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Autore: HarryJo    14/06/2012    0 recensioni
A volte me lo dimentico. A volte, quando la vita è più forte, non sembra che sia accaduto.
Ma oggi sono due anni, e un simile anniversario non si può scordare. Quel giorno rimarrà sempre un tatuaggio marchiato a fuoco nella pelle in cui sono rinchiusa.

"Closing my eyes doesn’t help. Fire burns brighter in the darkness." [Mockingjay - Suzanne Collins]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Closing my eyes doesn’t help.
Fire burns brighter in the darkness.”
- Mockingjay, Suzanne Collins.1

  

Settecentotrentuno giorni di un incendio.
 

 
 
Sono passati due anni da quando un incendio ha avvolto le mura di questa casa.
A volte me lo dimentico. A volte, quando la vita è più forte, non sembra che sia accaduto.
Ma oggi sono due anni, e un simile anniversario non si può scordare. Quel giorno rimarrà sempre un tatuaggio marchiato a fuoco nella pelle in cui sono rinchiusa.
Settecentotrentuno giorni sono tanti. Sono tanti per essere raccontati uno ad uno, per essere contati sulle dita di una mano; sono troppi.
Settecentotrentuno giorni sono pochi. Sono pochi per cancellare definitivamente il dolore e la solitudine che si prova dopo aver cambiato casa; non sono abbastanza.
Da quel giorno, sapete, ho paura del fuoco. Mi ha sempre affascinato prima, mi ricordo che pregavo mio padre di insegnarmi ad accendere la caldaia e rimanevo sempre quei due minuti buoni a guardare il fuoco prendere il sopravvento, prima di chiudere lo sportello. Quella stessa caldaia che è stata causa di tutto questo.
Ora non la guardo nemmeno più. Non la voglio più accendere, le fiamme le guardo sempre solo da lontano, con diffidenza, come se mi aspettassi sempre di vederle avvolgere ogni cosa.
Ma non sono solo loro ad essere diverse ai miei occhi.
Anche la mia casa, ora, non è più la stessa. Ho vissuto per un anno in un altro paese, in un appartamento che distava una mezz’ora di strada da dove abitavo prima. Era un bel posto dove stare, mi è sempre piaciuto, sebbene fosse un po’ piccolo ed isolato. Ma quando succedono queste cose non puoi fare a meno di pensare che sia la cosa migliore stare un po’ lontano dalla tua vita precedente.
Dopo un anno di duro lavoro, poi, siamo tornati ad abitare in questa casa, quella delle fiamme, quella dei ricordi. Ma non è più la stessa: dopo l’incendio è stato gettato tutto. I precedenti mobili, la cucina, le camere da letto; le pareti non sono più gialle, ora sono bianche, rosse, blu, verdi, a seconda della camera. Sembra quasi che abbiamo cercato di ricostruirci una vita più allegra, utilizzando i colori, i cambiamenti, le sensazioni. Ma si sa, questo rimane comunque solo l’apparenza.
I ricordi a volte sembrano essere più forti della realtà. Ogni tanto, poi, nei miei sogni, vedo ancora gli interni vecchi di questa casa. La vedo pulita, la vedo ordinata, perfetta. Ora invece ci sono molte stanze che ancora non sono state sistemate. Che ancora contengono le rovine del fuoco, che ancora hanno le pareti incrostate di nero e di dolore. Noi cerchiamo di evitarle e, quando non possiamo, ci incoraggiamo dicendo: “Presto rimetteremo a posto anche questo pezzo di casa.”
Presto.
Ogni volta che lo diciamo da una parte mi sento presa in giro – non è mai presto, è sempre troppo tardi in questi casi – mentre dall’altra mi sale un po’ di sconforto. Al pensiero di tutto il lavoro che dovremo fare, perché sì, lavoriamo noi tra quelle mura. Non tu, non un’agenzia, non loro, non voi, ma noi.
C’è chi ci ha dato una mano ogni tanto, ma solo di sfuggita e per poco tempo. Non è piacevole restare a respirare l’odore di fumo, dopotutto; capisco chi se l’è data a gambe. A volte vorrei farlo anche io: darmela a gambe, perché quell’odore non sparirà mai. Mai. Ci sono ancora alcuni vestiti che ne sono impregnati, nonostante i numerosi lavaggi. Ci perseguiterà per sempre.
Il fumo e le fiamme mi danno fastidio, sì. Mi mettono in allerta, non mi piace. Ecco cos’è cambiato, per esempio, in settecentotrentuno giorni. È aumentata la paura, la preoccupazione, la raccomandazione; è cambiato il coraggio, la fatica, la maturità; è diminuita l’innocenza, la spensieratezza, l’ingenuità.
Le fiamme ti costringono ad aprire gli occhi, non puoi tenerli serrati mentre si propagano attorno a te e rubano pezzetti della tua vita senza chiederti il permesso. Devi aprirli per cercare di reagire, per salvare il salvabile, per tentare una via di fuga prima di diventare anche tu stesso cenere.
Settecentotrentuno giorni e sono ancora qui, a ricordare. Un po’ con un sorriso triste, devo essere sincera. Anche il passato più infelice, alla fine, lo ripercorriamo sorridendo, perché siamo riusciti ad andare avanti. Seppur poco, a superare. Ad avere un sorriso tra le labbra, a non arrenderci, a credere ancora un po’ nel futuro che ci aspetta.
Settecentotrentuno giorni di un incendio. Ed io sono ancora qui.
Però ora basta con il fuoco, ne ho avuto per una vita intera.
 

I have plenty of fire myself.
What I need is the dandelion in the spring.
The bright yellow that means rebirth instead of destruction.
The promise that life can go on, no matter how bad our losses.
That it can be good again.
- Mockingjay, Suzanne Collins.2

 




Note:
1) Nella traduzione italiana: “Chiudere gli occhi non aiuta. Le fiamme bruciano più luminose nel buio.
- Il canto della rivolta, Suzanne Collins.
2) Nella traduzione italiana: “Ne ho tonnellate io stessa, di fuoco. Ciò di cui ho bisogno è il dente di leone nella primavera. Il giallo accesso che simboleggia la rinascita invece della distruzione. La promessa che la vita può andare avanti, non importa quante dure le nostre perdite. Che può ricominciare.
- Il canto della rivolta, Suzanne Collins.








{ Spazio HarryJo.
E' proprio il caso di dire che non ho niente da dire.
Erica.

 
   
 
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