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Autore: Meahb    04/01/2007    1 recensioni
Questa è una song-fic che ho scritto tantissimo tempo fa. E' ispirata ad una canzone della radizione popolare irlandese, e cerca di raccontare cos'era Liam prima di diventare Angelus. Spero vi piaccia. Naturalmente il feedback sia in positivo che in negativo è sempre molto gradito!
Genere: Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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danny

 

AUTHOR: AmarantaB

RATING: Per tutti

PAIRINGS: Liam/Angelus e una sconosciuta ragazza irlandese.

SPOLIERS: Nessuno

NOTE:  Ascoltando la canzone ho avuto questo flash bizzarro di una donna sconosciuta che ha fatto parte della vita di Liam ma di cui nessuno conosce l’esistenza. E così ho cercato di raccontare la loro storia.

 

 

 

 

IL SILENZIO DEL DOLORE

 

 

 

 

 

In lontananza, una donna seduta su una sedia a dondolo e con in mano una chitarra, riempiva l’aria di note…

 

 

Oh Danny boy, the pipes, the pipes are calling
From glen to glen, and down the mountain side
The summer's gone, and all the flowers are dying
'Tis you, 'tis you must go and I must bide.
But come ye back when summer's in the meadow
Or when the valley's hushed and white with snow
'Tis I'll be here in sunshine or in shadow
Oh Danny boy, oh Danny boy, I love you so.

 

 

 

 

E’ notte.

Nel cielo, le stelle fastidiose tentano di illuminare il mondo sotto di loro.

Inutilmente.

Io, nemmeno le vedo.

Ricordi, dicevamo sempre di percepirle… ma ora che non ci sei, anche loro hanno perso quell’alone magico che le rivestiva.

Sono nere.

Nere come la notte.

Nere come quel sangue rappreso sulla maglia.

Nere come lo erano stati i tuoi occhi.

I tuoi occhi… il mio mondo.

Anche adesso, nonostante tutto, quando penso ai tuoi occhi il mio cuore comincia a battere più velocemente.

Bizzarro.

Quella notte, in quel vicolo sudicio e ombroso, ero stata convinta che il mio cuore avrebbe cessato di battere per sempre.

Come il tuo.

Vedevo la luce dei tuoi occhi affievolirsi, la presa della tua mano farsi sempre più effimera, il tuo sorriso spegnersi lentamente.

Ed ero stata convinta davvero che il mondo non aveva più senso.

Il sole, la luna, le stelle, il lago, il verde dei prati in cui avevamo corso spensierati…

Tutto era avvolto da un’ombra scura e minacciosa.

E piansi.

Piansi.

Piansi.

Piansi contro il cielo stellato, che invece di darmi sollievo mi squassava il cuore.

Piansi per i tuoi occhi che mi abbandonavano.

Quegli occhi che per tanto, tanto, tempo erano stati il mio unico appiglio.

Ero affascinata da quelle sfumature ora più scure, ora più chiare.

Adoravo il modo in cui li socchiudevi, quando il sole era alto e pur di guardarmi ti voltavi contro la luce.

E la tua pelle chiara sembrava risplendere sotto quei raggi… sembravi un angelo.

Il mio angelo.

E allora, quando ti accorgevi che ero appena dietro di te, che nonostante la strada sterrata e i ciottoli continuavo a camminare al tuo fianco, sorridevi.

E il mio cuore si stringeva…

Niente al mondo è mai riuscito a darmi le stesse sensazioni del tuo sorriso che si posava su di me.

E mi tendevi la mano, ed io, incapace di fare altro l’afferravo.

E l’afferravo.

E l’afferravo.

E la mia pelle, al tuo contatto, s’incendiava…

E il mio cuore, la mia anima, bruciavano…

Carezzavo i tuoi capelli, così morbidi, così forti. Come il tuo sguardo.

E adoravo restarli a guardare, quando la brezza del lago, alzava le tue ciocche scure facendole risplendere al sole…

E quante volte, mentre dormivi sul mio seno, sono stata ad accarezzarli, a guardare il tuo petto alzarsi ed abbassarsi al ritmo del tuo respiro rilassato.

Dicevano che eri scapestrato, ma io non ci ho mai creduto.

In te, ho visto la saggezza di chi conosce tanto della vita e di chi ha paura di ammettere le verità che ha appreso nel suo cammino.

In te ho visto la speranza, la gioia di una risata, la compagnia di un buon ascoltatore.

Ho visto la passione, la rabbia, la furia nera e l’amore.

Ed è dell’amore che sapevi darmi che vivevo.

Ed è dell’amore che mi hai dato che sono sopravvissuta.

Rintracciando nella memoria i tuoi sorrisi, la tua risata calda, e i tuoi occhi…

Quegli occhi che sono rimasti fissi nei miei fino all’ultimo istante.

Ed ho racchiuso dentro di me il tuo ultimo respiro, posando le mie labbra calde sulle tue, cercando inutilmente di trasmetterti un po’ di vita.

O forse, semplicemente, tentando di darti il mio amore che per me era vita.

Inutilmente.

Inutilmente.

Te ne stavi lì, sdraiato, perduto in chissà quale mondo, lasciandomi impotente di fronte alla compiutezza di quella scena.

Te n’eri andato.

A nulla sarebbe servito chiamarti.

Questa volta non avrei visto il tuo cavallo giungere al galoppo fino alla mia stalla, non avrei visto te scendere con quel sorriso beffardo e con un fiore in mano.

Non avrei sentito la tua voce calda, piena di promesse, sussurrarmi parole dolci.

Mai più.

Ed è stato lì che ho creduto che il mio cuore fosse morto.

Ma continuava a battere.

Strano.

Quando la vita ti ha abbandonato, dalle tue labbra è uscito un gemito.

Mentre quando il mio cuore è morto, lì con te, in quel vicolo, non ha emesso alcun suono.

Rimaneva lì, silente, quasi rispettoso del tuo viso ormai abbandonato alla notte eterna.

Come se temesse che al minimo rumore, la vita sarebbe scivolata via da me inseguendoti, raggiungendoti….

E stanotte cammino verso la tua tomba.

Ci sono ciottoli, la strada è sconnessa e mai come adesso sento il bisogno di afferrare la tua mano.

Ed allora affretto il passo, correndo ti raggiungo.

Il marmo scolpito, dinanzi a me, non serve a nient’altro che a ricordare dov’è seppellito il mio cuore.

Il tuo cuore.

La mia anima.

La tua anima.

Perché il tuo corpo non c’è.

Il tuo corpo è volato lontano.

Nonostante quella lapide porti il tuo nome, nonostante le stelle illuminino gli intarsi delle tue iniziali, quella tomba è più mia che tua.

E lì che ho racchiuso la mia vita, quella notte, quando la tua ti è stata strappata in un vicolo.

E sono certa, che sebbene il tuo corpo non giaccia sotto la terra umida, anche la tua, di vita se ne sta lì ferma, insieme con la mia.

E mi illudo di sentirti vicino, di poterti abbracciare ancora, di potermi riposare tra le tue braccia.

Quelle braccia così forti, così dolci, che sembravano non volermi abbandonare.

Così mi stendo.

Di fianco.

Gli occhi fissi verso le stelle, ed una mano allungata dove prima era sepolto il tuo cuore.

Socchiudo gli occhi e mi sembra di sentirne i battiti.

Ora furiosi, ora rilassati… ora semplicemente spenti.

Ed ogni giorno, rivivo quella notte.

Ogni giorno, inutilmente, cerco il battito del tuo cuore.

Ogni giorno, come ogni notte….

E tu vieni a me.

Mi guardi e sorridi.

Stanotte però non ci sei.

Ed io mi addormenterò di nuovo sola, infreddolita, senza più speranza.

Perché il mio angelo è volato lontano, e non mi ha lasciato nemmeno un corpo su cui piangere…

 

 

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And if you come, when all the flowers are dying
And I am dead, as dead I well may be
You'll come and find the place where I am lying
And kneel and say an "Ave" there for me.

 

 

 

 

I capelli biondi di lei, mollemente sparpagliati sul cuscino, gli ricordavano i raggi del sole.

Un sole che, da qui all’eternità, non avrebbe mai più rivisto.

Si alzò dal letto, camminando lentamente verso la finestra della camera.

Le stelle, inutilmente, cercavano di illuminare il mondo sotto di loro.

Le stelle.

Ripensò a lei, a quante volte le avevano guardate insieme, chiedendosi se mai qualcuno potesse avere la fortuna di vivere sopra una di loro.

E avevano riso, a quella follia.

Scosse la testa, e dopo aver indossato una camicia, uscì nella notte.

Camminò lentamente verso il cimitero, verso la sua tomba.

Quella tomba da cui, senza sapere perché e come, era rinato…

Una creatura delle tenebre, che adesso sentiva stranamente il bisogno del sole.

Bizzarro.

Gli sembrava quasi di poter sentire il battito del suo cuore.

Un cuore morto… inutile. Non si sarebbe mai spezzato, non avrebbe mai più provato tenerezza.

E l’anima.

Percepiva chiaramente il suo allontanarsi. Come se anche quella parte di se, avesse paura di quello che era ormai diventato.

… e le risate, giù nel lago, con quella zattera di legno che faceva acqua da tutte le parti…

… e la mano di lei, che allungandosi afferrava la sua, incendiando l’epidermide….

… e il suo vestito azzurro, che metteva in risalto i suo capelli scuri, le sue labbra rosse, e quegli occhi neri…

… e il suo respiro dolce, mentre dormiva abbandonata contro il suo corpo…

Frammenti di una vita.

Una vita che, lo sapeva, prima o poi sarebbe diventata niente più che un pallido ricordo.

E probabilmente, anche il ricordo di lei, presto o tardi lo avrebbe abbandonato.

Il ricordo dell’unica donna che avesse mai contato nella sua esistenza.

Quante scappatelle, giù in taverna, quando la vita sembrava solo un’eterna sfida a chi riusciva a bere di più e a conquistare più donne, notte dopo notte.

Ma Liam, tornava da lei.

Sempre.

Dal suo grembo caldo, dai suoi occhi sorridenti, da quelle labbra che mai gli avevano negato un sorriso.

E anche lei, come Kathy la notte prima, lo chiamava angelo.

Il suo angelo.

Quell’angelo, che di angelico aveva soltanto il nome.

Si arrestò, a pochi passi dalla sua tomba.

La terra era stata riassettata, e mai nessuno avrebbe potuto dire che sotto quel terriccio non giacesse un corpo.

Distesa su un fianco, con una mano allungata dove prima era sepolto il suo cuore, c’era lei.

Aveva gli occhi chiusi, come se stesse in ascolto.

Forse illudendosi di poterlo sentire sotto quel fragile tocco.

La guardò in silenzio, senza muoversi, trattenendo il respiro.

… e allora ci furono le sue mani calde, piccole, esigenti, che lo carezzavano, che si intrecciavano ai suoi capelli, che scendevano lentamente sulla sua schiena, tentando di imprigionarlo in un dolce abbraccio…

… e allora ci fu la sua risata di cristallo, che rifletteva i colori dell’arcobaleno, avvolgendo anche lui, rapendolo da quel mondo assurdo e portandolo su una stella…

… e allora ci fu la sua bocca, che infondeva amore, solo amore, nient’altro che amore. Amore e vita…

… e allora sentì di nuovo il frusciare delle sue gonne, ad ogni passo, così come il frusciare delle lenzuola, quando finalmente erano uniti insieme in un unico caldo, vibrante corpo…

Percepì il suo odore, e la guardo allungarsi sopra la terra umida.

Qualcosa si mosse dentro di lui.

Un bizzarro, assurdo, insensato senso di protezione.

La guardò, riempiendosi gli occhi dei contorni del suo viso, del taglio degli occhi, delle sue labbra…

La guardò, e si ripromise di tenerla per sempre dentro di se.

Non avrebbe mai rivelato a nessuno dell’esistenza si quella donna.

E decise, lì, in quel cimitero freddo, dinanzi alla sua terra, che non sarebbe mai più appartenuto a nessuno.

Decise lì, che mai più avrebbe amato con quell’intensità.

Decise lì, che Liam, giovane scapestrato di Galway, era morto per sempre.

E gettò un pezzo del suo cuore verso quella ragazza.

Il pezzo buono, quello che il demone non si era ancora preso. Quello che non aveva ancora infettato.

La fissò, e decise che anche lei, come Kathy, si meritava un dono.

Un dono eterno.

Perché anche lei, come Kathy, non l’aveva mai giudicato.

Non l’aveva mai ripreso.

Non l’aveva mai insultato.

L’aveva semplicemente, immensamente amato.

E quella notte Liam, lasciò il posto ad Angelus.

Per sempre

 

 

 

 

 

And I shall hear, tho' soft you tread above me
And all my dreams will warm and sweeter be
If you'll not fail to tell me that you love me
I'll simply sleep in peace until you come to me.
 

I'll simply sleep in peace until you come to me.

 

 

 

La donna ripose la chitarra nella sua custodia sbiadita. Il cielo era saturo di stelle, e sorridendo, si domandò se qualcuno potesse mai avere la fortuna di vivere sopra una di loro….

 

 

 

 

 

 

                                                                                                     FINE

  
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