- Honoré de Balzac.
Amarci
più di quanto sia concesso da ogni altro cuore umano,
ma non poter stare insieme. Così era scritto nel libro del
nostro triste
destino. Di questa ingiusta volontà eravamo vittime, non ci
era permesso
ribellarci a ciò che qualcuno più grande di noi
con tanta malvagità aveva
deciso.
Era una sera di mezza estate. Avevamo passato l’intera
giornata insieme cercando
di ignorare il prepotente amore segreto che ci univa. Con
l’arrivo di un temporale
ci rifugiammo nel suo appartamento. Eravamo fradici: i vestiti zuppi, i
capelli
grondanti, ma con il sorriso sulle labbra. Avevamo corso a perdifiato
sotto la
pioggia, ridendo come bambini. Preparammo una tazza di camomilla
bollente e ci
sdraiammo sul divano a riposare. Su quel vecchio sofà di
finta pelle
completamente sfondato il tempo si fermò, e il mio cuore con
esso. Cercammo di
stare lontani, ma i nostri corpi si attrassero l’uno contro
l’altro come due
calamite. Mi circondò le spalle con un braccio e io mi
accoccolai sul suo
petto; percepivo il suo respiro caldo tra i capelli e il suo cuore
palpitare
sotto la mia guancia. Mi lasciai cullare da quel battito calmo e
regolare che
mi riempì di pace e tranquillità. Volevo vivere e
assaporare pienamente ognuno di
quei magici istanti, sapevo non sarebbero più tornati.
Strinsi una delle sue
mani tra le mie: era calda e morbida come burro. Con l’altra
iniziò a
districare delicatamente i nodi tra i miei capelli ancora umidi e
arruffati;
poi lentamente scese sul mio volto, accarezzandomi le guance con una
delicatezza semidivina. Avrebbe potuto continuare per
l’eternità, fino a che il
mio cuore non avesse cessato di battere, non lo avrei mai fermato:
erano le
carezze più dolci e profonde che la mia pelle avesse mai
assaggiato; erano come
carezze d’angelo che mi conducevano direttamente in paradiso.
Strinsi ancora
più forte la sua mano tra le mie dita, non volevo lasciarla
andare. Desideravo
fermare il mondo intero in quei momenti. Se mi fosse stato chiesto di
morire in
quell’istante, fra le sue braccia, sotto le sue carezze,
avrei accettato senza
alcuna obbiezione: sarebbe stata la morte più dolce e felice
che avrei potuto
desiderare. Incrociammo i nostri occhi, facendo ardere
d’amore i nostri sguardi
l’uno dentro l’altro; ogni volta sprofondavo nelle
sue iridi, rimanevo
incantata a guardare quegli occhi che mi penetravano fino al cuore
dell’anima. Rimanemmo
a lungo a guardarci, i nostri occhi non volevano perdersi. Non
resistetti, mi
avvinai ancor più e lo abbracciai, poggiando il capo
nell’incavo della sua
spalla. Incominciò a lasciare piccoli, soffici baci sul mio
collo: sapeva li
amavo e adorava vedermi rabbrividire, chiudere gli occhi e inclinare la
testa totalmente
in balia di essi; continuò e continuò ancora,
fino a ricoprire ogni centimetro
del mio collo di baci che io amai intensamente. Mi strinse forte tra le
braccia. Socchiusi gli occhi e inspirai forte il suo dolce profumo.
Delle
lacrime pizzicanti iniziarono a fare capolino sul bordo delle mie
palpebre: sapere
di non poter far altro che abbracciarlo mi riempiva di tristezza e ira;
avrei
voluto abbandonarmi completamente a lui, a suoi baci, alle sue carezze,
desideravo urlare a pieni polmoni “Sono qui e sono tua, fai
di me ciò che
vuoi!”, ma dovevo tacere, chiudere la bocca e ingoiare
l’amaro boccone. Ricacciai
indietro le lacrime e continuai a carezzare la sua mano setosa. Uno
stormo di
rondini passò fuori dalla finestra, facendo sentire la loro
voce acuta; mi
voltai a guardarle: le avevo sempre trovate affascinanti, amavo
l’idea di
libertà e gioia che lasciavano nell’aria al loro
passaggio. Proprio in quel
momento, mentre per in un istante immaginai di poter avere le ali e
seguirle
nel loro viaggio, sentii le sue labbra poggiarsi sulla mia guancia e
poi farsi
sempre più vicine alle mie. Poggiò un timido
bacio sull’angolo della mia bocca,
ma io lo pregai con lo sguardo di non fermarsi mai, di andare avanti. E
così
seguirono tanti altri piccoli baci, delicatamente poggiati sulle
labbra, dati
quasi con timore. –Sai perché faccio
così piano quando ti bacio?- mi sussurrò.
–No, dimmi, perché?- -…Ho paura di
rovinare le tue labbra-. Il mio cuore si
sciolse in lacrime. Ne rotolò una sulla mia guancia e lui
premurosamente la
asciugò con un dolce carezza. Mi gettai al suo collo e non
riuscii più a
trattenermi: scoppiai in un disperato pianto, le lacrime si rincorrevano
una
dopo l’altra come in una cascata, il respiro divenne
così corto da non riuscire
quasi più a respirare. Mai avevo pianto tanto in vita mia.
Lui taceva, si
limitava ad accarezzarmi i capelli e a stringermi forte, ma per me era
già
tantissimo. D’un tratto si alzò, facendomi
sobbalzare, e andò al vecchio
pianoforte illuminato da un raggio di sole che penetrava dalla finestra
alle
sue spalle. Poggiò le mani sui tasti, sembrava indeciso sul
da farsi. Iniziò a
suonare delle note a caso che poi, piano piano, divennero una melodia,
la più
bella armonia che le mie orecchie avessero mai potuto udire. Era dolce,
suonata
con il cuore in mano che pulsava amore, ma al contempo era grezza,
graffiante,
arricchita da quel briciolo di aggressività caratteristico
della sua persona. Quella
musica riuscì a calmarmi. Mi asciugai il viso con i palmi e
rimasi incantata a
guardarlo suonare come una bambina davanti a uno spettacolo circense,
con gli
occhi e la bocca spalancati dallo stupore. Così concentrato
sulle note,
completamente rapito dalla magia che le sue stesse dita stavano
creando, pareva
una creatura angelica. Mai avrei potuto immaginare che su quella
melodia
avrebbe scritto una poesia e che insieme avrebbero dato vita alla mia
canzone
preferita di sempre, l’unica in grado di emozionarmi in
qualunque momento, di
strapparmi un sorriso nei momenti peggiori, di asciugarmi le lacrime
come la
prima volta che la udì, suonata unicamente per me.
In quelle ore d’amore passate insieme al mio più
grande amore racchiusi tutta
la mia vita, in quelle note era custodito il significato di ogni giorno
vissuto
senza lui.
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E' un po' (tanto) pesante, lo so. Ma sentivo il bisogno di scriverla
dopo un pomeriggio speciale con un ragazzo. Nella foto è Axl
Rose, ma all'interno del racconto non è lui. O perlomeno,
chiunque può immaginare chi vuole, per questo non l'ho
inserita nella sezione dei fictions dedicata ai Guns N' Roses :)
Spero piaccia comunque a qualcuno, altrimenti fa niente, mi
è piaciuto scriverla, è stato liberatorio ^_^