato. E sarà bello anche solo il ricordo di quello c’è stato»
La ragazza sorrise «Sai, Harry, non credevo tu fossi capace di fare un discorso del genere. Mi hai sorpresa. Ero convinta tu fossi uno dei soliti puttanieri superficiali. Ammettiamolo, in parte avevo ragione»
Sorrisi alla sua affermazione.
«Ma le persone cambiano, anche in meglio, come nel tuo caso. Anche tu sei diverso. Se fossi stato come tutti gli altri, mi avresti lasciata in balia di quel bastardo oppure, chissà, ti saresti unito a lui. Ti ho raccontato della perdita dei miei genitori e tu mi hai buttata in acqua per distrarmi»
Scoppiammo a ridere. Era felice.
Era bella.
«Questo significa che...» cominciai.
«Oh, baciami, idiota» esclamò.
Le presi il viso fra le mani e l’avvicinai a me. Continuammo da dove ci eravamo interrotti quasi una settimana prima, al parco.
Le sue labbra si muovevano in sincrono con le mie, le nostre lingue ballavano senza la minima voglia di smettere. La passione si insinuava nei nostri corpi.
Mi staccai un attimo per poi riprendere baciarla, stavolta sul collo.
«Tess,» sussurrai, tra un bacio e l’altro «io... io voglio fare l’amore con te»
Tess soffocò un gemito, passandomi una mano fra i capelli «Non sai cosa significa»
Alzai lo sguardo, puntando i miei occhi nei suoi.
«Ne sei davvero convinta?»
Annuì. Capii dalla sua espressione che era solo un pretesto per capire se poteva completamente fidarsi di me.
«Allora insegnamelo tu» feci «Insegnami a fare l’amore»
A quel punto, ogni barriera che Tess si era costruita per evitare di lasciarsi andare, cedette e me ne resi conto quando i sapori delle nostre bocche si mescolarono ancora una volta.
La afferrai per le cosce, facendole circondare il mio bacino con le sue gambe.
Cercando di fare attenzione per non andare a sbattere contro qualsiasi mobile, mi recai al piano di sopra con lei in braccio, continuando a baciarci senza mai separarci.
In un attimo, ci trovammo di fronte alla porta della sua camera. Con le labbra ancora incollate alle mie, Tess aprì la maniglia, permettendoci di entrare nella stanza.
Con una mossa fulminea, ci togliemmo scarpe e calzini, poi, adagiai la ragazza di cui ero innamorato sul suo letto, facendola finire a cavalcioni su di me.
Tess cominciò a sbottonarmi la camicia con una lentezza calcolata, tanto da farmi venire la voglia di strapparmela di dosso. Ma non l’avrei fatto. Questa non era una sana scopata, no. Era molto di più. E ogni gesto, compiuto in ogni istante, era carico di significato.
La mia camicia era finita sul pavimento. Tess passò una mano sul mio petto, facendola scorrere dal torace, fino all’orlo dei pantaloni.
Un attimo dopo, fu la volta della cintura e anche i jeans vennero gettati a terra.
Con un colpo di reni invertii le posizioni, mettendomi sopra di lei gravando il mio peso sulle mani ai lati delle sue spalle e sulle mie ginocchia, per non caderle addosso.
Abbassai la lampo della sua felpa, scoprendole una canotta leggera che tolsi quasi subito di mezzo.
Slacciai la cordicella dei suoi pantaloni e anche quelli finirono per fare compagnia al resto degli indumenti sul pavimento.
Osservai suo il corpo, ancora coperto dalla biancheria intima.
«Sei bellissima...» balbettai.
Alzò il capo per baciarmi il pomo d’Adamo, il mento e, infine, la fronte.
«Tu di più» ribatté.
«Non credo proprio»
Indietreggiai e mi abbassai sul suo ventre, partii dall’ombelico lasciandole una scia di piccoli baci, facendole inarcare la schiena per il piacere. Mi fermai all’altezza del suo petto. Le calai le spalline del reggiseno e portai le mani dietro di lei per sganciarlo e lanciarlo in una parte indefinita della stanza.
Mi soffermai sul suo seno nudo. A cose normali, lo avrei violentemente stretto e riempito di morsi. Ma questo si fa nel sesso privo di sentimento. La ragazza che si ama va trattata con delicatezza, così, lo sfiorai dolcemente con le punte delle dita e vi lasciai un bacio lento e leggero.
Aveva il fiato mozzo.
Mi sollevai per permetterle di calarmi i boxer e io feci lo stesso con i suoi slip.
Poggiai la fronte sulla sua. Stavo per farle una domanda che non avevo mai posto a nessuna prima d’allora.
«Sei sicura?»
Strinse le labbra, soffocando un risata «Ho perso la verginità da un po’. E, comunque, non voglio mica lasciarti sul più bello. Siamo arrivati a questo punto, credo sia giusto continuare e andare fino in fondo»
Le baciai le labbra.
«Aspetta un attimo» sussurrai.
Mi alzai in piedi e camminai fino ai jeans estraendo poi dalla tasca un profilattico. L’aprii e me lo infilai.
Mi adagiai nuovamente su Tess, i suoi occhi si illuminarono di una nuova luce, piena di malizia e sentimento al tempo stesso. Divaricò leggermente le gambe lunghe e flessuose.
Mossi il bacino, dapprima lentamente e, dopo, con sempre più foga, facendo scaturire grida di piacere a entrambi. I nostri corpi si muovevano in sincrono, avvolti da una passione mista ad un amore appena nato, ma che sembrava fosse sempre stato lì, come ad aspettare di uscire allo scoperto.
Ci riempivamo di baci dappertutto, le nostre  mani si esploravano desiderose di scoprire come fossimo fatti l’una e l’altro.
«Harry...» ansimò tra un movimento e l’altro.
«Tess...» gemetti.
Asciugai con i polsi il sudore dalla sua fronte, i nostri respiri si fusero insieme, ancora e ancora.
Raggiungemmo l’apice insieme, scossi contemporaneamente dall’orgasmo che ci aveva colti all’improvviso, gemendo in modo incontrollato.
Mi sdraiai accanto a lei, intrecciando una mano con la sua. Mi avvicinai a Tess e posai la testa sul suo petto, all’altezza del suo cuore, che batteva all’impazzata. Come il mio, del resto.
Inspirai il suo profumo, mentre lei passava le sue labbra sui miei capelli.
«Ti amo, Tess»
Mi strinse a sé ancora di più «Ti amo anch’io, Harry»
Chiusi gli occhi per gustarmi il momento. Avevo fatto l’amore ed era stato meraviglioso. Mi sentivo come una verginella alle prese con la prima cotta, ma non ci badai più di tanto.
Percepii il brontolio dello stomaco di Tess.
«Mmh, fare l’amore con te mi ha fatto venire fame» borbottò.
«Hai rovinato il momento romantico, lo sai?»
Annuì. Sollevai il capo.
«Però non voglio andare subito a mangiare» disse.
«E cosa vorresti fare?»
Finse di riflettere.
«Credo che resterò abbracciata a te ancora un po’»
Posizionò la testa sotto il mio mento e si rilassò completamente tra le mie braccia. Vidi le sue palpebre calare lentamente.
«Riposa, amore mio. Al cibo penseremo poi»
La osservai mentre dormiva sul mio petto. Non mi sarei mai stancato di farlo.
E così fu per tutte le volte che facemmo l’amore e ci addormentammo insieme.
Non lo credevo possibile, ma anche un puttaniere come me si poteva innamorare.
  
 

 
 
 
 
 

 

Have a little author’s corner:
 
È la cosa più lunga che abbia mai scritto! Quindici pagine di word, commento compreso. Lo so che, in teoria, dovrei aggiornare Life unexpected, ma lavoro su questa shot da tipo un mese, perché quest’idea che mi era balenata in testa era veramente grandiosa.
I versi a inizio storia sono tratti dalla canzone This is it di Michael Jackson.
Il rating è arancione – sì, mi sono spinta oltre il giallo, so proud of myself! – e non rosso, perché anche se ho descritto un rapporto sessuale – ed è la prima volta in assoluto – non c’è un minimo di volgarità, è tutto amore, a mio parere. Inoltre, così lo potranno leggere tutti.
Lo so, oltre alla storia in corso e l’altra one-shot, anche questa è su Harry.
Premetto una cosa: adoro tutti i componenti degli One Direction e ho già in mente di scrivere qualcosa su ognuno di loro. Il fatto che abbia scelto Harry riguarda il fatto che lui mi ispira molto, perché mi riesce più facile fargli rivestire i ruoli che voglio.
Adesso mi dileguo e gradirei una recensione, anche piccola, sull’elaborato.
Spero di non essere stata volgare nel descrivere i personaggi mentre fanno l’amore.
Un bacio,
 
Lonelyness
 
Ps: Mi scuso per eventuali errori di grammatica, sintassi e battitura, ma non ho la forza di rileggere, perdonate la mia pigrizia.
Il titolo significa Anche un puttaniere si può innamorare.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

  
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