Storie originali > Horror
Ricorda la storia  |      
Autore: Shade Owl    13/06/2012    6 recensioni
In un futuro lontano, Alexis è rimasta sola in una struttura sigillata infestata di mostri assetati di sangue, nati da mutazioni causate dalla guerra. Incapace di uscire, priva di armi, braccata, la attende un compito non da poco: proteggere quegli umani che ancora dormono, in attesa di uscire dal Criosonno.
Storia partecipante al Contest "Fly To The Infinite, Because Everything Is Possible Contest (Originali)" Indetto da Luna Ginny Jackson
Genere: Horror, Science-fiction, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
NICK: Shade Owl


                                 


FANDOM: Originali
AVVERTIMENTI: Non per stomaci delicati, missing moment, incompiuta
GENERI: Horror, science-fiction, suspance
RATING: Rosso
CONTEST: Fly To The Infinite, Because Everything Is Possible
TITOLO: Corsa contro il Timer
INTRODUZIONE: In un futuro lontano, Alexis è rimasta sola in una struttura sigillata infestata di mostri assetati di sangue, nati da mutazioni causate dalla guerra. Incapace di uscire, priva di armi, braccata, la attende un compito non da poco: proteggere quegli umani che ancora dormono, in attesa di uscire dal Criosonno.
NDA: Personaggi e contesto provengono dalla mia long-fic “Salvation - Pianeta Morto”, e cronologicamente si pone circa un paio di giorni dopo gli eventi narrati in essa.


-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Devo sbrigarmi…
Aveva le orecchie piene del proprio respiro ansante, ma anche dei rumori di artigli che grattavano il metallo.
Non adesso… per favore, non adesso…
Si passò il dorso della mano sulla fronte, asciugandosi il sudore che si stava rapidamente mescolando al sangue che perdeva dai tagli (alcuni quasi chiusi) o che le era schizzato addosso.
Solo una decina di metri…
La passerella sotto di lei correva veloce, e altrettanto rapidamente si muovevano le sue gambe, ma ad ogni passo il sottile metallo di cui era fatta tremava. E le pesanti falcate dietro di lei la deformavano con sinistri cigolii.
Ancora poco…
Mise male un piede e cadde a faccia avanti, perdendo la presa sull’unità dati che stava portando. Quella rotolò per un paio di secondi, fermandosi in bilico sul bordo del passaggio. Ondeggiò per un instante. Poi scivolò.
Se Alexis avesse potuto gridare l’avrebbe fatto. Riuscì a scattare in avanti, aggrappandosi a una sbarra della sottile ringhiera con una sola mano, mentre l’altra si protendeva disperatamente verso l’oggetto squadrato che intanto precipitava di sotto.
Lo agguantò con la punta delle dita, completamente sbilanciata verso un baratro di quindici metri.
Sotto di sé vedeva il vuoto. E le creature che lo riempivano.
Sforzandosi di non guardarle contrasse ogni muscolo che aveva in corpo, da quelli della schiena a quelli del suo povero braccio. Le venne quasi un crampo, ma riuscì a tornare sulla passerella, che intanto continuava a tremare sotto i passi pesanti che la inseguivano. E che ormai stavano rallentando.
Era stremata, sentiva le membra pesanti, e non sarebbe riuscita ad alzarsi in tempo. Ansimando si mise a sedere, scacciando il terrore che la attanagliava fin nei più remoti angoli della sua mente, ed affrontò faccia a faccia la bestia.
 
Era una settimana che il suo periodo di Criosonno aveva avuto fine. Inizialmente non aveva capito cosa fosse accaduto… che la base Salvation, costruita per consentire alla gente di sopravvivere dopo la guerra, fosse diventata in realtà una tomba senza uscita.
Aveva incontrato dei superstiti, amici con cui aveva tentato di sopravvivere. Jx, con le sue battutine taglienti, e Doc, così indifferente a tutto quell’orrore… e Lirie, scontrosa eppure affidabile. E anche il loro capo, Julius.
Alcuni ce l’avevano fatta, erano usciti da lì e si erano salvati. Altri erano morti, e tutti per colpa sua.
Per questo era rimasta dentro: per riparare.
Ma adesso era sola e disarmata, davanti al mostro che l’aveva inseguita per quasi tutto il giorno. La prospettiva era quella di essere divorata viva, o in alternativa di essere scagliata di sotto, così che i simili più piccoli di quella cosa la dilaniassero. Sentiva già i richiami feroci di che provenivano dal piano inferiore.
 
Il buio sembrò dischiudersi come un portale, mentre con passi pesanti e irregolari l’enorme essere mutato copriva gli ultimi metri che ancora li separavano.
Un lungo muso lupesco le si parò davanti, arricciando le labbra secche fino a scoprire lunghe zanne sudice e scheggiate. Non aveva pelo, e il suo corpo era solo una massa glabra di bozzi e cicatrici, la pelle tesa su muscoli duri e marcati. Era pallido come un cadavere, e molto più grande di lei.
Avanzava a quattro zampe, gli occhi giallastri, privi di pupilla, fissi nel vuoto. Era cieco, ma il suo naso e le molli orecchie lunghe, quasi conigliesche, funzionavano benissimo.
Gli artigli lunghi dieci centimetri picchiettavano sul metallo della passerella, e ogni suo passo la ammaccava a causa del peso a cui era sottoposta. Cordoni bavosi gli scivolavano dalle fauci, mentre un sordo ringhio vibrante fuoriusciva dalla sua gola.
Alexis si alzò lentamente in piedi, attenta a non fare movimenti bruschi che ne provocassero uno scatto letale: a quella distanza non l’avrebbe mai schivato.
Vuoi mangiarmi, non è vero? Pensò, mentre cercava di controllare il tremito delle ginocchia. Non prima di avermi lasciata finire!
Con cautela, senza staccare gli occhi dal grosso mostro, mosse un passo indietro. Lui lanciò un latrato che la indusse a bloccarsi, in attesa. Lo vide avvicinarsi ancora, ridurre ulteriormente la distanza.
Era ad appena mezzo metro. Sentiva il suo fiato caldo e fetido solleticarle la pelle attraverso gli strappi della tuta, inondarle le narici.
Si arrischiò a indietreggiare ancora. Il lupo perse la pazienza e spiccò un balzo.
La atterrò, schiacciandola a terra con una sola zampa. Faticando a respirare per via della pressione sul petto, Alexis vide le sue lunghe zanne avvicinarsi, scoperte in una smorfia d’ira.
Si frugò nelle tasche, alla disperata ricerca di qualcosa che potesse aiutarla. L’aveva trovato giorni prima, forse era ancora…
Sì, eccolo!
Sfilò dal giubbotto il coltello a serramanico in cui si era imbattuta nella zona mensa e la piantò nell’occhio cieco del lupo.
Gli strappò un guaito di dolore, mentre scattava indietro con tanta violenza che, con un rumore disgustoso, il suo bulbo oculare usciva dall’orbita, attaccato alla lama.
Senza perdere tempo Alexis balzò in piedi e ricominciò a correre, mentre un ululato inferocito le aggrediva le orecchie. L’odore e le gocce del sangue del mostro giunsero fino alle creature sotto di lei, che presero a schiamazzare con più forza.
La passerella riprese a tremare, e questa volta con più vigore: i sostegni si stavano spezzando velocemente, riusciva a vedere i cavi di supporto, ormai vecchi e logori, sfilacciarsi a ogni passo del lupo, mentre i giunti si deformavano con poderosi gemiti di protesta.
Poi ci fu uno schianto, e il pontile cedette.
 
Mentre cadeva con tutta la passerella, Alexis spiccò un salto in avanti nel disperato tentativo di coprire gli ultimi metri che la separavano dalla postazione di comando della sala di Criogenia. Il lupo non fu altrettanto fortunato: privo della vista, non poteva compiere salti precisi come i suoi, non per aggrapparsi a qualcosa, e la sua mole non gli fu d’aiuto, visto che i cavi strappati gli si avvinghiarono addosso.
Guaendo e ringhiando al tempo stesso, quello precipitò di sotto e atterrò sopra i suoi compagni con uno schianto di ossa, metallo e membra spezzate.
E intanto, protendendo le braccia, Alexis riusciva ad aggrapparsi con le punte delle dita all’orlo della piattaforma rialzata, rimanendo sospesa nel vuoto con le gambe penzoloni.
Non ebbe bisogno di guardare giù per sapere che le creature più agili stessero cercando di raggiungerla. Sperò di essere troppo in alto anche per loro.
Le dita si stavano stancando rapidamente, non avrebbe resistito in eterno; gettò l’unità dati e il coltello oltre il bordo della piattaforma, così da avere entrambe le mani libere, e cominciò a issarsi con forza. I muscoli delle braccia protestarono, ma riuscì a portare le spalle al livello del pavimento.
Dai… Pensò mentre digrignava i denti. Ancora un piccolo sforzo…
Dopo le spalle venne il busto, e a quel punto fu al sicuro. Ricadde a pancia in giù sulla piattaforma, ansimando sfinita, e con le forze residue si mise supina. Rimase ferma lì, con le gambe che ondeggiavano appena oltre il bordo di metallo, esalando respiri rapidi e dolorosi, la gola in fiamme. Se avesse potuto, si sarebbe messa a ridere in modo isterico. Perlomeno, essere incapace di parlare le dava questo vantaggio: uno sghignazzo folle avrebbe solo peggiorato l’atmosfera.
Quando ne fu in grado si rimise in piedi, anche se le ginocchia tremavano incontrollabilmente per la fatica.
Ora disattiviamo quel dannato timer… Pensò, avanzando verso la postazione computerizzata poco più avanti.
Salvation aveva un sistema di preservazione criogenica che manteneva migliaia di persone in stato di animazione sospesa. Era stato pensato all’inizio della quarantena come misura di prevenzione, in modo tale che le scorte di cibo, di acqua e di qualsiasi altro bene di prima necessità non si esaurissero troppo in fretta, e che la loro produzione fosse sufficiente per tutti.
Molta gente era tenuta in quello stato a tempo indeterminato, ma altri che come lei facevano parte del personale essenziale seguivano un programma ciclico di sonno-veglia, in un rapporto di due a uno: due dormienti e un vigile. I mostri non aggredivano i dormienti, non amando gli ambienti freddi, e quindi tutte quelle persone sarebbero sicuramente state più al sicuro sotto ghiaccio che non andandosene in giro per quella specie di gigantesca tomba priva di vita.
Si avvicinò alla consolle principale, ancora miracolosamente in buono stato nonostante fossero ormai otto anni che quella base era stata distrutta, e attivò il controllo del sistema di animazione sospesa. Inserì il supporto dati che aveva recuperato dalla Sala Controllo Principale, scaricando così i codici di autorizzazione, e ottenne l’accesso completo a tutta la rete.
Perfetto. Pensò. Ora, il timer.
Appena ebbe avviato il programma diagnostico scoprì che tre persone si sarebbero dovute svegliare, secondo i dati, già il giorno successivo. Era arrivata appena in tempo, decisamente.
Disattivò tutti i timer, impostando ogni singola vasca su “Indeterminate”. Ora nessuno si sarebbe più svegliato, non prima dell’arrivo dei soccorsi.
Sempre che arrivino.
Fu un pensiero incontrollato, uno di quelli che ti passano per la testa senza che tu te ne accorga. Non voleva pensarlo davvero, e se avesse avuto scelta non l’avrebbe fatto. Tuttavia, ormai conosceva fin troppo bene quella situazione per farsi illusioni: la base era sigillata (lei stessa aveva chiuso l’unico accesso dall’interno), ma anche piena di mutanti assetati di sangue penetrati in quegli otto anni che era rimasta spalancata. All’esterno, benché ci fossero più possibilità di sopravvivenza e di ricevere aiuti, era pieno di quelle cose. Gli amici che aveva aiutato a scappare avrebbero potuto essere morti, ormai, e se anche avessero raggiunto un’altra Base Salvation non poteva dare per scontato che avrebbero inviato qualcuno. Forse avrebbero ritenuto la missione troppo pericolosa.
E non li avrebbe certo biasimati.
Così, a lei restava una scelta: ibernarsi ancora una volta in attesa di un aiuto che forse non sarebbe mai arrivato o lasciarsi morire.
Nel primo caso avrebbe potuto vivere, anche se bloccata nel ghiaccio e immersa in un sonno artificiale. Per contro, avrebbe dormito forse in eterno.
Se avesse scelto la seconda alternativa, invece… bhè, non doveva fare altro che decidere in che modo.
Recuperò il coltello dalla tasca in cui l’aveva riposto e lo ripulì alla bell’e meglio sui sudici pantaloni della tuta. Con quello si sarebbe potuta tagliare i polsi, e sarebbe stato di certo il modo migliore di andarsene: rapido, relativamente indolore e decoroso. Gli altri metodi ancora alla sua portata non l’attiravano particolarmente, specie quelli che coinvolgevano i mostri.
Bene, Lex… Si disse, osservando la lama d’acciaio dell’arma. Che si fa? Ghiaccio o morte?
Rimase lì a sedere per molto tempo, mentre i mostri all’esterno della sala cominciavano a ritirarsi, forse stanchi di aspettarla, forse in cerca di un altro modo per raggiungerla.
Ben presto, il silenzio si chiuse attorno a lei.
   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Horror / Vai alla pagina dell'autore: Shade Owl