Anime & Manga > D.Gray Man
Ricorda la storia  |      
Autore: mamie    14/06/2012    5 recensioni
Ok. In onore del LaviYuu festival, che ho scoperto solo oggi (non tiratemi i pomodori, vi prego ).
Come reagirebbe l'Ordine Oscuro se scoprisse la relazione fra Lavi e Yuu?
"Biancospino… “dolce speranza”, che ironia della sorte che fosse proprio quel profumo a ricordargli che ora tutto stava per finire…"
[Prima classificata al contest di Yu Kanda "Lavi & Yuu loves forever"].
[Ha partecipato al contest "L'amor che move il sole e le altre stelle di jakefan].
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Rabi/Lavi, Yu Kanda | Coppie: Rabi/Kanda
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Fiori di ciliegio'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
   
Prima classificata al contest

Lavi & Yuu: loves forever

di Yu Kanda.
Pacchetto LACRIME
Ambiente: Sala del Consiglio
Oggetti: Pugnale, Corda
Citazione: Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato, ama il tuo peccato e sarai innocente (Jim Morrison).

Canzone: It's a sin (PET SHOP BOYS) www.youtube.com/watch?feature=endscreen&NR=1&v=rf3...
Fiore: Biancospino (significato: Dolce Speranza)

Ha partecipato al contest L'amor che move il sole e l'altre stelle di jakefan.

Partecipa alla challenge Haiku, la bellezza della semplicità.

NOTA: il seguito di questa storia è di Yu Kanda e lo trovate qui: Speranza senza redenzione.  


SE I BIANCOSPINI TORNANO A FIORIRE
 
al suo termine la strada
si avvicina al profumo
dei biancospini in fiore
Yosa Buson


1. L’odore dei biancospini

Ama, ama follemente, ama più che puoi…
 
L’odore dei biancospini si sentiva anche da lì. Un odore amaro e intenso, che arrivava a folate con il primo caldo. Lavi chiudeva gli occhi e lo aspirava profondamente cercando di distinguerlo in mezzo all’odore marcio della cella, al freddo ammuffito delle pareti di pietra.
Biancospino… “dolce speranza”, che ironia della sorte che fosse proprio quel profumo a ricordargli che ora tutto stava per finire…
 
La pelle di Yu odorava di biancospini. Era la prima cosa di cui si era accorto quella notte. Yu era come un biancospino giovane, irto di aculei, contorto, inavvicinabile e tuttavia capace di far sbocciare quella meraviglia bianca come neve.
Erano finiti l’uno nelle braccia dell’altro prima ancora di capire cosa stesse succedendo. A Lavi bastava chiudere gli occhi per rivederlo ancora. La vecchia locanda, la luce fioca della candela che mandava ombre confuse, l’aria fredda che entrava dalla finestra aperta sulla notte, la stanchezza di una battaglia finita e quel residuo di rabbia e di orrore che non li lasciava riposare. Yu che si lavava nel catino, le gocce che gli scendevano sulla pelle come riflessi di pesciolini guizzanti, i capelli distesi sulla schiena come un manto scuro. Lavi li aveva toccati,  d’istinto, quasi per trovare un conforto in quella notte solitaria. Kanda si era voltato di scatto fissandolo nell’iride verde. Lavi in quel momento aveva pensato che sarebbe morto e che non gli importava di essere affettato da Mugen pur di guardare gli occhi di Kanda così da vicino. Invece l’altro, dopo averlo scrutato per un tempo lunghissimo, aveva allungato una mano e gli aveva toccato anche lui i capelli, togliendogli la fascia con un gesto lento.
Lavi aveva chiuso gli occhi e di lì in poi c’era stato solo quell’odore di biancospino e quelle mani fredde e quel corpo forte contro il suo e tutto gli era sembrato così… così incredibilmente pulito.
 
 

2. La colpa

 
When I look back upon my life
It's always with a sense of shame
I've always been the one to blame
For everything I long to do



Un suono che rimbombava fra le pareti di pietra gli fece aprire gli occhi di scatto. Catene? Una porta che si chiudeva con un tonfo pesante. Un grido lontano. Chi era che gridava? No, non Yu. Non aveva più alzato gli occhi né detto una parola da quando gli inquisitori erano venuti a prenderli. Nella sua testa rivedeva quella scena come una sorta di incubo spezzettato.
Dormivano. Lo schianto della porta che li svegliava di colpo, la sensazione di essere in trappola, corde che li legavano stringendo forte i polsi, con la cattiveria di chi vuole fare male, il lampo di un pugnale e uno schizzo di sangue, caldissimo, sulla sua pelle. Aveva urlato, chiamato il suo nome mentre li strattonavano via, mentre lo allontanavano senza pietà da lui, mentre lo trascinavano dentro quella cella buia. Aveva battuto contro la porta i polsi legati, fino a farli sanguinare: colpi sordi, disperati. Passi di animale in gabbia a girare in tondo. Dov’era? Cosa gli facevano? Perché non sentiva la sua voce? Passi di animale in gabbia e fiato di paura fino a che l’alba non aveva incominciato a rodere gli angoli del buio e a mostrargli tutta la desolazione della sua prigione. Allora si era lasciato andare sul pavimento sporco e aveva pianto.
 
 

 3. Padre, perdonami 

Father, forgive me, I tried not to do it
Turned over a new leaf, then tore right through it
Whatever you taught me, I didn't believe it
Father, you fought me, 'cause I didn't care
And I still don't understand



Ora dalla finestra sbarrata entrava una luce più dolce, forse il tramonto che si faceva strada scivolando sopra le macerie del giorno.  Anche allora c’era quella luce.
L’aveva rivisto solo al processo. Ricordava con orribile nitidezza la Sala del Consiglio gremita di tonache scure, allestita come l’aula di un tribunale, il vecchio Panda seduto in un angolo, che non l’aveva guardato mentre passava e che sembrava più vecchio di altri cent’anni, il ghigno di Lvellie impettito nella sua uniforme impeccabile. Il brusio che si era alzato quando l’avevano spinto dentro e poi lui, dall’altra parte della stanza, rigido, di quella rigidità fragile di chi deve concentrarsi solo per restare in piedi. Teneva gli occhi bassi e quando si era avvicinato li aveva alzati su di lui, solo per un attimo. Lavi si era morso le labbra per non gridare. Quegli occhi lo guardavano fiammeggianti dal volto bianco e immobile come cera: promettevano vendetta all’universo intero.
Gli avvocati dell’accusa e della difesa si alternavano parlando in toni ora striduli e irritanti, ora bassi e soporiferi.
Lavi non li ascoltava, pietrificato dall’orrore di vedere i suoi compagni chiamati alla sbarra e torturati di domande a cui non sapevano, o non volevano rispondere. 
Noise Marie balbettante, Lenalee che piangeva, Allen che arrossiva per l’imbarazzo e il dispetto.
La parte più straziante era stata quella del vecchio Bookman. Solo quando si era seduto al posto dei testimoni aveva alzato gli occhi e a guardarlo con tale desolata rassegnazione da lasciarlo senza fiato.
“Te l’avevo detto che i Bookman non devono avere un cuore” sembravano ripetere quegli occhi come un suono di campane a morto.
- Vecchio… - mormorò Lavi piano fra sé. E solo per quello, solo per quello ebbe un rimpianto.
 
 

4. E’ peccato

 
It's a, it's a, it's a, it's a sin
It's a sin
Everything I've ever done
Everything I ever do
Every place, I've ever been
Everywhere I'm going to
It's a sin



 
Lo sferragliare dietro la porta gli faceva capire che stava arrivando la sua misera cena. Una zuppa insipida o una ciotola di riso scotto o qualcosa di ugualmente triste nella gamella di ferro annerita. Lo sportellino si aprì e si richiuse in fretta, senza lasciare nemmeno vedere il volto del suo carceriere. Lavi la mise da parte. Forse più tardi gli sarebbe venuta fame e allora avrebbe apprezzato anche quella schifezza. La fame è una gran puttana, ma era meglio mantenersi in forze. I giorni interminabili passati lì dentro rendevano ridicola ogni rivendicazione di orgoglio, ogni briciola di amor proprio.
Se avessero riconosciuto il proprio peccato con vergogna, se avessero confessato di aver ceduto alla debolezza della carne, se si fossero mostrati sottomessi, contriti, pentiti… Da criminali, forse, sarebbero stati perdonati… da sognatori non c’era per loro perdono possibile.[i]
Ora erano degli appestati da allontanare perché non infettassero col loro marciume il candore ostentato dell’Ordine Oscuro.
Quando era arrivata la sentenza Lavi quasi aveva rimpianto che quelli come loro non fossero più bruciati nella pubblica piazza.
Sei anni.
Sei anni di lavori forzati. Sei anni da passare a spaccare le pietre e la propria schiena, a mangiare polvere e brodaglia. Una guardia gli aveva raccontato, compiaciuta, cosa facevano ai sodomiti appena arrivati, specialmente se erano dei bei ragazzi come lui. Pensava a quello con orrore, e con orrore ancora maggiore pensava a Kanda in mezzo a gente del genere. Si sarebbe fatto ammazzare.
“Non gli ho mai detto che lo amo” pensò, e il pensiero gli fece male.
 
 

5. Noi siamo liberi

…e se ti dicono che è peccato, ama il tuo peccato e sarai innocente.

La luce era scomparsa del tutto, sostituita dall’oscurità melmosa della cella. Eppure, da fuori, arrivava ancora a folate l’odore dei biancospini. Lavi guardava il rettangolo stretto di cielo e non dormiva. Un grillo, perso nella notte, suonava la sua musica innocente. Lavi da bambino faceva gabbiette d’erba per i grilli, per sentirli cantare accanto a sé tutta la notte, poi, al mattino, li liberava. Ora quasi capiva come dovevano sentirsi le povere bestiole prigioniere, ma a lui il mattino non avrebbe portato la libertà, solo un incubo più profondo.
Cosa stava facendo Yu? Anche lui non dormiva nella sua cella buia? Anche lui masticava rimpianti e rancore e desiderio di vendetta? Gli pareva quasi di vederlo: immobile dentro il labirinto puzzolente della prigione, gli occhi stretti come lame, ricoprirsi di un manto di silenzio per non dover ferire ancora il suo orgoglio. O forse anche lui guardava fuori nella notte, ascoltava quello stesso grillo spensierato. A cosa pensava?
Mi pensi Yu? Mi odi per quello che è successo? Stai odiando anche te stesso?... Perdonami Yu… perdonami. Ma se ti dicono che è peccato non crederci, non crederci, no. Noi siamo innocenti… noi siamo liberi…
 
 
 
Non capì come avesse fatto ad addormentarsi, lo svegliò lo sferragliare cupo della porta e l’urlo della guardia che gli gridava di alzarsi. Fuori, il cellulare era già pronto per portarlo verso un posto lontano. I cavalli neri sbuffavano irrequieti nel freddo del mattino. A fianco di quello ce n’era un altro, identico, e Lavi sussultò quando vide Kanda portato fuori a braccia. Questa volta non riuscì a trattenere il grido che gli saliva da dentro, il grido che da giorni premeva nella sua gola e che lui ogni volta ricacciava indietro.
- Yu!
Il compagno alzò la testa per un attimo. Lavi ritrovò quegli occhi che bruciavano. Parlavano solo per lui. Dicevano forte “Aspettami. Ti verrò a prendere. Non ti lascerò da solo”.
Lavi ci credeva.
Un giorno Kanda sarebbe tornato, per lui.
Ci credeva.
 
Mani brutali li cacciarono dentro.
Le porte si chiusero.
Le ruote si misero in moto prendendo strade diverse.
Lavi ci credeva.
 
E guardando tra le sbarre del finestrino riuscì a cogliere lungo la strada il lampo candido dei biancospini in fiore.
 
 
 


[i] Frase ispirata all’aforisma di Oscar Wilde (tratto da “Il critico come artista”): La società perdona spesso il criminale, ma non perdona mai il sognatore.
 
  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > D.Gray Man / Vai alla pagina dell'autore: mamie